Film > X-men (film)
Segui la storia  |       
Autore: Drosophila Melanogaster    26/07/2014    2 recensioni
-Charles ha promesso che non avrebbe mai letto i miei pensieri.- la donna soffiò irritata, sul volto di Erik si dipinse un sorriso tagliente.
-L'aveva promesso anche a me, Mystica. Ed è entrato comunque.- il sorriso si fece più largo, malizioso, insolente.
-Quindi o la nostra cavia vuole essere trovata, o vuole essere fermata.-
- Fallo. -
Genere: Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il peso del busto del professore si spostò pericolosamente in avanti. Desiderò con tutto se stesso di avere il potere di aggiustare le cose, quel potere che aveva sempre provato di simulare portando speranza nelle menti di giovani ragazzi che ora stavano combattendo guerre non loro.

Avrebbe voluto stringere quei cocci di vetro e riportare ogni cosa a qualche istante prima che Magneto distruggesse tutte le sue possibilità.
Crollò in avanti. Gli sembrò di assomigliare ad un verme, molle, strisciante, inerme e disperato.
Si macchiò le dita di quel blu intenso che andava ossidandosi formando striature verdognole sul pavimento, intramezzate da pozze blu.
- Hai distrutto ogni cosa. - la risata che seguì si tinse di isterica ironia. - Sei abituato a distruggere le mie aspettative non è vero? -
- Le fantasie di un bambino, Charles. -
Strisciando sul ventre, trascinandosi dietro le gambe immobili, il telepate si ancorò ad uno dei tavoli. Sollevò il torace e si voltò a guardare quel volto aspro e squadrato. Sopra la sua testa un vaso si rovesciò per l'urto. Petali gialli e acqua che colava caddero a picco sulla sua testa.
Gocciolava, poteva lasciar fuggire qualche lacrima salata.
- Tu mi hai strappato ogni sogno. -

"Sogno, cosa ne sai tu di sogni?
Hai dato un mondo a chi non lo ha mai avuto solo per dirgli di nascondersi.
Hai promesso felicità a chi è capace di stare zitto, a chi sa abbassare la testa davanti agli umani, davanti a quelli che non esiterebbero un solo istante a ucciderci.
A ucciderti."
Il pensiero era forte, vicino, saporito, così tanto che Charles in un primo momento non era riuscito a rimandarlo indietro, a ignorarlo, a non curarsi di esso.
Fissò gli occhi acquosi in quelli ghiacciati dell'altro.

Erik lasciò la SEDIA. Si diresse verso di lui. Sorrideva. Si chinò, le ginocchia sfioravano le braccia tese e tremanti per lo sforzo del giovane professore.
La mano guantata di nero spostò il ciuffo di capelli che impediva al blu del suo sguardo di perdersi nel suo grigio metallico e liquido di compassione. Prese il gambo di un fiore che pendeva sulla sua spalla, lo schiacciò tra le dita.
-Hai creato illusioni, Charles.-
A riempire gli istanti successivi del professore fu il sapore di ferro sulla lingua. Sapore di sangue lungo la trachea.
Il colpo che era arrivato all'altezza dello stomaco gli aveva fatto rivoltare gli occhi, dalla gola erano sgorgati un rivolo vermiglio e un gorgolio che suggeriva l'impossibilità dell'aria di raggiungere i bronchi.
-Ed ora sentirai tutto, ogni cosa che con quella roba volevi impedirti di sentire.-
I muscoli dell'addome di Charles non ressero più e lo lasciarono disteso sul pavimento umido. Le suole delle scarpe di Erik erano la sola cosa che occupava il suo campo visivo. La mano magra e solcata da vene bluastre si mosse fino a quella caviglia che era due volte il suo polso. La strinse come se potesse davvero fargli male.
Le voci si riversavano nella sua testa ma era troppo provato, il dolore era troppo intenso per poterle respingere. Poi, in un lampo color del sole, un giallo fluorescente e insostenibile, che accecava gli occhi, nella sua mente fecero breccia pensieri che aveva promesso di non guardare.

Ed erano gialli anche i pensieri, immagini colorate di un vissuto sbiadito.
Una spiaggia che risplendeva del caldo sole estivo comparve per poi sparire l'attimo successivo ed essere sostituita da una porta scorrevole giallo scuro su cui era scritto il numero 21.
La mano del protagonista dei pensieri, che Charles cercava inutilmente di scacciare, si mosse di lato facendo scorrere la porta che non era neanche stata chiusa. Entrò.
Nella stanza vi era un LETTO accanto al quale era uno schermo sul quale era indicato il battito cardiaco dell'uomo che dormiva, sotto l'effetto di chissà quale farmaco, nel letto accanto alla finestra.
Gli ci vollero davvero pochi passi per raggiungerlo.
Il mutante perse solo qualche istante ad osservare la figura dell'uomo disteso sulla schiena, gli occhi che ricordava essere blu chiusi in quel sonno probabilmente colmi di sogni che non erano neanche suoi ma del vicino di camera.
Charles riuscì a riconoscere se stesso anche se illuminato solo dalla luce dello schermo che distorceva con le sue diverse luci i lineamenti.
La mano di Erik si posò sul comodino lasciandoci cadere un fiore giallo, un lilium credeva, prima di uscire.
Era di nuovo giorno.
Magneto era scosso, più scosso di quanto lui stesso avrebbe mai potuto pensare di essere: si sentiva incredibilmente solo pur avendo tre affidabili compagni con cui condividere il suo odio.
Eppure sapeva che l'odio che lui provava non era equiparabile a quello altrui, lo vedeva nei loro occhi, nelle loro azioni i suoi compagni erano abituati ad ubbidire, in un certo senso erano stati addestrati a quello, ma lui, lui no.
La città lo metteva a disagio, ovunque si girasse vedeva umani, umani pronti a mettersi contro di lui, umani che lo odiavano senza conoscerlo e presto anche i loro occhi, i loro sorrisi, i loro "grazie" o "arrivederci" divennero insopportabili alle orecchie del mutante.
A tutto quel trambusto si sommava la figura di Charles: lo vedeva in ogni gruppo di persone che incontrava che essi fossero in piedi o seduti, che ridessero o piangessero, lo vedeva lì a curarsi di loro e si chiedeva solo perché, perché e con quale forza quel coglione si occupasse di qualcuno che non meritava altro che la morte?
Fu quando lo vide a sedere su un divano davanti ad una televisione con programmi molto scadenti insieme ad una coppia con un paio di bambini che non comprese più quello che realmente stava accadendo: era entrato in quella casa di sera facendo scattare la serratura.
I pensieri erano diventati confusi.
"Walsh" era la scritta sul campanello, non riusciva a ricordare altro di quell'appartamento, forse a carta da parati era color pesca, ma non era sicuro.
Sapeva di essere entrato, entrambi lo videro tra quei ricordi confusi, sapeva anche di aver ucciso i due coniugi, ma non aveva idea di come lo avesse fatto, forse strangolati, forse colpiti alla testa ripetutamente dalle lampade ai lati della stanza, forse Charles non voleva vederlo e stava chiudendo in ogni modo a sua disposizione quel ricordo cercando di rimuoverlo dalla mente stessa di Erik.
Tuttavia ricordava benissimo il sangue dei coniugi Walsh sulla parete e gli occhi pieni di terrore delle piccole creature che aveva risparmiato solo per far provare in loro lo stesso odio che aveva provato lui, come se con quel gesto potesse riempire il vuoto lasciato dall'unica persona che pareva averlo capito davvero per un brevissimo lasso di tempo.

La stanza, il sangue, l'orrore, lo spavento sparirono.
Charles, ancora accasciato a terra tremava, tremava come se fosse stato davvero là quel giorno e non come l'allucinazione che Magneto aveva visto.
Dalla bocca di Erik, un solo sussurro: - Se io ti ho strappato ogni sogno, tu mi hai letteralmente distrutto. -





Note: Volevamo solo ringraziare tutti voi lettori che vi sorbite questi deliri <3 buona continuazione
L&R
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > X-men (film) / Vai alla pagina dell'autore: Drosophila Melanogaster