Vi è mai capitato di smarrire la strada? A me, per quel che riguarda questa mia fanfiction , si. I motivi sono stati molteplici ma il risultato finale è stato che tra l’ultimo capitolo pubblicato e questo è passato tanto, troppo tempo. Un tempo vergognosamente lungo. Probabilmente abbastanza da stufare molti di quelli che, bontà loro, hanno dimostrato di apprezzare ciò che scrivo. Spero di avere modo di rimediare. Intanto mi scuso per aver tardato tanto. Ciao.
A volte l’improbabile accade. E così, inaspettatamente, mentre
i Serpeverde ancora presenti si eclissavano indifferenti al destino del loro
compagno, a soccorrere Draco Malfoy rimasero alcune delle persone che egli più
detestava e da cui era con altrettanta intensità detestato. Harry, Ron,
Hermione e Ginny corsero verso il corpo che giaceva sull’erba. Erano scattati
all’unisono, senza che nessuno sollecitasse l’altro. C’era
da sorprendersene forse? Harry certamente non se ne sorprese. Si trovarono così
tutti e quattro attorno al Serpeverde, osservando con orrore le conseguenze
che la rovinosa caduta aveva avuto su di lui. Malfoy giaceva scomposto nell’erba,
braccia e gambe piegate in posizione innaturale, i capelli biondi striati di
rosso, larghe chiazze dello stesso colore stavano inghiottendo il verde della
divisa. Harry gli si inginocchiò accanto e si chinò su di lui,
Draco spalanco gli occhi di colpo, occhi lucidi nonostante la gravità
della situazione. Parve addirittura che cercasse di trarre fiato sufficiente
a parlare ma uno spasmo di dolore lo bloccò. Troppo doloroso parlare,
troppo doloroso anche solo urlare. Una mano artigliò la spalla di Harry.
Era Hermione, in ginocchio accanto a lui.
“Dobbiamo avvisare i professori.” Disse.
Harry assentì. “Vado io.”
“No, vado io.” Esclamò una voce che Harry non riconobbe.
“Voi state con lui.”
In piedi accanto a loro, come comparso dal nulla, stava un ragazzino. Era piccolo,
sicuramente un allievo del primo anno, indossava la divisa dei Serpeverde, pareva
che non tutti loro si fossero eclissati dunque. Harry lo fissò e questi
ricambiò lo sguardo cercando di mostrarsi saldo ma il pallore del viso
e il tremore delle mani strette a pugno lo tradivano. Harry era sicuro di averlo
già visto ma al momento non riusciva a ricordare dove e in fondo non
era così importante, non ora.
“Corri.” Si limito a dirgli.
Il ragazzino assentì e fece per voltarsi e correre via poi si fermò
e tornò sui propri passi. “Non fatelo avvicinare a Draco.”
Disse. Poi ripartì di corsa verso il castello.
“Non fare avvicinare chi?” domandò Ron.
“Sicuramente lui.” Fu la risposta laconica di Ginny.
Harry voltò la testa e vide chi stava indicando Ginny. In piedi dietro
di loro, arretrato di qualche passo, c’era Theodore Nott. L’espressione
sul volto era quella di chi sta assistendo ad uno spettacolo tutto sommato noioso,
giusto un diversivo per ammazzare il tempo in mancanza di altro. Doveva essere
rimasto sugli spalti sino ad allora e adesso si era fatto avanti.
Harry gli rivolse una occhiata carica di disgusto che Nott ignorò disinvoltamente.
“Accidenti, guarda che roba. Credo faccia parecchio male. Però
hai la pelle dura, vero Draco? Insomma, era più facile che ci rimanessi
secco sul colpo e invece sei ancora tra noi.”
“Ma che dici? Sei impazzito?” Reagì Ginny, scandalizzata
dal tono giocoso di Nott.
Draco, gli occhi ridotti a due fessure, si lasciò sfuggire un gemito.
Harry tornò a fissarlo e vide la smorfia di odio sul volto del ferito.
“Piantala Nott.” Si fece avanti Ron, aizzato dalle parole della
sorella.
“Ehi, ehi. Che succede? Draco è diventato un Grifondoro onorario?”
esclamò divertito. Poi, tornando serio. “Non fare l’ipocrita
Weasley. Confessalo, te la stai godendo un mondo a vedere questo idiota ridotto
a pezzi.”
Ron esitò, solo un attimo ad essere sinceri ma esitò. Poi, scrollando
la testa come a scacciare un pensiero fastidioso, tornò alla carica.
“Parla ancora e finirai a tenere compagnia a Malfoy in un letto dell’infermeria
di madama Chips.” Fece un passo avanti finendo faccia a faccia con Nott
che non si mosse di un passo. “Non credo che Draco apprezzerebbe di trovarsi
inerme in una stanza in cui ci sia anche io, Weasley.” Il sorriso insolente
ritornò a manifestarsi. “Credo preferirebbe la rossa, ci crederesti?”
E indicò Ginny. Ron afferrò la gola di Nott ma questi rimase imperturbabile.
Ginny scattò e afferrò il braccio del fratello costringendolo
a lasciare la presa. “Lascialo Ron. Non gli dare retta. Non capisci che
lo fa apposta? Tra poco arriveranno i professori. Lui vuole che tu lo colpisca.”
Ron, che stava cercando di liberarsi da Ginny avvinghiata al suo braccio, si
bloccò a quelle parole. “Me la pagherai.” Sibilò rivolto
a Nott. Poi gli voltò le spalle, i pugni che tremavano di rabbia a fatica
controllata.
Harry capiva cosa stava provando Ron e ammirò che fosse riuscito a controllarsi,
anche se buona parte del merito andava a Ginny. Harry stesso faceva fatica a
resistere all’impulso di scagliarsi contro Nott. La capacità del
Serpeverde di provocarli con il suo crudele cinismo e le sue continue e per
nulla velate minacce era straordinaria.
“Harry guarda!” esclamò Hermione. Il ragazzino di Serpeverde
stava tornando correndo a perdifiato e dietro di lui stava giungendo Severus
Piton.
“Magnifico, ha chiamato Piton.” Brontolò Ron.
“Che ti aspettavi? E’ il direttore della sua casa.” Disse
Harry. Però non era felice nemmeno lui della vista di Piton, questo era
certo.
“Che è successo a Malfoy, signor Nott?” esordì Piton,
appena giunto. Non degnò Harry e gli altri della benché minima
attenzione.
“È caduto dalla scopa. Posso dirle solo questo. Non ho idea delle
sue condizioni.” Disse Nott. “Con questa piccola folla che si è
accaparrata i posti di prima fila per assistere allo spettacolo mi è
stato impossibile avvicinarmi.” Aggiunse poi con candida perfidia.
“Cosa?” scattò Hermione.
Piton la zittì con un gesto. “Mi chiederò più tardi
del perché quattro Grifondoro abbiano impedito ad un Serpeverde di soccorrere
un compagno. Ora è urgente portare il signor Malfoy in infermeria.”
I quattro amici rimasero in silenzio, spiazzati dalla versione che, con quelle
parole, Nott aveva dato della loro presenza lì. Piton estrasse la bacchetta
e il corpo di Malfoy si sollevo delicatamente da terra. Nonostante tutta la
cura di Piton, Draco emise un gemito di dolore. Harry, stupito, vide il professore
di pozioni sussultare e se possibile divenire più pallido che mai. “Stai
tranquillo Draco, presto madama Chips si occuperà di te. Andrà
tutto bene.” Il tono di voce rassicurante usato da Piton era del tutto
inusitato per lui.
È davvero preoccupato, pensò Harry. Osservò Piton allontanarsi
preceduto dal corpo levitante di Malfoy e seguito da Nott e il ragazzino. All’improvviso
Harry ricordò dove aveva visto quel ragazzo. Era il ragazzino che il
Cappello Parlante aveva impiegato tanto tempo ad assegnare ad una Casa. Non
ricordava il nome ma era certo fosse lui. La voce di Piton, nuovamente priva
di ogni calore umano, li raggiunse. “Seguitemi anche voi. Avete molte
spiegazioni da dare.”
“Torniamo al castello, Harry.” Disse Hermione alzandosi in piedi,
la voce era tremula. Aveva le ginocchia tinte di rosso, il rosso del sangue
di Malfoy che aveva inzuppato l’erba su cui si era inginocchiata. Quando
Harry si alzò in piedi a sua volta sentì la sgradevole sensazione
del tessuto bagnato che aderiva alle sue ginocchia. Alzando lo sguardo vide
Ginny che fissava le macchie sui suoi pantaloni, il volto di un pallore tale
che di rimando i capelli sembravano più rossi che mai. Capelli color
del sangue, si trovò a pensare Harry. Quel pensiero lo fece rabbrividire
e lo scacciò con rabbia, quindi si incamminò rapido verso il castello
con gli altri.
La sala comune di Grifondoro era deserta quando Harry, Ron, Hermione e Ginny
vi fecero ritorno. Era molto tardi.
Ron si gettò a sedere su una delle vecchie poltrone distendendo le lunghe
gambe. “Sono distrutto. Pensavo che non ci avrebbero lasciati più
andare.” Brontolò.
Harry assentì. “Già, è vero. Quante volte abbiamo
ripetuto quello che abbiamo visto? Dieci volte, venti? Ho perso il conto.”
Ginny allargò le braccia, in un gesto rassegnato. “In fondo che
potevamo aspettarci? Uno studente di Hogwarts è stato quasi ucciso. Mi
sembra normale che il preside Silente e tutti i professori siano in agitazione.
Ai Serpeverde e a quelle ragazze del terzo anno che erano vicino a noi non è
andata meglio. Hanno trattenuto anche loro tanto a lungo quanto noi”
“Ancora non riesco a crederci.” Hermione era ancora molto scossa.
“Spero che si tratti di un incidente. Non voglio credere che ci sia una
spiegazione diversa per quello che è accaduto.”
“Non illuderti Hermione. Anche se il professor Vitious deve ancora esaminare
i resti del manico di scopa di Draco, io non mi farei illusioni. Non ho mai
sentito di un manico di scopa che si frantuma in volo senza una causa esterna.”
Le disse Harry.
“Quanto sangue. Non pensavo che qualcuno potesse perdere tanto sangue
e sopravvivere.” Ginny si lisciò con un gesto nervoso la gonna
sulle gambe. Le mani le tremavano leggermente. Le strinse tra loro con forza
cercando di non darlo a vedere.
“Va tutto bene, Ginny?” Ron si sporse verso la sorella. Cercava
di dimostrarsi forte anche se era anche egli evidentemente provato, le lentiggini
spiccavano nette sul suo volto pallido quanto quello di Ginny.
Hermione prese a camminare su e giù per la stanza. Un modo come un altro
per scaricare la tensione. “Credete che lui sia coinvolto?” chiese.
Harry la guardò. “Ti riferisci a Nott, vero Hermione?”
La ragazza, le braccia strette al corpo come a proteggersi da un gelo che nemmeno
il caldo anomalo di quella serata poteva vincere, scrollò le spalle.
“Chi altri?”
“Hai visto anche tu come ha sorriso quando lo abbiamo incrociato nel corridoio,
fuori dallo studio di Silente. E hai sentito come parlava a Draco.” Rispose
Harry.
Ron batté il pugno sul bracciolo della poltrona. “Quanto mi piacerebbe
farglielo sparire a suon di pugni quel sorriso. Dovevamo dirlo a Silente, Harry.
Dovevi dirgli quello che Nott ha detto è fatto sul treno e poi oggi sul
campo. Adesso avrebbe avuto il fatto suo.”
Harry scosse la testa. “Cosa avrei dovuto dire, Ron? Sei convinto che
Nott avrebbe confessato tutto? Sicuramente avrebbe negato e avrebbe avuto il
direttore della sua casa a dargli manforte. Hai sentito anche tu quando Piton
ha insinuato che la mia inimicizia con Draco è sempre stata molto accesa.
Non ha detto chiaramente che sospetta di me ma c’è mancato poco.
Probabilmente si è trattenuto solo perché sa che il preside non
accetterebbe mai un’accusa senza prove, non solo nei miei confronti ma
di chiunque. E noi di prove sulla colpevolezza di Nott non ne abbiamo. Non so
voi ma io non gli ho visto fare nulla di strano, stava seduto sugli spalti esattamente
come noi quando Draco è precipitato. Se si può sospettare di lui
allora si può sospettare di me.”
Hermione lo guardò allarmata. “Ma Piton non può credere
davvero che tu abbia cercato di uccidere Draco Malfoy. Nemmeno lui può
convincersi di una cosa simile. È pura follia! E poi, Harry, i Malfoy
sono suoi vecchi amici. È nell’interesse di Piton scoprire chi
sia il vero colpevole e non perdere tempo a sfruttare questa occasione per colpirti,
se vuole proteggere Draco. ”
“Piton non ragiona razionalmente quando si tratta di Harry, questo lo
sai anche tu, Hermione.” Le replicò Ginny. “Non ha mai perso
un’occasione per spargere i suoi velenosi sospetti. Non credo che si lascerà
sfuggire una opportunità così ghiotta di gettargli fango addosso.
Dovremo essere vigili.”
Harry assentì cupamente. “Che brutta situazione.” Mormorò.
Ron si alzò in piedi. “Rimanere qui a rimuginare non ci aiuterà
di certo. È meglio cercare di dormire un po’.” Salutò
gli altri e salì le scale.
I tre rimasti rimasero ancora qualche attimo in silenzio.
“Credo che seguirò l’esempio di Ron. Buonanotte, Harry. Vieni
anche tu, Hermione?” disse infine Ginny.
Hermione assentì, alzandosi dalla poltrona e accingendosi a seguire Ginny
al piano di sopra, dove si trovava il dormitorio femminile. “Buonanotte,
Harry.” Disse.
Harry rispose con un cenno della mano, osservandola allontanarsi, poi raggiunse
le scale che aveva già imboccato Ron e le salì a sua volta.
“Harry?” Draco attese incerto nel buio. Dopo qualche attimo avanzò
aiutato dalla sottile lama di luce che penetrava dalla porta lasciata socchiusa.
Rabbrividì e si strinse addosso il mantello, faceva freddo ora che il
fuoco che per giorni aveva bruciato ininterrottamente nella stanza era stato
spento.
“Harry?” Chiamò nuovamente.
Harry, ombra informe raggomitolata sulla vecchia poltrona accanto al letto,
non rispose.
Draco non si fece scoraggiare da quella accoglienza e avanzò ancora nella
stanza, il bastone che ticchettava mentre lo usava per cercare eventuali ostacoli
sul suo cammino. “Dobbiamo parlare. Ora!” Esclamò risoluto.
Ma Harry continuava a tacere. “Maledizione! Lumos!” La testa del
bastone di Draco prese a brillare inondando la stanza di una luce fredda, cruda,
che spazzò via le ombre.
Harry si protesse gli occhi con una mano mentre con l’altra stringeva
al petto un vecchio libro dalla copertina consunta. “Spegnila, maledetto!”
Urlò.
Draco si limitò a fissarlo.
Harry abbassò la mano e gli rivolse uno sguardo carico d’odio.
“Lasciami solo!” ordinò.
Il suo amico, per nulla intimorito, si fece ancora più da presso. “Dobbiamo
parlare, ti ripeto. Ho bisogno di te.”
Harry lo osservò come se lo vedesse per la prima volta. Lo fissò
a lungo in silenzio poi, inaspettatamente, scoppiò a ridere. Rise forte,
una risata dalla tonalità stridula e isterica. Dopo un tempo che parve
infinito le risate cessarono e, riacquistato il controllo di sé, Harry
si asciugò con il dorso della mano le lacrime dagli occhi. Alzò
la testa verso Draco che, impassibile, continuava ad osservarlo. “Dovresti
scegliere meglio quelli a cui chiedi aiuto. L’ultima persona che aveva
davvero bisogno di me è lì.” Indicò il letto su cui
giaceva Hermione. “Guardala. Guarda quanto le sono stato utile.”
Portò al petto il libro stringendolo con entrambe le mani.
L’espressione sul volto di Draco rimase impassibile, fredda.
“Ginny sta male.” Si limitò a dire.
Harry alzò di scatto la testa e lo guardò. “Ginny?”
“Non dirmi che sei sorpreso?” Draco strinse il bastone sino a che
le nocche divennero bianche.
“Io vi maledico. Ne amore, ne speranza. Ne gioia, ne futuro. Questo io
vi prometto.” Harry mormorò. “È stato di parola Voldemort,
vero Draco?”
“Si.” Rispose Draco. “Ma io non gli permetterò di prendersi
la vita della donna che amo.” Aggiunse risoluto. “Te lo ripeto Harry,
mi serve il tuo aiuto.”
Harry accarezzò la copertina del vecchio libro, poi lo posò sul
cuscino accanto ad Hermione. “Amava questo libro, la Storia di Hogwarts.
Ci faceva impazzire, me e Ron, continuando a indottrinarci su quanto aveva scoperto
leggendolo.” Rivolse a Draco un accenno di sorriso. “Non posso vivere
senza di lei, Draco.”
“Lo so.” Draco posò la mano sulla spalla di Harry.
Harry stette ancora qualche attimo ad osservare il volto della ragazza che amava.
“Facciamolo.” Disse alfine e quindi, seguito da Draco, lasciò
la stanza senza voltarsi indietro.
L’indomani tutta la scuola parlava di quanto accaduto a Draco. Tutti
coloro che si erano trovati nei pressi del campo da quidditch quando il Serpeverde
era precipitato dalla sua scopa erano sottoposti ad un fuoco di fila di domande
da parte di curiosi che smaniavano per strappare qualche particolare, meglio
se macabro, sull’incidente. Harry, come Hermione, Ron e Ginny, passò
la prima parte della mattinata a rispondere alle domande che gli piovevano addosso
da ogni parte. Lo fece controvoglia, alquanto disgustato dalla evidente voracità
con cui ragazzi e ragazze che non gli avevano mai rivolto la parola ora lo avvicinavano
disinvoltamente col sorriso sulle labbra sperando che lui si lasciasse sfuggire
qualche particolare inedito sul brutto episodio che vedeva Malfoy protagonista.
Quindi, quando la professoressa McGranitt lo raggiunse portando la notizia che
lui, Ron, Hermione e Ginny dovevano recarsi nell’ufficio del preside,
fu da subito contento, cogliendo l’occasione per allontanarsi un po’
da quella non ricercata popolarità che lo asfissiava. Il sollievo momentaneo
venne però presto sostituito dall’ansia del non sapere perché
Silente volesse vederli nuovamente di primo mattino, quando solo nella tarda
serata del giorno prima ne avevano lasciato l’ufficio.
“Ma perché ci vuole vedere?” Harry rivolse per l’ennesima
volta la domanda alla professoressa McGranitt e per l’ennesima volta ella
si rifiutò di rispondere, incitandoli a camminare più in fretta.
Ron, al suo fianco, emise un sussurro incomprensibile. Harry lo guardò
ottenendo in risposta uno sguardo colmo di incertezza. Poco dietro, Hermione
e Ginny parlavano in un mormorio sommesso. Arrivati di fronte alla scala che
portava allo studio del Preside, la professoressa McGranitt pronunciò
la parola d’ordine che fece arretrare il Gargoyle di guardia. Seguendo
la donna, tutti salirono sui primi gradini della scala che, mettendosi in movimento,
li portò al piano superiore. La porta dell’ufficio si aprì
al loro arrivo e una volta entrati si chiuse alle loro spalle. Albus Silente
sedeva dietro la sua scrivania. Davanti ad essa, in piedi e con le mani intrecciate
dietro la schiena, Severus Piton li squadrava inespressivo. La professoressa
McGranitt si accostò a Silente e gli sussurrò qualcosa a cui il
Preside rispose con un cenno del capo. Infine Silente volse lo sguardo sui ragazzi
che stavano di fronte a lui e sorrise, un sorriso stanco e provato ma che riuscì
a squarciare almeno in piccola parte l’espressione di tristezza che aveva
sul volto. Silente allungò la mano verso di loro, invitandoli ad avvicinarsi.
“Non abbiate timore. So che essere stati convocati così all’improvviso
e senza una spiegazione vi avrà messo a disagio, soprattutto alla luce
di quanto è accaduto ieri.” Il preside unì la punta delle
dita, i gomiti appoggiati al piano della scrivania. “So anche che vi starete
domandando perché, dopo aver dovuto passare tutto il tardo pomeriggio
e buona parte della sera di ieri a rispondere alle nostre domande su quanto
abbiate visto di ciò che è successo a Draco Malfoy, vi troviate
nuovamente qui. La risposta vi sarà data tra breve.” Silente guardò
Piton aspettandosi evidentemente che fosse lui a continuare e il professore
lo fece senza indugio.
Di quanto Piton disse loro discussero dal momento in cui lasciarono l’ufficio
di Silente, alquanto stupiti, sino all’arrivo nella afosa sala comune
di Grifondoro e ancora dopo. D’altronde di argomenti di discussione il
professore di Pozioni gliene diede parecchi.
“Io ancora non ci credo.” Brontolò Ron. “Non lo farà.”
“Lo farà Ron, mettiti il cuore in pace. Meglio rassegnarsi.”
Disse cupo Harry.
Hermione li osservò entrambi. “Insomma che avete? Il preside ci
ha chiesto aiuto e noi cosa dovremmo fare? Dovremmo negarglielo?”
Ginny annuì. “Hermione ha ragione.”
Ron fisso entrambe, imbronciato. “Lo so che Hermione ha ragione, grazie
tante. Farò la mia parte, statene pur certe. Questo però non significa
che tutto ciò mi piaccia.”
Harry si mise a osservare oziosamente il paesaggio dalla finestra aperta. Maledetto
caldo, pensò, lo vuoi capire che siamo a Settembre inoltrato e che per
giunta questa è l’Inghilterra? Vattene! Si sentiva sciocco a inveire
contro il clima eppure, in quell’inizio di anno in cui tutto sembrava
essere terribilmente sbagliato desiderava che almeno il tempo fosse quello giusto.
Buffo a dirlo ma nulla lo avrebbe reso più felice di alzarsi l’indomani
e poter ammirare dalla finestra una classica, uggiosa e piovigginosa giornata
autunnale.
Fece un rapido riassunto di tutti problemi che gli si erano presentati da quando
aveva lasciato la casa degli zii.
C’era la rivalità con Ginny nel quidditch che da un lato rischiava
di creare problemi alla squadra e dall’altra di rovinare il rapporto di
amicizia con lei; c’era stata quella brutta avventura a Nocturn Alley
da cui si era salvato grazie all’intervento di un mago che credeva fosse
Sirius, sempre che fosse mai avvenuta; poi la poco piacevole scoperta che qualcuno
aveva manipolato i suoi ricordi relativi a quell’evento, se per fargli
credere di averlo vissuto o se per nascondere qualcosa di ciò che gli
era capitato non era ancora chiaro a nessuno e meno che mai a Harry stesso;
la scoperta della pericolosità di Theodor Nott, con le sue poco lusinghiere
attenzioni verso Hermione; le misteriose lacrime versate da Luna mentre parlava
del Serpeverde e di cui non avevano ancora capito il motivo; l’ostilità
di Michael Corner che aveva frainteso il suo tentativo di chiarimento con Cho
Chang; infine Draco, che al momento giaceva in un letto dell’infermeria
in condizioni molto gravi a causa di una caduta rovinosa dalla sua scopa, una
caduta che nessuno dei presenti attribuiva più ad un incidente: e su
tutto, prima di tutto, c’era il suo stupido cuore che non la smetteva
di battere forte, troppo, al punto che Harry era sicuro che se nella stanza
fosse calato il silenzio tutti lo avrebbero sentito, quando posava lo sguardo
sulla ragazza che per anni aveva considerato la sua migliore amica. Harry chiuse
gli occhi e inspirò a fondo. Se fossi il protagonista di una storia si
potrebbe affermare che chi la scrive ha forse messo troppa carne al fuoco, pensò,
e sperare che almeno abbia le idee abbastanza chiare da sapere come districarsi
tra tanti avvenimenti. Io di sicuro non ho idea di cosa fare. Le labbra si curvarono
in un sorriso amaro. Le voci dei suoi amici, ora salite di tono, si intromisero
nelle sue riflessioni riportandolo alla realtà.
Come di norma, Hermione e Ron si stavano accapigliando mentre Ginny osservava
ora uno e ora l’altro.
Harry ascoltò per qualche attimo il motivo del loro contendere, quindi
afferrò un grosso libro da un tavolino, non aveva dubbi su chi ne fosse
la proprietaria, lo sollevò e poi lo lasciò cadere nuovamente
sul tavolino stesso. L’effetto fu notevole. Tutti e tre i ragazzi si bloccarono
girandosi spaventati verso di lui. Rivolse loro un espressione colpevole cercando
di non ridere alla vista delle buffe espressioni congelate sui loro volti.
“Mi vuoi far morire di spavento?” urlò Ron.
“Nulla di così tremendo, Ron. Volevo solo farvi smettere.”
Replicò.
“E non bastava chiedere?” urlò ancora Ron.
“Per farlo avrei dovuto urlare più forte di voi. Non mi sembrava
il caso” disse.
Ron alzò le mani al cielo. “Sei ammattito. Dovevo aspettarmelo.
Sono ammattiti tutti a cominciare dal preside e quindi perché non sarebbe
dovuto capitare anche a te?”
Hermione fulminò Ron con lo sguardo. “Che dici Ron? Come ti viene
in mente di dare del matto a Silente?”
Ron spalanco la bocca, stupito. “Come mi viene in mente? Di un po’
Hermione, c’eri anche tu poco fa nell’ufficio del preside? Hai capito
cosa ha detto che farà riguardo a Draco? E hai capito cosa questo significherà
per noi?”
Fu Ginny a rispondere, precedendo l’amica. “C’eravamo tutti
e abbiamo capito, Ron. Per favore piantala di fare commenti sciocchi e di lamentarti.
E’ una faccenda estremamente seria.”
A quel punto Ron esplose. “E lo dici a me che è una faccenda seria?”
“Te lo ripeto, Ron, Silente ci ha chiesto aiuto e io non intendo deluderlo.
Tu fa come ti pare ma, per favore, ascolta Ginny e piantala di lamentarti.”
Lo redarguì Hermione.
A quel punto Ron guardò Harry. Sono ammattite anche loro, lo vedi? Questo
sembrava dire il suo sguardo.
“Nemmeno io sono entusiasta di quello che ci ha detto Silente, Ron. Però,
come ha detto Hermione, il preside ha chiesto il nostro aiuto e io non glielo
negherò.” Disse Harry. “Non ci resta che aspettare domani.”
Concluse.
Non c’era davvero altro da dire. Infatti nessuno lo fece.