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Autore: violadelpensiero    30/07/2014    2 recensioni
Gli opposti si attraggono? Gli antipodi si completano?
No, questa storia dimostrerà che forse sono le cose che ci permettono di rispecchiarci nell'altra persona ad avvicinarci maggiormente a lei. Allora che cosa condivide Draco Malfoy con Ginevra Weasley? Sesto anno, una Ginny che ha sempre ricevuto amore dalla sua famiglia ma che non riesce ad accontentarsi delle cotte adolescenziali e cerca il sentimento con la A maiuscola e Draco, Mangiamorte per costrizione, intrigato dalla caparbietà dell'unica ragazza che non ha paura di dire le cose come stanno e a tenergli testa per difendere le sue idee. Un mix scoppiettante di incontri rubati, chiarimenti su sè stessi e dialoghi complici nella mia prima long FF Drinny.
(Stralcio dal primo capitolo, POV GINNY)
-Che cosa vuole da me Malfoy?- pensò non irritata né spaventata, ma, si rese conto, curiosa. Iniziò un gioco di sguardi che durò a lungo. Ginny alzò un sopracciglio come a dire: “Che cosa vuoi da me?”. Il ragazzo rispose con un gesto identico e un’alzata di spalle che la rossa tradusse come: “Mah, vediamo dove ci porta il destino”. Stavano flirtando!
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Violadelpensiero
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley | Coppie: Draco/Ginny
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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POV DRACO

Era strano pensare che si potesse essere così felici in una situazione tanto triste. Ginevra Weasley gli aveva detto che lo amava. Amore? E’ una parola tanto grossa, tanto ingombrante… Cosa poteva saperne dell’Amore un ragazzo che aveva iniziato il suo percorso nel mondo senza la gentilezza e carezze di una madre, senza i giochi e l’affetto di un padre? Eppure anche lui sentiva qualcosa di grande che ribolliva dentro di lui, quella mancanza percepita quando era solo e quella completezza di quando invece era con Ginevra. Lo conosceva, lo stimava, nonostante le brutte cose che avesse subito, nonostante le cattive azioni che avesse compiuto, nonostante il Marchio viscido e nero sul braccio, ma non per questo lo compativa, come si fa con un cucciolo senza padrone. Con lei poteva essere se stesso; non c’era bisogno di mentire.

                                                                        

Le settimane passavano con una velocità allarmante, ma Draco aveva deciso che non voleva partire subito. Avrebbero creato una passaporta solo qualche giorno prima della sua Iniziazione e si sarebbero rifugiati in una casa sicura, un’antica dimora dei Black che era inutilizzata da tanto tempo. Chiedere aiuto a sua zia Andromeda era stata la scelta migliore: la ricordava poco -una volta sua madre lo aveva portato di nascosto a farle visita quando era molto piccolo- ma si era subito offerta di mettere loro a disposizione la casa, senza fare troppe domande. Era stata cancellata dall’albero genealogico di famiglia per aver sposato un babbano, Ted Thonks ed era vietato in casa Malfoy anche solo nominarla. Draco aveva sempre pensato che a sua madre mancasse molto. Conservava di lei i ricordi di un viso molto dolce, a forma di cuore, i capelli castani e ricci, l’espressione sempre sorridente. Sembrava la versione benevola dell’altra sua zia, Bellatrix. Da quell’unica volta non l’aveva più sentita perché i rapporti con sua madre si erano guastati, anche se spesso rimpiangeva di non averla conosciuta meglio. Nonostante questo, si era rassicurato; anche lei faceva parte dell’Ordine della Fenice, insieme a sua figlia Ninfadora e dopotutto era suo nipote. Gli aveva perfino regalato un orsetto di stoffa cucito da lei, all’epoca della visita. Il piano alla fine era elementare: prendere una passaporta per Black Manor e rintanarsi lì fino a quando la guerra non si fosse conclusa, sperando che i Mangiamorte avessero altro da fare piuttosto che cercare tre ragazzi dispersi. Suo padre sarebbe stato il problema più grande; l’avrebbe inseguito come un cacciatore di taglie, aspettando il momento di vendicarsi dell’umiliazione del suo tradimento e di ciò che esso aveva comportato per lui nella gerarchia precaria dei seguaci del Signore Oscuro. Solo poche persone dovevano essere a conoscenza dei particolari: sua zia, appunto e il professor Piton che avrebbe aperto per loro la passaporta sotto l’ordine del preside Silente. C’era però un piccolo enorme particolare che Draco aveva taciuto a tutti: Ginny sarebbe partita con loro.

La fine di marzo aveva portato un tiepido sole e docili margherite che invogliavano gli studenti a lasciare per po’ la biblioteca con l’allettante proposta di passare un pomeriggio diverso dal solito. Per questo motivo il parco di Hogwarts e le sponde del lago erano diventate meta di studenti armati di libri e coperte per una sessione di studio all’aperto o intenzionati solo a svagarsi un po’. Draco si era fatto convincere da Blaise a uscire (il quale sosteneva che sarebbe diventato un vampiro se non avesse preso un po’ di sole) anche se in realtà l’idea lo stuzzicava già da un po’. Così proprio in quel momento era steso sul prato a rilassarsi, chiacchierando con i suoi amici e scambiando qualche occhiata con Ginny, insieme alle sue compagne di stanza una ventina di metri più in là, dietro la quercia a strapiombo sul lago. I libri di tutti giacevano semiaperti in un angolo con le pagine che svolazzavano per il vento primaverile. Mentre Blaise si confortava con un goccio di Burrobirra rivisitata alla sua maniera –Draco sapeva che la “rivisitazione” comprendeva una boccetta di vodka- Theodore consultava il suo taccuino e ogni tanto tormentava il cappuccio della penna, mordicchiandolo sovrappensiero.

-Cosa fai, Nott, scrivi aforismi?- lo derise ironico Blaise, sbirciando da sopra la sua spalla che cosa stava scrivendo. Aveva i capelli tutti spettinati e gli occhi che brillavano come gemme per il riverbero della luce. Non pochi occhi erano concentrati su di lui, quel pomeriggio. Theo chiuse di scatto il taccuino, osservandolo divertito e preoccupato insieme: -Almeno io non devo correggere la Burrobirra per farmela piacere. Per l’amor del cielo, Blase, smettila di bere! Ti devo portare in un centro di Alcolisti Anonimi-

-Beh, se vuoi inizio con le canne…- commentò Blaise posando la bottiglia e facendo le spallucce come se per lui non fosse un così grande problema. Quei due erano proprio cane e gatto, bisticciavano di continuo, ma erano praticamente fratelli. Draco rise di gusto, riportando lo sguardo dai capelli rossi di Ginny che risplendevano al sole agli amici: -La trovo un’idea geniale-

Lanciandogli un’occhiata di traverso anche Theo abbozzò un sorriso, brontolando: -Ma da che parte stai, scusa?-

-Dai, Theo, non dirmi che non ti ricordi i famosi festini Slytherin. Sembrava che ti piacessero, all’epoca- ironizzò ancora il biondo, divertendosi dell’imbarazzo dell’amico. Blaise sghignazzò senza contegno, rotolandosi nell’erba e battendo sonore pacche sulla schiena a Theodore con dei commentini sagaci che avrebbero fatto arrossire uno scaricatore di porto mentre Draco chiudeva gli occhi e si stendeva allungando le gambe sul prato. Era bello per una volta essere solo dei ragazzi e non dover pensare a Marchi, Iniziazioni o matrimonio. La sola idea di rivedere Evangeline lo terrorizzava. All’improvviso sentì una peluria soffice sfiorargli il mento così aprì le palpebre intravedendo qualcosa di piccolo, rosa ed emozionato.

-Oh, no! La puffola no!- si lamentò tenacemente utilizzando la frase ormai solita e coprendo con un braccio sul viso un sorrisetto mentre Arnold saltellava felice cercando di leccargli il naso. Sentì a sua volta Ginny ridere e dire ad alta voce che sarebbe andata a prendere quella puffola disobbediente perché non doveva proprio dare fastidio a dei poveri ragazzi in cerca di riposo, così tolse subito il braccio, osservandola camminare a piedi nudi sull’erba. Indossava dei jeans chiari e una maglietta verde che faceva risaltare ancora di più il rosso dei capelli; le chiazze di luce che filtravano attraverso le foglie della grande quercia disegnavano forme geometriche più chiare sul suo corpo. Il medaglione dorato riluceva sul suo petto insieme al bracciale nella mano sinistra. Nascosta dal tronco dell’albero, Ginny si permise di sorridere rivolta ai ragazzi e perfino di dire maliziosa alzando un sopracciglio: -Sono quasi certa che Arnold sia innamorato di te… Dopotutto ha imparato dalla migliore-

Come poteva essere così naturale nel dire cose di questo tipo? Draco aveva solo voglia di baciarla in quell’esatto momento. Di baciarla e di dirle ancora che l’amava. Tenne a bada i bollenti spiriti e si alzò sui gomiti, socchiudendo le palpebre per la luce e accarezzando Arnold accoccolato sul suo petto: -Sono una persona affascinante, Ginevra. L’hai sperimentato sulla tua pelle, no?- Ginny sorrise ancora di più e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, si abbassò fulminea e gli stampò un bacio sulle labbra. -Puffola fortunata- sussurrò sulla sua bocca, poi si sedette tra loro, osservando interessata le facce stupefatte di Theodore e Blaise.

-Beh, Gin, ciao- mormorò il moro, riacquistando il solito charme e sorridendole con un luccichio bianco. Draco sbuffò infastidito. Mai che Blaise non cercasse di provarci con la sua ragazza. Appoggiò cercando di sembrare noncurante una mano sul fianco della rossa, che gli lanciò uno sguardo d’intesa un po’ beffardo, come se avesse perfettamente capito che voleva marcare il territorio. Capiva sempre i suoi pensieri prima ancora che lui li avesse sviluppati e ciò per Draco era un mistero. Insomma, era sempre stato un ragazzo chiuso, considerato insondabile e invulnerabile da tutti: capirlo davvero era difficile anche per i suoi amici. Vide il sole evidenziare quella manciata di lentiggini color caffelatte sul volto di Ginny e lucidare i boccoli color rame mentre parlava con Theo degli ultimi aspetti dei preparativi. Sembrava così serena e premurosa, nonostante tutto. Gli metteva una mano sulla spalla, leggeva e correggeva i suoi appunti, contemporaneamente rideva delle battute sconce di Blaise. Lei e Theodore avevano trovato un’intesa particolare, diversa dall’amicizia dispettosa con Blaise; sembrava che avessero una sorta di complicità fraterna e che si rassicurassero l’uno con l’altra. Per uno strano motivo non era più geloso né dei suoi amici né di Ginny stessa: cosa poteva desiderare di più che andassero d’accordo? Erano tutta la sua vita. Ad un certo punto si sentì una voce sbraitare sulla riva del lago, mitigata da un’altra più dolce e carezzevole. Draco fece un sorrisetto vedendo l’espressione attonita della ragazza e quelle perplesse degli amici, anche se lui aveva già notato che le compagne di stanza di Ginny la stavano cercando e non li vedevano, nascosti dal tronco della grande quercia.

-Ginevra Molly Weasley, sbaglio o dovevi solo andare a recuperare quella benedetta puffola pigmea!? Ah, siamo qui ad aspettarti da mezz’ora ormai, per tutte le mutande di Merlino!- Sotto l’onda infuriata delle sue parole il ragazzo percepì la rossa farsi piccola piccola e Arnold che si rifugiava tra i suoi capelli.

-Za, non credo che questo sia esattamente il metodo giu…- Diane girò intorno all’albero e si trovò davanti l’amica e i tre ragazzi più belli della scuola. Draco notò con divertimento come entrambi i compagni avessero assunto una postura più rilassata, ma quasi ferina, come dei gatti che contemplano il topolino in trappola. Ah, la buona, cara conquista alla vecchia maniera! Rise di nascosto premendo le labbra tra i capelli di Ginny che, arrossita dall’imbarazzo, mormorava senza fiato: -Ehm… Ciao Diane, vuoi, ehm, chiedere cortesemente a Demelza di unirsi a noi?-

La bionda chinò il capo ossequiosa aspettando che Demi concludesse la sua tirata e poi domandò con voce flautata: -Za, credo proprio che dovresti venire un attimo qui, per cortesia- Diane era molto carina; somigliava ad una bambola antica di porcellana con la pelle bianchissima, gli occhi blu fiordaliso e una cascata di lisci capelli biondi. Era dolce in ogni suo movimento; Draco aveva molto sentito parlare di lei e Demelza.

La voce risuonò attutita dalla lontananza, ma Draco rise comunque mentre Ginny gli lanciava delle occhiate scandalizzate: -Diane, non te lo ripeterò più: se vuoi farmi vedere un bruco che diventa farfalla o provare ad indovinare quanti anni ha un albero o se hai visto un sasso a forma di cuore, beh, non mi interessa. Detto con affetto, ovviamente- Anche Blaise ridacchiò, facendoli scoprire: -Diane, ma con chi sei…?- svoltò l’angolo anche lei e strabuzzò gli occhi, riprendendosi subito con un aplomb impeccabile -Oh, beh, ciao a tutti-

Draco reclinò il capo all’indietro per vedere Demelza in tutti centosettantacinque centimetri d’altezza controsole, riuscendo solo a notare una figura slanciata con le mani sui fianchi.

-Ooooh Ginevra, era ora che ci presentassi il tuo ragazzo e i suoi amici!- ammiccò quella verso la rossa che non trattenne un sorriso.

-Scusatela, alcune volte Demelza è… esplosiva- colmò il silenzio sorpreso Diane, con un sorriso pentito, ma sbarazzino -Piacere, comunque, sono Diane e non posso dire di non essere contenta di conoscervi anche io- concluse sedendosi con grazia sulla coperta.

Draco si stupì di quanto poteva essere piacevole passare un pomeriggio solo a chiacchierare e scherzare, ma quando alla fine rimase solo con Ginny tirò un sospiro di sollievo. Insomma, si vedevano così poco… Il sole calò sull’orizzonte, lasciando una scia di colori sfumati: oro, rosso, arancione, blu, viola tingevano il cielo trasformando il tramonto in notte e riflettendosi sul lago insieme all’immagine del castello. Gli altri studenti erano già ritornati nei dormitori per prepararsi prima della cena e proprio in quel momento, per fortuna, non c’era più nessuno in giro. Draco, prono sui gomiti, osservava insieme a Ginny, accoccolata vicino a lui, il paesaggio. Il sole calante disegnava pennellate di luce sui loro corpi abbracciati. Ad un certo punto, si alzò e disse divertito: -Vediamo se sai ancora arrampicarti, Weasley. Per poco l’ultima volta stavi per deturpare quel bel visino cadendo- Ginny alzò un sopracciglio in segno di sfida e ribattè, facendogli la linguaccia: -Non mi sembrava che tu avessi tanta dimestichezza, Mister-mi-tengo-su-per-miracolo!- Subito dopo, veloce e agilmente, si arrampicò sulla grande quercia, sfruttando i rami ritorti e le crepe nella corteccia. L’albero aveva già le prime foglioline verdi, che evitava con attenzione per non rovinarle. Draco iniziò a salire dietro di lei, non meno scattante, sentendo i muscoli bruciare per lo sforzo e godendo della fatica fisica. Sperando di distrarla dalla salita, osservò ironicamente: -Qua sotto c’è una bella vista-

-Pervertito!- gli urlò in risposta Ginny girando un attimo la testa per lanciargli uno sguardo fintamente scandalizzato.

-Non puoi pretendere che io non osservi il fantastico panorama- rispose con un sorrisetto aumentando la velocità fino ad affiancarla. Approfittò del suo improvviso imbarazzo per sorpassarla e appollaiarsi su uno dei rami più alti. In realtà gli dava un po’ fastidio l’altezza, ma gongolava all’idea di essere arrivato primo. Si guardò intorno, non sentendo più risposta né vedendola salire ancora: -Ginny?- domandò titubante –Non vieni?-

La rossa era assorta, fissava un punto indistinto del lago mordicchiandosi il labbro come se fosse indecisa o preoccupata. Meccanicamente scalò gli ultimi rami e si sedette accanto a lui. Draco era molto spaventato: non sapeva cosa l’avesse potuta far arrabbiare né come mai avesse cambiato umore tanto in fretta… Se per lei capirlo era così facile, beh, per lui alcune volte era proprio impossibile. Che si fosse finalmente accorta di quanti problemi avrebbe avuto in meno se lo avesse lasciato? Che avesse compreso quanto era pericoloso stargli accanto? Se così fosse stato, Draco si giurò che non avrebbe fatto nulla per contraddirla nonostante gli si spezzasse il cuore; sarebbe stato il meglio per lei e per la sua vita. Poteva offrirle la sua ricchezza, ma a Ginny quella non era mai interessata, poteva donarle la nobiltà, però sapeva che l’avrebbe piuttosto messa in soggezione, le avrebbe servito il mondo su un piatto d’argento, solo per lei, se solo avesse potuto. Tutto quello che aveva, comunque, era sé stesso e il suo povero cuore. Quello poteva averlo senza riserve, anche se non serviva: lo possedeva già. L’attirò a sé, appoggiandola contro il suo petto e respirando, in pace, il profumo dolce alla violetta.

La voce della ragazza era tremante e davvero stupefatta quando uscì tutto d’un colpo: -Io non so perché ti piaccio, Draco- il biondo si sorprese talmente tanto da avere l’impressione di sbilanciarsi dal ramo, ma stette zitto, in attesa -Tu pensi sempre male di te stesso e non capisci mai davvero quanto sei meraviglioso. Probabilmente potresti avere qualsiasi ragazza ai tuoi piedi e invece hai scelto me. Buffo, vero?- ridacchiò davvero divertita mentre Draco si chiedeva se avesse dovuto portarla al San Mungo in reparto di Psichiatria Magica. Girandola per guardarla negli occhi, per bene, serio, si permise di stupirsi di quanto Ginny potesse essere così forte  all’apparenza e insicura dentro. Alcune volte il suo coraggio lo spaventava un po’, poteva essere incoscienza e non valore, ma era pieno di ammirazione e di orgoglio per il suo senso di giustizia, per il desiderio di indipendenza, per l’amore verso la stranezza intesa come originalità. Era la persona più interessante che conoscesse: colta, però non saccente, svagata, ma non frivola. Era quasi perfetta; quel “quasi” faceva sì che non diventasse mai noiosa. Mai. Ed era lì, il bello.

Sospirò e trattenne il fiato, prima di rispondere cautamente, sempre fissandola negli occhi, ormai lucidi e pronti a piangere: -Non lo trovo per niente buffo. Perché dovrebbe esserlo? Ti ritieni forse una brutta ragazza? Ma guardati- sussurrò passando un dito sulla sua guancia –Non sei perfetta, non sei la più bella ragazza di questa terra. Qualcuno potrebbe dire che i tuoi capelli sembrano delle carote tagliate a julienne, ehm ehm, notare la ricchezza del lessico… - si permise di scherzare, sia sollevato che alzasse un angolo della bocca in risposta e preoccupato che una lacrima cominciasse a scendere -oppure che assomigli ad un folletto bisbetico, che le lentiggini sono esteticamente poco attraenti, ma questo non importa perché non è quello che penso io- le sue mani circondarono il viso ormai inondato di lacrime, mentre ogni singhiozzo di Ginny era una piccola spina nel cuore. Sperava di non aver rovinato tutto, non voleva farla soffrire; proseguì senza più fermarsi, frenetico: -Però a me piaci tantissimo. Ma cosa sto dicendo?! Io ti amo! E non ti amo solo perché hai dei capelli che mi ricordano le ragazze dei dipinti di Tiziano, perché hai una pelle così morbida e gli occhi più verdi che io abbia mai visto, ma perché amo quello che c’è qui- le posò una mano sul cuore e fece appoggiare quella che indossava il braccialetto sopra la sua.

-Ah, ed io adoro le tue lentiggini. Sono così sexy- osservò alzando platealmente gli occhi al cielo, un attimo prima che la baciasse e che lei ridesse sulla sua bocca. Sembrava più tranquilla, adesso.

-Tu sì che sai come far felice una ragazza, caro- sussurrò ridendo la rossa, allacciandogli le mani dietro la schiena, ancora asciugandosi gli occhi bagnati.

-Anni e anni di esperienza, amore mio- la prese in giro tirandole una ciocca di capelli per avvicinarla di nuovo al lui. Era così difficile smettere di baciarla… Soprattutto quando si è su un albero, lontani da tutti e dai pregiudizi, dai sotterfugi, dalla frenesia. Ripensarono insieme a come si erano conosciuti e risero ricordando gli episodi simpatici dei loro primi incontri, scherzando a vicenda l’uno sulle gaffe dell’altro. Caddero quasi dal ramo quando Ginny intravide un nido sulla sommità della cima e volle a tutti i costi sporgersi per vederlo bene, ma Draco non fece una piega: quando le chiedeva qualcosa era praticamente impossibile dirle di no. Alla fine riuscirono a scendere senza fare (e farsi!) danni di nessun tipo, dopo aver progettato di piantare una tenda sulla quercia e non lasciarla più, alla maniera del “Barone Rampante” di Italo Calvino, libro che avevano letto una sera un po’ per uno davanti al camino nella Stanza delle Necessità. Draco le prese mano e la condusse verso il castello senza fretta, sebbene la cena fosse già iniziata. Quando infine si separarono davanti alla porta della Sala Grande, disse, osservandola languido da capo a piedi: -Mi degnerà della sua presenza questa sera, se non ci sono problemi, signorina Weasley?-

-Vedrò cosa posso fare, Malfoy- rispose guardandosi le unghie con aria noncurante, prima di girarsi e entrare con un sorrisetto. Draco scosse la testa divertito e dopo pochi minuti la seguì, dirigendosi verso il tavolo dei Serpeverde. Il solito tramestio di stoviglie sbattute e chiacchiere lo confortò: quella era la sua vera casa, con il rumore, l’allegria e la folla. Il suo sorriso si gelò quando intravide, seduta rigidamente al tavolo Slytherin accanto a un freddo Blaise e un ancor più impassibile Theodore, una figura piccola, tanto esile come un giunco, riccamente vestita, che lo fissava con i suoi occhi scurissimi, quasi neri. Evangeline Catharina Blanchard gli sorrise in modo finto, sollevando una mano per salutarlo, ma muovendo solo le dita con lentezza studiata.

I problemi c’erano, eccome.

  
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