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Autore: Mugna    31/07/2014    0 recensioni
*tratto dal primo capitolo:
La guardia ci scortò per i corridoi, giungendo davanti ad una porta rossa dai bordi arrugginiti. Con rigidezza ci aprì la porta, e lui era lì, seduto e legato su una sedia, il capo penzolante sul petto. Non aveva abbastanza forze, o forse volontà, per sapere chi fossi.
Lo squadrai per bene, era messo malaticcio, e la stanza senza finestre mi dette una stretta alla gola quando gli chiesi:
"Chi sei?". Non rispose. "Mi servono delle informazioni. Insomma, come ti chiami?".
"Marck."
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: Violenza
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“Non ci volevo nemmeno venire qui” La stanza è illuminata solo dalla luce del sole che filtrava fra le tende delle finestra dietro di lui. Dott. John Phiterson, psicologo e da quello che mi ha raccontato mia madre ex medico. Appena entrato distolse lo sguardo da una cartellina piena di fogli e la poso sul tavolino difronte a lui; era vestito di uno smoking nero con tanto di cravatta, un po’ insolito per uno psicologo pensai, capelli castani e occhi neri sotto un paio di occhiali stretti e lungi. Un sorriso li si stampo sulla sua faccia alla mia vista e mi invito a distendermi. “Prego, accomodati pure” Chiusa la porta eravamo ormai solo io e lui, mia mamma non sarebbe nemmeno potuta venirmi a riprendere perché quel pomeriggio avrebbe avuto degli straordinari a lavoro, sarei dovuta tornare da sola e prendere l’autobus. “Allora… Daniel, raccontami, perché hai iniziato a farti quei tagli? C’è qualcosa che ti turba?” Mi distesi su un divano in pelle e fissai il soffitto mentre lui mi parlava, solo un tavolino e una tazza grande piena di caramelle mi separava da lui. “È la mia prima volta che vengo, qui, e non so se…” “Con me puoi parlare di qualsiasi cosa, qualunque cosa mi racconterai rimarrà solo fra me e te, Puoi fidarti di me” In quel momento il mio disagio si trasformo in qualcos’altro, potrei dire, un misto di paura e rassicurazione, è difficile da spiegare, quelle parole mi avevano rassicurato ma allo stesso tempo quel tono di voce mi aveva creato un nodo allo stomaco. Ormai ero lì, mia madre aveva già pagato molto probabilmente e già faceva molti sacrifici per comprarmi quello che volevo, anche se tutta quella roba non mi aveva mai reso felice, o al meno da quando mio padre ormai il mio vecchio padre non aveva… “Verso i dodici anni “ Iniziai a raccontare sempre fissando il soffitto e con voce un filo debole per il la tensione creata dal nodo allo stomaco che non intendeva andarsene. “Ad una festa di compleanno a casa di un mio amico eravamo solo noi ragazzi e mio padre che d’accordo con gli altri genitori si era proposto per controllarci durante tutta la festa quando “ Alle ultime parole la mia voce diventa più roca e una lacrima mi scende dall’occhio anche se cercai di non farlo notare. “Quando mio padre all’improvviso mi porta in un angolo della stanza e mi mette la mano in mezzo alle gambe. Tutti gli amici avevano visto e riso tutti quanti. Ha, ha grande spasso per tutti. Per tutti tranne che per me. A quel punto scoppio a ridere anche mio padre, probabilmente per far finta di nulla, passo un attimo per realizzare quello che era successo e iniziai a piangere correndo fuori dalla stanza. A Quel punto io” La mia voce si fece molto più roca e non riuscii più a trattenere le lacrime. Lui fini di scrivere appena inizia a piangere e con una faccia un po’ irritata che cerco di trasformare in un sorriso appena vide che mi girai con la testa verso di lui. “Ok è tutto a posto, tranquillo riposati un attimo, prendi una caramella “ Prese una caramella dalla tazza sul tavolino, a quel punto smisi di piangere e anche se avevo capito che il suo sorriso era finto mi aveva un minimo rassicurato permettendomi di riprendermi “g.. g.. Grazie “ Allungai un braccio e presi la caramella nella sua mano, la scartai e la misi in bocca pensai che mi avrebbe aiutato a riprendermi, era al limone. Riniziai a raccontare quando “Uscii fuori dalla stanza di corsa in lacr..” All’improvviso mi prende uno strano sonno, improvviso, troppo improvviso a quel punto il buio. “ Humm, cosa tagliamo per prima? Un orecchio? Un alluce? Quasi quasi ti strappo la lingua cosi non devo stare a sentire i tuoi miseri piagnucolii.” Testo la resistenza delle sbarre che bloccano il mio corpo mentre lo psicologo camminava da un lato all’altro della stanza, per decidere quale altro strumento prendere dal suo kit. Non c’è modo di scappare. “Haaa, lo scalpello, ci divertiremo un Mondo con questo” Mi prende il collo con la mano e stringe. Sembra che mi stia distruggendo la trachea. Ogni muscolo del mio corpo si irrigidisce quando lui infila lo strumento nel mio occhio. Il Dolore, è atroce e inimmaginabile, lo psicologo inizia ridere copiosamente mentre gira e rigira lo scalpello all’interno della mia orbita oculare. Dopo ciò che sembrano minuti, estrae lo spregevole strumento e con se anche il mio occhio mutilato, che ora era irriconoscibile e che penzolava sulla mia guancia. Lui ride di nuovo “Spero che ti sia piaciuto amico perché andremmo avanti per tutta la notte.” Tuttala notte?! Pensò fra me e me. Mentre lui strappa dalla mia orbita quello che resta del mio occhio e lo immerge un una ampolla con all’interno un liquido strano. “A cosa passiamo ora?” Disse con un sorriso terrificante sulla faccia.
   
 
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