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Autore: Midnight the mad    31/07/2014    2 recensioni
Un vecchio diario trovato per caso, una pagina che racconta una storia di cui non c'è memoria.
Un segreto che centinaia di persone proteggerebbero con la vita, e che altrettante sarebbero disposte a rubare allo stesso prezzo.
Una scelta sbagliata, un potere perduto.
Come puoi scegliere da che parte stare?
E, soprattutto, come puoi essere certo di stare facendo la cosa giusta, se sai di non poterti fidare neanche di te stesso?
"Lo guardai. - Credo che tu non pensi davvero quello che stai dicendo. -
- E come fai a saperlo? Sai che non ho mentito. -
- Sì, ma so anche che non l'hai fatto neanche prima. Non hai mentito, quando hai detto che mi amavi. -"
"- Per proteggere te. E' per questo che l'ho fatto, dannazione! -
- Ah, davvero? Secondo me non è la verità. Secondo me l'hai fatto solo per proteggere te stesso, la tua felicità. Non ti è mai importati di quello che ne sarebbe stato di me. -
- Loro volevano ucciderti. - sussurrò, gli occhi lucidi.
- Anche tu mi hai uccisa. Non sono più io, questa, accidenti! Come fai a non rendertene conto? -"
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'UNICA POSSIBILITA'
Una volta fuori, ci dirigemmo verso la Montagna del Sole. Arrow volava con sicurezza, molto più veloce di quanto io fossi mai stata capace di fare, e fortunatamente stava arrivando il buio, quindi ci saremmo potuti muovere senza essere visti.
- Come andrà a finire, Arrow? – chiesi, anche se sapevo che non poteva rispondere.
Già, come sarebbe andata?
-
Nonostante la velocità di Arrow, ormai era quasi mattina quando lui atterrò. Io mi guardai intorno. Lì non c’era nessuno, solo una salita pietrosa e desolata.
Poi, all’improvviso, capii. Io ero già stata lì. Col Portavoce.
Mi guardai intorno. La botola di metallo era a pochi passi da me, chiusa. Io sollevai il coperchio e guardai il portale, chiedendomi perché Samael avesse deciso di andare proprio lì.
Guardai Arrow. Lui nitrì e tornò in forma umana. Ci guardammo
Io non sapevo cosa fare. Non sapevo come sarebbe andata.
Ma, alla fin fine, non avevo nemmeno niente da perdere.
Perciò presi un respiro e saltai nel portale.
-
Mi ritrovai l’albero di fronte non appena arrivai. Era sempre lì, sempre nella stessa posizione, i frutti argentei che pulsavano di energia. La mela che avevo morso era ancora per terra, intatta, come se fosse impossibile che si decomponesse.
- Che ci fai qui? –
Guardai alla mia destra e vidi Samael. Era seduto su una roccia, le ali piegate e lo sguardo cupo, stanco.
- E che cosa ci fai tu qui? – ribattei. – Perché non sei tornato... al sicuro? – Detestavo dover dire quelle cose. Detestavo non poterlo uccidere con le mie mani per via di tutto quello che aveva fatto e dover pensare a salvarlo, invece.
- Perché non posso. Posso dare a Lucifero quello che vuole. Se lo faccio gli altri saranno al sicuro. –
- Sei dai a Lucifero quello che vuole moriremo tutti. – ribattei.
Samael scosse piano la testa. – Può torturarmi. Anche all’infinito, se vuole. Può rinchiudermi all’Inferno. Eva, credevo che tu sapessi che ci sono cose molto peggiori di morire e basta. –
Pensai a Jo. Sì, probabilmente aveva ragione lui. – E perché questo improvviso cambiamento di opinione? – sibilai. – Tu hai cercato di uccidere me, lui, tutti. Hai fatto piovere fuoco e ucciso chissà quante persone. Perché all’improvviso hai deciso di non fare male a nessuno? –
Lui abbassò la testa. – E’ complicato. –
- E allora spiegami! – urlai.
- So di aver fatto delle cose orribili. – mormorò. – Ma... - Si prese il viso tra le mani. – Eva, io credevo di poter migliorare le cose. –
- Migliorare. – ripetei. – Tu sei un dittatore del cazzo! –
- Lo so. Ma tu... tu non hai idea di come fosse la situazione in Paradiso. Perché pensi che mi abbiano scelto come capo? Avevano bisogno di qualcuno che riuscisse a calmare gli animi. Gli angeli non sono pacifici come sembra. –
- Non è comunque un buon motivo per... –
- Lo so. – mi interruppe. – Pensavo di farcela, a rendere le cose come quando ero un mortale. Ma il tempo... beh, puoi fermare qualcuno e tenerlo buono finché non muore, ma con gli immortali è tutta un’altra cosa. E così mi sono sentito in dovere di... essere più ferreo. Avevo paura, ok? Avevo paura di una rivolta. Sono stato un idiota, in effetti, perché una rivolta è proprio ciò a cui a portato il mio comportamento. – Iniziò a tormentarsi il pollice con l’unghia dell’indice. – Lucifero ha fatto... quello che voleva fare. E io l’ho chiuso all’Inferno. Non sai quanto io mi sia odiato per questo, ma pensavo che avrei potuto ancora salvare la situazione. Pensavo di dover agire come un re. Tagliare fuori i sentimenti. Lui era un traditore, quindi doveva essere allontanato e punito per quello che aveva fatto. Non potevo permettermi di lasciarmi condizionare. – Deglutì. – Ma poi sei arrivata tu. –
- E tu hai deciso che dovevo morire. –
Annuì. – Eri pericolosa. Le cose si stavano già agitando troppo. Gli angeli si ribellavano, e tu eri il volto di quella ribellione. – Smise di tormentarsi le mani e mi fissò dritto negli occhi. – E così ho provato a ucciderti. Con Hansel. Ma non ci siamo riusciti. Ardefiel si è sacrificato per salvarti. – Prese un respiro. – E’ stato in quel momento che ho iniziato a chiedermi sul serio se quello che stavo facendo fosse sbagliato. Avevo già avuto dei dubbi, per via di Lucifero. L’avevo condannato a una pena eterna, e... io fatto di... amarlo non aiutava. – Sputò quella parola quasi fosse veleno. – Ma poi Ardefiel... mi ero sempre fidato di lui. E se aveva fatto questo voleva dire che pensava che fosse giusto. Aveva sacrificato la sua vita, non una cosa da niente. –
- Ma Ardefiel era già morto quando c’è stata la pioggia di fuoco. – osservai. Era strano parlare della sua morte così a sangue freddo, ma riflettere su chi si era sacrificato per me era qualcosa che non potevo permettermi di fare, o almeno non adesso.
- Già. Infatti non ho detto che avessi cambiato idea. Ma poi... ho visto cosa avete fatto. E ho visto cosa voleva fare Lucifero. – Deglutì. – Non ho mai visto nessuno odiarmi come mi odia lui, sai? Mai. Ma quando ha deciso di distruggere il conduttore non è stato perché voleva che scendessi dal Paradiso. E’ stato perché voleva salvare la gente che io stavo cercando di uccidere. – Strinse i pugni, poi tese di nuovo le dita. Sembrava sconvolto, stanco, distrutto. Un uomo che era stato costretto a rendersi conto che i suoi valori erano da bruciare. E che li aveva bruciati. – Ho salvato te perché mi sentivo in dovere di farlo. Ho capito che avevi ragione. – Poi quando ho visto Lucifero mi sono reso conto di non poter combattere contro di lui. Perché lui aveva sempre avuto ragione e io torto, perché gli avevo fatto più male di quanto sia possibile per chiunque farne a una persona. Ed ero stato capace di fare questo a qualcuno che amavo. – Mi guardò negli occhi. – Penso di meritarmi qualsiasi cosa vorrà farmi, Eva. Sei d’accordo? –
- Non ti meriti di morire. – ribattei. – Sarebbe troppo poco, e sarebbe troppo da offrirti visto cosa provocherebbe. –
- Lo so. – rispose. – Perciò adesso puoi anche andare via. Non gli permetterò di uccidermi. Lo giuro. –
- Tu pensi di aspettare qui? –
- Prima o poi mi troverà. – ribatté. – Avevo bisogno di venire. Mi serviva questa. – Mi mostrò il torsolo di una mela.
Io lo guardai. – L’hai... –
- No. – rispose, prima ancora che finissi di parlare. – Non posso farlo. Questa roba ti annienta, è troppo potente. Ma... beh, non ci sono mai stati due alberi, Eva. Era soltanto uno. L’albero della conoscenza è anche l’albero della vita. Un frutto può darti la conoscenza del mondo intero ed è anche abbastanza da fermare qualcosa di inevitabile, se non viene ingerita. Qualcosa di inevitabile come il fuoco di Waterfire. –
Io rimasi di sasso. Mi avvicinai a Samael. Dietro la roccia su cui era seduto, sdraiato a pancia in su per terra, c’era Mike. Aveva gli occhi chiusi ma respirava, e sembrava stare abbastanza bene. Non aveva ustioni addosso, ma era quasi completamente ricoperto di un succo appiccicoso, probabilmente quello del frutto.
Guardai Samael. Mi resi conto di avere gli occhi lucidi solo quando lo vidi sfuocato. – Perché? – domandai. Mi tremava la voce.
- Per lui. Credo. – Fece un sorriso mesto. – Credo di avere ancora un bel po’ di strada da fare prima di imparare a salvare la gente semplicemente perché è giusto. –
Io non risposi.
- Vai via. – mormorò Samael.
Io guardai Mike, poi mi girai. Arrow era lì, e sembrava in attesa.
- Portalo via. – dissi. – Io rimango qui. – Perché? Perché non potevo fidarmi di Samael, forse. Perché sentivo di dover restare. Alla fine, ero l’unica cosa che potesse mettersi in mezzo.
Nessuno fece in tempo a ribattere perché in quel momento qualcuno attraversò il portale.
E quel qualcuno era Lucifero.
Arrow afferrò Mike e si gettò nel portale, così veloce che quasi non riuscii a vederlo, e noi tre restammo soli.
I due angeli si guardarono. Ci fu un secondo di silenzio. Io sentivo il battito dal mio cuore che accelerava, la paura. Sarei potuta morire lì, e in quel momento era diverso rispetto a poco prima. Prima non avevo niente da perdere, ora invece sì.
Ma quel qualcosa era il motivo per cui era rimasta, e per cui valeva la pena rischiare.
Lucifero fissò Samael. Sembrava sconvolto. – Che... che ci faceva lui qui? – chiese, guardando il portale. Mike e Arrow ormai erano spariti, ma lui aveva fatto in tempo a vederli.
- Waterfire. – risposi io. – Era finito nel lago. –
- Era di lui che stavi parlando quando... – Lucifero strinse i pugni. – Che cosa... –
- Sta bene. – lo interruppe Samael, mostrando all’altro il torsolo della mela.
- Ma perché? – chiese, gelido. – Pensi di ottenere la mia pietà in questo modo? –
- No. Non voglio un bel niente che so di non meritarmi. –
Lucifero fece un sorriso sarcastico. – Oh, incredibile. Come mai tutto questo improvviso senso di giustizia, bastardo? –
Samael lo guardò. – So cosa vuoi farmi. E so che hai ragione. Ti chiedo solo una cosa, Lucifero: per favore, non uccidermi. Perché questo mondo ho già subito troppo per colpa mia. –
Ci fu un secondo. Un secondo di silenzio gelido, quasi palpabile. Poi, all’improvviso, la voce di Lucifero ruppe il silenzio. Una voce distrutta come non mi aspettavo che l’avrei mai sentita.
- Non posso. – sussurrò.
E si lanciò su Samael.
-
Io urlai. Urlai mentre Samael alzava uno scudo e i colpi di Lucifero ci rimbalzavano contro. Non capivo.
Poi capii qual era l’unico modo che avevo di fermarlo.
Mi misi in mezzo.
I colpi si interruppero subito e lui mi fissò. Sembrava furioso, stravolto, pazzo. – Vattene! – ringhiò, gli occhi accesi di fuoco.
Scossi la testa. – Lucifero, non può andare così. Non puoi ucciderlo. Fagli tutto quello che vuoi, ma non questo! –
Mi ignorò. Gli bastò un gesto della mano per spostarmi, e quando provai a tornare in mezzo sbattei contro un muro invisibile.
- Non se lo merita! – urlai, sperando che almeno così mi  avrebbe ascoltata. – Lucifero, non si merita di morire! Se proprio vuoi vendicarti non puoi permettergli di morire e basta! –
Si girò di scatto verso di me e Samael crollò per terra, sull’erba, lo scudo che si infrangeva in mille pezzi.
Io guardai Lucifero. Aveva le lacrime agli occhi, lo sguardo fuori fuoco. – Non capisci? Non posso fare altro. –
E, allora, capii sul serio. Non poteva torturarlo. Non poteva sentirlo gridare di dolore per l’eternità rinchiuso all’Inferno. Ucciderlo era l’unico modo che aveva per riuscire a eliminarlo per sempre senza farsi prendere dalla pietà. Perché Lucifero non era Samael.
E, soprattutto, Lucifero in qualche modo era innamorato di lui.
- Lucifero... –
- Non posso. – ripeté lui. Poi si girò di nuovo verso Samael.
Io mi guardai intorno. Lucifero aveva ragione, e non si sarebbe fermato. Ma doveva fermarsi. Ci doveva essere un modo per uccidere Samael senza distruggere quel mondo.
Mi lasciai cadere per terra, e in quel momento sentii qualcosa sotto il palmo. Una mela morsa.
La guardai. Cos’ero disposta a fare per salvare casa mia?
Chiusi gli occhi. E, un attimo prima che Lucifero colpisse Samael per l’ultima volta, addentai il frutto e mandai giù.
Il dolore arrivò più forte di quanto me lo ricordassi. Urlai. E poi vidi.
Un attimo prima che tutto diventasse nero.
-
- Eva! – Quel grido mi risvegliò da un incubo. Sì, doveva essere davvero un incubo, perché il dolore era assurdo, inconcepibile. E non sparì col buio. Ricominciai a urlare, tenendomi la testa tra le mani. A ogni secondo che passava mi sembrava che il peso che avevo nel cervello aumentasse. Mi sentii male. Era così che stava Jo tutte le volte che parlava con me? Come faceva a sopportarlo?
- Eva! –
In qualche modo misi a fuoco, e mi trovai davanti l’unico occhio di Samael. Mi fissava. Disse qualcosa, ma non capii cosa. Mi rannicchiai su me stessa. “Basta, basta, per favore, basta!”
Qualcuno mi strappò le mani da sopra le orecchie. – Puoi farlo! – gridò Samael. – Eva, ascoltami. Tu sei può forte del frutto. E’ lui che è nato per te, non viceversa. Puoi fermarlo. –
“Posso fermarlo.” Come? Come, se il dolore era tale da impedirmi di pensare?
Chiusi gli occhi. Qualcosa, nella mia testa, sembrava stare cercando di spingere via quel peso insostenibile.
“Fuori.” pensai. Dovevo mandarlo fuori.
Serrai le palpebre e contrassi la mascella. Sentii il cuore accelerare. Durò chissà quanto, intollerabili minuti di dolore.
E poi tutto sparì.
-
Sognai che la radura era immersa nel buio e illuminata solo dalla luna piena nel cielo. C’erano Samael e Lucifero, lì. Il primo era in piedi, il secondo appoggiato all’albero.
- L’hai visto, vero? – domandò Lucifero.
Samael sospirò. – Sì. Era così ovvio che non ci avevo mai pensato. – Lo guardò. – Non lo fare. –
- Non ho detto di volerlo fare. –
- Ma hai detto che devi uccidermi. E questo è l’unico modo. –
Silenzio. Uno, due, tre secondi. Era passato quasi mezzo minuto quando Lucifero rispose. – Già, lo è. –
Lui chiuse gli occhi. – Non farlo. –
- Devo farlo. –
- Ma... –
- Sam, penso che abbiamo già dimostrato chissà quante volte che questo posto non è fatto per noi. – disse Lucifero, la voce strana, calma, triste. E poi... Sam. Qualcosa mi disse che era così che lo chiamava prima che iniziasse tutto.
- Magari per me e basta. – rispose l’altro.
- Non può funzionare, punto. E credo che tutti abbiano già sofferto abbastanza. –
- Tranne me. –
Lucifero sollevò la testa. Aveva gli occhi lucidi. – Beh. – mormorò. – Tu sei sempre stato particolarmente fortunato. –
Afferrò Samael e lo baciò. Un bacio breve, quasi violento. Poi si staccò da lui, restando comunque con la fronte appoggiata sulla sua. – Al tre? – chiese, sollevando una mano. Una spada, la sua spada, gli comparve in mano.
L’altro esitò.
- Fallo e basta, Sam. Tanto se non lo fai morirò lo stesso. Solo... non costringermi a farlo da solo. –
Samael aveva gli occhi pieni di lacrime. – Ok. – sussurrò, e anche a lui comparve in mano una spada, dalla lama bianca e l’impugnatura d’oro.
In quel momento realizzai quello che avevo visto quando avevo morso la mela. Il potere di uno doveva essere bilanciato da quello dell’altro.
Ma se fossero morti tutti e due...
Io mi tirai su. – Lucifero... –
Lui fece un sorriso triste. – Direi che questo è un addio. – mormorò. – E direi che... queste non mi servono più. –
Io sentii un dolore alla schiena, e un attimo dopo seppi di avere di nuovo le sue ali. Le mie ali. – Lucifero... – mormorai.
- Buona fortuna. – disse lui, poi guardò Samael. – Uno. –
- Grazie. – mi uscì.
Lucifero sospirò. – Due. –
- Non volevo che finisse così. –
Mi guardò. – Lo so. – rispose. – Ma forse è finita meglio di quanto sembri. –
Io fissai Samael, poi lui. Sì, forse era meglio di quanto potesse andare. Forse non erano costretti a odiarsi. C’era comunque qualcosa dopo. Anche se non sapevo ancora cosa.
- L’Inferno è chiuso di nuovo. Non so dove andremo. – mormorò Samael. – Ci... dai tu il tre? –
Deglutii. “Tanto è solo un sogno.” pensai, anche se sapevo che non era così. – Ok. – sussurrai. Deglutii di nuovo. – Tre. – dissi, così piano che pensai che non mi avrebbero sentito. Ma mi sentirono. Io non riuscii a guardare, vidi solo un lampo di luce.
E poi sentii una voce. Dici che sto migliorando? chiese Samael.
Un attimo dopo vidi qualcosa. Una specie di ombra vicino a me. Ma non riuscii a capire chi fosse, perché un secondo dopo crollai di nuovo.
-
Aprii piano gli occhi. Era ancora notte, quindi non doveva essere passato tanto tempo. – Era solo un sogno? – chiesi. Sapevo che c’era qualcuno accanto a me, anche se non sapevo ancora chi.
- No. – disse una voce. – Ma alla fin fine forse sono un po’ felice che non lo sia stato. –
Io mi misi a sedere di scatto. Non era possibile. – Jo? – chiesi, sconvolta.
Lui sorrise. – E giuro che non stai sognando. –


Ciao a tutti :)
Ed eccoci qui all'ultimo capitolo... manca solo l'epilogo e la storia sarà finita. Spero che questo capitolo vi abbia ricompensati di tutte le "perdite" subite nel corso della storia, e spero che vi sia piaciuto il finale. Ci vediamo il prima posibile con l'epilogo, intanto ringrazio già tutti quelli che hanno letto e recensito. 
Au revoir
Whatserface

 
  
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