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Autore: rose_jh    01/08/2014    1 recensioni
«Quanto tempo?»
«Fino a metà settembre, partiamo la settimana prossima... il trenta giugno.»
«Due mesi e mezzo?!» gemette Louis rimanendo a bocca aperta, per poi coprirla con una mano. Il riccio annuì e si passò le mani sul viso, lasciandole lì per un po’, perché saltare il divertimento di un’estate per un adolescente era da considerare un sacrilegio. «Beh, buona fortuna Hazza» ridacchiò l’altro. Il primo si sporse e gli mollò un pugno sul bicipite, sapendo che non si sarebbe fatto poi tanto male.
E ne avrebbe avuto bisogno, pensò Harry: quelli, sarebbero stati i mesi più lunghi della sua vita.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
Saint Jude

 
“Benvenuti a Saint Jude” lesse il ragazzo; la scrittura classica grigiastra su quel tabellone bianco scolorito sembrava sprizzare un’allegria quasi inquietante.
«Ho il culo quadrato, da quanto tempo stiamo viaggiando?» borbottò poi dal sedile posteriore vedendo sfrecciare quel cartello decisamente usurato dal tempo dietro l’auto su cui viaggiava da quando l’avevano affittata, una volta giunti in aereo a Inverness. Era l’unico modo per raggiungere Saint Jude, l’automobile, a meno che non avessero deciso di sbarcare sul piccolo porto della cittadina. Al solo pensiero gli si ritorse lo stomaco, non era un amante delle barche.
E nemmeno dei viaggi a lungo, borbottò fra sé. «Non lamentarti sempre, Harry» lo ammonì poi la madre, mentre il suo amato Dusty le faceva le fusa miagolandole sulle gambe. Nonostante Anne potesse permettersi di lasciarlo nella migliore delle pensioni per felini di Londra, aveva deciso di portarlo con sé convenendo che «non sarebbe stato bene in mezzo a dei perfetti sconosciuti». A volte Harry si chiedeva se amasse più suo figlio o quella dolce palla di pelo. «Sono sicura che stare qui ti piacerà» tagliò corto la donna, per poi iniziare a conversare di nuovo col suo compagno di quanto fresco fosse il clima nelle Highlands scozzesi nonostante fosse estate. Harry poté appurare che le probabilità che preferisse Dusty a lui erano abbastanza elevate.
Il riccio non fece altro che sbuffare e scrutare tutto ciò che aveva intorno con quei suoi grandi occhi verdi con un’espressione forzatamente disgustata sul volto, non appena gli Styles ebbero messo piede a Saint Jude, optando tutto il tempo rimanente del viaggio per qualche via di fuga stile 007. Forse aprire lo sportello e rotolare fuori non era proprio una buona idea, visto il paesaggio. Avrebbe facilmente potuto ritrovarsi immerso nel letame di qualche animale di quelle campagne. Era sicuro che non avrebbe mai potuto nemmeno minimamente apprezzare quel posto in culo al mondo,  amava a tal punto la sua adorata e familiare civiltà che non l’avrebbe tradita con un paesino così insulso.
Vedeva alberi ovunque. Era la prima cosa che saltava agli occhi, tutto quel verde. Pascoli sulla sua destra e laghi sulla sinistra; gente a pescare, mucche e animali da pascolo di qualsiasi genere - alcuni erano del tutto nuovi ai suoi occhi, lo spaventarono persino con quel pelo lungo e folto e quelle corna alte e incurvate - che quasi entravano col muso dai finestrini dell’auto. Cavalli lasciati liberi e selvaggi a ruminare erba ovunque, farfalle dai colori sgargianti, uccelli che cinguettavano felici.. si domandò se fosse capitato nel mondo di Alice.
Metri dopo, Harry notò poi dei bambini rincorrersi sotto l’occhio vigile delle madri divertendosi in mezzo a grandi spazi verdi pieni di fiori, illuminati da uno splendente sole mattutino. Poté appurare che tuttavia era piacevole osservare il modo in cui l’azzurro del cielo contrastava il verde pieno dei prati ed il marroncino chiaro del terreno; aveva un effetto rilassante, così come la luce del sole rifletteva sugli specchi d’acqua che lo circondavano.
I ricordi assalirono la sua mente e sorrise debolmente a quel panorama, non sapendo se essere lieto di ciò che era riuscito a riportare a galla. Gli tornò in mente la sua intera infanzia ad Holmes Chapel, quando uno di quei bambini rumorosi che ridevano sguaiatamente correndo per i prati verdi era proprio lui. Harry aveva amato davvero la sua città, ma da quando lui, la madre e la sorella si erano trasferiti nella capitale l’aveva cancellata dalla sua memoria, o almeno l’aveva riposta in una di quelle scatole della propria mente che, dopo anni e anni, erano fin troppo impolverate e preferiva non riaprire, così che tutto ciò che quegli anni trascorsi in quella cittadina portavano con sé rimanesse al sicuro.
Scacciò via quelle immagini, riponendo la scatola ancora più in basso, ma purtroppo un altro tipo di ricordi occuparono rapidi la sua mente: Londra, gli amici, la scuola, le ragazze, le uscite fino a tarda notte, i locali, il divertimento, il casino. Non sapeva proprio come avrebbe resistito un’estate intera senza vivere come Dio comanda, e soprattutto senza quello che considerava suo fratello, con cui aveva fatto tutte le sue prime esperienze.
Tornò alla realtà quando Robin, il suo patrigno, posteggiò nel vialetto adiacente ad una di quelle case rurali completamente in legno, tipiche di quei paesini di montagna. Sceso dall’auto, un’ondata d’aria tiepida lo avvolse. Inspirò a fondo, e quell’odore di fiori ed erba fresca che aveva percepito entrare poco prima dal finestrino gi arrivò fin dentro i polmoni.
La villetta era proprio come l’aveva immaginata.
All’interno era arredata in stile assolutamente rustico: ceppi di legna costituivano le pareti, adornate con quadri di paesaggi naturali, probabilmente acquerelli. L’ingresso era abbastanza spazioso, vi era uno specchio che riempiva quasi tutta la grande parete per altezza, e un mobiletto sul quale era posizionato un vaso con dei fiori freschi. Nel salotto c’erano due divani e una poltrona beige in pelle di chissà cosa, alte e larghe vetrine occupavano le pareti ed erano piene di dischi, alcolici, set da tè di porcellana e piatti da pasto correlati; c’erano piante praticamente ovunque, tappeti sui toni del marrone che incupivano leggermente l’atmosfera e per finire una decisamente inquietante testa di cervo appesa sopra il caminetto, che decise su due piedi avrebbe levato da lì a qualche ora, il tempo di far ambientare Anne in quella casa; la cucina, a vederla dal salotto sembrava spaziosa e invitante - almeno quella - e poté scorgere, proprio in quella cucina, delle porte-finestre che davano su un balconcino, che avanzando per il breve corridoio e raggiungendo la stanza, si rivelò essere un terrazzo con delle sedie a sdraio sulla sinistra - con quelli che sembravano dei cuscini davvero morbidi comodi - ed un ampio ombrellone dello stesso color panna con rifiniture marroni dei cuscini, insieme ad un tavolino, il tutto rigorosamente in legno, e sulla destra un divano in vimini. Fu sollevato dal fatto che alla fine quella casa non era poi così male, tralasciando che fosse impregnata dell’odore d’ebano dei mobili, cosa inizialmente piacevole, ma dopo un po’ l’avrebbe mandato fuori di testa. Quell’odore era capace di arrivare al naso chilometri prima di raggiungere Saint Jude. Sarebbe diventata una tortura, se lo sentiva.
Mentre i genitori continuavano a dispensare apprezzamenti positivi su quella casa con Dusty tra i piedi, Harry trascinò su per la rampa di scale la sua valigia. L’aspetto buono, osservò, era che lì, come nella sua amata casa a Londra ormai lontana chilometri, almeno avrebbe avuto una camera tutta sua. Era il minimo da parte di quei due dopo averlo trascinato lì e rovinato l’estate. Diede un’occhiata veloce al corridoio del piano superiore, e scorse un paio di camere, i bagni, e un altro balconcino.
Il ragazzo buttò la valigia ai piedi dell’enorme cassettiera sotto il finestrone della sua stanza, con tanto di virili tendine blu notte a motivo floreale, proprio come il grazioso copriletto sul quale si stese. Sbuffando, chiuse gli occhi.
Era stanco, già stanco di tutta quell’aria fresca, di tutti quei fiori, di tutta quella montagna, e di tutta quella stupida ed inutile ricerca della natura e del benessere da parte della madre. Anche a Londra avrebbe potuto trovare quello che cercava, era inutile che continuasse a buttare avanti la scusa di voler passare un’estate in montagna per rilassarsi: Harry sapeva benissimo, ormai, che aveva deciso di portarlo lì solo per dargli una di quelle punizioni che non avrebbe dimenticato neanche dopo vent’anni. E ci stava riuscendo, quel posto già era riuscito a guadagnarsi tutto il suo sdegno.
Dannata scuola, e dannatissimo professore di francese.
«Hey» la voce della madre lo distrasse dai suoi pensieri. Gli occhi verdi e brillanti del ragazzo si focalizzarono sull’uscio, osservando la madre che lo guardava con uno sguardo decisamente diverso rispetto a quello di una settimana prima, quando gli aveva trasmesso la famosa notizia. Quello era pieno di rabbia, delusione, risentimento. Adesso erano pieni dell’amore materno che lui amava ritrovarle sul viso ogni volta che Anne lo guardava.
Eppure, gli occhi del riccio erano fissi in quegli occhi altrettanto verdi e così simili ai suoi in modo assolutamente inespressivo. Si mise a sedere, pensando che non gliel’avrebbe data vinta perdonandola così facilmente.
Anne entrò in stanza e gli si sedette accanto, per poi sorridergli dolcemente. «So che adesso mi odi come mai mi hai odiato in tutta la tua vita - disse carezzandogli una guancia col dorso della mano - ma questa vacanza ti farà bene, più di quanto immagini. Abbiamo tutti bisogno di staccare la spina e fare un bel respiro ogni tanto, stare qui ti aiuterà a ritrovare il vecchio Harry.» Il ragazzo, che in quel momento alla madre appariva come un bimbo, abbassò lo sguardo ai suoi jeans pur di non guardarla negli occhi.
A quale diamine di vecchio Harry ti riferisci? le domandò mentalmente.
«Io e Robin andiamo a fare una passeggiata - disse poi Anne, comprendendo la sua scelta di rimanere in silenzio. - magari riusciamo a trovarti un lavoretto per intrattenerti al di fuori dello studio» li avvisò. Ah, giusto, lo studio, pensò. A peggiorare le cose c’era il fatto che di quella lingua assurda proprio non era riuscito a capire neanche una regola dall’inizio dell’anno. Forse era semplicemente poco motivato, o forse non gli andava di studiare una materia insegnata da quello che considerava un idiota. Era diventata una questione personale, per lui: nessuno poteva mettersi contro Harry Styles, giovane o adulto che fosse.
Le dita di sua madre alzarono di nuovo il viso del ragazzo a lei. «Per te va bene?»
Lui annuì, indifferente al suo sorriso che a tutti i costi lo provava a contagiare. Sapeva le facesse male vedere che le tenesse il muso e facesse lo sciopero del silenzio, ma da un certo punto di vista per Harry, Anne lo meritava come lui meritava quella punizione.
«Se vuoi puoi farti un giro per conoscere un po’ meglio il posto. Sono sicura che ti piacerà, tesoro» la giovane donna tuttavia non si arrese e sorrise ancora, porgendo al figlio un mazzetto di chiavi, che lui prese distrattamente dalle sue mani. Gli lasciò un malinconico bacio sulla fronte, per poi spettinargli i capelli, come era solita fare da quando Harry era un bimbo, alzarsi e andare via. Il riccio si sentiva tremendamente in colpa, ma avrebbe resistito ancora un po’, avrebbe potuto farcela.
Sospirò e ricadde nuovamente a peso morto sul letto, per poi costringersi dopo un po’ a riaprire gli occhi e mettersi di nuovo a sedere. Magari per sentirsi meno in colpa nei suoi confronti avrebbe fatto quel giro che gli aveva proposto. Un po’ d’aria fresca non gli avrebbe di certo fatto male.



 





hola chicaaaaaaaas! 
non c'è molto da dire su questo primo capitolo, è ovvio che vi lasci confuse in quanto la storia è ancora
poco definita ma pian piano prenderà forma, ve lo prometto.
cosa farà secondo voi questo paesino a questo ragazzo capriccioso e borbottante?

 
nell'attesa, vi lascio con metà faccia del protagonista, non avete bisogno dell'altra metà perché
d'altronde lo conoscete fin troppo bene.
adieu, 
rose. xx
 






































 
  
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