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Autore: Magali_1982    01/08/2014    3 recensioni
"Per questo correva sempre così tanto, così veloce. Per rendere indefiniti i contorni di una realtà aliena, dove non aveva punti saldi di riferimento. Per questo annotava tutto ciò che valeva la pena di apprendere, sentire, vedere, assaggiare, leggere. Per trovare il vero significato da dare alla sua seconda possibilità." Mai come dopo una distruzione totale servono punti di riferimento. Persino a un uomo definito "Leggenda Vivente". Steve e Captain America ora sono due entità divise, in conflitto. Sole. Alla ricerca di un modo per convivere e di un nome creduto perso in una tormenta di neve. A volte, l'unico modo per andare avanti è tornare indietro, a casa e scoprire di non essere stati i soli a farlo perché esiste un altro Soldato dilaniato tra due nomi. La loro guerra è la stessa e ciascuno cerca di punti fermi per non precipitare; un viaggio lungo e allo stesso tempo brevissimo, scandito da una lista.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Cinque minuti.
Era quanto Andy aveva chiesto per rendersi presentabile e darsi una rinfrescata nel bagno dell’ infermeria per il personale del reparto “Ricerca e Sviluppo” della Stark Tower; in altre parole, aveva circa trecento secondi per assimilare la notizia di essere stata portata a casa di uno degli uomini più ricchi e geniali del mondo, inventore della serie di bio-armature  note col nome di “Mark” e di essere graditissima ospite del signor Stark in persona.
Beh…
Non che ci credesse, all’ultima affermazione. Quella donna, la signorina Hill, aveva alzato appena lo sguardo verso l’alto, dopo averla detta. Ed era pronta a giurare di aver avvertito una vena ironica nella sua voce; dal momento che anche lei era estimatrice e sfruttatrice d’ironia, meglio se sottile, sapeva riconoscerla.
“Non ha importanza” mormorò prima di aprire l’acqua fredda e cominciare a lavarsi il viso nel tentativo di renderlo meno pallido e stanco. Le luci dello specchio facevano sembrare i suoi occhi ancora più grandi, i capelli scuri erano ridotti a un ammasso informe di ciocche annodate.
Il look perfetto sognato da ogni donna in procinto di conoscere Tony Stark, insomma.
Il tempo per soffermarsi su un colpo di coda di vanità femminile, fu tempo prezioso sottratto a ritrovare calma e lucidità. Il ginocchio destro le faceva ancora male e aveva tante domande in testa da riordinare. Ne prese una tanto per cominciare e asciugandosi le mani, la trasformò in un’ ipotesi.
   Se non era stata portata in una struttura ospedaliera pubblica, il motivo poteva essere uno solo: non si doveva sapere chi era stato coinvolto nell’ attentato dell’ Arthur Ross, a Central Park. Steve glielo aveva detto, al loro secondo incontro: non voleva far sapere di essere tornato a New York.
Aveva pensato fosse un più che legittimo desiderio di rimanere un po’ nell’ ombra, dopo i terribili fatti di Washington ma adesso cominciava a vedere altri motivi per quella reticenza. Motivi che andavano oltre la verità raccontata dai giornali.
Dopo la faccia, cercò di pettinarsi con le dita i suoi poveri capelli. Sbuffando e imprecando, Andy decise che per quell’ operazione delicatissima poteva spendere i restanti tre minuti.
  Non era stato solo lo SHIELD a venir compromesso e distrutto; il suo crollo aveva provocato uno tsunami e senza sapere il perché, a venir travolto era stato anche Captain America.
Sicura di aver recuperato un po’ di contegno, la ragazza fece un passo indietro per guardare il risultato e ignorare i primi morsi della fame. Lo stomaco trovò opportuno farle notare che l’ora di cena doveva essere abbondantemente passata.
La faccia era un po’ più colorata sulle guance; i bottoni della camicetta erano correttamente allacciati ed era sparito il sondino della flebo. Stava per uscire quando lo sguardo le cadde sulle gambe.
  Mai come in quel momento, Andy desiderò una morte rapida e indolore.
Maria vide uscire dalla toilette una condannata al patibolo.
“Tutto bene?” Le venne spontaneo chiederglielo, davanti a quell’espressione e a quegli occhi piantati a terra.
Andy avrebbe voluto urlare; non stava andando bene niente, il mondo si era rovesciato due ore fa!
 Era il suo mondo, fatto di caffè e disegni, di notti passate a lavorare, di amiche, di risate. Dove era guarita, dove stava finalmente vivendo e quando le era stato sconvolto, cosa aveva fatto? Non si era forse comportata in modo irreprensibile? Non aveva tenuto duro?
Niente pianti, grida, crisi isteriche. Nemmeno quando aveva sentito il dannato fischio di un proiettile appena sotto il piede! Nemmeno quando le si era presentato davanti un uomo armato di coltello! E ora il colpo di grazia.
Non era fatta per scampare ad agguati mortali tra le braccia di Steve Rogers; non aveva la stoffa per sentirsi disinvolta anche lì, in uno dei più famosi grattacieli di New York ed era assurdo averlo compreso da un dettaglio tanto stupido quanto umiliante.
Era stufa di dover sempre raccogliere la propria dignità in pezzi, fingere fosse tutta intera e pronta alla battaglia, l’ennesima.
La rimise insieme in un secondo, l’ultimo dei trecento che poteva usare. Lentamente, alzò il capo verso la donna in tailleur e Louboutin di vernice nera. Maria non vide più la bambina sul punto di scoppiare a piangere di un attimo prima; era stata sostituita da una giovane risoluta, lo sguardo quieto e fermo nel cercare il suo.
“Signorina Hill, avrei bisogno di un paio di calze.” Chiese con tutta la fermezza concessale dal dover far notare a una perfetta estranea di avere una gonna sopra il ginocchio, degli stivali ma in mezzo nulla per nascondere la fasciatura e salvare l’ apparenza.
 

“Cosa intendi fare, adesso?”
La domanda di Tony era secca, senza fronzoli. Seria.
“Devo scoprire cosa o chi ci sia dietro l’ attacco di oggi. Maria ha ragione, abbiamo prove sufficienti per ritenere l’ HYDRA ancora attiva ma non ne conosciamo i veri scopi.”
“Non possiamo escludere nessuna ipotesi; se è sopravvissuta dopo Washington e la condivisione sulla Rete dei file dello SHIELD, vorranno la loro vendetta.”
“Ma su chi?” domandò Steve, rivolto a Pepper. Bucky era stato seguito a sua volta ma non fermato e adesso era lì, a New York.
“Sbaglio o mi avevi detto, l’altra sera, che Wilson è riuscito a far mettere in contatto Fury con qualcuno dei suoi amici della V.A.,  a Londra?”
Il Capitano annuì, passeggiando svogliatamente per la zona giorno dell’attico. Perché Andy ci stava mettendo tanto ad arrivare? Era stata di nuovo male?
“Sì. Sembra anche che Barton fosse già in Inghilterra, attirato là da una missione fasulla.”
“A quanto pare, lo SHIELD qualcosa intatto lo ha lasciato” commentò Pepper dopo un lungo silenzio.
“Certo, la più scalcinata squadra di superstiti che si potesse immaginare.”
Fu sorprendente sentire la risata di Steve a quella considerazione.
“Magari potremmo farcela proprio per questo. Non eravamo meglio assortiti di adesso, nella nostra prima missione come Vendicatori.”
Era in momenti simili che persino Tony, così concentrato su sé stesso, capiva l’ammirazione di suo padre per Steve Rogers e finiva col provare una punta minuscola di vergogna per averci messo tanto, all’ inizio, a vedere il suo vero valore. Non c’era presunzione nel suo modo di porsi ma anche quando guardava ai fatti in modo obiettivo, sapeva come trovare la leva giusta su cui esercitare la pressione occorrente per confortare i suoi compagni.
 Le porte dell’ascensore si aprirono. La prima ad entrare fu Maria, seguita da Andy. Era sfinita, teneva le spalle un po’ chine ma grazie al cielo, stava bene.
Dama Luthien, l’aveva chiamata Tony, con la sua mania molesta di trovare soprannomi assurdi a chiunque. Sapeva da poche ore di chi si trattasse e per la prima volta da quando l’aveva conosciuta, si concesse un paragone tra il personaggio causa dell’ appellativo e la ragazza destinata a portarlo.
La sua carnagione chiara non aveva nulla di malaticcio; era luminosa e dava risalto alle lentiggini, agli occhi verdi, un vero punto focale col loro colore brillante e limpido. Il viso di Andy aveva lineamenti delicati, con  labbra disegnate da qualcuno che conosceva bene le proporzioni femminili ideali.
La sua era una bellezza che parlava una lingua dimenticata, coi suoi lunghi capelli scuri e allo stesso tempo adorava il momento, il moderno, il tocco di originalità. Un po’ Elfo* e un po’ newyorkese del ventunesimo secolo.
Il connubio non gli dispiaceva e sentì lo stomaco fare una buffa capriola in reazione al pensiero. Panico? No. E allora cos’altro?
Non è il momento di chiederselo.
Esatto. Quello, si disse con flemma, era il momento di mostrare che l’educazione impartita dalla Signora Rogers poteva essere motivo di vanto e non di scherno.
“Stai bene?” Le domandò avvicinandosi.
Andy si beò di quella vista; si lasciò beare e confortare. Steve era incolume.
“Sì, grazie. Non so esattamente cosa ho respirato ma trovo più saggio non indagare.”
Un primo colpo di tosse interruppe l’ idillio. Il Capitano lo ignorò deliberatamente.
“Mi dispiace per cosa ti è successo.”
Secondo colpo di tosse; degli occhi verdi saettarono dall’ uomo a chi stava dietro di lui.
“Signor Stark, se le circostanze fossero diverse, sarei stata più contenta di dirle che conoscerla è un onore.”
Nessuno avrebbe dovuto sapere quanto le costasse mantenere la calma.
“Lieto di sapere che gli amici del Capitano Rogers sono più educati di lui!” si fece avanti prima di Pepper, e col sorriso più suadente del mondo, alzò verso Andy la mano destra.
“Piacere di conoscerla, signorina Martin. Immagino vorrà sapere perché si trova qui.”
La tensione in quell’ attico era palpabile e comprenderne le dinamiche era difficile. Steve si era ammutolito di colpo ma a giudicare da come teneva stretti i pugni, sembrava aspettare il momento giusto per avere un motivo plausibile per colpire il suo anfitrione. Appena discostata da quel nucleo di nervosismo incandescente, c’era una donna alta, capace di vestire come poche altre l’ aggettivo “raffinato”, a partire dal suo volto dagli zigomi cesellati, scendendo al suo due pezzi gonna-blazer firmato e finendo alla punta delle scarpe tacco dieci in pelle scamosciata rossa. Dello stesso colore, ma di una sfumatura più tenue, erano i capelli lunghi e lisci raccolti in una coda.
Miss Virginia “Pepper” Potts. A.D. delle Stark Industries e donna più invidiata d’ America in quanto fidanzata dell’ ex- scapolo più ambito del continente.
“Ho provato a immaginarlo, a dire il vero” si ritrovò a rispondere nel tentativo di dissipare l’ atmosfera negativa che sentiva vorticarle attorno. Doveva essere forte ancora per un po’, non poteva fare diversamente.
“E a che conclusione è arrivata?”
Aveva sentito e letto dell’ innata curiosità di Tony Stark e di come non si facesse scrupolo per tenerla a bada. Il gioco lo stava conducendo lui e le regole erano suo esclusivo appannaggio; rispondendogli, Andy aveva involontariamente accettato la sfida e tale convinzione fu rafforzata dalla sensazione, neppure troppo velata, di sentirsi sotto esame.
“Non si deve sapere com’ è andata esattamente oggi a Central Park.”
Con un sorriso poco raccomandabile, Tony all’ improvviso si voltò verso Steve. Gli era bastato un battito di ciglia per quel movimento e aveva  escluso la ragazza dalla sua prossima mossa.
“E’ lei, non è vero?” gli domandò con gli occhi scuri brillanti di qualcosa molto simile alla perfidia.
“Questa volta faccio più fatica del solito a seguirti, Stark.”
“Non essere modesto; tu fai sempre fatica a seguirmi. Mi spiegherò meglio per venire incontro alle tue facoltà mentali ottenebrate da settant’ anni di riposo di bellezza.”
Tony fece un altro passo verso Andy e le si affiancò. “E’ lei che ha trovato la tua agendina, vero?”
Glielo chiese come se dalla  risposta dipendesse la sua vita.
Mentre Maria Hill sbuffava, Pepper nascondeva una smorfia e il diretto interessato trovava la scusa perfetta per mollare un montante destro sulla faccia gongolante di Tony Stark, Andy non trovò niente di meglio da fare che arrossire. Nessuno di loro si ricordava che era ancora lì, presente e ben visibile tra loro? Perché diavolo si era giunti a parlare di una povera agenda la cui unica colpa era stata quella di dare il via a una serie di eventi imprevedibili?
“Non ha attinenza con l’attentato di oggi.”
“Non lo stai negando! Allora è vero!”
“Ti sembra il momento adatto per insinuare certe cose?” Steve era un concentrato d’indignazione dilagante.
“Era solo una battuta, vecchio mio. L’età ti ha reso acido.” Stark uno di strafottenza.
Ad Andy non rimase altro che osservare, sbigottita, due dei salvatori della sua città azzuffarsi come galli in un pollaio. Tanto testosterone concentrato in pochi metri quadrati non era per nulla eccitante; aumentava solo il sordo mal di testa, strascico della violenta caduta rimediata nel pomeriggio e insieme, spia d’allarme di una fame sempre maggiore.
Uno parlava sopra l’altro e ciascuno voleva avere ragione. La ragazza contemplò quello spettacolo irreale per alcuni secondi. Il disagio di prima smise di farle ronzare le orecchie e con un battito di palpebre, vide tutto più chiaro. Solo una domanda aveva trovato risposta e non aveva alcuna intenzione di tornare a casa senza sapere cosa fosse successo esattamente.
Era vero: lei con quel mondo non c’entrava nulla. Ma ora che c’era stata trascinata dentro non avrebbe permesso a nessuno di sballottarla come un pacco postale tra eventi incomprensibili.
“Scusate…”
“Possibile che tu non possa prendere una dannata cosa, una, seriamente?”
“Per favore?...”
“Sono serissimo, Capitano. Sono infatti seriamente interessato a sapere da quando la conosci!”
“Insomma…”
“Non è questo il punto!”
“PIANTATELA!”
“BASTA!”
Due strilli. Due perforanti voci femminili, che si scoprirono identiche nell’ essere imperiose e letali.
Andy strabuzzò gli occhi; Pepper fece lo stesso, ricambiando il suo sguardo. Lo scambio durò un istante ma bastò perché istintiva, assoluta, scattasse l’empatia unica sempre temuta da un uomo e capace di generare le più forti alleanze: solidarietà femminile.
A urlare per prima era stata Andy, perciò toccava a lei usare cortesia.
“La ringrazio, signorina Potts.”
“Non c’è di che, signorina Martin.”
Il ribaltamento dello stomaco avvertito poco prima era stato niente, in confronto all’ imbarazzo che Steve sentì ora nell’osservare la ragazza. Per la prima volta la stava vedendo per davvero, al di là dello schermo deformante della sua ironia; era una presenza scintillante, infuocata, indomita. Le lanciò uno sguardo intriso di pentimento e di ammirazione.
“Capisco di dover essere l’ultima persona a chiedere certe cose” riprese Andy, con la calma implacabile di chi non avrebbe mollato tanto facilmente il colpo “ ma ho visto un uomo rischiare la vita e poi salvare la mia. Non esiste una versione d’ ufficio da poter raccontare a una civile? Una che mi faccia stare buona, metta a tacere le circa ventimila domande che ho in testa e mi dia una spiegazione plausibile?”
Pepper stavolta sorrideva apertamente, all’indirizzo del suo fidanzato, ancora ridotto al silenzio. Lo conosceva abbastanza da saper interpretare quel mutismo.
Tony Stark stava rendendo omaggio a una risolutezza appena scoperta. Stava studiando di nuovo la sua ospite ma l’atteggiamento nei suoi confronti era radicalmente mutato; Andy benedì la sua spontaneità e per la prima volta, ringraziò chi l’aveva lasciata, alla nascita, senza un corretto filtro tra il cervello e la bocca.
Se tale mancanza le aveva fatto guadagnare un po’ di rispetto da due Super eroi e da due donne sicuramente più in gamba di lei, non era tanto male.
 
*
 
Aveva distrutto ogni cosa.
Prima i bancali, poi le casse. Quando si era accorto che la furia non diminuiva ma continuava a richiedere nuovo sfogo, aveva cominciato a smembrare ciò che rimaneva di vecchi macchinari per lo stoccaggio delle merci. Aveva strappato le lastre di metallo e divelto le presse come fossero state di cartone, lanciando i pezzi lungo tutto il piano della fabbrica abbandonata.
A ogni lancio, un urlo.
La rabbia era stata così assoluta, divorante, esigente da spegnergli il cervello. Non si trattava della tempesta di neve; era sveglio e cosciente da molto tempo.
Troppo, perché la sua mente, sempre deviata, annullata, spezzata, potesse rimanere impermeabile al ritorno dei ricordi.
Una luna esile, un’unghia bianca in un cielo nero  con le stelle nascoste dallo smog di New York, fece scivolare un raggio di luce polverosa e tremante tra le assi inchiodate alle finestre e si fermò sulla figura accucciata del Soldato, i pugni premuti contro il cemento.
  Due mesi prima, a Washigton, la lenta distruzione di ciò che aveva considerato il suo mondo, era cominciata con uno sguardo. Quello di un paio di occhi azzurri, piantati su di lui.
L’uomo con lo scudo. Il Capitano Rogers.
Steve.
Il nome che aveva pronunciato, sbigottito, aveva avuto la forza di un missile sparatogli addosso e andato a segno. L’esplosione, senza fumo e macerie, era deflagrata nella sua coscienza fatta di nebbia e l’aveva dissipata, svelandogli che lui conosceva quell’ uomo. E che nessun lavaggio del cervello avrebbe più rimediato al peso fastidioso dei sentimenti umani.
Se ora era lì, se lo aveva seguito, era perché il ghiaccio di cui era ricoperta la sua esistenza stava cominciando a sciogliersi; da sotto la sua coltre di morte, sentiva colpi insistenti e non erano i battiti del suo cuore. Erano i fendenti sferrati dall’ altro, seppellito sul fondo di un lago congelato.
Bucky.
Il Sergente amante della musica, dal sorriso sardonico e un cuore grande abbastanza da accettare un migliore amico pieno di inquietudini, contraddizioni, problemi.
Poi c’erano stati altri occhi. Poche ore fa.
Occhi verdi, pieni di paura.
La ragazza della metropolitana, ferita e terrorizzata.
Andy.
Steve l’aveva chiamata così ma lui, continuandola a fissare, aveva un altro nome in mente. Quello di una giovane bianca e feroce come la neve che l’aveva temprata e i capelli rossi.
Natalia.
Natalia, dallo sguardo da gatta, l’unica sopravvissuta del gruppo di bambine destinate a diventare carne da macello, se non si fossero rivelate adatte a seguire il programma di addestramento pianificato per stabilire  fosse possibile replicare senza manipolazioni genetiche un altro Soldato Perfetto.
La sua immagine si era sovrapposta a quella della donna che aveva combattuto a fianco del Capitano. A quella contro cui aveva sparato in un deserto per il momento senza nome, una vita prima. A quella-
Basta!
Infine, era arrivato il sogno. Il risveglio. Le lacrime, la vergogna, l’orrore per cosa aveva perso e cosa aveva fatto.
Aveva rintracciato Rogers senza sapere di avere un nome. Ora il nome lo conosceva ma il solo mormorarlo lo riempiva di sgomento, perché Bucky Barnes sarebbe rimasto senza fiato di fronte alla realizzazione di come la sua vita fosse stata semplicemente interrotta; se fosse morto davvero, dopo il volo nel dirupo, avrebbe avuto almeno la dignità che si lasciava a chi era cosciente e fiero della propria scelta. Un caso terribile come poteva esserlo solo la mente umana nei suoi momenti di maggiore tenebra, aveva deviato il corso degli eventi, premuto un bottone di stop e cercato a forza un nuovo percorso intriso di morte, solitudine e vuoto.
Con un ultimo gemito, accompagnato dal pugno scagliato a terra con il braccio di metallo, l’uomo si stese sulla schiena e fissò il soffitto.
Il pulviscolo lunare danzava sopra di lui, in un vortice pigro dove passato, realtà e volti prendevano ordinatamente posto, fluendo nella sua coscienza indifesa e aprendovi nuove ferite.
Aveva rivisto Steve. Gli aveva consegnato, sperava, degli indizi in grado di aiutarlo a sconfiggere chi lo voleva morto. Un piccolo, meschino gesto per tentare di riparare goffamente alle morti, al sangue, alla disperazione.
Un altro pugno. Metallo che faceva volare schegge di pavimento. Odio montante, fuoco nelle vene. La bocca che sarebbe rimasta secca fino a quando non l’avrebbe riempita col sapore della vendetta.
Voleva solo questo? Vendicarsi? Contro delle ombre?
Le ombre si possono stanare. Lo sai meglio di chiunque altro: sei una di loro.
Certo. Era innegabile. Ma non era solo questo. Non più.
Si rimise a sedere, passando una mano tra i capelli di nuovo sciolti.
Doveva andare da chi poteva dirgli con chiarezza cosa era diventato e se poteva ancora essere perdonato. Ci sarebbe stato il tempo giusto per esigere il pagamento dovutogli da chi lo aveva trasformato nel Soldato d’ Inverno; nel frattempo non avrebbe rinnegato cosa aveva imparato.
Un’arma si poteva impugnare anche per difendere e c’era qualcuno, un piccolo scricciolo di Brooklyn ad esempio, che adesso aveva un bisogno dannato di venir protetto. Altrimenti sarebbe partito da solo, lancia in resta, contro nemici che non conosceva. Era compito suo presentarglieli a dovere e affrontarli insieme.
 
*
 
“Abbiamo un contatto, signore.”
“Da parte di chi?”
Un veloce danzare di dita su una tastiera virtuale. La comparsa di una risposta.
“Uno dei Ricognitori di New York, signore. La sua cellula non dava notizie da due giorni.”
“Molto bene; organizzate un recupero e portatelo alla base di riferimento.”
Le dita si fermarono.
“Ma così scoprirà l’altra parte della squadra.”
Nel replicare, l’accento della prima voce si fece più duro.
“I piani possono cambiare, agente. La prima parte si è compiuta; dobbiamo solo modificarne la seconda.”
“E per quanto riguarda la ragazza?”
“Al momento non ci serve. Dobbiamo avere più dati su di lei, per sapere in che modo possa esserci utile.”
Dei passi pesanti si allontanarono da una delle postazioni video. Poco lontano, l’eco insistente di colpi contro una solida barriera di metallo.
“Quando avrete recuperato il Ricognitore, provvedete a perquisirlo.”
“In cerca di cosa?”
I passi si fermarono. “La neve è terribile; può infiltrarsi ovunque.”
Una risposta sibillina che tutti compresero.
I colpi diventarono più forti.
“E date altri giocattoli alla nostra bambina, mi raccomando.”




Angolo (tetro e buio) dell' autrice:
* Mi sento in dovere di spendere un paio di righe sulla mia scelta lessicale. “Elfo” non è un errore di battitura, anche se è riferito a una ragazza. Mi sono basata sulla parola inglese di origine, “Elf”, uguale sia per il maschile che per il femminile. L' adattamento “Elfa” mi suona malissimo e non l'ho mai usato.
Ok, fine angolo Precisina della Fungia.
Questo aggiornamento settimanale è stato assai tribolato: purtroppo, causa il brutto tempo, un fulmine ha seccato il mio povero modem. Spero di tornare in carreggiata il prima possibile ma se venerdì prossimo non vedrete il nuovo capitolo, purtroppo non dipenderà da me. Farò il possibile perché non sia così!
Un abbraccio e ancora, un grazie a tutti voi “dal profondo del mio cuoricino dannato”!
Maddalena
 
 


 
  
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