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Autore: sam_di_angelo    28/07/2014    3 recensioni
La matita scivolò via dalla mano sudata di Leo e improvvisamente lui si sentì nervoso.
-Cosa? Leo, stai bene?- Nico si avvicinò con aria curiosa, e le guance di Leo presero fuoco.
Fece appena in tempo a spegnersi l'indice prima di bruciare tutto il progetto del sottomarino.
-Si, è tutto okay.- Disse, cercando di distrarsi giocherellando con i pezzettini di gomma, e di non badare al battito cardiaco, e al cuore che rimbombava nel petto come un tamburo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Leo Valdez, Nico di Angelo, Quasi tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Leo si svegliò la mattina successiva di scatto seduto sul letto, tutto sudato, e con le mani fredde. Se le strinse al petto, ed erano ghiacciate. Che incubo orribile, pensò il ragazzo.
-Cosa mi succede?- Leo uscì fuori dalla cabina in fretta e furia. Era mattina presto, il sole filtrava fra gli alberi. Corse per la strada a perdi fiato e si chiuse nelle fucine della casa di Efesto. Si sedette lentamente sul pavimento. Si concentrò con tutta la sua forza, guardandosi la mano aperta, aspettando che la fiammella spuntasse danzante fra le dita. Uscì subito dalle fucine come un fulmine. Aveva il cuore in gola e sudava da morire. Spalancò la porta ed entrò all'improvviso.
-Dov'é Annabeth?Ho bisogno di Annabeth!- Ci fu un trambusto esagerato, infatti Leo si rimproverò per aver urlato così. Da un letto della cabina di Atena si alzò a sedere la riccia con la lunga chioma dorata. Leo si avvicinò. Lei si stropicciò gli occhi grigi e assonnati.
-Che c'è Leo?- Sbadigliò.
-Mi è successa una cosa terribile Annabeth. Terribile.- Si avvicinò all'orecchio della Semidea e le disse piano: Non riesco più ad evocare il fuoco.
-COSA?!- Leo sobbalzò, cadendo col sedere a terra.
-Hai capito bene, non ce la faccio, senti!- Le mise una mano sul viso. Lei si tolse di scatto.
-Ma...è gelata...- Gli occhi di Leo si riempirono di lacrime, lacrime piene di panico e paura.
Gli altri figli di Atena erano tornati a dormire lamentandosi, quindi c'erano solo Leo ed Annabeth a parlare.
-Come faccio ad essere il badboy hot senza il fuoco?- Riuscì a dire Leo per sdrammatizzare e ricavare il tempo di ritirare le lacrime che minacciavano di rigargli le guance.
-Leo, troverò una soluzione. Ma tu devi promettermi che di questo non ne farai parola con nessuno, se non vogliamo agitare tutto il Campo.- Disse Annabeth, con i suoi occhi grigi e minacciosi colmi di tempesta che lo scrutavano.
Leo annuì, e Annabeth l'abbracciò. Leo se ne tornò a letto, a fissare il soffitto con occhi opachi e aspettando che la luce del sole svegliasse tutti, tempo che risultò quasi eterno. Il riflesso di Leo nello specchio era irriconoscibile, il viso era spento, aveva le occhiaie e presino i capelli sembravano afflosciarsi, e sorridere risultò impossibile. Di solito il suo sorriso avrebbe preso posto sul volto, trasmettendo un:"si risolverà tutto, non preoccuparti, sei uno schianto oggi." Ma quello che era successo era troppo grande e terribile. Leo non sapeva che parte cominciare, e ripose tutta la sua fiducia nelle mani di Annabeth. Persino il maestro dei sorrisi forzati perse qualche colpo.

A colazione Nico era seduto al tavolo di Ade, e parlava animatamente con Hazel, che gesticolava arrabbiata facendo ondeggiare i suoi ricci castani. Leo si accorse troppo tardi del fatto che stava leggermente fissando Nico. I loro occhi si incrociarono un istante, poi il figlio di Ade voltò il viso verso Hazel, come se non volesse guardarlo. Leo si sentì ancora peggio di prima, come un bel fiore, appassito, secco e floscio.
Nico era lì. Non gli era successo nulla. Con Hazel il giorno prima l'avevano cercato ovunque, ma non l'avevano trovato. Fu un sollievo vederlo lì. Annabeth invitò Leo a "darle una mano nelle stalle", per evitargli le fucine, e si raccomandò con il ragazzo, dicendogli che quel pomeriggio sarebbe stato meglio chiudersi in cabina, mentre lei avrebbe cercato qualche rimedio.

La mattina tutto filò liscio, nessuno si accorse di quello che stava succedendo. Leo si sentiva sollevato, ma anche ferito, del fatto che nessuno dei suoi amici era riuscito a capire come stava davvero. Il pomeriggio successe una cosa strana. Sul letto di Leo c'era un foglietto, dove c'era scritto in bella grafia, con la penna nera: "Incontramoci al bar per un caffè, oggi pomeriggio alle cinque, mi devo scusare con te." Leo era agitato. Si vestì normalmente e si sistemò un po'. Sentì bussare alla sua cabina. Si precipitò ad aprire inciampando sulle spazzole per i capelli che aveva gettato sul pavimento. Si immobilizzò difronte al volto del ragazzo che l'aveva invitato a bere un caffè. Bello come la luce della Luna, come acqua fresca in estate e nel deserto. Leo comandò al suo cuore di stare in silenzio, ma proprio non ne voleva sapere, e continuava a correre nel suo petto come su un tapis roulant.
   
 
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