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Autore: Mrs Carstairs    02/08/2014    0 recensioni
“ehi. Non sto ridendo di te. Non rido della tua paura, capito? Rido… di tenerezza. È che, vedi, tu rischi di cadere da un edificio di 20 metri tutti i giorni, correndo sui tetti con me, e lì la paura di morire dovrebbe essere viva dentro di te. Una paura tremenda di sbagliare un solo salto e… invece la cosa buffa è che tu… su un tetto, tu non hai paura di niente. Non c’è distanza che tu tema di saltare, non un comignolo che ti veda soltanto camminare sul bordo di un parapetto. Tu corri, non pensi, salti.”
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Starbucks era pieno di gente, come al solito e Jonathan e Persie stavano erano miracolosamente riusciti ad arrampicarsi su due degli sgabelli del bancone, prima che qualcun altro li precedesse. I cup cake erano appena stati posati di fronte a loro in un piatto di porcellana rotondo.
“i cappuccini arrivano tra un momento” e così dicendo, il cameriere era sparito dietro al bancone.
“allora… parlami un po’ di te…” Jonathan non era sicuro che quella fosse la domanda corretta da porle, ma gli argomenti per riempire la conversazione erano davvero scarsi.
“non c’è molto da raccontare… sono così come mi vedi. Una pazza scatenata con i capelli colorati…” e Persie rise come per nascondersi dallo sguardo indagatore di Jonathan, che pareva non mollare la presa su di lei.
“no, sul serio…” gli occhi della ragazza si piazzarono sul viso di Jonathan. Era come se stessero cercando di capire se davvero lui aveva voglia di ascoltare quello che aveva da dire.
“beh.. a dirti la verità non so nemmeno da dove dovrei cominciare…”
“vediamo… dall’inizio ti sembra una risposta ragionevole?!” Persephone sorrideva guardando dalla vetrina dietro il bancone.
“non è così semplice… comunque ci proverò… ma non credo che questo sia il posto giusto. Una cosa posso dirtela però. Posso risultare estremamente strana, o idiota, a seconda delle persone…” Jonathan era rimasto a guardarla, il cup cake ancora in mano, addentato per metà da un lato.
“sai, non credo sarà un problema per me.” Disse lui addentando l’ultima metà del dolce.
“ah sì?”
“già… guarda caso in giro dicono la stessa cosa di me”
Proprio mentre Persie stava per ribattere, assicurandogli che non erano di certo considerati pazzi alla stessa maniera e che, se non voleva guai, doveva starle più lontano possibile, il cameriere fece capolino con i due bicchieroni di plastica dei cappuccini. Al limite tra il sollevato e l’imbarazzato, Persie afferrò il suo, scendendo dallo sgabello.
“che fai?”
“andiamo.”
“cosa? E dove? Ma soprattutto perché?!”
“hai detto che volevi che io ti raccontassi di me. Bene, questo non è il posto per la mia storia. Davvero.” Gli occhi verdi di Jonathan la guardavano increduli, straniti, come se avessero appena visto qualcosa di veramente assurdo. Le sopracciglia si erano inarcate, completando il dipinto dell’espressione di qualcuno che non capisce un accidente di quello che gli stai dicendo.
“ecco. Hai appena avuto un assaggio della mia stranezza. Se non ti va di venire ti capisco…” e, lasciate 10 sterline sul bancone, la ragazza uscì dal locale in tutta fretta. Jonathan si mise in tasca i soldi di Persephone, sostituendoli con quelli del suo portafogli, poi spalancò la porta del bar, sperando di trovarla ancora nelle vicinanze. Appena uscì, provò una strana sensazione allo stomaco, simile a quella che si prova lanciandosi nel vuoto.
Non vedendola da nessuna parte, Jonathan mosse qualche passo lungo il marciapiede, sperando che Persi non si fosse allontanata troppo. Non avrebbe voluto dirle di no, solo, capire. Avrebbe voluto non averle chiesto nulla.
Era chiaro che era molto più fragile di quello che dava a vedere. Ma quello che Jonathan non riusciva ad afferrare era il motivo di quella fragilità, la sensazione che aveva avuto guardandola quella mattina, quell’ondata di spavalderia e arroganza che l’avevano attraversato, insieme alla dolcezza dei suoi contorni e alla forza del suo sguardo combattuto. Perché una ragazza come lei, con il suo spirito, avrebbe dovuto avere delle insicurezze?
Mentre rifletteva, muovendo qualche passo svogliato, la vide. Il cappuccio della giacca di pelle le copriva i capelli, e una delle calze, quella a strisce verdi, era scesa di un po’, scoprendole ancora di più la gamba. Le si affiancò di corsa, rimanendole accanto nella camminata. D’un tratto si scrollò il cappuccio dalla testa e tornò a fissarlo con quei grandi occhi fulvi.
“se ti dicessi che voglio portarti in un posto? Non voglio rovinare i tuoi piani per sorprendere la matricola che ti sta di fronte, ma… se decidi di venire con me, capirai.” 
Jonathan la guardava a metà tra l’incredulo e il confuso. Il pallido sole che si faceva strada tra le nuvole grigie aveva mandato un ultimo raggio ad attraversarle lo sguardo, illuminando il castano degli occhi di Persie, che non sembrava accorgersi della luce accecante che le faceva bruciare le iridi dorate. C’era qualcosa di strano nel suo sguardo. Era sempre quel qualcosa che Jonathan non riusciva a catturare, quello che gli era sfuggito anche quando se l’era ritrovata di fronte sul davanzale della finestra.
“ok” la ragazza si voltò verso di lui sorpresa. Evidentemente non si aspettava niente del genere, perché il suo viso lasciava trasparire un leggero alone di sorpresa e compiacimento.
“bene. allora stami dietro.”
   
 
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