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Autore: Harryette    27/07/2014    6 recensioni
Ma sappi, come lo so io, che se starai male e se avrai solo voglia di piangere e se sentirai il mondo improvvisamente un po’ più pesante, io ci sono.
Ci sono ovunque sei.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
- Questa storia fa parte della serie 'Mentre sfiorisci.'
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Ovunque sei.

Siamo un controsenso, viviamo controtempo,
andiamo contromano, ci mettiamo controvento,
ci prendiamo in contropiede.
Ma controcuore non possiamo andare


Che poi è vero che ho speso tantissimi soldi per quegli stivali che, alla fine, non metto mai ma lo sai bene che mi piacciono troppo. Credo sia per quello che li indosso pochissimo, praticamente mai, perché mi piacciono troppo. E’ questo il punto, non capisci? Non li metto perché sono una delle cose più care che ho e metterli sarebbe come firmare la loro condanna a morte.
Si rovinerebbero, si sporcherebbero, si graffierebbero indelebilmente.
Ma non riesci proprio a capire?
Io non ti parlo, ti evito, ti rispondo male, ti ignoro e solo perché sei tu sei proprio come i miei stivali preferiti.
Ed è quando ti guardo negli occhi di nascosto, quando tu neanche te ne accorgi, che mi rendo conto che comunque nessuna metafora renderebbe mai l’idea. E allora come te lo faccio capire? Come ti spiego che non mi avvicino perché non voglio consumarti? Come ti dico che sei la persona che amo di più al mondo e che non voglio rovinare?
Che poi, cazzo, è proprio vero che comunque insieme non potremo starci: tu giri per il mondo, canti, sei felice e quando torni lo sei ancora di più. Ed io resto nell’angolo di quel locale esclusivo in cui sono stata invitata perché, un tempo lontano, io e te eravamo migliori amici.
Ma non lo vedi? Anche se non ti parlo più, anche se mi sono allontanata per te e non da te, non lo vedi come ti guardo?
E tu stai raccontando una carrellata di esperienze in Francia, i casini sulle spiagge nudiste in Spagna, la bellezza del Wembley e la grandezza sproporzionata del San Siro, e tutti ti ascoltano mentre bevono i loro cocktail schifosamente verdi e quasi pendono dalle tue labbra.
E’ sempre così, ogni volta che torni e prima che vai via.
Tutti insieme appassionatamente, si fa per dire, attorno al tuo tavolo a sentirti parlare. Tutti che ridono brilli, ti poggiano le mani sudice sulla spalla e qualche ragazza che vagamente ricordi che ti sfiora i ricci castani. Tu che sei sciolto, lo sei sempre stato ed essere una star mondiale non ha fatto altro che aumentare il tuo grado di scioltezza, e racconti di tutto senza preoccuparti delle conseguenze. Fai qualche foto, firmi qualche tovagliolo sporco al bancone dei drink, e torni a ridere e scherzare.
‘’Ibiza è favolosa’’ dici, e ti sento. Harry, ti sento. Ci sei stato ad Ibiza, quest’estate, e teoricamente sono davvero pochi i posti in cui non sei ancora stato. ‘’Abbiamo preso una pausa dal tour’’ continui, e io riesco a sentirti proprio come prima e come sempre.
Io sono nella penombra, bevo solo acqua perché sono astemia, e mentre muovo il capo a ritmo di musica ti sento ridere di nuovo. E mi chiedo se esisterà mai un suono migliore della tua risata, che è l’unica cosa che non è cambiata e che è rimasta bloccata nel tempo come fosse in fermo immagine.
E sei soddisfatto e felice, questo riesco a vederlo anche da così lontano, e infondo lo è anche una parte di me. Alla fine ci sei riuscito, no? Ogni tanto ritorni, vieni qui e fai chiudere il locale al pubblico, mi inviti tramite messaggio e finisce tutto il resto. E mi domando se ancora ricordi tutti i pomeriggi passati a parlare su Whatsapp, se ricordi tutte le risate sul mio letto, tutte le volte che venivo a trovarti nella panetteria in cui lavoravi, e tutte le volte che tu mi aiutavi a ripetere chimica anche se facevi schifo ma io facevo senz’altro più schifo di te.
E ricordi ancora di quanto ti accompagnai ai provini per XFactor, ma non ebbi neanche il coraggio di entrare? Rimasi lì fuori, ‘’vai e spacca’’, perché lo sapevo che ce l’avresti fatta ma non sapevo cos’avrei dovuto fare io.
Forse hai troppe canzoni da ricordare, troppe note e troppi attacchi da tenere a mente, troppe regole da non trasgredire e troppe parole da pronunciare con attenzione. Forse la tua agenda è piena zeppa, la tua segretaria non sa neanche più dove sbattere la testa, e tu hai tante di quelle interviste da ricordare che ti viene anche mal di denti. E come potresti ricordare tutte le piccole cose che facevamo, e che mi sembravano incredibilmente grandi, se sei così pieno?
Lo so, credimi, lo so che è solo colpa mia se adesso ci comportiamo come due normalissimi conoscenti e se mi inviti alle tue feste solo per abitudine ed educazione. Credimi, lo so che ho sbagliato tutto ma continuo a pensare che tu sia come i miei stivali preferiti. Non importa se dovrò vederti solo da lontano per il resto dei miei giorni, non importa se una parte del mio cuore continuerà a rimpiangere quel pomeriggio di quattro anni prima quando mi avevi confessato di esserti innamorato di me, non mi importa.
Ti vedo sorridere e far comparire quelle deliziose fossette ai lati della bocca, mentre scuoti la testa e allontani educatamente la mano di una bionda dalla tua, e mentre guardi Klaus e ridi per qualcosa di buffo che ha detto, come sempre. Ti vedo alzarti e prendere un altro drink al banco, e poi- con una lentezza esasperante- ti vedo voltare lo sguardo come se ti sentissi chiamato da qualcosa, ed incatenare i tuoi occhi verdi nei miei occhi neri.
Non ti muovi, prendi il cocktail ma non separi i nostri sguardi, e rimani immobile con il bicchiere a mezz’aria. Forse non sarei dovuta venire, perché in fin dei conti ho accettato pochissime volte i tuoi inviti di cortesia copiati e incollati per tutti i numeri della tua rubrica infinita. Ma avevo bisogno di vederti, anche solo un’ultima volta, perché era un anno interminabile che non ti vedevo e ti sentivo ridere e che non vedevo i tuoi occhi. Forse era per l’alcool, ma non li ricordavo così ed era quella la cosa che mi faceva più paura.
L’arrivo di un giorno in cui, se avessi ripensato al colore dei tuoi occhi, non me lo sarei ricordata più.
Alzi la mano e mi rivolgi un educato segno di saluto, poi ti volti e torni al tuo tavolo. Chissà, magari credevi anche tu che non sarei venuta o forse stai sperando che ti raggiunga perché, alla fine, i tuoi amici sono ancora anche miei amici. Non mi muovo, prendo il mio cappotto rosso ed esco da quella discoteca fumosa e asfissiante che mi sta riempendo i polmoni e facendo soffocare.
Una parte di me lo sa che era quello che stavo cercando e che stavo aspettando. Vederti per l’ultima volta mentre mi vedi, con le guance arrossate e gli occhi lucidi e quella camicia che lasci sempre abottonata a metà. Alla fine ho avuto la conferma che cercavo da anni: sei proprio come i miei stivali preferiti, quelli che ho pagato un occhio della testa e che non metto mai per paura di rovinare.
E, sì, una parte di me avrebbe voluto correrti incontro ed abbracciarti senza pensare a niente di quello che è successo negli ultimi quattro anni ma ho fatto bene a non dar voce al mio istinto.
Adesso, mentre cammino per le strade desolate di Londra, ne sono più che sicura. E per questo, non solo con il cuore in mano ma con tutti gli altri organi vitali che ho, ti sto salutando.
Dovrei ringraziarti per i dieci bellissimi anni che abbiamo passato insieme, spalla a spalla, occhi negli occhi, molto più che semplici amici. Dovrei ringraziarti per quella volta in cui mia madre ebbe un incidente con l’auto e tu rimanesti con me all’ospedale, sveglio e stanco, per due intere notti. Dovrei ringraziarti per le ghirlande di fiori che ti facevo quando avevo sette anni e tu, nonostante ne avessi nove, le mettevi solo per non vedermi piangere. Dovrei ringraziarti per tutte le volte che mi hai aiutata con il ragazzo che mi piaceva, che ero sicura di amare, nonostante fossi innamorato di me e nonostante lo fossi anche io pure se non lo sapevo.
Ma non lo faccio.
Io ti ringrazio, invece, per i quattro anni lontani che abbiamo passato. Ti voglio ringraziare per i giorni interi in cui non avevo tue notizie e in cui avevo paura di chiamarti, per tutte le volte in cui ti ho visto in televisione o sul giornale e per tutte le volte che ho sentito notizie così stupide sul tuo conto da mettermi le mani nei capelli. Voglio ringraziarti per avermi lasciata sola e voglio ringraziarmi per aver fatto lo stesso, perché non avrei mai potuto darti quello che adesso hai. Ma sappi, come lo so io, che se starai male e se avrai solo voglia di piangere e se sentirai il mondo improvvisamente un po’ più pesante, io ci sono. Ci sono ovunque sei.
E quindi, adesso, ti dico solo: canta.
Canta, come hai sempre voluto fare, sali su ogni palco di ogni paese e di ogni nazione. Canta e afferra la mano di qualche ragazza sotto al palco, che aspetta solamente questo.
Canta e vivi e fai vivere perché a me va bene così. Perché, in un modo distorto e perverso, continui a far vivere anche me.
Sei Harry Styles, no?
Ritorna a cantare e fai tremare il mondo. Ti auguro che questa, per te, sia l’alba di un giorno che non finisce.

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Con gente che aspetta il prossimo capitolo di ''365 days without you'' non so con che coraggio
me ne esco con questa ''cosa'' HAHAHAHAHAH
Solo che, bhò, ero nella mia fase depressiva dell'chissacomeèessereamicadiHarrySyles
e quindi ecco a voi lol
Spero abbia un senso, mia sorella dice di si ma non è solo di parte ma è anche stupida.
Un bacio xx
Harryette

  
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