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Autore: The_Grace_of_Undomiel    27/07/2014    1 recensioni
Sam è un ragazzo di sedici anni mezzo, che si è appena trasferito in una nuova città.
A causa del suo carattere un po' timido ed insicuro, il giovane non si era mai sentito accettato dai precedenti compagni di classe ed era spesso deriso o emarginato. In conseguenza a ciò, Sam vede nel trasferimento un'opportunità per incominciare una vita migliore della precedente ed è molto ansioso, oltre che timoroso, di iniziare la nuova scuola. Purtroppo però, le cose si mettono subito molto male per il ragazzo, diventando sin dal primo giorno il bersaglio dei più temuti bulli di tutto l'istituto, I Dark, e da quel momento in poi, la vita per lui diventa il suo incubo personale.
Ma col passare del tempo, imparerà che a volte non bisogna soffermarsi solo sulle apparenze e le che le cose, a volte, possono prendere una piega del tutto inaspettata...
Dal testo: "I Dark si stavano avvicinando sempre di più, ormai solo pochi metri li separavano da Sam e Daniel. Avanzavano uno vicino all’altro, formando una sorta di muraglia, tenendo al di fuori tutto quello che c’era dietro di loro"
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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-Quindi mi stai dicendo che Kyda e il vecchietto contrattavano comodamente il tuo orologio verde? Davanti ai tuoi occhi? Ma qui abbiamo proprio toccato il fondo!- Daniel scoppiò in un’allegra e pura risata. Se ne stava appollaiato su una finestra del corridoio, incurante del fatto che questa fosse spalancata.
-Non ho detto che stavano “contrattando”, stavano valutando quanto poteva essere il suo prezzo- borbottò Sam, incrociando le braccia.
-Ma la cosa ti ha dato fastidio ugualmente, mi pare!- gli face notare il biondo, tra una risata e l’altra.
-“Contrattare” e “valutare” sono due cose differenti. Comunque sì, questa storia mi ha innervosito molto perché...Ma la vuoi smettere di ridere?- lo rimbrottò il giovane, essendosi accorto che il compagno di banco non faceva altro che sghignazzare.
-Scusami, non lo faccio apposta. Solo che quando succedono queste cose allucinanti non posso farne a meno- si giustificò Daniel, cercando di placare l’attacco di ridarella, poi aggiunse, ora ritornato più serio –In ogni modo, mi dispiace. Non è una bella situazione quella in cui ti trovi, non poteva capitarti compagno peggiore-
L’altro scosse la testa –No, sarebbe stato peggio finire con Travis, senza dubbio.  Se fossi stato sorteggiato con lui, adesso non sarei qui a raccontarti delle mie spedizioni in cartolibrerie dimenticate dal resto del mondo, ma a farti la descrizione dettagliata della potenza dei suoi  pugni -
Daniel prese un sorso dal suo Estathe al limone e rispose -Non posso darti torto, ma ammetterai che avere a che fare con quella ragazza non è un passeggiata. È pur sempre un membro dei Dark, tra l’altro quella che ti ha fatto la prima angheria in assoluto, ovvero rovesciarti della china addosso-
-Sì, mi ricordo bene. Erano i miei pantaloni preferiti quelli e li ho dovuti buttare- sospirò Sam -Ma come ti ho già detto la cosa che mi da più fastidio è vederle addosso il mio orologio- 
-Ti capisco, mi hai detto che è molto importante per te. Certo che Kyda è proprio senza cuore- constatò Daniel, scendendo dal davanzale con un balzo. Sam ne fu sollevato, in quanto temeva che l’amico potesse precipitare dalla finestra da un momento all’altro visto che non era stato fermo un secondo.
-Può darsi, ma forse non è del tutto vero...- disse, più a se stesso che al compagno.
Il biondo inarcò un sopracciglio, guardandolo senza capire, e costrinse il ragazzo a spiegarsi meglio.
-Probabilmente è una considerazione affrettata, ma mi è parso di scorgere dell’umanità in lei...- gli chiarì Sam.
-Addirittura?- esclamò Daniel sorpreso -Perché che cosa è successo?-
Il giovane gli raccontò brevemente il resto del pomeriggio precedente, soffermandosi in modo particolare sull’ultima frase che gli aveva rivolto lei prima di andarsene.
-Questo sì che ha dell’incredibile!- affermò Daniel a narrazione conclusa, particolarmente colpito –Non mi sarei mai aspettato una cosa del genere da Kyda-
-Infatti pure io sono rimasto un po’ perplesso, ad ogni modo ciò non toglie che sia una ragazza gelida e apatica. E in generale, oltre questo caso, quando parla lo fa solo per spruzzare veleno- mormorò Sam.
Daniel gli diede una pacca sulla spalla, comprensivo.
-Coraggio, passerà in fretta. Quando questo progetto sarà finito, le starai il più alla larga possibile-
-Infatti è ciò che voglio fare. Anche se prima della fine un pestaggio non me lo toglie nessuno! Di sicuro prima o poi i Dark al completo mi attenderanno da qualche parte per darmi il ben servito. E useranno Kyda per arrivare ancora più facilmente a me- sbuffò il giovane, sconfortato.
-Dai, ora non pensarci! E se capiterà, avrai anche tu la tua personale cicatrice!- Daniel rise di nuovo, passandosi una mano sul segno che aveva in fronte.
Sam osservò per un attimo l’amico, che continuava a sorridere raggiante. Incredibile, non esisteva niente che potesse buttarlo giù, era sempre allegro e solare in qualsiasi circostanza e non perdeva mai il sorriso. Inoltre era un ineguagliabile ottimista, era sempre disposto ad ascoltare i suoi problemi  e trovava sempre le parole giuste per risollevargli il morale. Era davvero un tipo eccezionale.
E così finì anche lui a ridere, contagiato dalla spensieratezza del ragazzo, poi gli chiese –E tu invece? Come ti trovi con Robert?-
-Oh benissimo, direi! È davvero molto simpatico, oltre che intelligente ed ottimo disegnatore - gli rispose ammiccando –Perciò sono a posto, io devo solo colorare, al resto pensa tutto lui!-
In quel momento la campanella suonò la fine dell’intervallo e i due ragazzi ritornarono in classe, continuando a chiacchierare del progetto e facendo considerazioni sui rispettivi compagni di lavoro.
Poterono a parlare a lungo, poiché la Ellist quel giorno era particolarmente in ritardo.
-Comunque...- se ne uscì Daniel dopo un po’, mentre giocherellava con un evidenziatore verde –Sono arrivato a delle conclusioni, dopo vari ragionamenti e studi approfonditi- assunse un’espressione da letterato.
-Riguardanti...?- chiese Sam, incuriosito.
-Hetty- rispose il biondo semplicemente.
Il giovane si fece assai attento. Era davvero impaziente di sapere che cosa avesse macchinato la mente folle di Daniel. In più, era rimasto particolarmente stupito, per una volta, di non avergli sentito pronunciare il nome di Chanel, ma quello di Hetty. Che l’amico non provasse qualche interesse per quella misteriosa ragazza? Lui e il biondo non avevano mai parlato seriamente di quell’argomento, considerato che l’amico non faceva che elogiare ogni singola cosa riguardante Chanel, mentre lui non era interessato a nessuna ragazza. Semplicemente, non ci pensava.
-E cioè!?- lo incitò a continuare, impaziente.
Daniel sorrise entusiasta –E cioè, sono convinto che Hetty abbia un debole per te!-
Nel sentire tutto ciò, Sam spalancò la bocca fino a terra.
-EEEH!?- esclamò strabuzzando gli occhi –Ma che vai vaneggiando, Lipton??-
-Non sto affatto vaneggiando, Wild! Ti sto solo dicendo le cose più ovvie di questo mondo- rispose l’amico annuendo -Fidati, io me ne intendo di queste cose. È da un po’ che me ne sono accorto e non puoi che darmi ragione: ogni volta che passiamo c’è Hetty nei paraggi, poi ho notato che guarda sempre verso di noi...Sono segnali elementari, mio caro Watson. Solo che tu non sei riuscito a coglierli, ma non devi preoccuparti,  per tua fortuna c’è Daniel qui ad aprirti gli occhi!-
Durante tutto quel discorso privo di senso, Sam non aveva fatto altro che guardarlo esterrefatto.  Quello stava delirando, senza dubbio.
-E ti sembrano segnali rilevanti questi? E poi scusa, se le tue impressioni sui comportamenti di Hetty sono vere, non potrebbe essere interessata a te invece che a me?- gli fece notare.
Daniel aggrottò la fronte –Ma lei non mi sopporta, te l’ho detto, e hai visto anche tu il modo in cui si comporta con me...-
-Magari si approccia così con tutti perché è timida, non ci hai pensato? Perciò risulta scortese, perché è impacciata- proseguì Sam.
La conversazione fu interrotta non appena entrò la Ellist tutta trafelata, carica di libri e di cartelline, mentre continuava a scusarsi del ritardo, ma intanto nessuno la considerava, anzi, molti non si erano nemmeno accorti della sua presenza.
Dopo un po’ di tempo, la professoressa riuscì a riportare, con molta fatica, l’ordine in classe e la lezione poté finalmente incominciare.
-Comunque...- sussurrò Daniel –Il discorso non finisce qui!-
Sam lo ignorò e  si mise a copiare la lavagna in tutta tranquillità.

Le rimanenti due ore passarono più rapidamente del solito e in breve Sam e Daniel furono già fuori da scuola. Per la gioia di entrambi anche quella era una bellissima giornata, addirittura più soleggiata della precedente.
-Ti andrebbe di fare un giro oggi pomeriggio?- domandò Sam con un sorriso -Non ce la faccio a stare tutto il giorno in casa, il cartellone credo che lo finirò stasera...-
-Certo che mi va! No aspetta, che giorno è oggi?- si affrettò a chiedere il biondo, pensieroso.
Sam ci ragionò un attimo su, poi rispose che era il 22 di Marzo.
-Mi correggo, non posso, mi sono ricordato che devo fare una cosa- farfugliò l’amico avuta l’informazione, improvvisamente irrequieto.
L’altro gli lanciò un’occhiata interrogativa e bofonchiò, fingendosi disinteressato –Ah, capisco. Ma se posso chiedere...Che devi fare?-
-Che devo fare? Beh, devo fare... devo fare i compiti!- esclamò Daniel con un sorriso tirato, evidentemente colto alla sprovvista.
-I compiti?-  il giovane inarcò un sopracciglio.
-Qualche problema in proposito?- domandò il compagno di banco, divertito, ma allo stesso tempo lievemente scocciato.
-No affatto- rispose Sam perplesso –Ma tu non li fai mai i compiti, tu li copi da me di solito. Come mai questo improvvisa voglia di studio?-
Daniel non rispose subito e iniziò a guardarsi nervosamente attorno, messo alle strette. Infine, intortò Sam con un fiume di parole e spiegazioni prive di senso, talvolta interrompendosi e cambiando all’improvviso discorso.
-Va bene, ho capito!- esclamò ad un certo punto l’altro, esasperato –Vuol dire che usciremo la prossima volta-
I due ragazzi fecero un pezzo di strada insieme continuando a chiacchierare, finché non si separarono per andare in due direzioni opposte.
Mentre era impegnato armeggiare con le chiavi di casa, Sam sospirò. L’idea di starsene tutto il pomeriggio in casa con la bella giornata che c’era non lo allietava molto, magari sarebbe uscito da solo, come solente accadeva. Ma ciò che più occupava i suoi pensieri era lo strano quanto sospetto comportamento di Daniel. Non era per niente convinto che l’amico non potesse uscire per via dei compiti, cosa c’entrava allora che fosse o meno il 22 Marzo? Che il ragazzo fosse solito a fare una full immersion di compiti ogni 22 del mese gli sembrava piuttosto improbabile. Nascondeva qualcosa senza dubbio, ma dopotutto quelli erano affari di Daniel e non dovevano interessarlo.
Finalmente le chiavi si decisero a collaborare e il giovane poté entrare in casa. A differenza degli altri giorni, non la trovò vuota, ma con tutti i componenti della sua famiglia. Amber se ne stava stravaccata sul divano con aria svogliata, con  ancora addosso i vestiti di quella mattina. Probabilmente anche lei era appena tornata da scuola.
Holly giocava nel pavimento del corridoio con le bambole, mentre sua madre era in bagno, la quale uscì poco dopo.
-Ciao Sam! Allora come è andata oggi a scuola?- chiese sorridendo dolcemente.
-SAM!- urlò Holly in quel preciso istante, accortasi solo allora del rientro a casa del fratello. Mollò le bambole per terra e corse ad abbracciarlo.
-Come al solito, mamma- rispose lui, mentre scompigliava i capelli della sorellina -Voi invece?-
-Oggi ci hanno consegnato le verifiche di inglese e io ho preso il voto più alto di tutta la classe- raccontò Holly tutta soddisfatta.
-Bravissima! Ma ormai non mi stupisco nemmeno più, so che sei un piccolo genietto in quella  materia- ammiccò il ragazzo.
La sorella gongolò compiaciuta.
-Infatti più tardi le comprerò un piccolo regalino per ricompensarla, se lo è meritato. Tra poco devo ritornare a scuola- disse la madre, infilandosi un maglione di cotone viola appeso all’attaccapanni del corridoio.
-Ad ogni modo, successo qualcosa di nuovo mentre non c’ero?- chiese Sam, con ancora in braccio Holly.
-Prima ha chiamato quella puttana di Consuel- gli rispose Amber dal salotto.
-Amber!- esclamò scandalizzata la mamma.
-Beh, che ho detto?-
-Lo sai che non voglio che usiate quelle parole. Sono volgari- la riprese la donna.
-Cos’è una puttana?- domandò Holly innocentemente.
-Niente, tesoro- si affrettò la madre, riprendendo la figlia dalle braccia di Sam.
-Io dico quello che voglio quando voglio- ribatté acida la sorella maggiore –E poi quella è l’unica parola che doni vicino a una persona come lei-
-Che cosa voleva?- domandò Sam, freddo.
Amber scese dal divano e raggiunse la famiglia nel corridoio.
-Nulla di importante, solo informarci del fatto che ci siamo dimenticati delle cose nella casa- rispose appoggiandosi allo stipite della porta -Poteva anche chiamarci papà e non quella tro...-
-Avranno avuto i loro motivi- la interruppe la madre, prima che la figlia dicesse altro.
Sam scrollò le spalle infastidito e senza dire una parola tornò in camera, lasciando le altre due a discutere. Sapeva che Amber era quella che aveva preso peggio il tradimento e non sopportava quando la madre tentava di giustificare il marito e la segretaria, o quando cercava di mostrarsi indifferente. Neppure lui lo tollerava, ma preferiva non fare alcun tipo di considerazione e parlarne il meno possibile, per evitare inutile sofferenze alla mamma. Ma Amber era stupida e a queste cose non pensava.
Si barricò in camera e si mise a fare un po’ di compiti. Successivamente scese solo per pranzare, poi tornò di nuovo alla scrivania, dedicandosi al cartellone. Rimase concentrato sul proprio lavoro per un’ora e mezza, poi decise di andarsi a prendere un succo in cucina.
Amber si stava facendo una doccia, mentre Holly era da qualche parte per la casa.
Il giovane scese pigramente le scale e fece per raggiungere la stanza, quando rimase paralizzato sulla porta, alla vista di quello che stava accadendo: Holly era in piedi su una sedia e cercava di prendere qualcosa dalla dispensa. Un piede era appoggiato sul piano cucina, mentre l’altro era sulla seggiola. La bambina si sporse ancora di più, non riuscendo a raggiungere il suo obbiettivo e fu allora che perse l’equilibrio. Sarebbe rovinata a terra, se Sam non avesse avuto i riflessi pronti da afferrarla prima che precipitasse. Caddero tutti e due per terra, con Holly sopra al fratello, stretta forte fra le sue braccia.
In poco tempo furono di nuovo in piedi, poiché Sam l’aveva tirata su per le spalle con rabbia.
-Oh grazie Sam, volevo prendere i biscotti, solo...solo che ho perso l’equilibrio e...- Holly non ebbe neppure il tempo di terminare la frase in quanto uno schiaffo le colpì il viso. La bambina si portò una mano alla guancia colpita, tramante, e levò lo sguardo sul fratello. Gli occhi del ragazzo erano fiammeggianti di collera e sentiva il proprio cuore battere all’impazzata a causa dello spavento.
-TU! Sei una stupida!- tuonò.
Holly lo fissò terrorizzata, sgranando gli occhi che già stavano diventando lucidi, e provò a balbettare qualcosa.
Sam l’afferrò di nuovo per le spalle.
-Stai zitta! Non fare mai più una cosa del genere, cazzo! Credevo che avessi imparato la lezione, potevi spaccarti la testa, per la miseria!- continuò a sbraitare. Non si era mai sentito così, si rendeva conto che stava perdendo completamente il controllo, ma era troppo arrabbiato. E troppo spaventato.
Le labbra di Holly iniziarono a tremare, mentre delle stille salate iniziavano a rigarle il volto.
-Io...io...-  singhiozzò.
Sam la lasciò andare e si passò una mano sul viso, cercando di ritrovare qualcosa che assomigliasse alla calma.
-Sparisci dalla mia vista- riuscì a formulare.
Holly non lo ascoltò e provò ad avvicinarsi, ma lui la respinse malamente.
-Vattene in camera!-  urlò allora.
A quel punto la sorellina scoppiò in lacrime e scappò via. Poco dopo si udì il rumore di una porta che sbatte.
Sam respirò profondamente e si appoggiò al fornello, prendendosi la testa fra le mani. Tirò un pugno contrò uno sportello e uscì dalla cucina. Aveva assolutamente bisogno di andarsi a fare un giro per sbollire la rabbia. In quel momento si imbatté in Amber, ancora con i capelli gocciolanti.
-Cosa è successo!? Cos’erano tutte quelle urla?- esclamò, agitata.
Sam la ignorò e la superò dandole una spallata.
-Io esco- disse solo.
-Ma dove vai!? Sam!- lo chiamò la sorella, ma lui si chiuse la porta di casa alle spalle.
Non appena fu fuori si sentì immediatamente meglio. Il sole illuminava tutto con dei raggi sottili, il cielo era di un azzurro limpido e un piacevole venticello soffiava. Il ragazzo si incamminò verso una direzione a caso, cercando in ogni modo di rilassarsi. Aveva ancora impressa nella mente l’immagine di Holly in piedi su quella maledetta sedia. Perché non aveva chiesto a lui di prenderle ciò di cui aveva bisogno? Glielo avevano ripetuto cento, no, mille volte di non arrampicarsi da sola e lei non aveva capito nulla. A quanto pareva era recidiva, ciò che era successo in passato non le era bastato.
Il giovane continuò a camminare e dopo un po’ riuscì a lasciare andare i pensieri. Uscire era sempre stata la sua tecnica per tranquillizzarsi e anche in quel caso aveva funzionato a meraviglia.
Girò in lungo in largo per un’ora intera, finché, quando sentì di essersi calmato del tutto, decise di rientrare a casa. Di sicuro Holly adesso lo aveva preso in odio, ma avrebbe rimediato il giorno successivo, facendosi perdonare in qualche modo. Non era ancora predisposto a farlo quella sera stessa.
Fece per riprendere la direzione di casa, ma si rese conto che i suoi piedi lo avevano portato in zona a lui del tutto sconosciuta. Si chiese come avrebbe fatto a ritrovare la strada. La via era piena di gente per cui avrebbe potuto chiedere indicazioni, ma non ne era molto disposto.
Si maledì per il suo essere ancora così inesperto di quella città, neanche fosse arrivato da un giorno.
Iniziò  guardarsi intorno, cercando di recuperare l’orientamento, e il suo sguardo venne attirato da qualcosa o meglio, da qualcuno. Dall’altro lato della strada, sotto un portico, camminava con passo spedito Daniel. Indossava una bella giacca blu, un paio di jeans ed una sciarpa azzurra. A tracolla portava un grosso borsone verde scuro.
Sam non credette ai propri occhi. Ma il suo amico non doveva starsene a casa a fare dei presunti compiti? E cosa più importante dove stava andando abbigliato in quel modo? Non lo aveva mai visto vestito così.
Un pensiero improvviso attraversò la mente di Sam senza che lui potesse farci nulla, ovvero seguire Daniel. Cercò di cacciare via quella stupida idea scrollando la testa. Non era mica una spia, lui, e non era morale mettersi a pedinare una persona, anche se la curiosità era davvero molta.
Frattanto, il biondo aveva quasi finito di attraversare il portico.
Sam continuò a pensare, mentre il desiderio di sapere si faceva incalzante. Dopotutto, era un suo diritto venire a conoscenza del motivo per cui Daniel gli aveva dato buca, giusto? Sbagliato. E questo lo sapeva pure lui, ma alla fine agì senza soffermarsi a ragionare ancora a lungo. Attraversò la strada e si mise ad inseguire Daniel. Per raggiungere l’amico fu costretto a camminare speditamente, poi, una volta più vicino, poté rallentare.
Il biondo camminava allegro, anche se di tanto in tanto si voltava indietro come per accertarsi di qualcosa e allora Sam era costretto a nascondersi o a confondersi tra la folla. Si sentiva ridicolo e anche un po’ meschino, ma la curiosità era diventata troppa. Forse se non avesse visto Daniel vestito in quel modo non si sarebbe messo ad inseguirlo, si sarebbe sentito solo molto infastidito per la bugia che gli era stata detta, nient’altro. Ma gli indizi dicevano che ciò che l’amico stava facendo non era un semplice giro, ma che stava andando in un qualche posto ben preciso.
Ad un certo punto, il compagno di banco entrò in un negozio. Questi vendeva penne particolarmente pregiate, oltre a quaderni fatti con carta speciale e altri articoli del genere. Sam vide l’amico parlare con il negoziante e comprare qualcosa, ma non riuscì vedere bene cosa. Dopodiché Daniel uscì e l’inseguimento riprese. Cammiarono a lungo e man mano il biondo si faceva più irrequieto. Sam rischiò di essere scoperto ben due volte. Il ragazzo stava quasi per rinunciare, quando Daniel svoltò l’angolo e per seguirlo si ritrovò davanti a un piccolo edificio bianco. Per arrivare al portone vi era una scala in cemento e ai lati si trovavano due vasi di gigli. Daniel si guardò ancora un attimo intorno circospetto e infine entrò.
Sam rimase per qualche istante fuori, non sapendo bene se entrare o meno. Ormai era arrivato fin lì, tanto valeva completare l’opera. E così entrò anche lui.
Dentro era molto grande e un lungo corridoio di marmo si estendeva, fino a svoltare un angolo. Lungo le pareti, numerosi porte si susseguivano. Di tanto in tanto sorgeva qualche tavolino bianco con sopra vasetti di fiori dai vari colori. Un silenzio pacato riempiva l’aria.
“Ma dove sono finito?” si chiese, ammirando il tutto, catturato.
All’improvviso qualcuno dietro di lui si schiarì la voce. Si trattava di un ragazzo poco più grande di lui. Era molto alto e distinto, aveva i capelli neri corvini perfettamente pettinati e gli occhi verde bottiglia. Indossava un maglioncino color carta zucchero e un paio di pantaloni blu. In mano teneva una lista e una biro.
-Ti sei perso?- domandò, con l’aria da superiore.
-Ecco, diciamo di sì. Potrei sapere dove mi trovo?- chiese a sua volta il giovane.
Il damerino sospirò, come se davanti a lui ci fosse stato un perfetto idiota, e rispose stizzito –Dove si trova chiede lui...Questo è il colmo. Mio caro, questa è la più famosa e professionale scuola per poeti emergenti di tutta Roxvuld! Ecco, dove ti trovi-
Sam sgranò gli occhi –Scuola per poeti emergenti!?- esclamò.
-Sì, scuola per poeti emergenti. La cosa ti sconvolge?- il tipo lo squadrò dall’alto in basso.
Ecco allora cosa era andato a fare Daniel. Frequentava un corso di poesia! Aveva sempre notato in lui un evidente talento e passione per la scrittura. Una volta gli aveva pure consigliato di adoperarsi per intraprendere la carriera di poeta, e dire che Daniel gli era pure scoppiato a ridere in faccia. Sam fece un sorriso ironico. Lo aveva smascherato alla fine e con lui smascherati i suoi misteriosi impegni. Certo che dal tipo folle che era il compagno di banco non se lo sarebbe mai aspettato. Un corso di poesia!
-Ehm, sono ancora qui- canzonò l’altro, richiamando su di se l’attenzione di Sam.
-Oh sì scusa. Comunque più che sconvolto sono sorpreso. Sai, non è da molto che sono in questa città e...-
-I dettagli sulla tua vita privata non mi destano interesse, se vuoi saperlo. Piuttosto, ti vuoi iscrivere?- domandò il tipo togliendo il tappo alla penna con i denti.
-Iscrivere?- ripeté Sam.
-Ma frequenti corsi per pappagalli, tu?- borbottò quello seccato -Sì, iscrivere! Vuoi che segni il tuo nome sulla lista? E per favore non ripetere “lista”-
-Molto divertente. No grazie, non voglio iscrivermi- bofonchiò Sam. Quel tizio stava cominciando a dargli sui nervi.
L’altro fece una smorfia -Mh, lo sospettavo. Ma in ogni caso non avresti avuto possibilità di andare avanti. Hai l’aria da dilettante-
-Dilettante!? No aspetta un momento...-
-Non serve che ti giustifichi, non tutti hanno del talento. Perciò, visto che tu ne sei privo, il rinunciare ad  iscriverti denota in te una discreta intelligenza-
-Perciò ha il diritto di iscriversi solo chi ha del talento? E quelli a cui piace scrivere, ma non sono portati non possono?-continuò piccato Sam. Non sapeva nemmeno lui del perché stesse dando dello spago a quella sottospecie di pinguino. Ma quelli erano argomenti che da sempre lo toccavano e inoltre quel giorno era abbastanza in vena di discutere.
-No, uno può benissimo iscriversi. Ma non avrebbe speranze di farcela. Io penso che una persona debba provare a fare una cosa solo se sa già di essere portato- espose il tipo, altezzoso.
-Beh, c’è chi non la pensa in questo modo!- si infervorò Sam.
-I dilettanti- intonò il damerino con un sorrisetto irritante.
-E beh? Uno non può iscriversi anche solo per divertirsi e fare qualcosa che gli piace?-
L’altro gli lanciò un’occhiata sprezzante –Non in questa corso...-
La discussione venne interrotta da una terza voce, molto bassa e profonda -Allora Eustache, che sta succedendo qui?-
A parlare era stato un uomo alto e da una pancia enorme. Il panciotto che indossava era tirato al limite e i bottoni minacciavano di saltare via da un momento all’altro. Dava l’impressione di essere una persona molto allegra, ma i suoi occhi in quel momento esprimevano durezza, ma allo stesso tempo saggezza. Da dietro di lui fecero capolino le teste di vari studenti, tra cui quella di Daniel il quale, alla vista di Sam, si paralizzò sul posto.
-Abbiamo un piantagrane, ecco che succede- rispose Eustache.
-Piantagrane!?- esclamò Sam –Non è affatto ve...- si interruppe subito, notando che tutti gli sguardi erano puntati su di lui, compreso quello esterrefatto di Daniel. Sam tacque e si fece piccolo piccolo, terribilmente imbarazzato.
Infine, l’uomo riportò l’ordine e Sam venne esortato ad andarsene. Prima di uscire, vide Daniel fargli un segno, che stava a dire di aspettarlo fuori.

-In conclusione, ti chiedo scusa Daniel. Non avrei dovuto impicciarmi-
Il compagno di banco e Sam stavano camminando per il centro e il ragazzo aveva appena finito di raccontare tutto per filo e per segno all’amico.
Quest’ultimo lo osservò con serietà, prima di scoppiare in una delle sue solite risate, che immancabilmente finivano per stupire l’altro.
-Accidenti, avrei voluto vederti in versione agente della C.I.A! In effetti mentre camminavo mi è parso più volte di essere osservato, ma non mi sarei mai aspettato che fossi tu! Ho scoperto un tuo lato nascosto, quello di pedinatore!- esclamò continuando a ridere.
Sam si sentì più sollevato e rispose, sorridendo –Dai, non sono un pedinatore. Però ciò non toglie che mi debba scusare, non avrei dovuto seguirti-
Il biondo scosse la testa –No, sono io che mi devo scusare con te. Non dovevo mentirti, ma dirti la verità. Solo che...mi vergognavo un po’...-
Sam lo guardò senza capire.
-Insomma, mi conosci. Sai che tipo sono. E temevo che mi avresti preso in giro nello scoprire che mi piace la poesia e che vado a fare dei corsi...- mormorò Daniel.
-Perché mai avrei dovuto, scusa? È una cosa bellissima quella che stai facendo, te lo assicuro! Da quanto frequenti quel corso e come funziona?-
-Ormai è da tre mesi che ci vado ed è organizzato così: lì ti insegnano le tecniche poetiche e ti fanno comporre, oltre che analizzare testi famosi. Poi, tra un po’ di tempo ci sarà un concorso in cui si deve scrivere una poesia di proprio pugno. Il vincitore dovrà partecipare poi ad un altro concorso molto più impegnativo e se vincerà anche quello, insomma, verrà notato e messo nel giro- spiegò Daniel.
Sam sorrise raggiante –Troppo forte! Io tifo per te! Sono sicuro che scriverai una bellissima poesia!-
Daniel sorrise a sua volta -Grazie, amico. A parte la mia famiglia, nessuno sa di questa cosa. Tu sei il primo. Se i nostri compagni di classe lo venissero a sapere sarei preso in giro fino alla morte-
Sam gli assicurò che avrebbe mantenuto il silenzio, poi gli chiese che cosa avesse comprato in quel negozio.
-Ma sei proprio un pedinatore provetto tu!- scherzò –Comunque ho preso i miei regali di compleanno: una penna come si deve e un quaderno professionale in cui raccogliere ciò che scrivo-
-Oggi è il tuo compleanno!?- esclamò Sam sgranando gli occhi.
-In realtà no, è fra qualche giorno. I regali sono in anticipo, non sapevo resistere- Daniel si grattò la nuca, imbarazzato.
I due ragazzi fecero ancora un breve giro, poi Sam si rese conto che era venuto davvero molto tardi. Salutò Daniel e volò di corsa a casa. Tutto quello che era successo gli aveva fatto scordare che doveva ancora finire il cartellone. Quel pensiero gli fece venire per un momento in mente Kyda: chissà per quale motivo quel giorno non avevano potuto vedersi. Sam scosse la testa. Per quel giorno si era fatto fin troppo gli affari altrui.

  
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