Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: aki_penn    27/07/2014    4 recensioni
“Fare il bagno nel sangue delle vergini mi mantiene giovane” disse, guardandosi le mani dalle dita lunghe e affusolate, sporche di rosso. “Quella ragazza che ti sei portato appresso quando sei arrivato a Rosenrot, è vergine?” domandò poi, guardandolo. Tinkerbell strabuzzò gli occhi e balbettò “Ru-Ruthie? Io non…non so…non ho mai chiesto…” incespicò, preso alla sprovvista, per poi accigliarsi e sbottare “E comunque non ho alcuna intenzione di farti dissanguare la mia assistente, se permetti!”
Genere: Azione, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Make a wish -
Capitolo trentaquattro -
Il destino del consigliere –
 
La mattina dopo, Tinkerbell scese in fretta le scale di legno per andare a far colazione, seguito da Ruthie, stordita dai postumi della sbornia.
“Non correre” fece lei, massaggiandosi le tempie, seguendolo, mentre Clay era ormai alla fine delle scale. Lui alzò lo sguardo su di lei e sorrise.
Da fuori entrava un sole luminoso che lo metteva di buon umore. Ci aveva pensato molto, quella notte, mentre cercava di dormire abbracciato alla ragazza, ci sarebbe voluto ancora un po’ perché Ruthie si ritrovasse ad avere una nuova ‘crisi’ come le chiamava lui, almeno un mese senza che si trasformasse di nuovo in una bestia.
Tra il giorno in cui si erano conosciuti e la battaglia con il kraken era passato ben più di un mese. Tra il kraken e l’Amazzonia molto meno, però. Tinkerbell aveva motivo di pensare che i tempi si sarebbero sempre più accorciati.  
“Dai, sbrigati, non vorrai passare tutto il tempo in albergo” fece lui, saltellando sul posto, per farle fretta. Portava le sue scarpe di tela preferite. Gli scarponi li avevano lasciati all’ingresso. I pavimenti dell’albergo a gestione familiare erano in legno, come le pareti e i mobili. L’ambiente era accogliente e il buffet della colazione decisamente soddisfacente, Ruthie avrebbe fatto meglio a mettere qualche cosa sotto i denti, ma aveva decretato con stizza di non avere fame. Lo stomaco era in subbuglio e la testa dolente. Tinkerbell non poteva curare quel tipo di malessere come faceva con le ferite, quindi Ruthie l’aveva adocchiato con stizzadisappunto.
“Non voglio passare tutto il giorno in albergo e smettila di urlare” chiese, infastidita, finendo di fare le scale.
“Non sto urlando” disse lui, pacato, mentre Ruthie si metteva le mani sulle orecchie.
“Sì che lo stai facendo. Ho male alla testa” piagnucolò. Proprio in quel momento una mandria di cinque bambini dai quattro ai dodici anni scorrazzarono giù dalle scale di legno urlando e spintonandosi, divertiti, seguiti da due sorridenti genitori, che salutarono e si scusarono per il caos.
Ruthie fece una smorfia e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Clay la prese per mano e la trascinò letteralmente attraverso la sala della colazione, dove un paio di ragazze con un grembiule bianco si avvicendavano per servire i tavoli.
Li salutarono cordialmente, sorridendo, e Clay sorrise a sua volta mentre Ruthie alzava un sopracciglio, infastidita. Dallo stato dei suoi capelli si sarebbe potuto pensare che fosse appena uscita da una centrifuga.
Una ragazza con un grembiule bianco come quello delle altre cameriere li sorpassò, trascinandosi dietro un enorme sacco della spazzatura nero.
“Mary, attenta che gocciola sul tappeto!” esclamò una ragazza con i capelli stretti in una crocchia, alzando i piedi per non pestare le chiazze che il sacco dell’immondizia stava lasciando sul pavimento di legno e sui tappeti.
La ragazza fece una smorfia tra lo schifato e lo scocciato “Oh, accidenti!” sbottò. Era abbastanza alta, anche se non come la maggiorata che Ruthie aveva adocchiato la sera prima, la pelle era bianca e i capelli scurissimi e legati in un concio. Il viso era ovale e il mento a punta. Il naso alla francese e gli occhi dalle ciglia lunghe. Portava un rossetto di un rosso scuro, gli occhi invece erano privi di trucco, scuri e intensi.
Dalle maniche della camicia nera spuntavano un paio di mani dalle dita affusolate e le unghie curate. Clay le guardò le scarpe, l’orlo della gonna e l’espressione, serio, poi afferrò si sacco e lo sollevò senza fatica.
“Ti do una mano io” sentenziò e le sorrise. Mary sgranò gli occhi, presa alla sprovvista, tossì “Non… non c’è bisogno” si riavviò una ciocca dietro i capelli e sorrise a Tinkerbell “Non voglio mica farmi aiutare dai clienti”.
Clay scrollò le spalle, nonostante Mary stesse temporeggiando, il sacco della spazzatura era ancora in mano a lui.
“Nessun disturbo, ti aiuto volentieri, per me non è pesante” disse, guardandola. Quel sacco non sarebbe stato troppo difficile da sollevare neanche se fosse stato ancora umano “Se mi dici dove sono i bidoni, ti ci accompagno”
Mary annuì “Allora ti ringrazio” accettò. Sembrava un tipo alla mano e gli fece un largo sorriso. Ruthie, accanto a Tinkerbell, sbadigliò.
Mary afferrò la propria giacca da sci, appesa all’attaccapanni accanto alla porta, e la infilò con un movimento deciso. Ai piedi, nonostante indossasse gonna e calzamaglia, portava scarpe adatte per la neve. Fu allora che si accorse che le calzature di Tinkerbell invece erano di tela.
“Non uscirai mica così?” fece lei, perplessa, mentre apriva la porta di legno e vetro. Attraverso le trasparenze si poteva vedere fuori. Era un giornata luminosa e il sole si rifletteva sulla neve.
“È a posto” la rassicurò Clay tirando dritto attraverso la porta che Mary teneva aperta.
“Esibizionista” grugnì Ruthie, mentre si appoggiava al muro rivestito di legno, per mettersi gli stivali che aveva lasciato vicino alla porta, come gli altri avventori.
Mary lasciò che la porta le si chiudesse alle spalle e raggiunse Tinkerbell sul vialetto. Qualcuno aveva spazzato, e si intravedeva un po’ di ghiaia, anche se comunque la neve rimaneva persistente sul loro percorso.
“Non hai freddo?” domandò lei. Clay scrollò le spalle “Non troppo” rispose. Il realtà stava gelando, ma non voleva che quella ragazza gli scappasse mentre si metteva il cappotto. Magari avrebbe sofferto un po’ di freddo, ma di certo non si sarebbe ammalato. “Tanto facciamo in fretta, no? Dove sono i bidoni?” chiese tranquillo, evitando di tremare per il freddo. Mary si allacciò la cerniera del giubbotto, guardandolo un po’ dubbiosa. “Di qua, dietro la casa” spiegò e indicò il percorso con il dito indice.
“Non aspettiamo la tua ragazza?” domandò, voltandosi a guardare la porta da dove erano usciti. Attraverso il vetro potevano vedere Ruthie che si affannava ad allacciarsi gli stivali.
“Non è la mia ragazza, è la mia assistente. Faccio il rappresentante di tegole” sentenziò Clay, impettito. Mary lo guardò perplessa. Tinkerbell indossava una felpa aperta con il cappuccio, dei jeans a vita bassa e delle scarpe da basket in tela rossa, non aveva un’aria molto formale.
Clay si accigliò, vedendo che Mary lo squadrava “Ehi, alle riunioni non ci vado vestito così. Guarda che ti mollo qui col sacco della spazzatura!” minacciò scherzosamente. La ragazza rise e si fece strada nella neve, indicandogli la via. Se qualcuno aveva spazzato il vialetto principale, nessuno aveva pensato di spalarne anche un po’ per consentire un facile approdo ai bidoni sul retro.
“Io e Ruthie pensavamo di attardarci un po’ qui, oltre i nostri impegni di lavoro” iniziò a dire Tinkerbell, mentre camminava al fianco della cameriera. Era di turno anche la sera prima, se la ricordava, ma non aveva fatto troppo caso a lei.
In quel momento, qualcuno attirò la loro attenzione ed entrambi si voltarono a guardare Ruthie che li raggiungeva a grandi passi, per quanto potessero essere grandi i passi di Ruthie. Aveva ancora il viso provato dai bagordi della sera prima, ma sembrava che l’aria fresca la facesse stare meglio.
“Ci sono anche io” sentenziò, raggiungendoli. Tinkerbell le sorrise e poi sorrise a Mary ed tutti e tre continuarono sulla loro strada.
“Stavo chiedendo a Mary che cosa avremmo potuto visitare per non sprecare il nostro tempo qui” la informò Clay “tra un impegno e l’altro da rappresentante di tegole” aggiunse. Ruthie sentì la voce di Tinkerbell pronunciare la parola tegole in modo complice e Ruthie si schiarì la voce, come per iniziare un discorso adatto alla segretaria di un rappresentante commerciale, ma Mary la interruppe iniziando a chiacchierare del più e del meno.
“Beh, questo è un paesino piccolo, ma essendo una località turistica invernale ci sono un sacco di piste da scii. Non so se sapete sciare” chiese, passando lo sguardo da lui a lei. Tinkerbell annuì, disinteressato, Ruthie annuì un po’ assonnata, aveva ripreso un’aria poco sobria.
“Per il resto non c’è molto altro” concluse, tirando dritta verso i bidoni “Eccoli” annunciò. Si avvicinò velocemente, per poi fermarsi di botto. Tinkerbell non capì e la raggiunse in fretta, accigliato, con le scarpe di tela completamente bagnate dalla neve.
Mary stava fissando un punto accanto ai bidoni, quando Clay abbassò lo sguardo si rese conto che era una striscia di sangue.
Tinkerbell respirò forte e la superò con uno scatto: se c’era qualche cosa preferiva essere lui il primo a trovarla. Circumnavigò i bidoni e si ritrovò davanti a un intrico di capelli e budella. Clay si voltò per bloccare Mary che stava aggirando i bidoni per vedere cosa c’era dall’altra parte, ma la cameriera scansò la mano del genio con un gesto stizzito e si fece avanti arrancando nella neve.
Tinkerbell la vide portarsi le mani al volto e urlare. Era un urlo stridulo e disperato, Clay era abituato alle morti cruente e alle budella. Solo qualche giorno prima Ruthie gli aveva deliberatamente estratto il cuore dalla cassa toracica, non era un tipo impressionabile, ma quella era un’amica di Mary.
La cameriera fece dietrofront e si mise a correre verso l’hotel, senza smettere di urlare e piangere. Tinkerbell non provò nemmeno a fermarla, mentre lei arrancava, incespicando nella neve.
Tinkerbell si voltò a guardare Mary che correva via, mentre Ruthie spuntava, guardinga, da dietro i bidoni, cercando di non avvicinarsi abbastanza da vedere quello che aveva tanto spaventato la cameriera.
“Cosa c’è?” domandò, guardando il genio negli occhi.
Tinkerbell si voltò di nuovo a guardare il cadavere, doveva essere lì da qualche ora: c’era sangue ovunque, capelli strappati, segni di denti.
“La cameriera di ieri sera, quella che ci ha servito” fece un sospiro “La nostra bestia ha le zanne” aggiunse.
Ruthie alzò gli occhi al cielo “Le hanno sempre” commentò, girando i tacchi e avviandosi verso l’albergo, come aveva fatto Mary, ma con passo estremamente più tranquillo.
Tinkerbell guardò il cadavere della ragazza ancora una volta e poi seguì il proprio famiglio “Questa volta ci abbiamo messo fin troppo poco a trovarla”
 
***
 
Cloris arrivò galoppando sul proprio unicorno sulla banchina che portava al gazebo bianco. Scese dalla groppa dell’animale prima che questo si fermasse scalpitando, davanti al gazebo. Ebén la stava aspettando sulla banchina, dondolandosi da un piede all’altro, con le mani in tasca. La salutò distrattamente, quando poggiò i piedi per terra e si avviò dentro al gazebo. “Non abbiamo tempo per aspettare Diablo, non so neanche se verrà” commentò e Cloris annuì, senza avere nulla da dire. Lo seguì senza batter ciglio e lo aiutò a chiudere le tende: in un attimo erano dentro, separati dal resto del mondo. L’unica fonte di luce erano le lucciole dentro a un barattolo di vetro posizionato al centro del tavolo. Cloris sentì il proprio unicorno nitrire, mentre Ebén apriva il coperchio del barattolo con impazienza.
Gli insetti si sparpagliarono nell’ambiente angusto e Cloris guardò lo spettacolo di luce con lo sguardo serio. La convocazione era stata così urgente che non c’era da aspettarsi buone notizie. In poco tempo, le lucciole tornarono ad unirsi, formando un volto umano. Una testa che si muoveva come quella di una persona, fluttuante a mezz’aria.
Ebén si posizionò accanto a Cloris e guardò la testa, che si chinò un poco in avanti, come per salutarli “Buonasera” esordì la testa. Cloris ed Ebén chinarono il capo allo stesso modo “Buonasera, Mosca”
La testa non li fece attendere ancora e  continuò “Vi contatto con grande urgenza”
I due capitani non lo interruppero “Ho sentito per puro caso una conversazione tra il Re e… e…” la Mosca non sapeva come descrivere la creatura espulsa dal bozzolo, quindi bypassò “Vogliono attaccare il Grande Mare. Le Ortiche. Non sono riuscito a capirne il motivo” biascicò. Ci fu una pausa, né la Mosca né i due pirati riuscirono a emettere alcun suono. Ebén deglutì faticosamente, mentre Cloris rimaneva a bocca semiaperta a fissare la testa di lucciole che aveva dato loro quella notizia allucinante.
La potenza delle Ortiche non era nemmeno paragonabile a quella dell’esercito del Grande Mare. Gli abitanti del Grande Mare erano numericamente inferiori ed erano, neanche a dirlo, peggiori combattenti. Usando i semi d’Ortica avrebbero forse potuto fermarli per un po’, le Ortiche avevano paura del fuoco, ma i semi non erano tanti e solo la seconda Guardia era in grado di usarli in modi alternativi a quello medico. L’unica via erano i draghi d’acqua del Re, ma era una vana speranza alla quale attaccarsi.
“Ci sono leggende, da queste parti, su due crisalidi. Leggende antiche. Ora, una di queste crisalidi si è schiusa e…” la voce della Mosca si interruppe e i due pirati, con orrore, videro la testa sfaldarsi, trasformandosi in due figure distinte: una delle due pareva longilinea e sembrava avere dei capelli legati in una lunga treccia, l’altra era enorme rispetto alla prima, sembrava un uomo barbuto, le lucciole non erano abbastanza per fare una dettagliata ricostruzione di entrambe le figure come invece potevano fare con una cosa piccola come la sola testa della Mosca. Le due figure stavano immobili sul tavolo e parevano guardare dritto davanti a sé, oltre Cloris ed Ebén.
Lontano dal gazebo bianco, nel Campo d’Ortiche, la Mosca si voltò lentamente verso i nuovi venuti. Re Rubus e ‘Leandra avevano appena varcato la porta della stanza del consigliere. La Mosca sapeva che l’avevano sentito, ma anche se non fosse stato così non aveva nessuna scusa per spiegare le ragnatele che aveva sparso per la stanza per contattare la Seconda Guardia nel Grande Mare. Quella non era magia che appartenesse alle Ortiche, nessuna di loro si sarebbe azzardata a usare i semi in quel modo.
Re Rubus sorrise e sfiorò lentamente uno dei fili di ragnatela, mentre la Mosca se li staccava dalle mani, per interrompere la connessione con il Grande Mare, se gli era rimasta una possibilità era meglio che non vedessero i pirati o potessero avere un canale aperto verso di loro.
“Carina questa impalcatura, non avrei mai sospettato che potessi fare una cosa del genere, quando mi hai detto di essere monco” disse, sorridente, come se stessero chiacchierando amabilmente dei tempi andati.
‘Leandra fissava il consigliere da dietro il marito, il suo sguardo era gelido e gli angoli della bocca piegati all’ingiù. Era tanto bella da fare paura, la treccia bionda le ricadeva sul petto, scivolava verso il basso accompagnando le gambe e si accumulava a terra in un mucchietto dorato.
La Mosca si alzò dalla propria sedia, strisciando le dita sul bordo della tazza che aveva usato per mescolare la polvere di semi d’Ortica, ne era rimasta un poco e lui la raccolse con i polpastrelli, senza che il sovrano facesse caso a lui.
“Questa non è magia del nostro mondo” disse infine il Re, fissandolo con uno sguardo severo. Si voltò lentamente verso la moglie “’Leandra?” chiamò.
 
***
 
Il famoso conduttore televisivo Antonio De Santos Alvaros stava per aprire la busta dove gli veniva comunicato il risultato del televoto. Il viso dello showman venne però oscurato da una cosetta rachitica in pantaloncini da basket.
“Dato che l’alcol non mi sballa più, posso almeno andare in discoteca a rimorchiare?” chiese Bonnie, strafottente, con le braccia incrociate sul petto nudo e la sigaretta accesa, tra le labbra.
Chismes, in vestaglia rosa a pois bianchi, alzò gli occhi sul ragazzino. Lo stesso fece Septum, che se ne stava stravaccato sul divano accanto all’altro genio, che con quella vestaglia sembrava una mortadella.
“Non dire cacchiate, tu non vai da nessuna parte!” esclamò Septum, e così dicendo afferrò il proprio tridente che aveva posizionato ai piedi del divano. Nerina, con la grossa testa appoggiata sulle ginocchia del padrone, sbadigliò.
“Io e tuo padre non siamo d’accordo” rispose Chismes, in tono deciso, con voce più acuta del solito, stringendo in mano la tazza di latte che beveva mentre guardava il suo programma preferito.
“Io non sono il padre di nessuno!” esclamò Septum, punto sul vivo, poi guardò di nuovo Bonnie e gli assestò un colpo di tridente su un fianco, spostandolo da una parte, in modo da avere di nuovo un buon punto di visione del televisore. “E adesso spostati che stiamo guardando Canta con noi!”
Bonnie se ne andò borbottando, lamentandosi di quanto fosse noiosa la vita in quella casa e di quanto facesse caldo. Il termostato doveva essere sicuramente rotto, dovevano starci attenti o avrebbero avuto una bolletta con cifre stellari, ma gli altri due stavano già applaudendo per la meritatissima vittoria di Pedro Martines, anche se Chismes doveva ammettere che pure Andreina Lopes Caetano era stata molto brava.
Il ragazzino si lasciò cadere stancamente sulla sua brandina sfatta, ai piedi del letto matrimoniale che condividevano Septum e Chismes, e abbracciò Werebunny che si accoccolò sulla sua pancia.
Il suo cellulare suonò, lui non lo guardò nemmeno e mise il muto alla chiamata. Sua madre continuava a telefonargli, ma lui non le aveva ancora risposto, non sapeva come spiegarle che era diventato una specie di ridicolo mostro.
 
Aki_Penn parla a vanvera: Ciao a tutti, questo aggiornamento è piuttosto deludente, se pensiamo che ci ho messo venti giorni a scriverlo, ma voi non pensateci. :P Purtroppo temo che il prossimo capitolo, se lo volete in tempi ragionevoli, sarà ancora più corto. Purtroppo non ho molto tempo da dedicare a Make a wish, ultimamente. Vorrei dire che quando sarò in ferie mi ci dedicherò, ma confido di andare un po’ in campeggio, è quindi escluso che riesca a fare qualche cosa. D: Chiedo venia, siete troppo carini, davvero, e mi dispiace rifilarvi robaccia, farò del mio meglio perché l’aggiornamento venga al meglio nel minor tempo possibile!
Aggiungo anche una cosa: apprezzo sempre che mi facciate notare gli errori in quello che scrivo, ho in programma di rileggere e sistemare questa storia, quando l’avrò finalmente conclusa, quindi, per ora, non ho ancora modificato nulla in ciò che ho già pubblicato, ma non è perché vi snobbi, semplicemente pensavo di darmi alla revisione in un unico momento finale.
Per il resto, credo di non aver molto da aggiungere sul capitolo, spero l’abbiate trovato, se non interessante, almeno non noioso!
Grazie mille per aver letto. <3 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: aki_penn