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Autore: Soleil Jones    02/08/2014    5 recensioni
Ovunque fossero, sull'orologio di Molly, la lancetta di quei due era sempre lì; sì, c’era una sola lancetta per due, perché Molly Weasley sapeva che sarebbero sempre stati nello stesso posto. Si muovevano praticamente in simbiosi, i suoi figli; mai, però, avrebbe immaginato che un brutto giorno non sarebbe più stato così.
[...]
«Mh, siete per caso dei patiti dei prodotti Weasley & Weasley?» Tirò ad indovinare: perché, beh, quei due avevano tutta l’aria di due bambini che tutto possono avere tranne che buone intenzioni. I due gemelli annuirono all’unisono «Anche!»
«Ma non è questo il motivo per cui siamo qui, giusto Eric?»
«Giusto John! Detto senza mezzi termini, vuoi indietro tuo fratello, vero?»
«Oh, se è vero!»
[...]
«È semplice, tanto che neanche tu avrai problemi a capire come usarla.»
«Simpatica quanto un troll nel suo periodo rosso del mese, noto.» Bofonchiò tossicchiando sottovoce George. Gli occhi verdi dello spirito si ridussero a due fessure taglienti quanto il suo tono di voce. «Hai detto qualcosa, Weasley?»
«Io? Niente!»
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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A un passo dalla meta…

 
Durante quel poco tempo in cui erano stati separati John aveva girato parecchio per i dintorni, arrivando a trovare una struttura intrisa di magia bianca; o almeno era quello di cui era convinto lui. Era vuota, abbandonata a se stessa, ma la natura circostante non ne aveva intaccato l’antico splendore – Sempre secondo il bambino.
«È lì che dovete andare, io e Louz avevamo solo il compito di aiutarvi a non perdere la giusta via. Sarà sufficiente che vi mostriate, perché troviate ciò di cui avete realmente bisogno.»
Ora, sì, a Hogwarts c’erano i centauri – Come Fiorenzo – e Ron aveva detto che il ragnone di Hagrid parlava, okay, ma di leoni dotati di parola George non ne aveva mai sentito parlare!
Non che parlasse nel senso letterale del termine, la bocca non si smuoveva neanche, però in qualche altro senso parlava eccome!
«Non potevi dirci che ci stavamo allontanando dall’entrata invece di spaventarci a morte?» Gli aveva chiesto esterrefatto Eric, e il felino aveva semplicemente affermato che fuori dalla parte di isola nascosta e concentrata di magia era già un fortuna che avesse potuto ragionare con lucidità invece di provare l’istinto primitivo di sbranarli.
E la discussione era morta lì.
John, invece, fissava torvo la sua guida – Chiamamola così – senza neanche provare a nasconderlo. E Louz, questo, lo trovava infinitamente divertente.
«Non capisco perché con me rispondevi con domande allusive!»
«Non facevi altro che chiedere anche quando a domandarti qualcosa ero io, era divertente!» Aveva minimizzato il folletto. «Tu non ti sei divertito?»
«Dal modo in cui ti guardo ti sembra che stia sull’orlo di una crisi di ilarità?»
«Oh, non lo sei?»
«Per tutti i fulmini, vi prego, andiamocene!»
Il lato positivo era che ora Eric e George avevano di nuovo le loro bacchette. Era stata una fortuna che John le avesse trovate e tenute con sé; il rosso ne aveva sinceramente sentito la mancanza, abituato com’era a lei.
E a giudicare dal modo in cui Eric faceva incantesimi a destra e manca senza smetterla un secondo, si poteva supporre che anche per lui fosse lo stesso. John lo aveva minacciato di togliergli la bacchetta, se non l’avesse smessa di trasfigurare il colore dei suoi capelli.
«Non ti piace molto il bordeaux, capito.»
«Smettila o i capelli te li taglio. Tutti tutti, sì, hai capito bene!»
Ora che glieli guardava, George si accorse che John aveva i capelli lievemente più lunghi di quando si trovavano a Hogwarts; e prima non era almeno dieci centimetri più basso?
Non era mai stato un gran osservatore, di per sé, ma non era cieco. Non si era accorto che Eric era cambiato probabilmente perché lo aveva sempre avuto sotto gli occhi; invece anche lui sembrava cresciuto.
Era come se avesse compiuto due o tre volte gli anni in pochissimo tempo.
Osservando i due camminare affiancati, poco davanti a lui, notò che i pantaloni di Eric – Appartenuti a Ron – ora sembravano più corti. Scosse il capo, sicuramente era stanco, solo stanco.
«Bene, eccoci qui!» Esordì John, fermandosi davanti alla costruzione dove aveva stazionato il giorno prima; Eric emise un verso di stupor, ammirando l’immensa struttura col nasino all’insù e gli occhi sgranati. «Questo posto è… È wow!» Esclamò, salendo di corsa i gradini e inoltrandosi lungo il corridoio ampio e luminoso, girandosi in tutte le parti per ammirare gli affreschi semplici ma suggestivi delle vetrate, che filtravano la luce del Sole.
George arricciò il naso. «A me sembra come Hogwarts, solo più luminoso e… Beh, diverso, ecco.»
«Eric è fatto così.» Minimizzò John, andando dietro al gemello. «È molto sensibile alla magia, se sta bene vuol dire che questo posto non è mai stato neanche sfiorato dalle Arti Oscure. Non la senti questa sensazione di pace? Ecco, è perché i tuoi poteri reagiscono alla magia Bianca!” Spiegò sorridendo e, sì, in effetti George poteva dire di sentirsi abbastanza a suo agio a camminare tra quelle mura; si sentiva così carico di energia che, secondo lui, avrebbe potuto far risorgere Voldemort e ucciderlo nuovamente con un solo, potente Schiantesimo.
«Tu distingui la magia solo in Bianca e Nera, eh Piccolo Granger?»
«È un modo per dire se è buona o cattiva, spilungone.» Sbuffò piccato il bambino, scoccando un’occhiata ad Eric. Il castano era entrato di corsa in una delle poche stanze presenti al primo piano; salite le scale, infatti, tutto quello che si erano trovati davanti era stato un lungo corridoio con delle porte. Eric ne aveva semplicemente aperta una.
«Qui dentro è buio.» Osservò a bassa voce, indietreggiando e andando a sbattere contro George il quale, memore della sua fobia dell’oscurità, illuminò l’ambiente con la sua bacchetta ed avanzò, curioso.
Le mura, in confronto a quelle che aveva visto prima, parevano più semplici e non c’erano finestre, il che era strano.
Sentì Eric irrigidirsi e strattonarlo per la maglietta, pigolando: «George, la porta! La porta è scomparsa!»
«È solo un po’ bu— Aspetta, cosa?» George si voltò di scatto e, con la punta della bacchetta illuminata, vide uno dei due gemelli – Probabilmente John – formulare incantesimi a tutt’andare.
«E non ne vuole sapere di riapparire. Revelio! Maledizione, Revelio! Revelio, Revelio, Revelio!»
Il rosso si sorprese di non essere spaventato più di tanto: era tranquillo e stranamente curioso. Più del solito.
«Ricomparirà da sola.» Minimizzò, allontanandosi da loro e alzando il braccio di modo da farsi luce; avanzava nel buio tranquillamente, era da sempre un ragazzo che prendeva qualsiasi cosa abbastanza alla leggera, finché non ruzzolò a terra, dopo essere inciampato su qualcosa.
L’espressione sul viso dei gemelli si fece meno allarmata e più divertita, tant’è vero che scoppiarono a ridere additandolo.
Il rosso si rimise in piedi scrollandosi i vestiti e chinandosi ad afferrare ciò che lo aveva fatto cadere.
«Una pietra? Cioè, entro in una stanza deserta, senza mobili o altro, e inciampo su una pietra?» Esclamò a bocca aperta, quasi divertito dalla sua goffaggine che, a ben pesarci, era stata paragonabile a quella di Tonks.
Era perfettamente levigata, tondeggiante e leggera, e se non fosse per il fatto che parve reagire al contatto con lui, George non avrebbe esitato a rimetterla al suo posto.
Sembrò infatti pulsare energia contro la sua mano.
«Eric, alza la bacchetta e illumina quella parete.» Mormorò John. Il gemello sussurrò un «Lumos!» e fece come gli era stato chiesto.
Gli occhi verdi del bambino lessero con interesse i fini caratteri, che George fissò perplesso.
«Questo non è inglese, è alieno!» Bofonchiò increspando le labbra in un’espressione così buffa e perplessa che a Eric scappò una mezza risata.
«Certo che non è inglese!» Ribadì con ovvietà John. «Basta dire Disputatio ad me per capire di più quel che c’è scritto. E smettila di farmi il verso, Weasley!»
George si schiarì la voce mettendo su un’espressione più o meno seria – Sicuramente più convincente della precedente – e rivolse la sua attenzione alle parole che, all’incantesimo di John non erano minimamente cambiate.
«Piccolo Granger, non ha funzionato, quel che c’è scritto alieno era e alieno è rimasto.»
«Questo incantesimo potrebbe tradurre tutto quanto!» Esclamò piccato John, incrociando le braccia al petto e fissando pensieroso la parete di fronte a loro. Eric, al suo fianco, torturava le sue ciocche di capelli – Accorgendosi che gli ricadevano sugli occhi più di prima – come se avesse un dubbio, o un’ipotesi che non aveva il coraggio di azzardare.
Al che, John lo guardò come a dirgli di parlare. «Eric?»
«Potrebbe essere… Non so, magari è un incantesimo, no? Una formula.» Azzardò il castano. «Ha senso?»
«Non so, non ho ai sentito la formula Detector Cor.» Rispose accigliato George. «Però non mi sorprenderebbe se—»
«George!»
«Mh?» La voce unanime dei gemelli fece notare al rosso il bagliore crescente proveniente dalle sue mani, o meglio da ciò che tenevano.
La pietra emise scosse di pura magia, illuminandosi di un’aura dorata, luminosa come e scoppiettante come i Fuochi Forsennanti Weasley e, subito dopo, dal piccolo oggetto saette e scie di luce guizzavano per la stanza, facendola diventare sempre più luminosa. Più ampia, più viva.
Il Lumos della bacchetta di George ed Eric – Una di esse abbandonata a terra – andava scemando in mezzo all’oscurità morente e, quando George sentì le mani scottare e lasciò cadere la pietra, questa si frantumò.
Le scegge di pietra, sottili come petali e dalle forme imperfette, persero la loro luminosità quando la figura di una donna si materializzò.
Aveva gli occhi imperscrutabili, i capelli scurissimi e lunghi e la pelle nivea; sembrava irreale, ma la sua consistenza non pareva come quella del Mago Merlino, che era chiaramente spirito.
Guardò il ragazzo alto e dai capelli rosso pagliericcio che raccoglieva subito la sua bacchetta da terra, di riflesso, per potersi eventualmente difendere – O almeno così suppose, dato il velo di diffidenza guardinga che intravide nel suo sguardo color nocciola.
Poi guardò i due bambini gemelli dai capelli castani; uno di loro la guardava a bocca aperta, in un’espressione di stupore e meraviglia, ed era lievemente arrossito; l’altro sbatteva le palpebre come a volersi capacitare di quanto stava veedndo e, notando l’espressione del gemello, gli diede una gomitata arrossendo a sua volta.
«Mago Merlino, vero?» Azzardò aggrottando le fini sopracciglia scure.
I tre sconosciuti annuirono. La donna annuì mpercettibilmente le guance e aggrottando le sopracciglia in un’espressione vagamente seccata. «Lo immaginavo. Dunque, i vostri nomi?»
Il ragazzo dai capelli rossi inclinò il capo, guardandola. «George Weasley.» Rispose, abbassando impercettibilmente la bacchetta per poi voltarsi verso i due bambini, ai quali si rivolse con un tono decisamente più disinvolto. «Credevo che Artù fosse un lui, non una lei!»
John si riscosse solo per poter rimanere sconcertato dalle parole di George; com’era possibile che l’avesse detto?
«Ma George! Lei non è Artù! Giusto, John?»
«E me lo chiedi anche, Eric?»
«Puoi abbassare la bacchetta, George?» Chiese pacatamente la donna, avvicinandosi di un passo al ventenne; il rosso, di per sé fiducioso nel prossimo, accolse la richiesta di quella che a una prima occhiata sembrava una donna come le altre. Molto bella, certo, troppo per essere vera; ma comunque normale.
«Ti ringrazio.» Disse in un sorriso lei. «E ti chiedo scusa, ma non sono Artù. Io sono Morgana, la sua sorellastra. Mi hai evocata tu, poco fa. Non avresti mai potuto trovare il Re, riposa sull'isola ma il suo spirito non è sigillato. Perciò chissà dov'è.»
«Ah! Allora scusa, non intendevo scambiarti per un masch— Cioè, per tuo fratello! O meglio, fratellastro, sì.»
Morgana fece un cenno con la mano. «Beh, sei molto giovane, probabilmente avrai solo sentito i nostri nomi, dunque non preoccuparti. Che anno corre, fuori dai confini dell’isola?» Chiese con interesse; i suoi occhi brillarono di curiosità, il che la fece apparire molto più umana agli occhi di John.
«1998.» Rispose seccamente George. «Senti – O senta? Non so, come ci si rivolgeva a una donna ai suoi tempi? Non che lei sia vecchia, non lo sembra!» Si morse la lingua; stava iniziando a divagare, spesso gli accadeva di prendere a parlare senza più fermarsi se era in imbarazzo o in una situazione difficile in cui cercava, il più delle volte, qualcosa su cui ridere. Inoltre John si era sbattuto una mano in fronte, e per quanto poco tempo fosse che lo conosceva, già aveva imparato che era da interpretare come “Stai dicendo una scemenza dietro l’altra, te le sogni la notte o ti vengono spontanee?”
«Dicevo che non vorrei sembrare maleducato, però mi serve una cosa che hai tu, che ti ha dato Merlino. Una Noce Crononauta.» Disse; fortunatamente era molto spiccio nel parlare. Morgana srganò gli occhi, come se fosse stata appena schiaffeggiata. «Noce Crononauta?»
«Esatto, quella.» Annuì il rosso. «Mi ha detto, in un modo tutto suo, di cercare a Hogwarts. Allora l’ho fatto, sono entrato nella Stanza delle Necessità e da lì si è aperto un passaggio che arrivava fino alla presidenza dove c’erano dei ricordi di Merlino. Allora li ho guardati e, andando per esclusione, ho pensato di dover cercare te visto che l’ho visto darti una Noce! Quella custodita a Hogwarts è andata distrutta e… Beh, eccoci qua!» Concluse tutto d’un fiato.
Eric guardò George chiedendosi da chi avesse preso tutta quella parlantina; al contrario, più che a quella, Morgana parve pensare alle parole in sé. Aveva l’aria pensosa e inquieta.
«Capisco. Mi permetti di verificare se quel che dici è vero?»
«Eh?» George boccheggiò guardando i gemelli, visibilmente confuso, per poi voltarsi di nuovo verso la fata. «Scusa ma non ti fidi?» Stava chiedendole, quando lei gli prese il volto tra le mani e fissò ben bene i suoi occhi in quelli del ragazzo che, nonostante avesse secoli meno di lei, era più alto.
George notò che era comporea, a differenza di Merlino, e che aveva occhi ipnotici; si sentì scavare a fondo e stordire.
Morgana, in effetti, stava praticando una forma antica di Legilimanzia, e non solo vide la veridicità delle parole del ragazzo, ma anche il suo passato. Era una vita fatta di risate, quella, erano il suono che sentì di più, e in parte era anche fatta di battaglie.
Quel ragazzo aveva visto la guerra, ma ne era rimasto segnato solo a causa di una perdita essenziale. Decisa a scoprire di più, andò più a fondo, avvicinandosi u poco al viso del rosso, e quasi se ne pentì.
Due.
Una sola parola: due.
Due ragazzi identici, due sorrisi, due paia di occhi dello stesso colore, due vite intrecciate e legate che, a un certo punto, si erano divise di colpo. E c’era solo una cosa che poteva dividere due persone così a quel modo: la morte.
Mollò George come scottata e indietreggiò, riprendendo a respirare. «Bene, hai detto la verità.» Mormorò, profondamente scossa. «Se ti senti strano sta’ tranquillo, è normale.»
George annuì, dandosi qualche schiaffetto per riprendersi dal torpore e guardando la fata speranzoso. «Allora adesso puoi darmi la Noce! Magari, spiegami anche come si usa; il tuo illustre collega è già tanto se mi ha parlato in inglese.» Scherzò, ricevendo una gomitata al fianco da John.
«Lo farei volentieri.» Annuì la castana, sospirando. «Ma non vedo come potrei fare.» Aggiunse. «È impossibile.»



 


Writer's side
Ehilà, gente! Visto? 
Titolo nuovo, banner nuovo!
Mi scuso per il mancato aggiornamento della settimana scorsa, ma davvero non ce l'ho fatta; i denti del giudizio mi hanno portata all'esasperazione (E non è che ora ci diano giù leggeri) tanto che non ho avuto neanche la forza di... far nulla. XD
Okay, questo capitolo a me fa pena, e funge un po' più da transito.
Non dico nient'altro. :3
Forse il colpo di scena finale vi avrà lasciati u po'... Hm, non so. Ma scommetto che molti mi tirerebbero in testa qualcosa!
Beh, trattenetevi, c'è ancora della strada da fare! ;)
Alla prossima!
Soleil
  
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