Prologo
“Sii
come la neve, fredda ma
spettacolare.”
—
Lana
del Rey
C’è
chi crede in Dio, io credo nella musica. La musica riesce a esprimere
quello
che senti, riesce a capirti. Le persone
no. Le persone sono solo capaci di giudicare. Giudicare il
tuo modo di
vestire, il colore dei tuoi capelli, il tuo comportamento, le persone
con cui
esci. Facciamo di tutto per compiacere le persone, per essere perfetti.
Il
fatto è che non ci riusciremo mai, anche con mille sforzi.
Faremo sempre
qualcosa di sbagliato, qualcosa che gli altri non condividono.
C’è
chi crede in Dio, io credo nella musica. Ma la musica non è
una creazione delle
persone? Lo è. Quelle persone, però, hanno una
marcia in più, loro riescono a
capire quelli come me. Avete presente quella
canzone che ascoltate quando siete tristi e riesce a descrivervi alla
perfezione? Secondo voi, perché riesce a descrivervi alla
perfezione? Perché
chi l’ha scritta si sente allo stesso modo, vi capisce. I
musicisti capiscono,
almeno un po’, quelli come me.
C’è
chi crede in Dio, io credo nella musica. Quelli come me ascoltano
canzoni
tristi sia quando sono felici sia quando sono giù di morale.
La nostra vita,
quando mettiamo le cuffiette, si trasforma in un triste e deprimente
video
musicale. Perché lo facciamo? Perché le canzoni
tristi capiscono. Allontanano
il rumore che fanno i nostri pensieri e tutti i commenti crudeli che la
gente
ci urla contro. A volte, però, neanche quella malinconica
melodia riesce a
sopraffare tutti quei suoni e si ha bisogno
del silenzio. Stai al centro del letto, immobile, col
silenzio che ti
avvolge, a fissare il soffitto. Ci sei solo tu
e qualche lacrima che ti riga le
guance.
C’è
chi crede in Dio, io credo nella musica. Mi chiamo Harmonie.
Ho diciassette anni. E in questo momento è tutto un
casino, come sempre.
La
pioggia batte sulla mia testa, inzuppandomi tutta. Mi scosto una ciocca
fradicia dalla fronte e corro verso la fermata dell’autobus,
per ripararmi da
quel diluvio estivo. Sbuffo e inizio a cercare il telefono nelle tasche
della
camicia a quadri, ormai del tutto bagnata, che tengo aperta sopra la
canottiera
nera. Dopo un paio di minuti, trovo l’oggetto che stavo
cercando. Provo ad
accenderlo ma lo schermo non s’illumina.
«Merda»
impreco «Si sono tutti alleati contro di me, oggi.»
Mi
lascio cadere sui sediolini di plastica verde scuro e sbuffo. Mi tolgo
la
camicia, che ormai dà più fastidio che altro, e
resto con le maniche corte,
aspettando che il diluvio si calmi. Se avessi dovuto dire quale
giornata fosse
la peggiore della mia vita, avrei detto questa.
Rabbrividisco
e mi si forma la pelle d’oca. Allora, alzo le gambe e le
stringo al petto,
cercando di scaldarmi un po’. Chiudo gli occhi e dopo quella
che sembra
un’infinità di tempo, sento dei passi affrettati,
provenienti dalla mia destra.
Tengo
gli occhi chiusi finché non sento un rumore accanto a me.
Alzo la testa e la
giro verso la fonte del rumore. Una figura slanciata compare nella mia
visuale.
È un ragazzo che, come me, è zuppo
d’acqua. Credo abbia circa la mia età. I
capelli ricci gli ricadono disordinati sulla fronte e, dalle punte,
cadono
goccioline che rigano il volto del ragazzo. Gli occhi sono socchiusi e
le
labbra sono sbiancate dal freddo. Porta una maglietta bianca, resa
trasparente
dalla pioggia, da cui s’intravedono dei tatuaggi e dei jeans
neri attillati.
Appena
si accorge che lo sto fissando, mi rivolge un sorriso impacciato, che
crea due
fossette ai lati della bocca.
Giro
subito la testa, imbarazzata dalla situazione.
«Ehm,
ciao anche a te.» ha un tono scherzoso, non sembra arrabbiato
dalla mia
maleducazione. Quando sento la sua voce, il cuore perde un colpo.
È la musica
più bella che abbia sentito, dopo le mie canzoni preferite,
ovvio.
Restiamo
in silenzio per un paio di minuti, poi lui mi chiede «Hai
freddo?» vedendomi
rabbrividire per l’ennesima volta.
«No.»
dico stringendomi ancora di più le gambe al petto.
«Sicura?»
chiede dubbioso.
«Sicurissima.»
chiudo gli occhi per poi sentirmi avvolgere da due braccia forti,
muscolose e..
calde. I miei muscoli si rilassano a quel contatto, per poi irrigidirsi
di
nuovo.
«C-Cosa
stai facendo?» balbetto, arrossendo violentemente.
Lui
alza lievemente le spalle e dichiara con nonchalance «Ti
scaldo.»
«Ti
ho detto che non ho freddo.» ribatto, cercando di liberarmi.
Le
sue braccia si stringono ancora di più intorno a me, creando
una morsa ancora
più stretta.
«Stavi
rabbrividendo e sei ghiacciata. No, non hai freddo.»
constata, aggiungendo un
pizzico di sarcasmo all’ultima frase.
Torno
a rilassarmi, chiudo gli occhi e piego la testa di lato, appoggiandola
al suo
petto.
«Lo
sto facendo solo per non
morire assiderata.» penso.
«Hai
cambiato idea.» dice. Non c’è nessuna
provocazione in quella frase. È più
un’affermazione.
«Non
voglio morire congelata. Solo questo.» sussurro e il mio
respiro s’infrange
sulla pelle del suo braccio.
**My
corner**
Ehii.
Questo è il prologo
della mia storia, è noioso, lo so, ma spero vi piaccia.