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Autore: Allegra_    03/08/2014    7 recensioni
Manhattan, New York.
Lucinda Price è tutt’altro che una semplice diciassettenne in cerca del vero amore: lei è una vera e propria barbie programmata per aspirare sempre e comunque alla perfezione
La sua vita procede tranquilla e monotona tra premi di concorsi di bellezza, lodi scolastiche per il suo andamento, una famiglia più che ricca, un gruppo di amici alquanto popolare in tutta la città, il ragazzo dei suoi sogni e gli ideali principeschi a cui aspira perennemente.
Ma la sua routine subirà un vero e proprio sconvolgimento quando, a causa di una banalissimo progetto di letteratura, verrà a conoscenza dell’esistenza nella sua stessa classe dell’individuo più diverso da lei presente nel mondo.
Christopher Anderson è la reincarnazione del mistero.
Se ne sta sempre in disparte, non parla quasi mai con nessuno, vive in una famiglia che sembra non appartenergli per nulla, in quanto sprizza energia e vitalità da tutti i pori, mentre lui sembra quanto di più spento possa esserci.
Ma che cosa succede quando luce e buio si fondono?
Uno scoppio.
Oppure una meravigliosa storia d’amore.
Leggete per scoprirlo
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo 15 : The Story Of My Life


 
 
Arpionata a lui senza alcuna intenzione di lasciarlo andare, baciavo Chris come se non ci fosse un domani.
Non capivo neppure io il perché, forse sentivo semplicemente che se mi fossi staccata da lui in quel momento qualsiasi cosa..un gesto, una parola, avrebbero potuto disfare la mia temporanea felicità.
Era strano come ormai fosse passato un bel po’ da quando l’avevo visto per la prima volta eppure Christopher continuasse a farmi paura.
Non paura come la si ha per un film horror, per il buio, per la morte.
Paura nel senso più nascosto del termine.
Temevo le sue parole perché ero ormai consapevole di quanto potere avessero su di me, temevo la sua vicinanza perché letale, ma allo stesso tempo temevo che si allontanasse perché non avrei potuto sopportare di perderlo ancora.
Ed era così strano volersi appigliare a qualcosa che non era neppure mio.
Perché si, per quanto mi costasse ammetterlo, per quanto lo stessi stingendo a me in quel momento con una forza che non ero neppure consapevole di avere, Christopher non era mio e avrei dovuto accettare che avrebbe potuto lasciarmi lì, da sola, in qualsiasi momento.
Dischiuse le labbra per un secondo prendendo fiato, mentre lentamente mi faceva appoggiare con la schiena al muro del salotto e mi reggeva tenendomi le mani sulle natiche.
Scese a baciarmi il collo lasciando una scia infuocata che avrebbe potuto farmi andare in fiamme da un momento all’altro.
Strinsi i suoi capelli tra le dita con forza, beandomi della loro morbidezza, mentre con un’altra mano gli accarezzavo la schiena scostando il pesante maglione al mio passaggio.
Si, stavo decisamente andando in fiamme.
<< L..Luce >> mormorò con voce roca, così sexy che non riuscii a trattenermi e finii con l’avventarmi nuovamente sulle sue labbra.
Lo sentii sorridere mentre ancora ci baciavamo << Ne avevi parecchia voglia, vedo >>
<< Di te? >> gli lasciai un piccolo morso all’altezza della gota << Sempre. >>
<< Sei così bella >> passò una mano tra i miei capelli respirando il profumo del mio balsamo << Perfettamente bella >>
Arrossii violentemente e lui parve accorgersene, visto che si aprì in un sorriso così grande che probabilmente non avevo mai avuto il piacere di scorgere sul suo viso.
Lo guardai perdendomi in quelle pozze d’argento che erano i suoi occhi, mentre sentivo due parole premere la mia gola, spinte da un’irrefrenabile voglia di venir pronunciate.
Ti amo.
Gli presi il volto tra le mani, lasciandogli un bacio a fior di labbra e sperando in quel modo di soffocare quell’ammissione, ma non ci riuscì: restava lì intatta, in attesa.
Ti amo.
<< Chris >> mormorai, fissando le mie gambe ancora ancorate ai suoi fianchi.
Lui comprese l’imbarazzo e inaspettatamente mi sollevò il mento con due dita facendo sì che lo guardassi nuovamente.
Ti amo.
<< Ti voglio bene >> sussurrai sulle sue labbra, racchiudendo in quella frase molti più sentimenti di quanti ne avessi mai espressi in tutta la mia vita fino ad allora.
Perché forse era ancora troppo presto perché riuscissi a dire qualcosa che dovevo prima comprendere bene, perché forse avrei potuto spaventarlo, perché la risposta che ne seguì mi rese così tanto felice da dimenticare cosa avrei voluto dirgli davvero.
<< Anche io, tanto >> disse, e lo fece senza staccare per un attimo lo sguardo dal mio, suscitando in me un assurdo desiderio di mettermi a saltare come una bambina.
Fui tentata di baciarlo nuovamente a quel punto, quando le sue parole mi impedirono di avvicinarmi ancora << Proprio per questo provo ad allontanarmi da te: non voglio farti del male. Io sono una persona complicata, credo che te ne sia accorta; sono lunatico, indeciso, introverso. Non voglio trascinarti nel mio inferno, finiresti solo con il soffrire e non ne varrà mai la pena. >>
Come riuscì a pronunciare quelle parole con tale distacco, quasi stesse spiegandomi il modo di fare di un’altra persona, resta per me tutt’ora un mistero.
Eppure rimasi così colpita da ciò che mi disse da decidere di staccarmi da lui e rimettermi in piedi, prendergli la mano e rispondergli quello che da tempo avrei voluto dirgli.
<< Raccontami la verità allora, Chris >> dissi seria << So come sei, ma adesso voglio sapere il perché. Dimmi ciò che ti ha portato a nasconderti dietro questa pesante maschera di piombo e io ti giuro che non ti giudicherò, anzi riuscirò a capirti. >>
Lessi nel suo sguardo tutta la confusione e l’insicurezza che quel discorso gli provocava e giurai che in quel momento avrei dato tutto per leggergli nella mente, capire quello che lo tormentava e riuscire finalmente a farlo aprire con me.
Strinsi le sue dita tra le mie, provando almeno a trasmettergli un po’ del coraggio che in quel momento gli occorreva.
<< Ho paura, Luce, una fottutissima paura. >> mormorò dopo interminabili attimi di silenzio, abbassando gli occhi al pavimento sotto di noi.
Gli strinsi il mento tra dita della mano libera, alzandolo così che fosse costretto a guardarmi.
<< Ehi, ci sono io con te >> affermai << Non devi temere nulla fino a che restiamo insieme. >>
Parvi convincerlo con quella mielosa frase che un tempo avrei rabbrividito al solo sentire pronunciare da un estraneo, tanto che decise di condurmi con lui nel salone, tenendomi ancora la mano stretta alla sua.
Si accomodò sul divano senza dire una parola, facendomi segno di imitarlo e di appoggiarmi sulle sue ginocchia.
Decisamente esitante e preoccupata per ciò che stava per raccontarmi lo feci, voltandomi quel poco che bastava per poterlo guardare mentre parlava.
<< Non so neppure da dove cominciare >> sospirò.
<< Comincia da te. >> suggerii, senza sapere quanto quelle parole sembrarono aiutarlo.
Deglutì pesantemente, attese qualche secondo e poi, finalmente, seppi tutto ciò che c’era da sapere su quel ragazzo che da tempo ero convinta nascondesse qualcosa dietro quel suo essere asociale e scostante.
<< Mi chiamo Christopher Giulio Mancini, ho diciassette anni e sono nato a Firenze, in Italia.
Mia madre si chiamava Susanne Anderson e viveva a Brooklyn con i suoi genitori e suo fratello Jack, almeno fino a quando non vinse una borsa di studio per l’università italiana e decise di trasferirsi per poterla frequentare.
Fu lì che incontrò mio padre, si sposarono ed ebbero me molto presto.
Amira è nata dopo 12 anni ed io ero il bambino più felice del mondo, anche perché proprio quell’anno mio padre ci annunciò il nostro trasferimento a New York, visto che aveva appena ottenuto il trasferimento dei suoi sogni.
Mamma non ci vedeva più dall’emozione, felicissima di tornare in America e di ricongiungersi finalmente con il suo adorato fratello, dopo la morte dei suoi genitori.
Gli Anderson erano già come li conosci oggi: un’allegrissima famiglia composta dai miei zii, Harry e le gemelle, Dan e Charlie.
Ma beh, devi sapere che noi non eravamo da meno, felicissimi di essere riusciti a comprare casa a Manhattan, pieni di vita e con una nuova piccolissima componente.
La mia vita era perfetta, sembrava una favola..come la tua, del resto. >>
Si bloccò un secondo, mentre io ero mentalmente preparata al peggio.
Era così strano sentire Chris parlare di un se stesso felicissimo e con un altro nome che sembrava quasi stesse leggendo una storia da un libro per bambini di fiabe della buonanotte.
<< Ma tutte le cose belle sono destinate prima o poi a finire. >> continuò duramente.
<< Era passato un anno dal nostro trasferimento, un misero brevissimo anno, quando accadde.
Ero appena tornato a casa da scuola durante un freddo pomeriggio di Novembre, quando vidi quella scena: Amira piangeva disperata, mio padre era appena uscito dalla cucina scioccato, mentre mia madre giaceva a terra senza forze, circondata da un lago di sangue e con un coltello da carne piantato dritto nel petto.
Fu una scena così traumatica che non auguro neppure alla persona peggiore su questo mondo, te lo giuro >>
Una lacrima sembrò scivolare lungo la sua gota, ma Chris la frenò con velocità, evitando accuratamente di guardarmi e fissando invece un punto indefinito davanti a sé.
Io dal mio canto, non avevo idea di cosa dire o fare, mentre aspettavo che la storia si concludesse, ma allo stesso tempo non avevo più il coraggio di ascoltare un’altra parola.
<< Mio padre denunciò il vicino che a quanto pareva era stato in casa fino a pochi minuti prima discutendo con mia madre di non so che, ma le indagini tradirono le sue parole e allora fu lui stesso a venire accusato dell’omicidio. Fu portato nel carcere di Brooklyn per criminali estremamente pericolosi, mentre io e mia sorella fummo affidati agli Anderson.
La mia vita cambiò di punto in bianco: una nuova scuola, una nuova identità per nascondere la mia vera storia, cugini che divennero fratelli e zii che avrebbero dovuto divenire i miei genitori.
Ma, per quanto possa essere difficile crederlo, c’era qualcosa di peggio.
Io e mia sorella eravamo e siamo ancora minorenni, perciò ogni tre mesi siamo costretti ad andare a trovarlo in carcere.
Quando mi hai visto la settimana scorsa era lui che dovevo vedere; Amira non c’era perché fortunatamente si è beccata l’influenza. >>
Lo vidi con lo sguardo ancora perso nel vuoto, reduce dall’aver raccontato qualcosa di troppo forte per il semplice mezzo delle parole e di troppo doloroso per un solo cuore così giovane e spezzato.
Gli presi una mano tra le mie e la strinsi forte, incapace di fare altro.
Non riuscivo a trovare parole, non riuscivo a pensare nulla che non fosse un banalissimo ed inutile Mi dispiace.
<< Mia sorella aveva solo un anno: non ricorda niente e per lei è come andare a trovare un lontano parente che le vuole bene e che vede di rado.
Ma io, io non sono più riuscito ad essere felice, ad essere me stesso.
Ero troppo piccolo per affrontare diversamente la cosa, ma troppo grande per fingere che non fosse successo niente.
I miei zii provarono di tutto per farmi tornare ad essere quello che ero, ma ormai era troppo tardi: il mio cuore era morto con lei e la mia felicità se n’era andata via, in carcere con mio padre. >>
Alzò per la prima volta lo sguardo incontrando il mio, mentre io non riuscivo neppure più a pensare.
<< Non ho mai raccontato a nessuno questa cosa, ma tu sei la mia eccezione >>
E a quel punto non riuscii a far altro che spingermi verso di lui ed abbracciarlo, stringendolo a me con tutta la forza di cui ero capace, come se volessi sorreggerlo in quella stretta e dimostrargli quanto gli ero grata per essersi aperto con me.
Forse Chris non comprese quanto c’era di nascosto dietro quel gesto, eppure mi strinse anche lui, quasi come se volesse cercare in me un appiglio.
E non seppe mai quanto da quel momento sentii davvero di volerlo essere.
Mi prese il volto tra le dita e inaspettatamente mi baciò, quasi come se fosse l’unica cosa che entrambi eravamo in grado di fare, troppo sconvolti da tutta quella storia.
Allungai una mano ad intrecciare le mie dita con le sue e, quando ciò accadde, non riuscii più a trattenermi: una lacrima piovve sul mio viso, e poi un’altra e un’altra ancora.
In meno di due minuti mi ritrovai a piangere a dirotto, tanto che Chris interruppe il contattato tra le nostre labbra per soffermarsi ad asciugare i goccioloni sulle mie gote.
<< S..scusa >> singhiozzai << Non avrei mai voluto farti raccontare qualcosa di così brutto >>
Scosse la testa.
<< Sono stato io a scegliere di raccontartelo, tu non ne hai colpe >> disse serio << Sono mesi che cerchi di farmi aprire con te, ma l’ho fatto solo adesso perché sono stato io a volerlo >>
Ed aveva ragione, assolutamente ragione.
Eppure non potevo fare a meno di sentirmi in colpa per aver costretto Chris a ricordare una vita tanto tremenda.
Era quasi come se volessi attribuirmi anche la colpa di ciò che gli era accaduto, pur di togliergli un peso dal cuore.
<< Sono una persona strana, insopportabile, ma ti assicuro che un tempo ero diverso >> sussurrò abbracciandomi ancora << Ero il ragazzo perfetto, un tempo >>
Lo sei ancora, Chris.
Sei perfetto nelle tue imperfezioni, nel tuo essere così strano, così diverso.
Sei perfetto quando mi dici che non mi sopporti e poi vieni ad abbracciarmi, quando ti isoli da tutto e tutti e poi attiri l’attenzione più di un cartello pubblicitario.
Sei perfetto quando mi baci, dolcemente e allo stesso tempo con passione, come tu solo sai fare.
Sei perfetto anche adesso, mentre asciughi le mie lacrime e stringi la mia mano; e mi guardi con quegli occhi di ghiaccio, ma il cuore ti batte forte.
Sei perfetto e io ti amo.
Diamine, quanto ti amo.
Ma, come avrete certamente immaginato, non ebbi mai il coraggio di pronunciare quelle parole.
Non riuscivo a capire il perché, ma mi dissi semplicemente che quello non era il momento adatto per una dichiarazione d’amore, che i miei sentimenti potevano aspettare e che per il momento era lui l’unica cosa su cui avrei dovuto concentrarmi.
Sospirai non riuscendo a trovare niente da dire, concludendo poi con una frase assolutamente degna del mio irritante/spiritoso repertorio: << C’è già una persona perfetta qui, su di te possiamo glissare. >>
Ridacchiò divertito.
<< Iniziavo a chiedermi quando te ne saresti uscita con una risposta del genere >>
<< Oh, posso inventarne a milioni >> sorrisi.
Mi guardò dapprima ghignando e facendo scorrere poi lo sguardo sulle mie labbra.
<< Credo che potremmo scegliere un modo migliore per passare il tempo >> mormorò malizioso, stringendomi nuovamente a sé.
<< Idee? >> domandai allora allusiva, sorridendo appena a labbra serrata.
<< A milioni >> citò la mia risposta di poco prima avventandosi poi sulla mia bocca per baciarmi ancora, e ancora.
Era strano come fossimo in un attimo passati da una situazione così drammatica ad una così intima, eppure decisi di non farglielo notare, perché ero consapevole del fatto che non avesse dimenticato, ma che stesse semplicemente cercando un modo per distrarsi dagli incubi dei suoi pensieri.
E, del resto, come dargli torto.
C’era un’idea che mi tormentava mentre lo baciavo, ovvero che avrei dal quel momento in poi impiegato tutta me stessa perché Chris fosse finalmente tornato com’era, perché avesse ripreso a sorridere sempre e ad essere felice.
L’unica cosa di cui avevo bisogno era di diventare la sua felicità.
Un po’ come lui stava divenendo la mia.



 
Here I am!
Allora, carissimi lettori, eccoci finalmente arrivati al fatidico capitolo.
Abbiamo appena scoperto qual è il segreto che Chris tanto ci teneva a nascondere, il perché del suo carattere, della sua visita al carcere e di tutta la diversità che abbiamo visto presenta rispetto alla sua “famiglia”.
Come ci siete rimasti? Ve l’aspettavate?
E il rapporto tra lui e Luce come vi sembra?
Fatemi sapere, grazie mille per tutte le bellissime recensioni che mi avete lasciato e che spero continuerete a lasciarmi.
Un bacione <3
   
 
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