Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Meg Explosion    28/07/2014    4 recensioni
Armin Arlert si trova in un ospedale, posto che lui odia a prescindere, ma che dopo un po' comincerà a piacergli poiché una persona gli insegnerà cosa vuol dire amare veramente senza paura di perdersi, perché uno volta che ci si è trovati non si torna più indietro.
Mai come nel momento nel quale ha visto quei occhi si è sentito a casa.
Eremim.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Armin Arlart, Un po' tutti
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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In Equilibrio.

Capitolo 2: Vomito










4.36 del mattino

Naturalmente Armin si sveglia, sudato e agitato. Ha gli incubi da sette anni, precisamente da quando, quel pomeriggio i suoi genitori, insieme a molte altre persone, sono morti. Non sa esattamente cosa sogna, ogni notte è uno scenario diverso, ed è sempre più spaventoso.
Va verso il bagno, apre l’acqua e la lascia scorrere un po’, così che sia più fredda di quella dell’Antartico. Si guarda allo specchio disgustato, gli occhi neri, le sopracciglia che forse una settimana erano curate, ma ora sembrano solo quelle di una casalinga stanca, stufa, che una volta era una modella famosa. I capelli sono spettinati e farebbe meglio a lavarseli, anche se è solo da un giorno che non si fa la doccia.
-E’ così che mi vedono tutti? Che schifo-
No Armin, nessuno ti vede così, tutti vedono i tuoi occhi grandi e azzurri, non le occhiaie, a tutti strappi un sorriso quando muovi le sopracciglia mentre parli e i tuoi capelli sono, beh sono wow. Peccato che tu non lo capisca, peccato che non ti fai vedere di  più e ti nascondi, dietri milioni di libri e fogli.
-E’ così che mi ha visto Eren?-
Oh, Eren. Si ricorda che lui ha il suo numero di telefono e non gli ha comunque scritto, che idiota. E’ troppo presto per scrivergli, così salva semplicemente il numero e prega che dopo abbia abbastanza forza da poter mandargli un messaggio.
Alza di nuovo la testa verso lo specchio, che per dirla tutta era anche sporco. Le occhiaie non vogliono andarsene e sembra che ogni secondo diventino sempre più nere. Si mette una mano sulla faccia e si chiede come fa ad essere così pallido a luglio. “Ah già, non esco mai”. La mano scende sul collo e così nota di star ancora indossando la collana che gli ha regalato Eren.
-Devo fare colpo oggi, ieri non ero di certo in gran forma. Allora, per la faccia posso fregare un po’ di fondotinta da nonna e poi…-
Due ore dopo stava ancora cercando le pinzette. Erano le sei e tra poco sua nonna si sarebbe svegliata.
-Ok, allora, ehm… TROVATE!-
Questo l’ha definitivamente svegliata. Armin corre per le scale per cambiarsi anche i vestiti, poiché se vuole far colpo, non può andare con il pigiama… EHI, FERMI TUTTI, ARMIN? ARMIN NON PUOI DECIDERE TU COSA FARE, SONO IO LA SCRITTRICE. ARMIN, TUA NONNNA ARRIVA, ORA TORNA NELLA STORIA E SEGUILA, CRISTO!



-Armin, caro già sveglio?-
-Sì nonna da un po’.
Nonna sorride e va in cucina per preparare un po’ di caffè, che ad Armin piace con tanto zucchero e poco latte, se non è così, non lo beve. Armin torna però alla sua missione: cercare di vestirsi bene. Non sa perché lo vuole così tanto, non è la prima impressione e non sa neanche se lo potrà rivedere. Ha letto un mucchio di libri (e qualche manga shuojo), sa che ha preso una cotta per Eren, ma cosa ci può fare? L’unica cosa che spera è che rimanga una cotta, che lui non se ne innamori, perché sarebbe orribile. Pensa questo perché Eren è in un ospedale e ha dei problemi e Armin non saprebbe come comportarsi, si dice “Lui già starà male, se mi ci aggiungo pure io farò solo peggio”, ma decide di giocare ancora un po’ a “ragazzina delle elementari innamorata”.
Torna allo specchio e nonostante tutto ciò che ha cercato di fare per sembrare più carino, si trova ancora disgustoso. Questo sentimento è probabilmente nato dal fatto che lui si è sentito non la causa della morte dei genitori, ma la causa del fatto che lui sia ancora vivo. Non importa quante persone gli dicano che è fortunato, che era nel suo destino e che non doveva sentirsi così, non poteva farne a meno.
-Armin, sono quasi le sette, alle otto andiamo dal nonno, ti va?-
Armin scuote la testa e si gira verso sua nonna, che è sulla soglia della porta del bagno. Una strana luce appare dalla finestra, come se il sole avesse deciso di illuminare solo quel punto vuoto sul muro beige.
-Ti stai facendo carino? Sei proprio uguale a tua mamma-
Armin si mette una mano tra i capelli e li arruffa un po’.
-In fondo a poco serve, fino quando non mi cambiano tutta la faccia, carino, non lo posso diventare-
L’espressione della nonna torna seria, quasi come se l’avessero offesa, che in parte è vero; nessuno può dire che suo nipote è brutto, neppure il suo nipote stesso.
-Armin, ne abbiamo già parlato; tu sei bellissimo. Sei fantastico e intelligente e…-
-Nonna ora vado a vestirmi- dice Armin zittendola e scappando verso le scale.
-Stupido nipote, hai rifatto solo un sopracciglio! Non uscire così di nuovo, ti prego!-
-Ah danNAZIONE-


Sono le otto e un quarto e finalmente sono davanti all’ospedale. Il giorno prima Armin era solo perso dall’adrenalina, per questo è entrato in quel posto quasi senza problemi, ma questa volta era diverso. Quando le porte automatiche si aprono, si sente un terribile nodo alla gola. Sa che non c’è nulla di cui temere, ma i ricordi raccapriccianti che ha lo fanno sobbalzare ad ogni rumore che sente.
Entra nella stanza del nonno e lo vede ancora dormire e sembra non ci sia nessun problema; infatti, è così. Armin quasi non ci crede, ha avuto una vita piena di tragedie, e ora che c’è n’è un’altra dietro l’angolo non sta succedendo, è come un sogno. Tutti e tre, lui, sua nonna e suo nonno, respirano piano e si muovono lentamente. Armin guada sua nonna mentre sposta la sedia per potersi sedere vicino a suo marito e pensa a com’è tragico vivere una vita con la persona che più si ama per poi vederla collare come se fosse fatta di carta; è questo ciò che più lo spaventa: dover vedere l’amore della sua vita sciogliersi e svanire. Anche nelle precedenti relazioni che ha avuto, non riusciva ad attraversare una certa linea d’affezione; ha sempre amato con tutto il suo cuore, ma per sicurezza propria tendeva sempre a non avvicinarsi troppo per paura. Mentre restava fermo a pensare entra nella porta Hanji, la/il dottoressa/dottore che era ieri nella stanza di Eren, ed era insieme ad un uomo basso, voglio dire, era poco più basso di Armin, forse un 5 centimetri, ma in confronto ad Hanji sembravo un nano.
-Salve signora, oh! Armin! Ciao!- dice Hanji, in modo molto esuberante e quasi spaventoso.
-Salve dottore, cosa succede? Come sta mio marito?- esclama nonna, alzandosi dalla sedia.
-Questo le deve chiedere a quest’uomo, può fare un po’ paura, ma le assicuro che morde solo se minacciato-
L’altro dottore tira un pugno, che non sembra molto leggero, a Hanji, poi si gira verso nonna e comincia a parlare con un tono notevolmente basso, ma dell’espressione che la donna ha, non ci sembra siano problemi o cose di cui preoccuparsi.
-Ehi Armin, ti va di venire con me? E’ ora di svegliare Eren, ma è un’impresa ogni mattina, non immagini quanto sia difficile destare qualcuno sotto sedativo, è una cosa impossibile- Hanji quasi ride istericamente, come se trovasse gioia in quello che dice. Armin non fa in tempo a rispondere che Hanji lo sta trascinando fuori dalla porta tenendolo per il polso. 
-E’ sicuro che vada bene?-
-Certamente, magari se ti vede gli viene voglia anche di vestirsi e non restare in pigiama tutto il giorno-


Ancora una volta si ritrova nel reparto di psicologia. C’è un grande salotto che non aveva notato prima e due ragazzi, uno grande con dei capelli biondi e l’altro avvolto in una sciarpa nonostante il caldo; stanno giocando a carte. Passa davanti a tutte le stanze, ma non osa guardare dentro; poi arriva in fondo e vede il numero sulla porta: due.
-Entra pure, non aver paura, starà probabilmente russando in modo esagerato e prima del caffè è un po’ ostile, ma credo non cercherà di ucciderti, forse?-
Forse? FORSE? Quindi è questo che ha Eren? E’ per caso un assassino? Uno psicopatico? Armin lascia andare quei pensieri e si dice che sono cose stupide e molto improbabili, Hanji sta solo scherzando.
Apre la porta e vede che le finestre sono chiuse con delle sbarre che sembrano veramente pensanti, non riesce a togliere gli occhi da quelle finestre.
-Ah, hai notato le sbarre? Adesso chiamo quel forzuto dell’infermiere così le solleva, ma prima svegliamo Eren- dice Hanji, che sembra sempre più divertita.
-Aspetti, a, ehm, a cosa servono?-
-A evitare che la gente si butti giù dalle finestre, sono veramente pesanti perché così si deve stare molto tempo per alzarle o non ci si riesce proprio e fanno molto rumore, così possiamo sentire se qualcuno ci prova. Non con tutti ce ne bisogno però-
Armin comincia a mordersi il labbro e si sente tremare le mani.
-Ehi, Eren, svegliati e brilla, è un nuovo giorno!- Urla Hanji
-Vai a fanculo Hanji-
-Oh ma che rude, modera il linguaggio di fronte ad un tuo amico-
-Amico? Ma che cazzo dici?-
Eren gira la testa verso Armin e apre lentamente gli occhi.
-E tu saresti?-
-Armin, ricordi ieri?- “Stupido, stupido! E’ certo che non si ricorda di te, che motivo avrebbe? Sei un idiota, Armin”.
-Oh, ciao bello, come stai oggi?- Eren quasi sorride e Armin si sente subito meno teso.
-Bene, grazie-
-Sono contento di saperlo, ora, se non ti dispiace, vai a fanculo insieme ad Hanji- Eren torna a mettere la testa sul cuscino e a chiudere gli occhi. Ad Armin viene subito da ridere, perché dopo quella frase Hanji gli tira una manata sulla testa e per poco non gli urla di alzarsi.
-Ok, ok, mi alzo, va bene- dice Eren sollevandosi e sfoggiando il suo bellissimo pigiama a pallini blu.
-Vado a dire che ti preparino la colazione, la vuoi nella sala?-
-Sì, grazie-
Hanji se ne va e Armin rimane a guardare Eren che ha i capelli spettinati, gli occhi ancora acquosi e rimane comunque tanto bello quanto quando era pettinato e vestito bene. Anche Armin vorrebbe sembrare più come lui.
-Armin, scusa per prima, ma odio tutti senza distinzioni la mattina-
-Non ti preoccupare, mi è piaciuto vedere come Hanji è delicato verso te-
-Eh già. Ehi, aspetta un attimo, avvicinati un po’, avanti, non ti mangio mica-
Armin si avvicina a Eren, che è seduto sul letto, e non sa cosa aspettarsi. Quando è vicino, Eren gli tocca il viso e si sente congelare il sangue nelle vene.
-Ah ecco, mi sembrava che fosse cambiato qualcosa, ti sei rifatto le sopracciglia?-
Armin si sente in imbarazzo e vorrebbe essere lui quello a buttarsi giù dalla finestra, cerca comunque di trovare una scusa ma continua solo a balbettare senza far uscire una vera e propria sentenza.
-Ti stanno veramente bene, non aver paura, sembrano fatte da un professionista, giuro!-
Eren sorride e continua a guardare Armin come se stesse contemplando l’universo.
-Però sei riuscito comunque a tralasciare un piccolo particolare nel tuo aspetto-
-Cosa?!-
-Hai messo la maglia al contrario, scemo-
Eren ride mentre si alza e va verso il bagno. Armin si copre il viso con le mani e sorride anche lui, arrossendo come uno stupido.
-Puoi girarla mentre io mi lavo la faccia, giro che non sbircio-
-E cosa ci sarebbe da sbirciare, Eren? Sono anch’io un ragazzo, sai?-
-Questo è il pericolo, caro Armin, sono un po’ omosessuale, potrei saltarti addosso a ogni momento-
Armin si toglie la maglia e si lascia scappare una risata, ma non riesce a dire nulla.
-CISTO! STUPIDO OSPEDALE DI MERDA! MOBLIT! MOBLIT, VIENI QUI!-
Eren comincia a urlare, spaventando Armin. Non smette di imprecare fino quando non entra nella stanza un infermiere, un uomo che si vede sta cercando di non agitarsi troppo.
-Eren, per favore, calmati-
-CALMATI? COSA PENSATE DI FARE? OGNI SANTA NOTTE SBARRATE LE FINESTRE E PORTATE VIA GLI SPECCHI E MI CONTROLLATE! COSA DEVO FARE? CRISTO! STUPIDI, STUPIDI!-
Eren esce dalla stanza ed entra in quella vicino. Armin e l’infermiere escono e lo seguono; ci sono due ragazze che sono sedute sul letto per mettersi le scarpe ed Eren entra senza nemmeno guardarle, andando verso il bagno. Apre l’acqua e si risciacqua il viso, poi si ferma e appoggia tutte e due le mani sul lavandino e abbassa la testa.
-VISTO? NON HO ROTTO LO SPECCHIO E NON HO CERCATO DI UCCIDEMI CON ESSO!-
Armin va verso Eren, anche se non sa cosa fare.
-Eren, cosa succede? Stai bene?-
-Armin, per favore, non guardarmi-
-Cosa dici Eren? Va tutto bene, devi solo venire con me, hm?-
-No, per favore, non guardarmi così, vattene-
La voce di Eren è bassa e fievole e si sente che sta cercando di trattenere le lacrime. Armin è immobilizzato,
Vorrebbe fare qualcosa, dirgli che tutto è ok, che non si deve vergognare così, ma semplicemente non ci riesce. Hanji entra nella stanza e prende Eren per il braccio sinistro e lo fa uscire portandolo nella sua camera. Armin non sente quello che gli sta dicendo, ma Eren sembra essersi calmato e sta ascoltando, anche se non la guarda negli occhi. Dopo cinque interminabili minuti si alza e viene verso la porta porgendo ad Armin la sua maglia.
-Tieni, stupido esibizionista, ti va se mangiamo la colazione insieme?- dice Eren, sempre evitando accuratamente il contatto visivo.
-Ti ha detto Hanji ti chiedermelo, vero?-
-Beh sì, ma voglio veramente conoscerti meglio, sembri un tipo forte, no scusa, lo sei e non ho molti amici, poi mia sorella se n’è andata a studiare in Inghilterra e sono tutto solo, Dio, mi sento patetico-
-Sei patetico, Eren- Armin gli mette una mano sulla spalla e sorride, cercando di sembrare più figo di quanto lo è già.
-Parla quello che non si è ancora messo la maglia, non che non mi faccia piacere vedere un ragazzo che gira intorno alla mia stanza seminudo, ma credo che non sia il caso, non pensi?-
Armin arrossisce e cerca di recuperare un po’ della sua dignità mettendosi la maglia dalla parte giusta. Eren ricambia la mano sulla spalla e accompagna Armin nella sala, nella quale ora c’è più gente. Ai due ragazzi di prima si è aggiunta una ragazza bionda e bassa, poi ci sono anche altre persone, tutti ragazzi dai quattordici ai venticinque anni, Armin lo sa perché in quell’ospedale i reparti sono divisi in altri ‘piccoli reparti’ che vanno a seconda dell’età.
Eren occupa un posto in una grande tavola che è per ora vuota e Armin si siede di fronte a lui.
-Scusa per prima, ho questo piccolo problema con la rabbia, ehm, già, stamattina era piccolo, di solito è più... -
Eren si sforza di parlare e Armin se ne accorge, così cerca di rassicurarlo dicendogli che non serve che racconti tutto, che non importa, qualunque cosa lui abbia non fa differenza per lui ed Eren apprezza quelle parole e si sente subito meglio.
-Tuo nonno, sta bene ora?-
-Sì, sta benissimo, non mi sembra vero sembra che…-
Entrambi si perdono nelle parole dell’altro e si ascoltano senza interrompersi e senza parlare di cose veramente serie. Si dicono come vanno a scuola, quali materie sono le loro preferite e cose del genere. Armin però sente un senso di stranezza quando Eren inghiotte delle pillole, si era quasi dimenticato che era in un ospedale e che Eren, qualunque cosa avesse, aveva bisogno di cure.
Eren aveva finito la colazione da un pezzo ed erano probabilmente le dieci e mezza e Armin cominciava a sentirsi in colpa per aver lasciato da soli i suoi nonni, ma in quel momento sapeva che stare con Eren era importante. Dopo un po’ Eren si alza:
-Armin, vuoi andare a trovare tuo nonno? Non mi offendo sai, puoi dirlo-
-Beh, veramente, sì, posso?-
-Certo che puoi, devi anche chiedere? Mi accompagni solo in stanza?-
Armin sorride e si alza anche lui. Fuori dalla porta della stanza di Eren (che si trova un po’ lontana dalla sala), Eren mette tutte e due le mani sulle spalle di Armin e poi, per colpa delle medicine che ha preso, vomita su tutta la maglia del biondino.
-Oh per Dio Eren- dice Moblit che corre verso di lui.
-Sto bene, sto bene. Scusa ancora Armin, scusa, oggi combino solo guai-
Anche Armin sta per vomitare, ma non lo da a vede, piuttosto si toglie la maglia di nuovo. Arrivano delle persone in divisa con un moccio e secchi vari; prendono la maglia di Armin e intanto Moblit accompagna Eren nel suo letto.
-Armin, prendi una mia maglia, scegline una dall’armadio e non fare complimenti-
Armin esegue gli ordini e intanto Eren torna a vomitare.
-Moblit, te l’ho sempre detto io che il cibo qui fa vomitare-
Eren alza un sopracciglio e guarda Armin, facendogli un occhiolino.
-Armin, è meglio se te ne vai, non preoccuparti, succede ogni tanto, Eren sta più che bene- dice Moblit e anche a quello, Armin obbedisce e quando chiude la porta riesce a sentire ancora Eren vomitare.
 
 




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Ciao guys, sorry per il ritardo, ma ho avuto una settimana pazzesca che ha incluso il fatto che sono andata a bere una tazza di thè con Satana per scrivere la scaletta di questa storia. Il prossimo capitolo lo pubblicherò quando l’avrò finito (ovviamente), e presumo che lo finirò tra due giorni.
Ringrazio tantissimo le bellissime recensioni che mi fanno sempre commuovere e, e… T-T.
Spero vi piaccia :3
P.S. vorrei scusarmi con l’utente ‘kiara_levi’, non preoccuparti, nel prossimo capitolo ci sarai! :3
Grazie mille a tutti. Grazie Grazie Grazie
Meg. <3
 
  
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