Rieccomi qui e,
come sempre, scusate l’attesa.
Anche questo
capitolo è parecchio introduttivo, ma cercate di capire: è già difficile per me
cercare di gestire una storia originale in un contesto originale; immagino per
voi lettori che dovete capire senza essere nella mia testa e sapere quindi le
cose.
In questo
capitolo vengono presentate le cinque dinastie e più o meno la loro posizione
(o almeno quella che Ieren pensa che sia la loro posizione). Dal prossimo in
poi vedremo le persone agire, invece.
Come al solito
abbondano le descrizioni (che davvero non sono capace di fare), ma questo è
perché ho pensato che l’introduzione servisse bene o male a inquadrare tutto,
quindi oltre i personaggi anche l’ambiente. In questo modo poi posso abbondare
di azione e introspezione senza aver paura di omettere cose, ecco.
Ringrazio sempre
chi legge/segue/ricorda/preferisce e recensisce :) Vi ricordo che un parere è
utile proprio perché questa è la mia prima storia originale, a cui tengo
particolarmente :)
Vi invito inoltre
a guardare i piccoli bottoncini sul mio profilo; se volete contattarmi, mi
trovare tramite essi (o tramite un messaggio su efp).
Buona lettura!
:)
PS: nello scorso
capitolo ho sbagliato una cosa. Avevo scritto “mercato di mezza estate”, tipo,
ma non siamo in estate, bensì a maggio. L’errore è rimasto perché ho cambiato
idea in itinere… Me ne scuso molto e dico subito che ho già provveduto a
correggere.
II
Kora
era rimasta nella vasca finché l’acqua non si era raffreddata, cercando di
sciogliere i brividi che la vecchia le aveva lasciato addosso e di scacciare il
fastidio di aver passato ben cinque ore in viaggio. Si lavò con cura,
approfittando dei numerosi oli e saponi di cui il bagno era provvisto, e infine
uscì avvolgendosi in un telo di spugna perché, sebbene fosse ormai maggio
inoltrato, dopo la prima settimana di calore intenso la temperatura era scesa
di nuovo.
“Questa
sera dobbiamo riunirci in piazza, non la piazza del mercato ma quella su cui il
palazzo reale si affaccia.” disse sua madre, vedendola mentre passava in
salotto “Huges è salito a dirmelo mentre stavi facendo il bagno. Sto cercando
di sistemarti un vestito, tu cerca di essere pronta in tempo, siamo d’accordo?”
Kora
sospirò. Per essere la figlia di una sarta, s’interessava davvero poco di moda
e soprattutto della cura del proprio aspetto. Fosse stato per lei, sarebbe
sempre uscita di casa indossando un paio di pantaloni – quando aveva quindici
anni ne aveva trovato uno appartenente a suo padre, ormai vecchio, che le stava
comunque piuttosto largo. E sì, era stato amore a prima vista. Peccato che
Leila l’avesse vista un giorno mentre cercava di uscire con quelli addosso, e
li aveva fatti a pezzi davanti ai suoi occhi, sostenendo che “Non è decoroso
per una ragazza” e “Che figura mi fai fare, io sono una sarta!”.
Dopo
essere entrata nella propria stanza, Kora si fece cadere pesantemente sul
letto. Ancora non si era abituata a quel cambio d’ambiente, a quel lusso.
L’armadio
avrebbe dovuto trovarsi alla sua sinistra, e invece era a destra, per di più
decorato con un enorme specchio. Un comò grande e pesante le stava invece di
fronte, accanto a una piccola scrivania, e nella parete alla sua sinistra si
affacciava una finestra. Dava sul piccolo balcone del cortile interno, che Kora
non era ancora scesa ad esplorare. Una piccola libreria era inoltre posta nello
spazio vuoto fra la finestra e l’angolo, dove ora facevano bella mostra di sé
solo i suoi vecchi libri di scuola.
Il
letto appoggiava per la testata alla parete di fondo, il cui altro spazio era
occupato da due comodini fatti dello stesso legno del comò, o almeno così
pensava lei per via del colore.
Tutto
sommato la stanza era molto spoglia, quasi vuota, dato che Kora non aveva
portato con sé poco o niente a parte i vestiti e i libri. I pochi oggetti che
aveva conservato – come una bambola di pezza con cui era solita giocare da
bambina – si trovavano chiusi nel primo cassetto del comò; oltre ai libri,
l’unica nota di colore della stanza era data dalle lenzuola azzurro cielo e dal
portacandele rosso con candela bianca annessa poggiato sul comodino.
Kora
rimase sdraiata per circa dieci minuti. Aveva chiuso gli occhi e cercava di
familiarizzare con i rumori provenienti dall’esterno ma, dando la sua stanza
sul cortile interno, aveva sentito solo qualcuno andare a prendere l’acqua al
pozzo.
Alla
fine, con un sospiro, si alzò. Cercò di asciugarsi al meglio e indossò una
leggera sottoveste da casa, avvolgendosi i capelli con il telo per non
gocciolare dappertutto.
In
quel momento, sua madre mise la testa dentro la sua stanza.
“Ah,
sei sveglia.” le disse “Ascolta, mi fai un piacere? Mentre faccio il bagno, non
potresti andare a riempire le bottiglie al pozzo?”
“Va
bene, mamma. Rilassati, sembri avere un diavolo per capello.”
“E
ci credo, dopo aver viaggiato per tutta la mattina e buona parte del
pomeriggio, aver sistemato le mie stoffe e organizzato la mia stanza da lavoro,
aver modificato il tuo vestito blu e il mio verde… Ecco, ormai è già pomeriggio
inoltrato e devo anche lavarmi di fretta se voglio cenare prima di uscire!”
Kora
sorrise: sua madre era sempre stata così, di fretta e agitata anche per niente
e maniaca della perfezione. Passò nel suo studio quando ormai lei si era chiusa
in bagno e prese qualche fermaglio per i capelli: non aveva intenzione di
lasciarli liberi e bagnati a contatto con i vestiti. Poi tornò in camera per
cercare qualcos’altro con cui coprirsi, dato che non era decoroso uscire in
sottoveste, anche se rimaneva nel cortile interno.
Dopotutto,
il loro non era altro che un piccolo appartamento in un grande edificio;
avrebbe potuto incontrare chiunque.
Passò
quindi in cucina per prendere il cesto con le bottiglie e scese, già rassegnata
alla fatica che avrebbe fatto poi per risalire tre piani di scale con il triplo
del peso se non di più.
Salutò
Huges all’ingresso e si fece indicare la porta giusta, poi si diresse al pozzo,
che era posizionato proprio al centro del cortile, guardandosi intorno. Le case
al pian terreno avevano un piccolo pezzo di giardino lastricato –
corrispondente ai balconi dei piani superiori – da poter usare personalmente;
il resto era un alternarsi di quadrati d’erba dove bambini e animali giocavano
e ghiaia usata a mo’ di sentiero. Dato che gli appartamenti erano tanti e
l’edificio piuttosto grande, anche il cortile era abbastanza ampio.
Kora
vide un bambino di circa nove-dieci anni giocare con una palla, solo, mentre la
madre poco più indietro stendeva i panni, ma per il resto non volava una mosca.
Pensò che fosse tutta ‘colpa’ della morte del re, perché dubitava che in una
giornata ‘normale’ non ci fosse nessuno in giro.
Soprattutto
i bambini, ecco. Con tutte le case che c’erano… Il bambino con la palla non
poteva certo essere l’unico!
Kora
riempì le sue bottiglie silenziosamente, girando la manovella e tirando su ben
quattro secchi d’acqua prima che fossero tutte piene. Ringraziò l’imbuto che
aveva scovato in fondo alla cesta, perché se ne era proprio dimenticata e non
aveva voglia di fare le scale più volte di quanto fosse necessario.
Quando
tornò in casa scoprì che sua madre aveva già finito il bagno.
“Perfetto!”
esclamò, prendendo una bottiglia e versandosi da bere “Credo che sia avanzato
qualche panino dal viaggio, guarda là.” disse poi, dopo aver bevuto, indicando
un pensile di legno chiaro.
Kora
distribuì il pane e lei e Leila mangiarono in silenzio, sedute al tavolo della
cucina che sembrava enorme. Forse perché mancava Ruas, o forse perché era
nuovo… Kora non si sentiva a suo agio in quella casa, non ancora.
“Vieni.”
le disse poi sua madre, in tono sbrigativo Manca poco ormai.”
Kora
la seguì nella sua stanza, dove lei le fece indossare il vestito opportunamente
modificato. Il corpetto le stringeva un po’ e la gonna era abbastanza ampia,
piena com’era di nastri neri, ma più di tutto a Kora infastidiva l’eccessiva
presenza di stoffa, perché aveva davvero caldo in quel modo.
“Non
dovrai sopportare molto.” la rassicurò sua madre, che ormai la conosceva bene
“Guardati però, Sei splendida.”
La
fece girare verso uno specchio enorme, posto sull’anta dell’armadio in maniera
del tutto simile a quello che aveva in camera. In effetti, se si dimenticava
del fastidio e si concentrava solo sulla figura riflessa… Beh, era abbastanza
bella.
Leila
le girò ancora attorno per sistemarle i capelli, acconciandoli in morbide onde
castane che scendevano quasi fino a metà schiena, fermate ai lati della testa
da due piccoli fermagli con pietre color zaffiro che richiamavano i suoi occhi
azzurri.
Certe
volte, Kora pensava che sua madre avesse delle dita magiche, per le cose che
era in grado di fare sia con le stoffe che con le acconciature.
Dopo
aver avuto il permesso, comunque, si affrettò ad uscire dalla stanza. Dato che
non voleva rovinare niente – sua madre sarebbe impazzita, altrimenti – si
limitò a stare ferma, in piedi, in mezzo alla sala, aspettando che Leila
finisse di prepararsi.
Infine,
quando tutto fu pronto, entrambe uscirono.
Huges
diede loro indicazioni chiare e precise per raggiungere la piazza, ma Kora
pensò che ce l’avrebbero fatta comunque, dato che il palazzo svettava in mezzo
a tutte le case. Si trattava solo di girarci attorno e di trovare il punto
giusto.
Quando
arrivarono, già diverse persone si erano radunate, dai popolani – in fondo alla
piazza – a quelli con un rango sociale più alto – che sedevano su un piccolo
palco rialzato montato per l’occasione, il più vicino possibile al balcone da
dove si sarebbe sporto il principe.
Kora
e Leila erano circa a metà ed entrambe allungarono il collo, cercando di vedere
sopra le teste altrui.
Parecchie
persone portavano indumenti neri, o una fascia nera a lutto legata attorno al
braccio. Nonostante l’annuncio ufficiale di quella sera, la notizia si era già
sparsa ovunque.
“Ouch!”
esclamò Kora, quando un ragazzo la spintonò per farsi spazio. Sua madre la
prese per mano e non disse niente, dato che qualcuno stava annunciando
l’entrata del principe.
Kora
alzò la testa, focalizzandosi sul piccolo balcone dal quale, da generazioni, i
reali davano gli annunci ufficiali.
Ieren
Lerastan era vestito totalmente di nero, in modo abbastanza semplice per essere
il nuovo neo-sovrano. Kora non poteva dirlo da quella distanza, ma sembrava
avere in volto un’espressione oltremodo seria. Ipotizzò che fosse a causa del
dolore e, per la prima volta da quando aveva saputo, sentì una stretta al
cuore.
Non
aveva conosciuto re Conor – e come avrebbe potuto? – ma era stato un buon
sovrano per Aren, questo lo sapeva.
Il
principe Ieren avanzò fino al limitare della balconata, mentre la leggera
brezza che si era alzata gli scompigliava i capelli castani. Tuttavia lui non
alzò una mano a scostarseli e, anzi, sembrava rigido, o forse indifferente,
come se niente lo toccasse in quel momento… Soprattutto non una cosa come un
lieve fastidio passeggiero.
“Mi
spiace dovervi annunciare.” iniziò, e le sue parole si sentirono appena,
nonostante nessuno parlasse “Che mio padre, re Conor, è morto stamattina per
colpa di un attacco cardiaco. Sono…” si interruppe, chiudendo gli occhi e
cercando le parole “Sono molto addolorato, e so che Aren lo sarà con me.”
Per
qualche istante nessuno si mosse. Il tempo stesso sembrava essersi fermato;
persino il vento aveva smesso di soffiare.
“Nonostante
sia un momento duro per me, resterò accanto al mio popolo. Coron era mio padre,
e sono convinto che non avrebbe voluto che il regno si paralizzasse per la sua
morte. Io sono il suo unico e solo legittimo erede e successore, pertanto…”
Kora poté percepire la sua difficoltà. I suoi occhi erano fissi dinanzi a sé e
Ieren non osservava nessuno, ma anche un cieco avrebbe notato che la sua
sofferenza era autentica “… Settimana prossima si svolgerà la cerimonia
d’incoronazione. Vi ringrazio per essere giunti qui, questa sera… Per me è
molto significativo il fatto di non essere il solo a soffrire. Grazie, grazie
ancora.”
Ieren
si ritirò e le persone in piazza iniziarono a muoversi, per tornare alle
proprie abitazioni. Nessuno stava parlando; non ancora, almeno. Nell’aria si continuava
a sentire il lutto, come se la morte stesse indugiando ancora sui presenti,
prima di ritirarsi altrove.
E,
in un secondo, prima di poter anche solo iniziare a camminare per muoversi
dietro agli altri, Kora scorse un lampo bianco fra la folla.
Subito
la sensazione di terrore del suo incubo l’assalì, mentre lei cercava di fare
respiri ampi e profondi e di far smettere al suo cuore di battere così forte.
Gli occhi guizzavano da una parte all’altra, cercando fra la folla… Ma non vide
più niente.
Lentamente,
mentre la gente ancora si muoveva, si rilassò abbastanza da arrendersi e capire
che la cosa migliore da fare era tornare a casa. Non poteva spaventarsi sempre
per un nonnulla, come era successo con la vecchia pazza poche ore prima… Era
stata stupida e non era il caso di esserlo ancora.
Kora,
che aveva un senso dell’orientamento ben maggiore di Leila, tirò sua madre fino
a che non furono di nuovo nella piccola viuzza laterale dalla quale erano
arrivate.
Tornarono
indietro senza dire una parola.
Una
volta arrivate, Leila si ritirò nelle proprie stanza e Kora si disfò ben presto
del vestito, sostituendolo con la solita sottoveste da casa che era ben più
comoda. Sentiva ancora addosso il senso di solennità dell’annuncio, benché non
fosse successo poi niente di speciale.
Fino
a che aveva abitato ad Eiwen, Kora aveva sempre pensato al re, alla sua
famiglia e alla nobiltà come personaggi lontani e indistinti; figure che le
erano totalmente estranee e che mai in vita sua avrebbe conosciuto. Certo, ad
Eiwen c’era un piccolo lord, ma era… Era parte della comunità; era una persona
generosa e di buon carattere che spesso regalava qualcosa ai ragazzi nei giorni
di mercato, che fossero dei dolcetti o dei fermagli o un attrezzo da lavoro.
Questo
era stato… Diverso.
E,
per la prima volta in vita sua, Kora pensò al principe neo-sovrano come ad una
persona reale, che soffriva per la perdita di un genitore, che era in lutto.
Cercò di immaginarsi cosa dovesse provare in quel momento e l’enormità del
dolore la lasciò senza fiato e con il desiderio che Ruas rientrasse presto a
casa.
***
Ieren
stava camminando verso i propri appartamenti, dopo aver dato l’annuncio alla
popolazione. Quello stesso pomeriggio aveva già dovuto dire le stesse cose a
corte, cospetto delle cinque grandi
dinastie e agli esponenti di spicco della nobiltà, e adesso… Si sentiva
esausto.
Aveva
così tanto da fare, in così poco tempo, e faceva sempre così male…
“Cugino!”
Il
nuovo membro della sua guardia personale gli si mise davanti, con una mano
sull’elsa della spada, ma lui aveva già riconosciuto la voce.
“Pace.”
disse, facendo un cenno.
Ruas
lanciò prima un’occhiata a un altro soldato della scorta e, dopo un piccolo
cenno affermativo di questi, si rimise in posizione, rilassato.
“Hanna.”
disse poi Ieren, aprendo le braccia verso la ragazza.
Non
era propriamente sua cugina, ma le dinastie erano più o meno tutte imparentate.
Hanna era la figlia minore del ramo principale della famiglia Rhyser; suo padre
era il fratello della moglie di Isaias Dreynall, che era suo zio diretto da
parte di madre.
“Mi
dispiace così tanto.” disse lei, appoggiando il viso sul suo petto e
stringendolo.
Hanna
era la sua preferita da sempre. La famiglia reale, per via della posizione che
occupava, non aveva molti amici; tuttavia, la regina Iana era sempre stata
molto legata a Tamila, la moglie di Isak e la madre di Hanna. Per questo, da
piccolo, aveva trascorso molto tempo con la ragazza… Lei era sempre stata
timida e riservata con chiunque tranne che con lui; nonostante si passassero
quasi sei anni di differenza, avevano sempre apprezzato l’uno la compagnia
dell’altro.
E
questo rapporto speciale era rimasto, anche dopo la morte di sua madre.
“Lo
so.” rispose Ieren, intensificando per un momento la stretta.
Hanna
si scostò piano e lo fissò in viso.
“Devo
andare, Damir mi sta cercando. Se sapesse che sono riuscita ad incontrarti…”
Ieren
le lasciò un piccolo bacio sulla fronte.
“Vai.
Ci vedremo comunque presto.”
Hanna
annuì, mollando definitivamente la presa sulla sua schiena.
“Ieren,
per quel che vale… Io e la mia famiglia saremo sempre dalla tua parte. Ci
dispiace per quello che è successo; lo zio Conor è sempre stato molto gentile
con noi. Soffro anch’io con te, cugino.”
Hanna
si portò due dita sulle labbra e gli lanciò un bacio, mentre si allontanava di
corsa.
Ieren
sentì il cuore un po’ più leggero.
Era
vero… Aveva una settimana di tempo, solo una settimana, prima della cerimonia
d’incoronazione. E poi sarebbe entrato nel giro della politica; avrebbe dovuto
saper cogliere ogni sguardo, capire ogni parola, cercare ogni sussurro.
Avrebbe
dovuto cercare di ottenere la lealtà di tutti e non era facile, per niente. Era
bello sapere che qualcuno gli sarebbe rimasto accanto a prescindere.
Finalmente
raggiunse la sua stanza. Si sedette alla scrivania e prese foglio, penna e
calamaio.
Suo
padre gli aveva parlato molto prima di quell’ultima terribile settimana; aveva
cercato di educarlo al meglio per poter diventare un giorno re e l’insegnamento
più prezioso non era stato in merito al tesoro reale o altro.
Ieren
scrisse i cognomi delle cinque grandi dinastie – Leoren, Marves, Dreynall,
Rhyser e Tyrvail – e, sotto ad ognuno di essi, tracciò un piccolo albero
genealogico del ramo principale, quello che aveva il maggior peso e influenza a
corte.
Poi,
memore dei discorsi di suo padre, cercò di valutare chi sarebbe stato dalla sua
parte, chi avrebbe approvato la sua incoronazione e chi no. Non era un lavoro
per niente facile.
***
La
cerimonia si era svolta nel più ampio salone del palazzo, che altro non era che
la sala del trono. Il soffitto era alto e decorato da splendidi affreschi riguardanti
la ruota dell’anno e le sue festività. Dietro il trono, sulla parete di fondo,
erano dipinti Frin e Freya; lui con i suoi capelli lunghi e dorati a simboleggiare
il sole, e lei con un sorriso leggero e gli occhi chiari che risaltavano come
stelle al di sotto della frangia corvina, sul viso pallido, a simboleggiare la luna
nella notte.
Il
potere della famiglia reale non derivava dalla spiritualità, vero, ma era
tradizione che fosse il vescovo della città di Misedora a presidiare la
cerimonia d’incoronazione, perché era la più alta autorità esistente che non
fosse sullo stesso piano di un re.
Ieren
aveva imparato la sua parte come da copione, perché era più facile andare
avanti se era in grado di svuotare la mente e recitare. Sapeva che era una cosa
importante; che quella era la sua festa, in un certo senso, e che non avrebbe
mai più visto un’altra cerimonia simile finché sarebbe vissuto.
Eppure,
il dolore e la preoccupazione erano ancora così forti.
Come
poteva essere grato per aver ereditato un regno che non era ancora pronto a
dirigere? Come poteva essere sereno se sentiva ancora il sospetto per la morte
del padre?
Ieren
disse tutto ciò che doveva dire e fece tutto ciò che doveva fare, fino a che il
vescovo non lo fece accomodare sul trono prima di posizionargli la corona sulla
testa.
Ieren
guardò tutti coloro che si erano riuniti nel salone, attendendo quel momento.
Guardò le famiglie principali delle cinque dinastie, seduti nelle prime file
delle panche che erano state posizionate apposta per l’occasione sul pavimento
di marmo. E guardò più indietro, dove erano presenti i rami cadetti e tutta la
nobiltà minore, per arrivare infine anche ad alcune personalità di spicco che
erano state autorizzate a presenziare, nonostante non avessero un titolo
proprio.
Di
chi si poteva fidare? Da chi avrebbe ricevuto aiuto e da chi si doveva guardare
le spalle?
Uno
di loro aveva assassinato suo padre, cercando di mascherare l’omicidio con
l’inganno?
“E
con questo, io ti incorono, nuovo re Ieren Lerastan, sovrano di Aren.”
Ieren
sentì la corona pesante premere sulla testa e rialzò il viso. Il vescovo fece
un passo indietro e di lato.
Disse
qualcosa, e iniziarono i giuramenti.
I
primi furono i Leoren. Malthe e Markha si avvicinarono con un’espressione seria
e composta.
“Per
tutto ciò che è stato e tutto ciò che sarà, io, Malthe Leoren, ti giuro fedeltà
e giuro la fedeltà della mia dinastia alla corona.”
“Per
tutto ciò che è stato e tutto ciò che sarà, io, Markha Leoren, ti giuro fedeltà
e giuro la fedeltà della mia dinastia alla corona.”
Dopo
di loro vennero i Marves, Vesa e Zeliha. Giurarono, ma a denti stretti. Ieren
se l’era aspettato, perché Zeliha, sua zia diretta da parte di madre, covava
risentimento per la dinastia Lerastan. Infatti era stata lei la prima promessa
di Coron, ma lui scombinò i piani innamorandosi di Iana, sua madre.
Zeliha
non aveva mai perdonato suo padre e, al tempo, aveva provveduto ad aumentare lo
scandalo in ogni modo. Ieren sapeva che, se avesse potuto, avrebbe evitato di
giurare; tuttavia il rituale era obbligatorio e chi si asteneva dal prestare
giuramento veniva imprigionato per alto tradimento.
Il
nuovo re ascoltò impassibile la formula recitata a memoria e cercò di contenere
le emozioni, chiedendosi se fosse stata la zia a compiere una vendetta tardiva
ai danni di suo padre.
C’era
stato un tempo in cui si mormorava che Zeliha avesse già ottenuto vendetta con
la morte di Iana… Ma lui era stato troppo piccolo per capire, e suo padre
troppo addolorato. Aveva cercato di proteggerlo ma Ieren si ritrovò a pensare
solo ora che era stato un peccato, perché in quel momento anche la certezza che
sua madre fosse morta per un incidente a cavallo s’incrinò.
Come
aveva fatto a non pensarci prima?
Quante
cose doveva scoprire; quanto gli era stato tenuto nascosto? Possibile che anche
sua madre fosse stata assassinata?
Ieren
cercò in ogni modo di mantenere la sua espressione neutra, mentre la dinastia
Marves si allontanava e lasciava il posto ai Dreynall.
Non
poteva permettersi nessun errore, e doveva rimanere lucido per cercare di
cogliere ogni cosa, ogni sfumatura nel volto e nella voce.
Iasias
e Kheda Dreynall giurarono, e a Ieren sembrò di cogliere un guizzo sulla guancia
dello zio, come se avesse irrigidito la mascella per un attimo.
Si
chiese cosa stesse a significare. I Dreynall non si erano mai mostrati
apertamente ostili alla corona, ma neppure favorevoli. Erano sfuggenti e non
restavano quasi mai a palazzo o comunque in città, nonostante avessero
appartamenti e case in abbondanza; di loro sapeva solo che il figlio minore,
Damir, aveva una qualche passione per Hanna, anche se non era ricambiato.
Avrebbe
quindi potuto capire un’ostilità da parte del ragazzo, dato che il suo rapporto
di confidenza stretta con la cugina era noto a tutti, eppure…
Prima
che potesse mettere in ordine i pensieri era arrivato il turno dei Rhyser, Isak
e Tamila. Loro due sorrisero apertamente e Ieren fu tentato di ricambiare, ma
si trattene per via della solennità dell’occasione.
I
genitori di Hanna giurarono di essere fedeli alla corona e lui non dubitò
neanche per un secondo delle loro parole e intenzioni.
Gli
ultimi ad avvicinarsi furono i Tyrvail, seguiti nonostante tutto dai soliti sussurri.
Yonas
e Tuga non si facevano vedere molto a palazzo, perché il loro matrimonio aveva
alzato un polverone, qualche anno prima, che non si era mai placato del tutto.
Tuga, infatti, proveniva da una semplice famiglia contadina, che non aveva
nessun legame con la nobiltà e nessuna influenza.
Nessuno
aveva mai capito perché Yonas l’avesse sposata – si mormorava che fosse già
incinta il giorno delle nozze, ma essendo una semplice contadina questo non
sarebbe stato un motivo sufficiente per il matrimonio; Yonas avrebbe potuto
benissimo pagare un risarcimento e una dote alla famiglia – e il fatto che del
sangue puro si fosse mischiato in questo modo… Aveva fatto cadere parzialmente
in disgrazia la dinastia. L’unico motivo per cui un altro ramo della famiglia
non aveva reclamato per sé il titolo principale era perché Yonas era stato
figlio unico. I suoi altri parenti e cugini avevano tutti preso un altro
cognome, nel tempo, e lui era quindi il solo a poter garantire una discendenza
alla dinastia.
Re
Conor era stato buono con loro, accettando Tuga come una pari del regno senza
battere ciglio. Questo gli era valso disprezzo da molti, ma enorme gratitudine
da parte dei Tyrvail. Fu per questo che Ieren non dubitò della loro lealtà e,
anche sforzandosi, non riuscì a scorgere il minimo dubbio né la minima
esitazione mentre Yonas e Tuga giurarono.
Il
vescovo riprese la parola e concluse la cerimonia, congedando tutti.
Ieren
rimase seduto sul trono, pensieroso. Era stanco, vero, ma da quel giorno in poi
non avrebbe più potuto permettersi distrazioni.
Era
il nuovo re e la corona già pesava, sia sulla sua testa che sul suo cuore.