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Autore: Paddy_Potter    02/08/2014    1 recensioni
Ciao a tutti! Questa storia è il proseguimento di "A Brother to Save", una mia fanfiction terminata l'estate scorsa. Qui narrerò di Orion Black, di come la sua giovinezza non fu così tranquilla come immaginiamo. Ora che entrambi i suoi figli se ne sono andati, tristi ricordi affiorano alla sua mente. Con uno slancio di fantasia ho aggiunto un nuovo personaggio, destinato a cambiare molte cose nella famiglia Black e a riportare alla luce alcune verità che sono state taciute.
Ma forse non è troppo tardi per salvare la situazione.
Perché, alla fine, anche le stelle più nere riescono a brillare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Orion Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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The Young Black’s Heir
 



 
13 marzo 1957 



 
Orion gironzolava tra gli invitati al banchetto, stringendo mani e scambiando veloci saluti, attraversando lentamente la sala.

Ogni volta che c’era una riunione di famiglia o qualche ricorrenza, una delle antiche famiglie Purosangue organizzava una grande festa, invitando tutte le altre e praticamente radunando in un’unica casa i personaggi più illustri ed importanti del momento. Stando in una sola sala da ballo si poteva incontrare il Segretario del Tesoro, l’editore del Profeta, il Ministro delle Istituzioni o il vecchio cancelliere, tutti riuniti insieme a sorseggiare vini o liquori e a scambiarsi opinioni.

E lui, nobile e stimato figlio di Casa Black, si riduceva sempre così, a gironzolare per la sala tentando invano di scovare un posto abbastanza isolato da potervisi nascondere, evitando così gli sguardi indagatori dei noti uomini d’affari e le occhiate maliziose delle giovani dame che, avvolte nei loro sinuosi abiti e agghindate con preziosi gioielli, avevano recentemente accentuato il loro interesse per lui.

Purtroppo non era facile essere l’unico erede maschio di una Casata come la sua. Orion si meravigliava sempre di quanto fosse più serena sua sorella maggiore, Lucretia: anche se primogenita, da lei ci si aspettava semplicemente un comportamento consono ad una qualsiasi donna Purosangue, cioè essere ben educata, colta, sicura di sé, dotata di eleganza nel vestiario quanto nel portamento e provvista di quella sottile virtù detta controllo. Ella infatti doveva saper partecipare alle discussioni ufficiali, doveva essere in grado interagire con persone importanti ed elargire opinioni degne di una donna del suo calibro, ma non doveva mai superare una data soglia, oltre la quale la sua sarebbe diventata impudenza. Per quanto i tempi fossero cambiati e per quanto alle donne fossero stati riconosciuti molti diritti, rimaneva ancora quella vaga convinzione – più che radicata nelle famiglie tradizionaliste – che doveva essere il marito, il padre o comunque l’uomo a dover rappresentare la famiglia. Ed ecco la ragione per cui spettava ad Orion il compito di dimostrare il valore dei Black, un compito molto più gravoso di quanto non fosse quello di Lucretia.

Era stato educato ed enormemente preparato ad affrontare questo stile di vita, ma doveva ammettere che quella serata lo stava distruggendo.
Il grande banchetto quella sera si svolgeva, per controversia del Fato, proprio a Casa Black.

Orion aveva accolto gli ospiti insieme alla sorella, indirizzandoli nella sala da ballo, aveva poi scambiato qualche parola con il Viceministro per poi dirigersi verso il Primo Segretario, passando poi vicino al Ministro degli Esteri e finendo intrappolato in un discorso interminabile a riguardo delle iniziative prese dal Consiglio dei Maghi in Olanda.
Fortunatamente per lui, subito dopo aveva incontrato un suo amico di vecchia data, un compagno di scuola.

“Hey, signor Padrone di Casa!” lo apostrofò alquanto bruscamente, “Non si saluta un vecchio compare?”
Orion lo prese per una manica e lo trascinò in disparte.
“Le tue entrate in scena hanno sempre peccato di garbo, Ryan Richmond, e ora, se non vuoi che mia madre ti scuoi vivo, sarebbe meglio se ti comportassi un po’ più da Purosangue quale sei.” Gli sorrise.
“Uff, sempre così ligio…alle feste sei proprio intrattabile, Orion” sbuffò lui, sistemandosi la giacca.

Ryan, anche se di nobili origini, non aveva mai apprezzato a fondo quel codice di condotta che a cui molto tenevano sua madre e la signora Black e per tanto veniva sì considerato un giovane promettente, ma mai quanto il suo amico Orion. Era appunto la strana amicizia tra i due che più sconcertava: il primo era estroverso, disinvolto e irriverente, il secondo invece era rispettoso, composto e corretto. Eppure, anche se talvolta lo portava all’esasperazione, per Orion il suo amico rimaneva tale perché aveva saputo conquistarsi la sua fiducia e sentiva di poter contare su di lui, nonostante le figure poco consone che ogni tanto gli faceva fare.

“Vedi di non combinare nulla di…inappropriato. Non vorrei che mia madre ti spedisse fuori…” gli sussurrò con un sorriso, ritornando nella sala.
“Non hai di che preoccuparti! Anzi…cerca di rilassarti e di trovare qualche bella dama con cui ballare.” Gli rispose con uno sguardo più che eloquente.

Scuotendo la testa, Orion si allontanò, ma, nonostante i buoni propositi non ebbe un attimo di pace.
Essendo lui uno dei padroni di casa, aveva dovuto aprire le danze con Lucretia subito dopo i loro genitori, invitando poi – più per cortesia che per altro – Silena Merryweather a ballare. Abbandonata la sala, si era concesso qualche minuto di tranquillità al rinfresco, dove aveva però incontrato un’altra vecchia conoscenza, Claire LaBelle.
Gli era perfettamente chiaro come la ragazza stesse tentando da qualche mese a farsi considerare, ma, per quanto bella fosse fisicamente, aveva un carattere orribile. La ragazza aveva un fisico snello e slanciato, un volto dai lineamenti soffici, degli occhi paragonabili agli zaffiri d’Oriente incastonati nella pelle candida e una sinuosa cascata di riccioli neri a completare il tutto. Inutile dire che era nelle menti di molti giovani Purosangue, ma l’apparenza inganna e, Orion pensò, mai proverbio fu più calzante. La realtà era che quella ragazza era subdola all’inverosimile, capace di utilizzare chiunque e in qualsiasi modo pur di ottenere ciò che desiderava e quindi, vista la posizione del giovane Black e la sua nota reputazione, una futura unione con lui le avrebbe assicurato con certezza una vita più che agiata ed una fama neanche lontanamente paragonabile a quella che aveva ora.
Purtroppo per lei, il giovane Black in questione se ne rendeva perfettamente conto e fu così, che con un’educata e quanto mai galante scusa, riuscì a svignarsela e a ritornare nella sala.

Aveva appena terminato un altro giro della zona, evitando accuratamente di incrociare John Ridley, suo acerrimo rivale, quando una voce familiare lo riscosse dai suoi pensieri.
“Sbaglio o la tua serata è piuttosto frenetica?”
Voltandosi vide sua sorella che gli sorrideva, gaiamente seduta su uno dei divanetti appoggiati alla grande finestra che dava sul giardino.
“Ah, sei soltanto tu.” Sospirò rasserenato, sedendosi accanto a lei.
“Soltanto io?”, chiese accigliata “Dovrei sentirmi offesa da questa palese sminuizione?”
Orion la guardò meglio, uno sguardo stanco negli occhi.
“Ti prego, dimmi che non stai facendo sul serio…almeno tra di noi può restare tutto com’è di solito? Intendo quando non abbiamo un reggimento di ministri che ci invade la casa.”
Lucretia scoppiò a ridere e, sempre educatamente, si ricompose.
“Ah, fratellino, quando il dovere chiama, Orion deve mettersi la cravatta e rispondere!” sospirò. “Tranquillo, qui potrai trovare pace dai tuoi inseguitori e da Claire LaBelle in particolare” concluse, lanciandogli uno sguardo di sottecchi.
“Quell’angelica arpia ha forse messo in giro strane voci?” chiese lui, una nota di vago imbarazzo nella voce.
“Non ancora, ma a giudicare da come ti fissava prima, credo che non resisterà ancora a lungo…”
“Oh, grandioso, l’hai notato anche tu. Beh, se pensa di avere anche la minima speranza, si sbaglia. Se si azzarda a dire qualcosa in giro le rivolto contro ogni singolo ventenne Purosangue, non avrà un secondo di pace se anche io comincio a prenderla di mira.” Borbottò innervosito.
“Guai a chi si mette tra Orion Black e la sua inespugnabile reputazione.” ridacchio la ragazza. “Sai che assomigli tantissimo a nostro padre quando fai così?”
Orion spalancò appena gli occhi, indeciso se prenderla come una cosa positiva o un sintomo di cui preoccuparsi.
“Davvero?”
“Sì, fiero e determinato. Al solito, insomma.” Gli sorrise.
“Io non sono così, lo sai. È solo che tutti mi hanno sempre voluto fiero e determinato, altrimenti non lo sarei affatto.” Sussurrò lui, abbassando gli occhi.
Lucretia gli mise una mano sulla spalla.
“Sei un ottimo figlio, Orion. Né io né te abbiamo nulla di cui rimproverarci: abbiamo reso onore alla nostra famiglia e continueremo a farlo.” Gli disse dolcemente.
Rincuorato, il ragazzo sollevò lo sguardo sulla sala gremita di gente e poi sulla sorella.
“Grazie davvero per la boccata d’aria, Lucy. Temo che ora dovrò ritornare in territorio nemico ad ingraziarmi un altro po’ quei professori di Medimagia.” Sospirò, un vago accenno di sconsolazione nello sguardo.
“E io tornerò a tuffarmi negli elevati discorsi della Merryweather, esprimendo vitali opinioni sui servizi di argenteria dei McGrover…ringraziamo Salazar di questa bella serata e facciamoci coraggio, fratellino!” sorrise Lucretia.
“Buona fortuna…” ridacchiò Orion, mentre entrambi si alzavano dal divanetto.
“Anche a te e…attento a LaBelle!” lo schernì lei.
 
***
 

Erano passate più o meno tre ore dall’ultima pausa che si era preso sul divanetto con sua sorella e ormai il giovane Black stava esaurendo le forze e la pazienza.
“Sfido qualunque ragazzo di vent’anni sano di mente a sopportare un altro di quegli interminabili discorsi sulle sottigliezze dei ricorsi storici, senza considerare seriamente l’ipotesi del suicidio immediato.” Pensò al culmine della frustrazione.
Poteva passare tutto, anche la chiacchierata col luminare della Storia della Magia, ma un discorso lungo quasi mezz’ora di cui la metà di quelli che ascoltavano capivano meno della metà delle parole dette, allora quello diventava puro masochismo.

Ormai la serata era quasi finita, pensò Orion non senza un sospiro sollevato: la cosa più saggia era evitare qualsiasi persona che avrebbe potuto intavolare un’altra discussione infinita, quindi bisognava eliminare politici, studiosi, medici e gran parte delle dame lì presenti.
La scelta più ovvia per tentare di salvaguardare la propria sanità mentale ricadeva sulla pista da ballo: se si è impegnati a ballare senza scontrarsi con tutte le altre coppie è praticamente impossibile parlare più di tanto. Ora rimaneva solo da trovare una ragazza dalle constatazioni non troppo articolate, ma sufficientemente ragguardevoli, in modo da non finire nelle braccia di certe quaglie il cui massimo scopo nella vita era spettegolare sui vestiti altrui (e qui, senza che potesse impedirselo, nella mente di Orion comparve il volto di una certa McGrace).

Questi criteri, anche se semplici all’apparenza, erano immensamente difficili da soddisfare.
Alla fine, depresso dall’inutile ricerca, il ragazzo si diresse verso il tavolo del buffet per tentare di consolarsi con un sorso di vino, ma, proprio mentre si stava voltando con il bicchiere in mano, una ragazza gli comparve affianco senza il minimo preavviso e i due si scontrarono l’uno contro l’altra.
Ormai è una conoscenza piuttosto assodata che, quando le cose devono andare storte, lo faranno nel peggiore dei modi, ma molti di noi tendono a dimenticare un così utile insegnamento…
Infatti, nella sua sorpresa, Orion indietreggiò bruscamente e così fece il suo braccio, ma lo strattone fece ondeggiare lo spumante nel bicchiere che, con un’ondata, si riversò abilmente sul vestito della ragazza.
“Vi ringrazio infinitamente per questo splendido momento.” Lo canzonò gelida la fanciulla, sfoderando uno dei suoi sguardi più accusatori e puntandolo negli occhi del ragazzo.
“S-Sono immensamente dispiaciuto, milady!”, riuscì a spiccicare lui, per poi aggiungere: “Perdonatemi, non era affatto mi intenzione macchiare il vostro vestito.”
“Oh, ne sono immensamente sollevata. Altrimenti, dopo l’oltraggiosa insistenza di quel Richmond, avrei cominciato a pensare che la cavalleria si fosse gettata fuori dalla finestra.” Rispose lei mentre si ripuliva il vestito con un colpo di bacchetta.
La sorpresa di Orion per quel così rapido commento sarcastico fu indescrivibile: a parte sua sorella (e anche lei in maniera davvero sporadica), non aveva mai incontrato una ragazza così impertinente e diretta…ma dovette ammettere che, dopo una serata tra futili discorsi scambiati per cortesia con qualche altra giovane, questo scatto non lo disturbava più di tanto.
Si ritrovò invece a fissare quella persona così strana per le abitudini del suo mondo: anche lei, come Claire, aveva un bel fisico snello ed era alta quasi quanto Orion. Aveva la carnagione chiara, lo si capiva dalla pelle bianca che sporgeva dal vestito, ma era ben lontana dall’essere pallida, aveva invece una lucentezza propria. Come il ragazzo, anche lei aveva gli occhi chiari, ma non tendenti al grigio come lui, bensì all’azzurro, una tonalità glaciale, quasi artica di azzurro. Il suo volto dai lineamenti dolci era incorniciato da una treccia di capelli biondi, un particolare tipo di biondo più scuro di quello tendente al bianco che caratterizza i Malfoy, ma più chiaro del biondo solito dei campi di frumento, quando a luglio sono pronti per la mietitura. Un ciuffo ribelle sfuggiva all’acconciatura, arricciandosi elegantemente sulla tempia della ragazza. Nell’insieme, risultava aggraziata ed affascinante.
Orion si perse un attimo nelle sue considerazioni, attimo che fu sufficiente alla giovane per ricomporsi e spostare lo sguardo su di lui.

“Allora, che ci fa il padrone di casa abilmente nascosto al tavolo del buffet?” chiese, indagatoria.
Il ragazzo si riprese rapidamente e colse al volo l’occasione.
“Vago alla disperata ricerca di una dama con cui ballare.” Sorrise.
“Solo in questa sala c’è una lunga lista di ragazze che venderebbe l’anima pur di accompagnarvi nelle danze. Nessuna di loro vi soddisfa?” si accigliò lei.
Di nuovo, l’elegante schiettezza della fanciulla lo sorprese, ma non lo turbò.
“Dopo un’intera serata passata tra conversazioni e pettegolezzi, nutrivo la vaga speranza di trovare qualcuno non troppo frivolo con cui concludere le danze.”
“Mi giudicate una persona non frivola?”
“Vista la vostra garbata ironia, credo proprio di non sbagliarmi a proposito…giusto?”
La ragazza sorrise e Orion si sentì immediatamente sollevato: era complicato parlare con quella fanciulla, trovava sempre una risposta azzeccata alle sue affermazioni.
“Non sta a me giudicarmi, ma posso concedervi che siete sulla buona strada.” Confermò lei.
“Mi concedete dunque questo ballo?” si offrì subito lui, porgendo elegantemente il proprio braccio alla ragazza.
“Certamente.” Rispose lei, ponendovi sopra la sua mano.
Si spostarono lentamente in mezzo alla sala, accompagnati da uno strascico di sguardi e, con grande disapprovazione di Orion, dai pollici alzati e dallo sguardo malizioso di Ryan. Una musica lenta permeava l’aria e i due giovani si accinsero a prendere il ritmo. Dopo qualche tempo, Orion prese la parola.
“Non mi dite nulla sul vostro conto?”
“Non spetta a voi fare i convenevoli?” lo riprese lei.
Maledicendosi per l’errore, il ragazzo rispose: “Sono certo che conosciate già il mio nome, purtroppo, e questo mi priva dell’onore di presentarmi.”
“Che dispiacere dovete provare…comunque sì, conosco il vostro nome. Penso spesso a quanto dev’essere difficile portarlo avanti: tutte queste aspettative, le pressioni…” disse la ragazza, quasi sovrappensiero.
Orion rimase basito: qualcuno ogni tanto gli rivolgeva commenti del genere e a volte elargiva anche consigli, ma mai una dama aveva considerato quell’aspetto della sua vita, si erano sempre concentrate solo sul suo importante avvenire.
“Voi ne sapete qualcosa?” indugiò.
“Non esattamente” rispose lei, pensierosa. “O meglio, non ai vostri livelli.”
Orion la guardò, lo sguardo indeciso.
“Vi ho osservato, questa sera.” Spiegò lei, “Non avete avuto un attimo di pace: sempre in mezzo a conversazioni o intento a ballare; la vita di vostra sorella assomiglia molto di più alla mia.”
“Avete definitivamente centrato il punto.” Sussurrò lui, incredulo.
“Come fate? Voglio dire, c’è mai qualcosa che fate contro la vostra volontà? I vostri interessi collimano sempre con quelli della vostra famiglia?” chiese lei.
In effetti, no. Vi erano una lista di cose in cui il suo pensiero non coincideva con quello dei familiari. E quell’interminabile serata capeggiava quella lista. Ma il punto era: come mai la ragazza si sentiva così tranquilla a parlargli di certe cose? Si erano conosciuti pochi minuti prima, non erano affatto così intimi.
“Non vedo perché dovremmo rovinare la serata con discorsi così inutili, ora come ora.” Chiuse infatti l’argomento, in maniera più brusca di quanto si aspettasse.
“Sbaglio o eravate voi a voler cambiare un po’ il tema della conversazione? Non mi avete cercata per questo?” gli ricordò.
Orion era imbarazzato, e questa era una cosa che decisamente succedeva di raro. Quella ragazza era davvero strana, come faceva a farlo sentire così quando neanche Lucretia ci riusciva più da tempo?
La parte peggiore, però, era che aveva ragione: lui aveva cercato qualcuno di meno frivolo con cui parlare, lui aveva cercato un cambio di argomento. Ma non si sarebbe mai sbilanciato su una questione così delicata con un’estranea; dopo tutto, i suoi sentimenti verso la famiglia erano enigmi che nemmeno lui a volte comprendeva. Ma c’era qualcosa di diverso, di rassicurante negli occhi azzurri di lei che lo rilassava, e per qualche momento pensò davvero di risponderle.

Poi la musica cessò e questo significava che era giunto il termine della serata.
La ragazza sorrise e lasciò rapidamente la presa sul suo braccio.
“È stato un piacere ballare con voi. Vi auguro buona notte. Arrivederci.” Lo salutò, per poi voltarsi e scomparire velocemente tra la folla ordinata di famiglie che sciamava verso l’uscita, dove i padroni di casa avevano già cominciato i saluti.
Orion rimase solo nel bel mezzo della sala, immobilizzato come da un incantesimo, gli occhi fissi nel punto in cui la ragazza era sparita.
 
 
 
 
Angolino autrice…
Ciao a tutti!! Lo so, è un poema, ma vi confesso che l’ho pure tagliato, altrimenti qui andavamo avanti per un’altra paginetta buona…
Comunque, in questo capitolo si torna un po’ indietro nel tempo: Orion è il giovane erede dei Black, ha vent’anni, non è ancora sposato (per sua fortuna) e vive a casa dei suoi. A proposito di questo particolare, non so se i suoi genitori vivessero già a Grimmauld Place, ma ho preferito dargli un’altra sistemazione (in un delizioso villino, di preciso) perché dovevo farci stare la sala da ballo. Riguardo alla sorella mi sono informata ed in effetti Lucretia esisterebbe e sarebbe più vecchia di lui e, per mio grande dispiacere, vivrebbe anche più a lungo di lui, ma tralasciamo. L’amico Ryan, invece, è una mia invenzione, perché in fondo anche Orion avrà avuto una vita sociale, no?:)
C’è anche questa misteriosa ragazza, a cui il nostro protagonista si è dimenticato di chiedere una cosa importante…ma non dico nulla!

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Anna
  
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