Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Frashton_Drew    01/08/2014    4 recensioni
A volte pensiamo che le cose peggiori non possano toccarci, ci riteniamo sempre fuori pericolo, ci sentiamo salvi da quei colpi che la vita può infliggerci. Lo vediamo alla TV, lo leggiamo nei giornali, ne sentiamo parlare per strada. Ad Alex piace pensarla così, preferisce pensare che i veri problemi non spettino a lei, ma la vita le insegnerà che il futuro gioca brutti scherzi e che molto spesso la felicità é l'unica medicina.
"Cadere e saper rialzarsi." Mormora Ashton fissandomi negli occhi. "Questo é il trucco. Come quando sei sulla tua tavola da surf e vieni colpita in pieno da un'onda con la sua massima potenza, tu che fai Alex? Torni a casa?" Scuoto la testa cercando di capire dove vuole arrivare. "Ecco, risali sulla tavola e vai dritta a cavalcare la prossima onda." Esclama indicando un punto indefinito davanti a noi. "Cadere e rialzarsi, Alex."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Schiudo gli occhi e sbatto le palpebre un paio di volte prima di abituarmi alla luce chiara del sole che penetra dalle fessure degli scuranti.
 Sbadiglio ancora assonnata e lancio un'occhiata all'orologio: 7.05.
 Mi alzo barcollando e raggiungo la camera di Rosy. La trovo rintanata sotto le coperte, mi avvicino a lei, le scosto dal viso alcune ciocche dei suoi morbidi capelli castani, il suo respiro pesante e regolare mi fa capire che é ancora nel sonno profondo.
 
"Rosy. Rosy, sono le sette." Lei rimane impassibile.
 
"Rosy, dai. Alzati." Alzo leggermente la voce e la muovo con una mano, lei emette un gemito disgustato e infastidito e apre lentamente gli occhi.
 
"Se non ti alzi entro 5 minuti ti vengo a buttare giù."
 
 "Arrivo, che palle." Mormora gettandosi il cuscino sulla faccia, sorrido divertita ed esco dalla sua camera, entro in bagno per darmi una rinfrescata e dopo essermi lavata il viso e pettinata un pó i capelli torno in camera mia per vestirmi.
 
 Essendo in Australia ed essendo Novembre, fa un certo caldo così opto per un leggins nero e una t-shirt abbastanza lunga e colorata, mi infilo le scarpe e afferro la borsa appoggiata sulla sedia.
 
"Buongiorno Alex." Annuncia mia madre, la sua voce suona dolce e un po’ rauca, si é svegliata da poco ma é già pronta per andare al lavoro, come al solito.
 
 "Buongiorno." Apro il frigorifero e tiro fuori una bottiglia di latte.
 
 "Si é svegliata Rosy?"
 
"Teoricamente si."
 
 Lei sorride annuendo e posa dentro al lavandino la sua tazza mentre io verso nella mia un pó di latte e afferro uno dei toast posti in un piatto sul tavolo, ancora caldi.
 
"Quando smetterai di fare colazione con toast e latte?" Mi chiede lei disperata dopo avermi osservata per qualche minuto.
 
 "Non vedo cosa ci sia di male." Annuncio strappando un morso al mio toast, adoro sentire il sapore del pane tostato che si miscela con quello salato del prosciutto, é una vera goduria.
 
 "È alquanto disgustoso."
 
 "Non mi va il succo, preferisco il latte." Ribatto decisa concludendo il discorso, lei alza le spalle indifferente ed esce dalla cucina.
 
 "Oggi faccio un po’ tardi, pensaci tu a Rosy." Grida dal salotto, sento il rumore delle chiavi e la porta principale aprirsi.
 
 "D'accordo, buona giornata." Grido di rimando con la bocca piena, la porta si chiude e in casa cala il silenzio.
 
 Riesco solo a sentire il rumore dei passi di Rosy e dei miei denti che masticano il cibo. Siamo rimaste solo io e mia sorella in casa.
Mio padre, insegnante di musica, lavora tutto il giorno fino a tarda sera perché molto spesso organizza anche eventi musicali in giro per la città mentre mio fratello è in prova da un paio di mesi in un'officina.
 "Sono pronta." Mi volto di scatto e trovo Rosy davanti a me, i suoi capelli sono legati in una coda, indossa una t-shirt con sopra una felpa e un paio di jeans lunghi.
 
Sorrido scuotendo la testa. "Che c'é?" Sbotta allargando le braccia.
 
 "Avrai caldo."
 
 "O magari freddo, tu che ne sai?!"
 
 "Ne so più di te perché vivo qui da più tempo di te e ti conosco bene, quindi secondo la temperatura di questo Paese e il tuo modo di essere so che avrai caldo." Annuncio posando la tazza nel lavandino.
 
 "Ti odio. Possiamo andare per favore?"
 
"Andiamo." Chiudo la porta di casa a chiave ed entriamo in auto.
 
 "Se vuoi stare davanti devi metterti la cintura." L'avverto mettendo in moto.
 
 "Non dirmi cosa devo fare."
 
 "E se facciamo un incidente?"
 
 "Non facciamo un incidente." Sbotta noncurante.
 
 Lo ha voluto lei, mi ha lanciato la sfida. Appena usciamo dal vialetto e imbocchiamo la strada accelero velocemente percorrendo una decina di metri, mi guardo dietro assicurandomi che non ci sia nessuno pr poi frenare bruscamente, sento Rosy lanciare le braccia davanti a sé per parare il colpo che per poco non la sballottava conto il vetro. Si volta verso di me sbigottita.
 
"Ma che cavolo fai, Alex? Tu sei pazza!" "Avevo detto di metterti la cintura. 1 a 0." Annuncio soddisfatta alzando le spalle, lei mi squadra per qualche secondo per poi lasciarsi cadere contro lo schienale e afferrare la cintura, sorrido compiaciuta e rimetto in moto.
 
 Il quartiere in cui abito, Palm Beach, é il quartiere più a nord della città, si trova su una lingua di terra distante circa 40 km da Sydney perciò la vita qui non é frenetica come quella nel centro, qui non c'é quasi mai traffico e non si respira tutto quell'inquinamento.
 Mi é sempre piaciuta Palm Beach, voglio dire, fa parte di un'immensa città eppure è piccola e lontana da tutto e tutti.
 
Adoro il mare che circonda la terra, adoro sentire le onde infrangersi contro le rocce sulla spiaggia e il vento che rinfresca, che muove le foglie degli enormi alberi che percorrono tutta la piccola penisola. Tutto qui è così pacifico e solare. Palm Beach è il regno dei surfisti, é una Bondi Beach solo un po’ più grande.
 
Ne trovi ovunque e sempre, di surfisti, li vedi cavalcare certe onde che ti cavano il fiato, arrivano qua, tavola sotto braccio e corrono alla rinfusa verso il mare che li aspetta, non hanno paura di niente.
 
 Li ho sempre osservati da piccola, li guardavo dalla finestra di casa mia, e percepivo la loro energia, la loro passione, la loro libertà.
 Volevo sentirmi libera come loro, volevo svegliarmi la mattina e dimenticarmi di tutti i problemi, afferrare la mia tavola da surf e affrontare quelle onde gigantesche, volevo mettermi alla prova con la forza della natura.
 
 Probabilmente fu tutto grazie a mio padre, mi osservava spesso mentre stavo seduta sulla sabbia a guardare quelle persone surfare, leggeva la curiosità e la voglia nei miei occhi tutte le volte che rientravo in casa.
 Fu lui a regalarmi la mia prima tavola da surf, avevo 8 anni, era Natale, e visto che qua a Natale facciamo l'albero in costume, decisi di correre sulla spiaggia per provare la mia nuova tavola.
 
 In quegli ultimi mesi, osservando i surfisti, avevo memorizzato ogni loro movimento, come e dove legare il laccio della tavola ad esempio, o la corretta posizione da mantenere su di essa, mi lanciai in acqua, stesa su quel pezzo di legno, il mare non era molto mosso ma alcune piccole onde c'erano lo stesso, sembravano fatte su misura per me.
 Appena vidi la prima venirmi incontro non posso negare di aver avuto paura, ma ormai ero li, mi alzai lentamente sulla tavola cercando di mantenere l'equilibrio, scivolavo sull'acqua in direzione di quell'onda, dietro di me sentivo le grida di mio padre:
 
"Avanti Alex, piegati di più su quelle ginocchia e muovi quella tavola."
 
Ci provai, ma inevitabilmente caddi in acqua ribaltata dalla forza dell'onda. Era la mia prima, poi ce ne fu una seconda, una terza e una quarta e in poco tempo diventai un piccolo fenomeno.
 
 Ogni volta che tornavo da scuola correvo in spiaggia senza neanche mangiare e mi catapultavo su quelle onde, grandi o piccole che fossero, le cavalcavo e basta, mi piaceva. Ed é così tutt'ora, dopo 9 anni.
 
 Mio padre ha sempre voluto infondermi la passione per due cose: la musica e il surf.
 
 Ce l'ha fatta con entrambe, l'unica differenza é che la musica mi limito ad ascoltarla mentre il surf riesco a farlo. Ma non mi lamento, lui mi dice sempre di iscrivermi a scuola di canto ed io, timida e testarda, rinuncio sempre.
 
 "So già fare a surfare." Protesto io.
"Ma sai anche cantare." Ribatte lui, ma é inutile, è una semplice lotta con me stessa.
 
Le lezioni iniziano alle 9 così, dopo aver lasciato Rosy a scuola faccio un salto alla caffetteria di fiducia del quartiere.
 Dimenticavo, altra passione degli abitanti di Sydney, oltre al surf, il caffè.
 
"Alex!" Vengo accolta dalla voce squillante di Becky, la padrona del locale, una signora di mezza età dalla curve un po’ rotonde, i capelli corti e ricci che iniziano a farsi sempre più bianchi e due piccoli occhi vispi che spiano il mondo da dietro un paio di occhiali da vista rotondi.
 
 "Ciao Becky." Ricambio avvicinandomi al bancone.
 
Immediatamente vengo raggiunta da quel profumo di caffè, così caldo e intenso, così familiare.
 
"Cappuccino?"
 
 "Come sempre." Mi siedo su uno degli sgabelli affiancati lungo il bancone e resto qualche secondo a osservare Becky mentre prepara il mio cappuccino.
 
"Pensavo avessi già fatto colazione." Annuncia una voce sicura e calda alle mie spalle.
 
 "Michael!" Esclamo sorpresa voltandomi. "Certo, ma il cappuccino mi fa arrivare a sera." Aggiungo sorridendo, lui annuisce scuotendo la testa.
 
 "Come stai, Alex?"
 
"Non c'é male, tu?"
 
 "Non c'é male." Sorridiamo entrambi mentre lui si siede di fianco a me.
 
"Come vanno le cose con Luke?" Mi chiede titubante come se fosse un argomento fin troppo sensibile, un pezzo di vetro troppo fragile.
 
Sento un nodo formarsi nella gola, deglutisco per poi schiarirmi la gola.
 
"Tutto bene, ci sentiamo tutte le volte che possiamo. Là sta bene quindi sono contenta." Annuncio facendo una smorfia di finta convinzione, perché più lo dico più mi accorgo che sto semplicemente mentendo a me stessa da troppo tempo.
 
"Sai, quando ci sentiamo parliamo anche di te, gli manchi molto." Ammette lui accennando un piccolo sorriso all'angolo della bocca, un secondo nodo si forma nella gola, scosto le sguardo da quello di Michael sapendo che mi conosce talmente bene da leggere nei miei occhi qualsiasi mia emozione.
 
 "Oh... Bé, manca molto anche a me." Mormoro.
 
"Continua a dirmi di tenerti d'occhio." Aggiunge sorridendo, alzo gli occhi al cielo sospirando mentre Becky appoggia vicino al mio braccio il mio cappuccino, mi volto verso di lei e ci scambiamo un sorriso veloce.
 
Afferro il bicchiere e soffio un paio di volte per poi portarmi alla bocca la bevanda bollente. Il sapore così intenso mi rilassa e mi fa sentire meglio, chiudo per qualche secondo per gustarla meglio.
 
Ricordo tutte le mattine in cui io e Luke ci svegliamo presto la mattina per andare a surfare, durante le vacanze, prima non mancavamo mai di berci il nostro cappuccino, era diventata una tradizione, un rito propiziatorio per la giornata che doveva iniziare, e se per qualche ragione non riuscivamo a prenderlo allora voleva dire che la nostra cavalcata sarebbe risultata un fallimento, per noi portava sfortuna.
 
 Una mattina andammo alla caffetteria ma la trovammo chiusa per ferie, inutile dire che si leggeva il panico nei nostri volti, decidemmo comunque di andare alla spiaggia.
 
Inizialmente tutto prometteva bene, poi, come da copione, un'onda presa male da Luke lo scaraventò contro una roccia. Si é passato gli ultimi giorni di vacanza in ospedale, ed io con lui, come sempre.
 
Una delle cose più divertenti erano i baffi sotto al naso creati dalla schiuma del cappuccino ogni volta che lo bevevamo, ci pulivamo a vicenda scoppiando a ridere, ora che Luke non c'é faccio sempre attenzione a non sporcarmi, perché a pulirmi da sola mi sento stupida.
 
 Il cappuccino era una di quelle cose che ci univano, come la musica e il surf, un'abitudine condivisa che vissuta da sola non ha più la stessa importanza, non ha più senso.
 
 "Secondo me dovresti andare a Londra da Luke." Apro gli occhi all'improvviso e deglutisco rischiando di mandare di traverso il cappuccino, tossisco portandomi una mano alla bocca poi torno a guardare Michael sbigottita.
 
"Che hai detto?"
 
"Dovresti andare a Londra da Luke." Ripete alzando la voce.
 
"Non se ne parla." Sbotto scuotendo la testa.
 
 "Qual é il problema?"
 
 "C'é la scuola, è troppo lontano, i miei non mi farebbero mai andare da sola e una volta che sono la che faccio? Lui ha le sue cose da fare." Mormoro rassegnata fissando l'interno del mio bicchiere.
 
"Allora, ci vai durante le vacanze di Natale, in aereo diventa vicino, non sei da sola vengo con te e pensi davvero che il tuo migliore amico che non vedi da mesi non riesca a trovare del tempo da passare con te? Tu ne sai un quarto delle cose che quel ragazzo farebbe per te." Esclama convinto e quasi spazientito come se stesse cercando di farmi vedere la vera realtà.
 
 Sospiro scuotendo la testa, chino il capo verso il basso mordendomi il labbro inferiore appena realizzo che Michael ha ragione; Luke farebbe tanto per me. Lo ha sempre fatto e poche volte me ne sono accorta.
 
 Come quando rinunciò ad una serata che gli avevano proposto in un locale con la sua band per venirmi a fare compagnia in ospedale dopo essermi fratturata il polso andando a sbattere contro un altro surfista, il mare era davvero mosso, la visibilità pessima ma io decisi di provare comunque. Assicurarsi sempre di avere una certa distanza da un altro surfista prima di prendere la stessa onda, io non ci avevo dato molta importanza.
Luke ha sempre amato fare musica e molto spesso ha dovuto rinunciare ad essa per me.
 
 Scuoto la testa rinvenendo dai miei pensieri e torno a guardare Michael che é rimasto a fissarmi di sbieco, in attesa di una risposta. "Cosa ti aspetti che io dica?"
 
"Si Michael, non vedo l'ora." Esclama lui imitando una vocina femminile irritante.
 
 "Bé, non é quello che dirò perché non é quello che penso.
 
 Se ora lui é la ed io sono qua un motivo deve esserci, quindi voglio lasciare le cose così." Bevo un altro sorso di cappuccino nel tentativo di calmarmi, poi appoggio il bicchiere sul bancone e prendo fuori il portafoglio.
 
"Ed io non ostacolerò la tua scelta. Ma sappi che voi due avete bisogno di vedervi se volete continuare ad essere a amici." Confessa alzando le spalle.
 
 "Michael, ce la faremo, davvero." Ribatto accennando un sorriso di convinzione all'angolo della bocca.
Lui alza le mani in segno d'arresa e resta a fissarmi mentre lascio i soldi a Becky.
 
 "Salutami tutta la famiglia, eh." Esclama lei stringendomi una mano.
 
Annuisco sorridendo e stringo la sua. "E non preoccuparti per Luke, sarai sempre la sua pesciolina."
 
 Chino la testa scoppiando in una timida risata. Pesciolina, Luke iniziò a chiamarmi così dal giorno in cui lo battei in una delle nostre solite gare di nuoto.
 Diventò il mio soprannome, ma solo per lui, si arrabbiava ogni volta che qualcun'altro mi chiamava così.
 
Esco dalla caffetteria seguita da Michael e raggiungo la mia auto.
 
 "Ci vediamo oggi pomeriggio alla spiaggia, okay?" Annuncio aprendo la portiera, lui resta a fissarmi dall'altra parte dell'auto con un sorriso malizioso dei suoi stampato sulla faccia.
 "Che c'é Michael? Sono sporca da qualche parte?" Mi perlustro da capo a piedi e scruto il mio riflesso nel finestrino dell'auto, sono apparentemente a posto.
 
 "Sai cosa Alex? Da quando Luke é partito non ti ho più vista ridere di gusto, tu lo facevi sempre, ed ho sempre amato la tua risata." Lo guardo sbigottita alzando le sopracciglia.
 
"Cosa vuoi dire?" Chiedo perplessa.
 
 "Da quant'é che non salti la scuola?"
 
 "Io non... Non lo so... Probabilmente da quando Luke é andato via. Ma che c'entra?" Chiedo di rimando cominciando a perdere la pazienza.
 
"Ecco, voglio dire che tu ora vieni con me."

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Frashton_Drew