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Autore: Jecky Ru    05/08/2014    0 recensioni
Poggiai le mani sul coperchio spesso e pesante, intenzionata a rimuoverlo. Non appena ebbi iniziato a scostarlo, però, una strana sensazione mi fece titubare. Un brivido, o qualcosa di simile. Un pensiero fastidioso mi suggerì di scappare. Non sarei dovuta essere lì. Me ne accorgevo troppo tardi, quando ormai la pesante pietra era rimossa e il suo contenuto mi mozzava il respiro.
Un ragazzo di massimo vent'anni giaceva in un letto di petali di rosa, secchi ma comunque profumati. Le sue carni erano perfettamente conservate, i suoi lineamenti androgini rimasti inalterati. I capelli erano lisci e lunghi fino al petto, candidi come la neve, bianchi come i petali di un giglio. Dapprima temetti di trovarmi dinanzi ad un mio simile o comunque una creatura maligna. Ma non c’erano dubbi, era morto e privo di vita. E poi quelle forme erano così delicate, così perfettamente messe insieme per creare qualcosa di bello e aggraziato. Impossibile pensare anche per un solo istante che tutta quella apparente purezza nascondesse qualcosa di torbido e nefasto. Impossibile. Impossibile!
Troppo bello per essere vero, troppo bello per esistere.
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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TEAM DRAGON

 

Si gettò istantaneamente all’attacco. Per essere solo un ragazzo umano era velocissimo, infatti, col primo affondo, mi ferì alla spalla sinistra. Saltai all’indietro, premendo con la mano sul taglio e lo aspettai al centro della stanza. Egli non tardò ad arrivare e, con un’altra mossa velocissima della sua arma, mi procurò una ferita sulla gamba destra.

Dannato! È molto più forte di quanto credessi, si vede che è un professionista! pensavo, schivando con difficoltà i suoi rapidissimi e letali attacchi.
« Cosa c’è, vampiro, mi avevi forse sottovalutato? » chiese con arroganza, spingendomi violentemente in un angolo e imprigionandomi con l’asta della sua arma al muro.
« Chiudi il becco! » gli dissi di rimando con il suo stesso tono di voce. A quelle parole il ragazzo mi tagliò per l’ennesima volta. D’accordo, ad un vampiro le ferite si rimarginano in brevissimo tempo, ma quello, a furia di colpi, non mi dava neppure il tempo di reagire!
Spiccai un altro balzo sopra di lui, solo per atterrargli dietro la schiena. Ma proprio nel momento in cui riuscii ad afferrargli la spalla per girarlo e dargli finalmente un cazzotto in faccia, se pur per un momento, sentii dentro di me qualcosa che non andava: lo stomaco mi bruciò, sudai freddo e caddi all’indietro, come durante uno svenimento.
Io non svenni di certo, ma caddi a terra, cingendomi l’addome con le braccia. Come ho già detto, tutto questo durò un attimo, ma il lasso di tempo bastò ed avanzò al mio avversario che non perse l’occasione di afferrare un lunga catena antivampiro con la quale m’imprigionò. Ma la cosa che mi atterrì di più fu che quando la catena mi avvolse, riuscii a sentire il gelido metallo sulla mia pelle, come avrei fatto da umana. Allora capii cosa stava succedendo: stavo avendo un altro ritorno alle origini.
Una momentanea perdita delle potenzialità sovrannaturali che dava i propri sintomi ad intervalli irregolari, dovuta al tipo di sangue che mi scorreva nelle vene e che m’impediva di essere un vampiro a tutti gli effetti. Già mi era successo un paio di volte sulla nave di Mark, ma non gli avevo dato molto importanza; pensavo fosse una cosa normale per una neonata! Un piccolo periodo di assestamento per le nuove capacità acquisite durante la trasformazione. Insomma, niente di cui preoccuparsi.
Ma adesso la situazione era molto più grave, mortale oserei dire!
Non potevo muovermi, il bel ragazzo mi aveva legata bene e per di più in quel momento non ero neppure un vampiro. Sapevo che la mia ora era giunta.
Il giovane si avvicinò, si chinò e mi guardò il viso con aria incuriosita. « Molto strano. Sei diventata di un colore simile a quello degli esseri umani… ma ci vogliono altri trucchetti per ingannarmi! » affermò, alzandosi e guardando altrove.
« Ma quali trucchetti…? Magari avessi ragione… » mormorai tristemente, guardandolo avvicinarsi alla parete con le armi. Solo in quel momento notai che aveva un grosso e perfetto drago cinese tatuato sulla schiena.
« Non temere, ti finirò con un’arma speciale. Una che uccide solo quelli come te… » concluse, afferrando un bastone terminante con una lama appuntita. Tornò al mio fianco e, sollevandomi con un solo braccio mi sussurrò all’orecchio: « La tua imitazione potrà ingannare la vista, ma con un’arma del genere non sopravvivrai »
« Tu non capisci niente, non sto affatto fingendo! » gli urlai in faccia, ma lui non parve neppure sentirmi e, appoggiandomi ad una parate, mi bucò la pancia con quella lancia. Provai un dolore immenso.
Il ragazzo ritirò subito l’arma a sé e fece un passo indietro, osservandomi mentre cadevo in ginocchio di fronte a lui.
« Ora ti trasformerai in polvere » affermò con una nota di dubbio. « Lo farai » concluse, girandosi di spalle ed avvicinandosi alle finestre rotte.
Non mi trasformai affatto in polvere, ma caddi a bocca in avanti sputando un grosso fiotto di sangue. Anche se provavo molto dolore, avevo come l’impressione che il colpo non avesse ferito organi vitali.
Ah, non di certo per merito suo! Evidentemente l’arma con la quale mi aveva colpita doveva essere una di quelle che appena perforano la carne della propria vittima rilasciano istantaneamente una sostanza chimicamente deleteria per quell’individuo, che così è destinato a morire. La mia fortuna, chiamiamola così, era stata che in quel momento avevo perso tutti i poteri da vampiro, di conseguenza era come se il ragazzo avesse trafitto un essere umano. Questo non cambiava molto le cose. Sarei morta dissanguata, a meno che la crisi non fosse passata in poco tempo.

Avanti, pensavo, avanti… maledizione, devo trovare ad essere un vampiro, avanti, avanti…

Il ragazzo era ancora girato di spalle, evidentemente credeva che mi fossi morta, ma con le ultime forze che mi rimanevano attirai la sua attenzione: « Almeno dimmi il tuo nome… » lo esortai con un filo di voce.
Sentendo che ero ancora viva il giovane si girò, e appena vide che non mi ero trasformata in polvere spalancò i begli occhi dorati. « Sei… sei ancora viva? » sussurrò con voce tremante.
« Allora non stavi mentendo! » e detto questo si avvicinò per soccorrermi, ma appena si fu accovacciato di fianco di me nell’intento di liberarmi dalla catena, ebbi la stessa, identica sensazione di prima: bruciore di stomaco, sudore freddo e giramento di testa, poi, l’attimo dopo, mi accorsi con stupore di essere tornata un vampiro.

Miseriaccia… proprio adesso che mi stava liberando!

Mi girai in posizione prona affinché il cacciatore non vedesse il rinnovato pallore che aveva acquisito la mia faccia. Come potevo fare?
Intanto lui aveva finito di riarrotolare la catena e si apprestava a verificare se ero ancora viva o se il colpo che mi aveva inferto fosse stato fatale. Si portò sopra di me e con una mano cercò di mettermi supina. Ma io non potevo voltarmi come se niente fosse e fargli vedere che ero ritornata una bevitrice di sangue! Se l’avessi fatto di sicuro m’avrebbe ammazzata.
Fu allora che decisi cosa fare: essendo cosciente della grande forza che accomuna tutti i vampiri, mi girai di scatto e prima che lui potesse dire o fare qualcosa, gli mollai il cazzotto più potente che abbia mai dato ad un essere umano, colpendolo al braccio sinistro. Potete immaginarvi qual volo di cinque metri abbia fatto, che botta alla parete abbia dato e che dito medio si alzò dalla mia mano destra.
Lo vidi stramazzare a terra. Il sangue gli usciva sia dal labbro inferiore, sia dal naso. Lo guardai dall’alto verso il basso, ma non riuscii a pensare nulla di intrepido o vittorioso.
Non ci riuscii per un motivo molto semplice: avevo seriamente rischiato la morte, e se ero ancora viva non dipendeva da me, ma dal buon Dio.
Me ne andai quasi subito. Pur essendo scampata ad un cacciatore bravissimo come quel ragazzo, avevo in corpo una brutta sensazione, come se fossi vuota, incapace, inutile. Forse per via del fatto che ero stata ad un passo dall’abbandonare questo mondo. Scesi le scale del secondo e del primo piano, entrai nuovamente nella cantina del ristorante abbandonato per riprendere la mia roba, ma rimasi allibita nel vedere che non c’era più.
Fantastico! pensai rabbiosamente, avanzando verso l’uscita dell’edificio. Ci mancavano anche i ladri. Che vita dannata!
E così ero ancora una volta là, in mezzo alla strada senza un posto dove andare. Triste e disorientata. Sentii la fame crescere, e c’era solo un posto dove avrei potuto ricavarmi del cibo senza uccidere qualcuno…
« Mi dia due bottiglie di sangue di mucca, grazie! » dissi al macellaio, fermandolo appena in tempo prima che chiudesse la bottega.
« Sangue? Adesso… A cosa le serve? » domandò con noncuranza mentre finiva di pulire il bancone.
« Vedi, buonuomo, si da il caso che io sia una vampira e che per vivere mi debba nutrire di sangue. Ti conviene darmelo, altrimenti prenderò il tuo » risposi sorridendo e sbattendo le lunghe ciglia.
Il macellaio mi guardò divertito e dopo tre secondi di silenzio scoppiammo entrambi a ridere.
« Benedetti giovani, è mai possibile che ogni giorno ve ne inventiate una nuova? Comunque non sei la prima che a quest’ora mi chiede delle bottiglie di sangue! La notte scorsa qualcuno ha ordinato la stessa cosa… comunque aspetta, te le vado a prendere! » e dicendo questo il macellaio sparì dietro l’angolo di una porta.
Che idiota… pensai col finto sorriso prosciugato, scuotendo la testa. Non crederà davvero che mi beva la storia dell’altro! Per quanto mi riguarda sono l’unica vampira al mondo che viene qui a procurarsi da mangiare.
L’uomo tornò dopo pochi minuti con in braccio due bottiglie piene di sangue. « Bene, sono mille yen! » affermò con decisione.
Mille yen? Accidenti, i soldi erano riposti al sicuro nella valigia!
Mi avvicinai alle bottiglie, le presi e dissi all’uomo che desideravo averne una terza, così, appena fu andato nell’altra stanza a prenderla, sfruttai la super velocità e corsi fuori dalla macelleria senza pagare!
Mi spiace amico, ma quando tornerò la prossima volta, ti risarcirò.
Non feci in tempo ad allontanarmi venti metri dalla bottega della carne, che una voce maschile dal tono spavaldo parlò. « Ma bene! E dimmi, da quando i vampiri vanno in macelleria per procurarsi del sangue invece di uccidere la gente? ».

Sospirai: evidentemente era un ragazzo che cercava grane da piantare.
« Vuoi attaccare briga con me? » chiesi, senza neppure girarmi. Questa volta mi rispose un’altra voce, sempre maschile ma meno spavalda della prima. « Non parleresti così se sapessi chi siamo! ».
Ma in quanti erano? Mi voltai lentamente e alla luce di un lampione vidi quattro ragazzi armati fino ai denti che in pochi secondi mi circondarono.
« Vi avverto, sono affamata e di cattivo umore… non vi conviene provocarmi » dissi freddamente, prima di stappare una delle due bottiglie e cominciare a berla, mancando gravemente di rispetto a quei tizi, rimasti alquanto stupiti della mia nonchalance.
« Eh? Ma come si permette? » chiese arrabbiato il primo.
« Ma… è davvero una vampiro! Sono anni che non ne vedo uno! » affermò un terzo.
« Suvvia, non lasciamoci demotivare, quelli del Team Dragon fanno sempre il loro dovere, vero capo? » domandò un quarto.
« Secondo me sta fingendo di non avere paura… in realtà se la starà facendo sotto! » dichiarò il secondo.
Finii di bere anche la seconda bottiglia di sangue, per poi passare lo sguardo su ognuno.
Il primo che aveva parlato, quello con la voce da spavaldo, era alto, di fisico ben messo, aveva occhi di un blu scurissimo, quasi nero e naturalmente a mandorla; in testa aveva un paio di enormi occhiali da aviatore con le lenti oscurate che gli reggevano la capigliatura bicolore: nella parte posteriore del cranio portava dei capelli lunghi al massimo un centimetro, di colore giallo limone, mentre nella parte superiore aveva dei foltissimi capelli bordeaux scompigliati e ritti verso l’alto, tenuti insieme da litri di lacca; diversi monili e orecchini gli addobbavano entrambi i lobi delle orecchie da cima a fondo, conferendogli un’aria da duro. L’arma di quest’individuo era una specie di spada ricurva con il manico nero e la lama bianca.
Il secondo era molto più alto di me, ed era forse il più grande: aveva i capelli scuri di media lunghezza completamenti buttati all’indietro e fissati con chili di gel, che lasciavano fuori solamente un ciuffetto che gli ricadeva su un lato della fronte, facendolo somigliare vagamente al cantante Elvis Presley, mentre l’ombra di un pizzetto sbarazzino gli si allargava sul mento. Dall’aspetto fisico capii che era il più anziano, anche se non doveva avere più di ventisei anni. Stretta fra le mani possedeva una lunga katana emanante un fortissimo odore di benedetto.
Il terzo era quello all’apparenza più normale: aveva lunghi capelli marroni che raccolti in una coda alta gli arrivavano oltre le scapole e occhi color cioccolata; un grande sorriso stampato in faccia lo distingueva da tutti gli altri, mentre aveva una bellissima e decorosa katana stretta sulla mano destra e un’altra dentro la fodera legata dietro le spalle.
Infine, l’ultimo era un ragazzo di colore che portava dei decorativi Cornrows: treccine attaccate alla testa che gli arrivavano fino alle spalle; i suoi occhi erano assai espressivi, il naso non troppo grande e la bocca carnosa. Due nei rotondi gli spuntavano a lato di ognuna delle narici, mentre una cicatrice ormai chiusa gli decorava la parte destra e bassa della mascella; come arma aveva due lunghi e affilati pugnali con la lama leggermente ricurva e molto ornati.
Erano tutti vestiti allo stesso modo, come se avessero un’uniforme particolare per cacciare: ampi pantaloni blu, camicia bianca, che i primi due portavano sbottonata, e scarpe da ginnastica.
« Cosa volete da me? » chiesi con aria insofferente.

« Non so da dove tu possa essere sbucata, vampira, ma ti giuro che questa sarà la tua ultima notte! » disse il primo ragazzo, puntandomi contro il dito indice.
« Dannazione, sbucano uno dopo l’altro! Oggi deve essere una giornata sfortunata… » sussurrai a bassa voce, portando una mano alla fronte.
« Ehi, come ti chiami? » chiese amichevolmente il giovane con le due katane, avvicinandosi imprudentemente.
« Ma che fai, sei scemo? Vieni subito via! » lo ammonì il primo con la sua irritantissima voce.
« Per i miei gusti hai parlato anche troppo » sibilai a denti stretti guardandolo minacciosamente, ma il terzo ragazzo si frappose tra me e lui, mentre gli altri due facevano fatica a trattenerlo.
« Non farci caso, lui è molto impulsivo… rispondi a me, qual è il tuo nome? » ripeté con calma sorridendomi, solo per essere guardato storto. « Perché lo vuoi sapere? ».
« Be’, così possiamo fare amicizia! ». Sussultai, incredula.
« Mi chiamo come mi chiamo, e non ho affatto intenzione di diventare vostra amica! »
« Che disdetta. E perché no? » fece lui con aria ingenua. « Non ti piacciamo, forse? ».
Abbassai lo sguardo e non risposi: come poteva chiedermi una cosa del genere con tale leggerezza? Loro erano dei cacciatori di vampiri ed io proprio una schiava della notte! Non poteva funzionare.
Inoltre, memore dei numerosi tradimenti vissuti fino ad allora, avevo deciso di non concedere più fiducia a nessuno.
Gli voltai le spalle e feci per andarmene, ma il ragazzo mi trattenne per un braccio, la sua espressione si era fatta cupa. « Aspetta… forse non ti fidi di me!».
Mi scrollai istantaneamente la sua mano di dosso e lo guardai gelidamente. « Perché dovrei farlo! Tu per me non sei niente, la tua amicizia non m’interessa! Lo vuoi capire! »
« Ok, non ti fidi me… »
« Smettila di fare il finto tonto! Te lo ripeto per l’ultima volta, non mi interessate! ».
Niente da fare, quello che dicevo da un’orecchia gli entrava e dall’altra gli usciva.
« Uhm, come posso fare per convincerti che non ho cattive intenzioni? Ah, ci sono! ».
All’improvviso si afferrò con le mani la camicia bianca e se la sbottonò, poi spalancò le braccia, piegò il collo da un lato e mi fece l’occhiolino. « Prego, bevi pure il mio sangue! » concluse allegramente.
Rimasi senza parole. C’erano due spiegazioni per quel comportamento: o il giovane era un pazzoide suicida, o era uno di quei fanfaroni esibizionisti che se ne vanno in giro d’inverno in mutande e canottiera. Guardai alle sue spalle: i tre ragazzi erano rimasti sconcertati dal suo invito, soprattutto il primo, che ora sfoggiava una divertente espressione da pesce lesso.
« Vuoi che t’uccida? » domandai cautamente, non levando gli occhi dai suoi amici. « Oppure stai solo cercando temerarietà fra i tuoi compagni? »
« Ti sbagli, nessuna di queste cose… voglio solo dimostrarti che ho buoni propositi, sarebbe un peccato ucciderti. Mi stai simpatica! ».
Cercai di leggergli il pensiero: non ci riuscii perfettamente, ma qualcosa mi diceva che non stava mentendo. Così mi avvicinai lentamente verso quel ragazzo, gli cinsi le spalle con le braccia e appoggiai le fredde labbra sul suo collo. Lo sentii fremere; sentii anche il fiato spezzato e la tensione che accomunava i cacciatori dietro di lui. Sapevo che se avessi cominciato a succhiare, non avrei più finito finché il giapponese non avesse rasentato la morte. Ma lui era così bendisposto!
Rimasi alcuni secondi in quella posizione a ragionare. Lo faccio o non lo faccio?
Ero terribilmente indecisa. Inaspettatamente però, il ragazzo alzò una mano, l’appoggiò sulla mia testa e spinse, fin quando la mia bocca non fu a contatto con la sua gola. Mi stava esplicitamente incitando a morderlo. Spalancai gli occhi, era davvero pazzo? Non mi importava granché. In quell’attimo avevo deciso di risparmiarlo, domando la sete vampirica.
Lo allontanai da me con uno spintone, sforzandomi di fissarlo nei suoi profondi occhi marroni.
« Non mi piaci, vattene! » ringhiai.
Capii subito che m’ero scoperta: avevo lasciato fuoriuscire il mio lato debole, umano, misericordioso, non ancora corrotto dalla voracità della bestia che ero. Quel gesto aveva portato a galla la mia vera natura, che cercavo di celare in tutti i modi con un temperamento temerario e strafottente da mostro sanguinario. Prima avevo esitato, poi avevo rinunciato.
Porre fine all’esistenza di una persona era molto più difficile di quanto potessi credere. Soprattutto per esseri come me che, quando succhiavano il loro nutrimento sanguigno, rivivevano in prima persona tutte le esperienze passate delle loro vittime, ne assaporavano gioie e dolori. Diventavano per alcuni istanti proprio loro, i poveri malcapitati che gli soccombevano tra le braccia.
Lo guardai, ma al contrario di quanto mi aspettassi il giovane si rialzò, e venendo un’altra volta verso di me sfoggiò un sorriso smagliante. « Proprio come immaginavo… tu non hai un’anima cattiva! Scommetto che non hai ancora ucciso nessuno, ho ragione? »
« Non provocarmi, se volessi potrei rimediare subito! »
« Oh! Non lo metto in dubbio! » aggiunse tranquillamente. « Adesso aspetta un momento, dovrei averlo messo qui, da qualche parte… ». Si frugò frettolosamente nelle tasche, sotto il mio sguardo perplesso.
« Di cosa diavolo stai parlando? » domandai sporgendomi verso di lui.
« Trovato! » concluse allegramente, tirando fuori dal giubbotto una piccola bomboletta spray blu che, in un lampo, mi puntò addosso. Poi, sorridendo dolcemente, spinse il piccolo pulsante di erogazione, spruzzandomi in piena faccia una consistente spuma azzurrognola. Mi accasciai a terra istantaneamente pur non perdendo i sensi, o meglio, era come se fossi diventata un vegetale: ogni muscolo del mio corpo aveva perso la capacità di muoversi, i miei occhi erano chiusi, avevo perso il senso dell’olfatto e non sentivo più neppure il sapore di sangue di mucca che avevo bevuto pochi minuti fa. Gli unici sensi che per fortuna erano rimasti integri erano l’udito e il tatto. Era come se stessi cadendo in un sonno profondo. Sentii dei passi avvicinarsi, poi qualcuno mi prese in braccio. A quel punto il ragazzo spavaldo parlò ancora.

« Ehi, Shinku, questa la portiamo a casa? » chiese, ma la sua voce mi parve lontanissima, eppure avevo la netta sensazione che fosse stato proprio lui ad afferrarmi!
« Sì » rispose il giapponese che avevo risparmiato.
« Scusa, capo, ma come facevi a sapere che quel vampiro non ti avrebbe dissanguato? » domandò allora la voce del secondo uomo.
« Be’, in realtà non sapevo affatto come avrebbe reagito… mi sono solo affidato al destino! » rispose con aria allegra il terzo giovane.
« Sei uno stupido » cercai di dire, ma mi accorsi con delusione che al posto delle parole mi uscivano solo dei mugolii senza senso. Avevo la bocca impastata, anche se non saprei definire con certezza da che cosa: sembrava una grossa palla di catarro. Persi defintivamente coscienza alcuni minuti più tardi.

 

Aprii lentamente gli occhi. Il posto in cui mi trovavo era abbastanza buio, l’unica fonte di luce era una piccola lanterna penzolante dal centro del soffitto. Trattenni il fiato e mi guardai intorno: a prima vista sembrava una normale stanza. Alla mia sinistra c’era un letto all’occidentale di una piazza e mezza con a fianco un mobile ed una lampada spenta, mentre di fronte a me c’era l’ingresso preceduto da due scalini in marmo e costituito da una vecchia porta di legno scuro. In seguito mi accorsi che in quella stanza non c’erano finestre. Cercai di mettermi in piedi, ma appena ci provai sentii dei pesi sia sui polsi che sulle caviglie: mi avevano incatenata.
Non sapevo che fare, il silenzio regnava sovrano. Dopo un po’ alzai la testa sopra di me e vidi una telecamera a raggi infrarossi.
M’è venuta un’idea per farmi notare!
Mi alzai in punta di piedi nell’intento di raggiungere l’oggetto. Presi fra le mani il suo display e cominciai a cantare in modo spaventevole una canzone sui vampiri, assicurandomi di mettere ben in mostra le zanne.

 

In the estern barren moor, divided by the great Alps, where the sun renounced to shine, unless in the first morning.

There your fortress raises up, in the utter darkness, where the humans hardly arrive, as far as the eyes can reach.

Day light’s never there, in your lustful world…

You are strolling around, while the moon is ascending and the wolves start to howl, in the cold and late evening.

Hidden behind a curtain, the burned cross in your room, closed insade four walls you wait, but your heart’s known yet your doom.

Tormented by an insatiable thirst…

 

Vedevo la mia immagine riflessa sullo schermo della telecamera, sapevo che dall’altra parte qualcuno mi stava osservando, e presto sarebbe venuto a farmi visita.
Avevo ragione. Infatti, dopo nemmeno tre minuti, sentii il rumore sordo di passi venire verso la stanza. La porta si spalancò e vidi la figura sfocata di un ragazzo avanzare verso di me.
Lo riconobbi solo quando si fermò sotto la luce della lampadina: era il giovane orientale con cui avevo lottato, quello che era quasi riuscito ad uccidermi.
Ora vestiva dei jeans larghi, scarpe da ginnastica alte ed una camicia bianca completamente sbottonata, che lasciava in bella mostra il suo fisico scolpito. Lo guardai terrorizzata, ricordandomi della brutta esperienza trascorsa nel suo ristorante cinese.
« Cosa ci fai qui? » chiesi disorientata, fissandogli la fasciatura che spuntava dal bordo della manica.
Lui non rispose alla mia domanda, ma si limitò a guardarmi gelidamente con i suoi profondi occhi color dell’oro, poi si girò di spalle, tirò su la camicia e indicò il meraviglioso tatuaggio a forma di drago cinese.
« Sono uno dei cinque membri del Team Dragon » affermò in tono glaciale. « Tutti noi abbiamo un drago tatuato sulla schiena che ci distingue dalla gente comune e dagli altri gruppi di cacciatori » aggiunse, prima di voltarsi nuovamente verso di me.
« Come va il braccio? » domandai, ma il ragazzo cambiò discorso un’altra volta: « Non essere troppo insistente… e non fare troppe domande! ».
Quell’atteggiamento stava cominciando seriamente a darmi sui nervi. Non trovavo affatto giusto che non rispondesse alle mie richieste!
« Cosa avete intenzione di farmi? Dove sono gli altri? E perché non dovrei fare domande? » dissi tutto d’un fiato, vedendolo innervosirsi. « Hai sentito cos’ho detto? » rimbeccò.
« Certo che ho sentito, il fatto è che non lo trovo giusto! ».
Lui mi guardò storto, ma alla fine sorrise sotto i baffi.
« Tsk, spettri occidentali… » sussurrò in modo sarcastico, per poi aggiungere con decisione: « Shinku e gli altri stanno per arrivare, nel frattempo dovrai sopportare la mia compagnia. E se farai altre domande ti taglierò la lingua! ».
Lo osservai come se fosse stato un demente, ma non dissi nulla e lasciai la testa penzolare da un lato del collo.
Passarono diversi minuti. Il giovane se ne stava seduto sul bordo del letto a braccia conserte e mi fissava con aria cupa, mentre io cercavo in tutti modi di ignorarlo. Fu solo dopo un quarto d’ora che gli altri cacciatori ci raggiunsero: dapprima vidi entrare il ragazzo ottimista, seguito da quello spavaldo con i capelli sparati in aria, quello col ciuffetto e l’africano con i due nei ai lati delle narici.
Tutti si fermarono di fronte a me e chiamarono l’amico, che li raggiunse in un batter d’occhio.
« Ciao! » disse amichevolmente il primo ragazzo. « Adesso ti diremo i nostri nomi, e dopo tu ci dirai il tuo! »
« Non ci penso nemm… »
« Taci! » m’interruppe bruscamente il giovane spavaldo dai capelli dritti. « Adesso parla Shinku! ».
L’altro sorrise imbarazzato e poi sospirò. « Come stavo dicendo… io sono Shinku, piacere! ».
Si chiamava Shinku? Ma che razza di nome era mai quello?
« Questo invece è Huyu! » continuò, cingendo le spalle al ragazzo dai capelli sparati che mi fece l’occhiolino, sfoggiando un sorriso da giullare come pochi.
« Lui è Kami, l’uomo con il gel al posto dei capelli, grande fan di Elvis Presley! »

« Ciao, bella! » esordì l’uomo, sventolando la mano davanti al mio naso.
« Ciao » ringhiai affilando lo sguardo.
« Poi abbiamo Bob, l’africano con le treccine, ed infine… il bellissimo cinese Ryuren! ».
Rimasi a guardarli senza parole: mi sembravano la squadra delle giovani marmotte al completo! Senza contare il fatto che avevano tutti quanti degli stranissimi nomi.
« Coraggio, adesso tocca a te! » mi ricordò il giovane di nome Shinku.
« Io sono… ». Esitai un momento rendendomi conto di non aver saputo resistere al suo invito, poi conclusi con un sospiro rassegnato: « Iscah ».
A quelle parole l’espressione sul volto di Shinku divenne ancora più radiosa. « Bene! Adesso ti possiamo anche liberare! »
« Vacci piano Shinku, non dimenticare che in qualche modo è riuscita battere Ryuren! » lo ammonì Huyu.
« Ah, stai zitto! Non mi ha battuto per niente! » scoppiò immediatamente il ragazzo cinese.
« Ah, no? E allora come spieghi il braccio guasto e il fatto che ti abbiamo ritrovato svenuto? »
« Non rompere! Avrei voluto vedere te a mio posto! Sempliciotto! »
« Oh, il bello addormentato nel bosco è arrossito. Mi spiace di averti messo in imbarazzo, dolcezza! »
« Non chiamarmi dolcezza, cretino! Beccati questo! ». I due cominciarono ad azzuffarsi, lasciandomi interdetta. Ma con chi diavolo sono capitata?
Da un parte c’erano i due che litigavano, dall’altra Bob e Kami ridevano e scherzavano fra di loro, scambiandosi battute come se non fosse successo nulla di speciale, mentre il quinto, Shinku, s’era messo seduto di fianco a me a gambe incrociate.
« Non preoccuparti, sei al sicuro! » disse improvvisamente. « Finché resterai qui nessuno ti farà del male ».
Lo guardai stupita. « Non capisco un accidente, voi siete dei cacciatori di mostri, dovreste uccidermi »
« Ah, funziona così dalle tue parti? »
« Perché, da voi no? »
« Be’, effettivamente sei stata molto fortunata ad incontrarci… altri cacciatori ti avrebbero tolta di mezzo senza esitazione! Ma noi del Team Dragon valutiamo la situazione prima di uccidere! E poi qui da noi sei merce rara! » scherzò il ragazzo, esibendo un sorriso da giullare.
« Non mi sembra! Se ancora non te l’ha detto, il tuo amico cinese stava quasi per ammazzarmi l’altra notte! »
« Non l’avrebbe fatto, al massimo ti avrebbe quasi ammazzata… fidati, lo conosco! »
« Se lo dici tu… ma di preciso, da cos’è che mi volete proteggere, e perché? »
« È una lunga storia »
« Non preoccuparti, a me piacciono le storie! »
« Ok, allora te la racconterò! ». Fece una pausa per riprendere fiato.
« Oltre duemila anni or sono, esisteva un ragazzo che il mito nipponico ci ha imposto di chiamare Yuri. Costui vendette l’anima al diavolo per avere una cosa che da solo non poteva ottenere… »
« Cosa? » lo interruppi incuriosita.
« L’immortalità! » concluse Shinku fissandomi negli occhi.
« Ma così anche il diavolo rimase fregato, non è vero? »
« Brava, hai colto nel segno! Infatti l’accordo prevedeva che appena Yuri fosse morto il suo spirito sarebbe dovuto andare all’inferno! Ma tu capisci, chiedendo l’immortalità era impossibile che morisse! »
« E come andò a finire? »
« Il diavolo s'infuriò, ma nel frattempo rimase anche estasiato dall’astuzia di questo ragazzo, così decise di farlo diventare uno dei suoi discendenti… una sorta di Anticristo! Ma Yuri, cosciente del potere che aveva, si ribellò, e per tutta risposta fu costretto dal demonio a vagare per la Terra fino alla fine del mondo, dicendogli che poteva essere ucciso solo da una persona pura di cuore! ».
Shinku sospirò profondamente.
« Aspetta un attimo, ma questo cosa c’entra con me? » domandai.
« Silenzio. La storia non è ancora finita! » disse scherzosamente il ragazzo. « Così passarono gli anni, e lui non faceva altro che girovagare qua e là sulla Terra, beccandosi per ogni paese un nome differente e provocando disastri irrimediabili… ma fu proprio circa duecento anni fa che una persona dal cuore puro riuscì finalmente ad infilzarlo con una spada, e lui cadde in un sonno profondo. Il suo corpo venne trasferito qui a Tokyo dentro un magico sarcofago in marmo che nessun mortale né mostro qualsiasi avrebbero potuto aprire sperando di scampare alla morte. Così, di generazione in generazione, i cacciatori della zona hanno vegliato sul corpo inanimato di Yuri… ma pochi giorni fa si è verificato uno strano evento. Secondo i più fatalisti il diavolo stesso sarebbe andato in aiuto di suo figlio, riuscendo a sollevare il coperchio del sarcofago che lo teneva rinchiuso e liberandolo nuovamente! Inoltre, secondo le testimonianze, ora avrebbe intenzione di conquistare il mondo! ».
« Fammi capire. Stai dicendo che il Principe delle Tenebre è vivo e vegeto? »
« Esatto! »
« Ripeto, io cosa c’entro in tutto questo? »
« Te sei uno spettro dall’animo buono, e sarebbe un peccato se ti uccidesse! »
« Perché mai dovrebbe uccidermi?! »
« Perché da quanto ne sappiamo Yuri ha bisogno di bere sangue per vivere! Proprio come voi… ma ritiene la maggior parte degli umani troppo inetta per potersene nutrire, così uccide altri spettri e tutti gli Yokai che gli capitano a tiro! Già ne abbiamo trovati una decina senza vita! Kappa, Tengu, Onne, Oni…».
« Come fai a sapere tutte queste cose, Shinku? » chiesi improvvisamente. Lui scrutò i miei occhi, si umidificò le labbra e rispose: « Ce le hanno riferite i nostri superiori… ».
Dando per buona quell’affermazione e non volendo scavare oltre nella gerarchia dei cacciatori, continuai con le domande: « Che mi dici al riguardo al suo aspetto fisico? »
« Mh, non ne so molto! Ma la leggenda narra che quando il diavolo lo dannò, il suo aspetto cambiò radicalmente: i suoi capelli divennero bianchi, mentre l’occhio sinistro da azzurro si colorò d’oro per farlo distinguere da tutti gli altri esseri viventi… ».
Capelli bianchi, occhi di diverso colore, sarcofago in marmo. Sangue.
Tutti questi particolari non mi erano affatto nuovi, avevo già visto qualcosa del genere. All’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, capii tutto: giorni fa, ero stata io profanare la sua tomba, ero stata io a destare qual mostro omicida dal suo sonno eterno!
« Oh, mio Dio… » sussurrai fissando Shinku negli occhi. « Sono stata io a risvegliarlo! ».
Il ragazzo fece finta di non sentire e appoggiò la testa all’indietro contro la parete umida. « Vedrai che ti troverai bene qui, e magari ci potrai anche dare una mano contro di lui… che è stato destato dal diavolo in persona… » disse, sorridendo dolcemente.
Perché stava spudoratamente mentendo a sé stesso?
« Ma allora non capisci! Sono stata io a liberarlo nuovamente! » insistetti per vedere la sua reazione, ma niente, quel giovane pareva avere un cuore imperturbabile. Intanto Huyu e Ryuren avevano finito di picchiarsi e si apprestavano a raggiungerci.
« Allora? » chiese il primo rivolgendosi a Shinku. « Di cosa state parlando? »
« Be’, di… » cercò di spiegarsi il ragazzo seduto vicino a me. « Niente! » lo interruppi in tono glaciale.
Lo sguardo di Huyu cadde sulla sottoscritta. « Non parlavo con te! » rispose in tono aspro.
« Suvvia Iscah, non essere così scontrosa! » mi rimproverò Shinku alzandosi in piedi.
« Io, scontrosa? Tsk… » ribattei, girando la testa da un lato. « Vorrei vedere te se ti raccontassero la storia del principe delle tenebre! »
« Oh, e così stavate parlando di Yuri » intervenne Ryuren con il solo scopo di farmi sentire un imbecille.
« Ahah, ti sei tradita da sola! » mi canzonò Huyu con la sua baldanzosa voce puntandomi il dito contro.
« Ora smettetela! » gridai, non riuscendo a controllare la rabbia.
« Ehi, stavamo solo scherzando, non ti scaldare così… » si scusò prontamente il ragazzo con i capelli dritti. Socchiusi gli occhi e lo guardai freddamente.
« Non dovete scherzare con me in questo modo… esseri inferiori » affermai lenta, scandendo le parole una ad una.
Appena dissi questo, però, le espressioni sulle facce di quei due cambiarono completamente.
« Cos’hai detto? » fece minacciosamente Ryuren fissandomi negli occhi, mentre Shinku era occupato a trattenere Huyu dal saltarmi addosso.
« Ho detto la verità! » borbottai, ricambiando il suo sguardo. Con un movimento fulmineo il ragazzo mi arpionò la gola con la mano destra. « Ritiralo subito, o sarò costretto a farti del male! » mi comunicò a denti stretti, ma fu subito allontanato da Kami e Bob che gli consigliarono di calmarsi.
« Come ha osato chiamarci esseri inferiori! Non posso perdonarla! » continuava a ripetere Huyu, dimenandosi tra le braccia del suo amico.
« È un’eresia, lo ammetto, ma voi l’avete provocata non conoscendo i suoi sentimenti » disse infine Shinku, lasciando andare la presa sul compagno. « Ora aspettatemi di sopra, io vi raggiungerò tra un attimo! » concluse con aria determinata, indicando la porta ai suoi quattro amici, che, se pur contrariati, eseguirono l’ordine. Appena la porta si chiuse, l’espressione di Shinku tornò quella di sempre, ma si trattenne dal parlare.
« Perché lo hai fatto? Io ho chiamato esseri inferiori i tuoi compagni e prima ti ho anche trattato male! Perché mi hai protetta? » domandai incerta.
Lui si avvicinò, mi aggiustò il ciuffo di capelli che avevo sopra un occhio ed infine rispose con il solito sorriso da paciere stampato in faccia: « È perché siamo amici! E ora via queste catene! ». Detto questo tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi, scelse la più piccola e mi liberò, subito dopo girò sui tacchi ed uscì dalla stanza, lasciandomi senza parole per la risposta ricevuta.

Siamo amici… pensai commossa, mettendomi in ginocchio e portando ambedue le mani al viso.

« Ha detto veramente che siamo amici… » ripetei sottovoce, cominciando a piangere. Quelle lacrime non erano affatto di tristezza, ma bensì un misto tra commozione e malinconia. Piansi in quel modo tutta la notte, finché non cominciai a sentire i primi sintomi di stanchezza. Mi alzai e a passi lenti andai verso il letto alla mia sinistra, sprofondando all’istante in un sonno profondo.
Quella volta non sognai nulla di particolare, solo un piccolo accenno ai miei nuovi amici, se così li potevo considerare. Fui svegliata dalla voce di Kami che si meravigliò di non vedermi legata alla parete come la notte precedente.
« È scomparsa! Si è liberata dalle catene e se n’è andata, guarda Bob! » disse preoccupato. « E ora questo calice di sangue chi se lo beve? »
« Ehm, non saprei… ma sei proprio sicuro che sia scappata? Voglio dire, di sopra le porte non sono state toccate, gli allarmi non sono scattati e non vedo finestre qui intorno! » rispose l’africano con voce pimpante. Avevano un calice di sangue!
Con la fame che mi ritrovavo non seppi resistere alla sua chiamata e m’alzai di soprassalto, intenzionata a fargli un bello scherzetto.
« Sangue. Sangue! » dissi con voce lugubre portando le braccia distese in avanti. « Voglio il sangue! ».
Sapevo che i miei occhi da vampiro risplendevano sinistramente nell’oscurità e sfruttai al massimo questo fattore per incutergli più paura possibile. Come speravo i due fecero un salto all’indietro, prima di riprendersi.
« Non si fa così, ci hai spaventati! » dichiarò Bob scendendo dalle braccia di Kami.
« Io non ho avuto affatto paura, sei tu che mi sei saltato addosso in quel modo! » replicò quest’ultimo guardando l’amico dall’alto verso il basso, che per tutta risposta si indignò.
« Vorresti insinuare che sono un Blablalau? »
« Eh? »
« Chupa! » concluse costui, tirando fuori la sua grande lingua in segno di presa in giro.
« Ancora con queste penose trovate teatrali, Bob? » disapprovò l’altro. Avvicinandomi ai giovani, mi misi a braccia conserte e, guardando Bob negli occhi, feci senza alcun motivo il verso di un elefante, per poi canticchiare: « Salagadula magicabula, bibidi bobidi bu… ».
I due rimasero un attimo interdetti, si guardarono ed iniziarono a ridere. Per poco non cominciai a ridere anch’io: erano così dannatamente buffi!
Per fortuna riuscii a riprendermi.
« Tu, spilungone, mi daresti il calice di sangue che hai in mano? » chiesi a Kami che, obbedendo, me lo porse con galanteria.
« Por tua, mon cherie! » disse in francese, facendomi gli occhi dolci.
Gli afferrai il calice, lo bevvi e risposi in tono triste: « Non parlare francese, brutta storia »
« Pardon, Iscah » si scusò nella medesima lingua, ma fu azzittito dallo sguardo tagliente che gli rivolsi. In seguito mi fecero sapere che Shinku, il capo, non li aveva mandati con il solo scopo di sfamarmi, ma anche con quello di portarmi di sopra a conoscere il resto del gruppo.
Uscimmo dalla porta, ma al contrario di quanto pensassi ci trovammo di fronte ad una scalinata scavata nel terreno, dove al posto dei gradini c’erano delle tavole in legno.
Salimmo per qualche minuto, giungendo innanzi ad una porta spessa cinquanta centimetri a prova di sfondamento con una specie di palmare alfanumerico incisovi al centro, dove Kami, sfiorandolo appena, compose il codice di accesso. La porta si aprì e così potemmo proseguire

Ci vollero non meno di sette minuti per arrivare all’ultima porta che collegava con la vera e propria casa dove il gruppo di cacciatori viveva, dopo averne passate altre due in quel modo.
Il primo ad uscire fu Kami, che appena fuori alzò i pollici delle mani, per poi intonare un felice:
« Ehi ehi ehi! », seguito da Bob che affermò di essere sano e salvo.
Poi toccò a me: oltrepassai lentamente il ciglio della porta e mi trovai di fronte cinque persone. Due erano già di mia conoscenza, in quanto li riconobbi come Shinku e Ryuren, ma al loro fianco c’erano due ragazze sconosciute: una abbastanza alta, con i lunghi capelli tinti color verde acido sciolti e tenuti all’indietro con un cerchietto rosso brillante; la ricrescita scura del suo colore naturale era lunga almeno qualche centimetro, ma non stonava affatto, anzi la caratterizzava ulteriormente. Gli occhi erano color nocciola, fini e allungati, esattamente come le sopracciglia; aveva un’espressione apatica e severa, avvolta come un pulcino nel suo yukata grigio fuliggine.
L’altra invece era d’aspetto molto più gracile. Aveva capelli neri con delle ciocche bianche raccolti in due pompon ai lati della testa e grandi occhi color pesca; vestiva una canottiera nera con i bordi in pizzo ed una gonna fino alle ginocchia del medesimo colore, sopra a delle calzamaglie bianche.
La terza persona era un ragazzo di bassa statura che vestiva una camice bianco da laboratorio e aveva un buffa pettinatura con frangia folta che gli ricadeva sopra la fronte, coprendo anche le sopracciglia e parte degli occhi. Dal centro della nuca gli spuntava un lungo codino nero rilegato con del cotone viola, il quale gli arrivava fino alle caviglie; dal collo gli pendeva un prezioso tribale d’argento e diversi orecchini di cristallo gli risplendevano sotto la luce del lampadario.
Rimasi in silenzio, non sapendo cosa dire. Le due giovani mi fissavano. La prima impassibile e la seconda incuriosita, mentre il ragazzo stava immobile, come paralizzato dalla mia presenza. Fu Shinku a rompere il ghiaccio.
« Ben svegliata Iscah! Vieni, ti presento il resto del gruppo! » disse, prendendomi sottobraccio e portarmi innanzi alle tre persone.
« Allora, la ragazza dai capelli neri e bianchi si chiama Momo-chan ed è la governante della cassa… lui è Ratsa, un abilissimo ricercatore medico e scienziato, mentre quest’ultima… »
« Io sono Taka! » lo interruppe in tono determinato la donna dai capelli verde acido, frapponendosi tra me e gli altri.
« E sono la padrona di questo Ryokan! » concluse, non distogliendomi lo sguardo di dosso. Sentivo la sua aura forte, dominante e determinata avvolgermi completamente. In quell’istante era come se lei fosse l’unica persona in grado di proteggermi, ma allo stesso tempo percepii anche la sua parte ostile. Provai per un attimo a leggerle nel pensiero e stranamente ci riuscii senza troppe difficoltà. Capii il motivo della sua determinazione, vedendo nei sui ricordi il giorno in cui Huyu e Ryuren le avevano parlato del litigio, dicendole che ero letteralmente un’orgogliosa testa calda.
Mi sentivo disorientata: tutti mi guardavano nella speranza di una mia reazione. Tutti eccetto Ryuren che, col braccio bendato, disse che usciva per conto suo.
Infine, guardandoli bene, notai che mancava uno di loro: lo spavaldo Huyu.
« Dov’è il ragazzo con la pettinatura pazza? » chiesi al gruppo, ma non fecero in tempo a rispondermi che egli spuntò dal corridoio, trascinando una valigia nera con le ruote… la mia valigia nera con le ruote!
La riconobbi subito: tessuto in pelle finta, cerniera della tasca inferiore rotta, tasche laterali in rete di colore grigio fulvo. Sì, era proprio lei!
« Sono qui! » rispose in modo orgoglioso gonfiando il petto. « Mi cercavi, bellezza? ».
Non so perché, ma a quelle parole sentii alcuni risolini provenire dai ragazzi alle mie spalle, come se quella domanda fosse stata in realtà un modo per dire: Ciao, usciamo insieme stasera?
Be’, non me ne accorsi subito e mantenendo il contatto visivo per non sembrare troppo confidenziale, gli risposi un secco: « No! ».
Un'altra onda di risatine equivoche risuonarono nelle mie orecchie.
Dannazione, ma che cos’avranno tanto da sogghignare? Io proprio non capisco!
Mi avvicinai a Huyu per dirgli che quello che stringeva tra le mani era il manico della mia valigia, che l’avevo persa la notte in cui avevo battuto Ryuren. Fortunatamente nessuno fece molte storie per ridarmela, anche perché se solo ci avrebbero provato li avrei convinti con le maniere forti. Per tutta risposta, però, Taka ordinò che essa fosse svuotata davanti agli occhi di tutti, e poi, nel caso non vi fosse trovato nulla di sospetto, sarebbe stata rimessa a posto.
Naturalmente mi opposi, sostenendo che lì dentro c’erano biancheria, effetti personali e basta, ma a parte Shinku nessuno mi credette. E così cominciò la riscoperta della roba che più di un anno fa avevo messo nella mia vecchia e capiente valigia.
L’addetta al pescaggio, anche se dolente, era Momo-chan, che una per volta cominciò a tirare fuori tutto e di più, elencando con la sua vocina graziosa la roba estratta. « Mutande, mutande, reggiseno, scarpa nera, calzini, lettore Mp3, maglietta in pelle, pantaloncini neri, altra scarpa nera, maglietta, maglietta, mutande, reggiseno, pantaloni, sacco con dentro… trucchi, vecchio tomo, portafoglio ed infine fascia rosa per capelli… ».
Taka mi guardò storto. « Così avevi solo biancheria intima ed effetti personali, eh? »
« Perché, cosa ti sembrano quelle, armi tecnologicamente avanzate? » risposi a tono, guadandola negli occhi. Lei socchiuse i suoi, sorpresa dal sentirsi rispondere in maniera così arguta. « Non parlarmi in quel modo, vampiro! » ribatté glaciale.
La tonalità in cui aveva risposto mi fece capire che tipo di persona fosse, ovvero orgogliosa e soprattutto abituata a non avere gente ribelle tra i piedi.
Ma non aveva ancora fatto i conti con la sottoscritta. Infatti le risposi con tono di sfida: « Perché non dovrei? ».
Ci guardammo in cagnesco per un attimo, poi, capendo la situazione, i ragazzi intervennero per separarci, convincendo Taka ad andare a dormire con Ratsa e Momo-chan.
Erano le dieci in punto e non avevo nulla fare. La valigia l’era andata a sistemare Huyu nella stanza sotterranea, per poi seguire Kami e Bob a fare un giro di pattugliamento nei dintorni.
Così non ebbi altra scelta che rimanere seduta sul ciglio della porta insieme a Shinku a guardare le stelle.
« Sai, io e lei stiamo insieme… » m’informò Shinku riferendosi a Taka.
« Be’, auguri… con una tipa così non c’è molto da scherzare, vero? » ironizzai.
Lui rise, ma non rispose al riguardo. « Ora devo andare da Kami e Bob. Mi prometti di non fare sciocchezze? » domandò dolcemente, alzandosi lentamente in piedi.
« Solo se tu mi dai il permesso di salire sul tetto… » risposi.
« Sul tetto? E cosa ci vai a fare? »
« Be’, io… »
« Ad osservare meglio le stelle, ho indovinato? »
« Sì »
« Brava, trovo che le stelle ti possano offrire un prezioso insegnamento. Anche a noi del Team Dragon piace molto riflettere sotto il cielo stellato… quindi permesso accordato, ci si vede dopo! ». E così Shinku sparì fuori dal cancello.
Come diavolo aveva fatto ad intuire il mio desiderio segreto di ritrovarmi sotto il manto scuro della notte, ad osservare senza pensieri i suoi scintillanti astri argentei?
E inoltre, chi gli assicurava che non sarai scappata? Lasciarmi libera così, con solo una promessa verbale come unico legame… che sciocco. Un istante dopo realizzai che probabilmente non mi considerava più una prigioniera, ma un ospite. Sorrisi. Lui aveva capito tutto fin da prima. Sapeva che non me ne sarei andata. E infondo, dove mai sarei potuta scappare? La mia valigia era lì.
Shinku, Shinku, in fondo mi stai simpatico… pensai, mentre mi arrampicavo sull’albero di ciliegio dietro l’edificio. Arrivata ad un’altezza sufficiente, saltai giù ed atterrai sul tetto: esso era formato sia una parte spiovente che una parte piana, con le piccole ed ordinate tegole di colore blu scuro. La cosa che mi colpii era un rialzo di circa tre metri che sembrava essere fatto apposta per osservare quelle meravigliose lucine del firmamento. Dalla posizione in cui stavo non riuscivo a vedere chi o cosa ci fosse sopra, così mi avvicinai e spiccai un salto come solo un vampiro sa fare. Raggiunsi la piattaforma, mi sedetti, girai la testa e vidi la persona che aveva avuto la mia stessa idea: Ryuren!
Se ne stava steso supino con le mani dietro la nuca a mo’ di cuscino, immobile, a scrutare con gli stupendi occhi d’oro il cielo stellato. Rimasi ferma come succede quando si vede un animale bellissimo allo stato brado e si cerca di non fare movimenti improvvisi, affinché esso non scappi via spaventato dalla presenza umana. Ma allo stesso tempo ero intimidita dalla bellezza del suo aspetto, e fu proprio quando girò la testa per guardarmi che realizzai di essermi imbarazzata.
« Perché sei qui? » chiese tranquillamente, mettendosi seduto a sua volta.
« Ero venuta per ammirare… le stelle… e tu? » risposi timidamente, cercando di non guardarlo negli occhi.
« Anch’io » concluse, alzando nuovamente la testa verso il cielo.

Senza dire una parola mi avvicinai al ragazzo e mi stesi vicino al suo braccio fasciato. Sapevo che per lui il nostro primo incontro era stato una sconfitta e che quella frattura era più che un semplice handicap: lo considerava una vera e propria ferita all’orgoglio, per questo non mi poteva perdonare.
Glielo lessi nel pensiero.
Da quando era tornato a casa non aveva fatto altro che pensare al nostro combattimento e al modo in cui ero riuscita ad ingannarlo mutandomi di nuovo in essere umana. Quel pensiero si faceva sempre più forte e presto divenne incontenibile. Non c’era nulla da fare, stava per esplodere!
Ed io lo aiutai involontariamente con un’ingenua domanda. « Ti fa ancora male il braccio? ».
In un attimo si portò sopra di me, bloccandomi entrambe le mani con una delle sue. « Dimmi come hai fatto! Devo saperlo! Parla! » m’incitò con foga, fissandomi la mia espressione esterrefatta.

« Io… io… » balbettai.
Maledizione! Ancora una volta provai quella sensazione di spiacevole soggezione ed impotenza di fronte al suo viso, al suo sguardo, alla sua bocca, ai suoi occhi… e, inevitabilmente, il pensiero erotico si presentò alla porta della mia testa.
« No! » urlai improvvisamente contorcendomi sotto di lui. « Lasciami subito! »
« Ti ho fatto una domanda, rispondi… » mi intimò in tono serio e determinato.
Presi fiato, mi tranquillizzai ed infine mormorai qualcosa. « Devi sapere che io… sono ciò che vedi, certo. Ma a volte, indipendentemente dalla mia volontà… torno ad essere un’umana ».
Il ragazzo mi guardò interdetto. « Spiegami il perché! »

« Be’, è una storia personale! E non ho alcuna intenzione di raccontartela qui, in questo momento! » ribattei in modo risoluto.
Vidi Ryuren fremere. Stava per dire qualcosa di brutto, lo sentivo. Prima che potesse aprire bocca, però, una voce sconosciuta parlò al posto suo: « Oh! Mi dispiace rovinare un momento così intimo, ma devo proprio farlo! » annunciò in tono ironico.
Ryuren ed io girammo istantaneamente la testa in quella direzione e vedemmo di chi si trattava: qualcuno se ne stava comodamente adagiato sul ramo dell’albero di ciliegio a guardarci. Lì per lì non capimmo subito chi era, infatti sia il volto che la maggior parte del corpo erano coperti dai ramoscelli, senza contare che fosse notte.
« No, no. Sono appena arrivato, non vi sto spiando da molto! » disse rivolgendosi a Ryuren, ma lui non gli aveva fatto nessuna domanda!
L’unica possibilità era che quel tizio sapesse leggere i pensieri altrui… come un vampiro!
« Attenta a ciò che pensi, non confondermi con quei nefandi succhia sangue! » mi rispose un poco contrariato.
Ormai era evidente: sia io che il giovane sopra di me c’eravamo accorti che quella persona non era una personalità qualsiasi. Ma fu soltanto dopo essere sceso dal ciliegio ed atterrato sul tetto che potemmo effettivamente riconoscerlo: era Yuri.
Il respiro di entrambi si mozzò alla sua vista, ma il cinese fu più veloce di me, e alzatosi in piedi gli domandò con arroganza: « Maledetto, cosa vuoi da noi?».
L’altro ragazzo sorrise sinistramente. « Che domanda sciocca… sono venuto a prendere la tua amica! » esclamò puntandomi l’indice della mano contro.
Rimasi scioccata. Era vero che Shinku m’aveva parlato del suo singolare gusto a nutrirsi di vampiri, ma non poteva fare una dannata eccezione per una volta? Voglio dire, infondo ero stata io a resuscitarlo! Doveva pur avere un minimo di riconoscenza!
« Oh, ma non voglio ucciderti… » intervenne il mostro, sorridendo ancora più malignamente. Il discorso però fu interrotto da Ryuren che, scendendo dal rialzo di mattoni con un balzo, si mise in mezzo e con sguardo terribilmente minaccioso provocò il suo avversario. « Provaci, se ne hai il coraggio! ».
Non ci potevo credere, mi stava difendendo!
Scrollai la testa: non lo faceva per me, ne ero sicura, ma solo per fare il temerario… oppure no?
Per quel poco che lo conoscevo mi era sembrato un ragazzo forte quanto affidabile ed intelligente, ma allora perché diavolo stava affrontando un nemico così potente? Le sue possibilità di vittoria erano meno dello zero per cento: senza un’arma, con un braccio inutilizzabile… cosa diamine aveva intenzione di fare in quello stato?
L’enorme superiorità dell’avversario si fece evidente quando, nel tentativo di dargli un pugno, il cinese incassò due cazzotti dritti allo stomaco che lo fecero rimbalzare contro la parete del rialzo dov’ero seduta. Guardai con orrore la scena. Se qualcuno non fosse intervenuto Yuri l’avrebbe sicuramente massacrato!
E chi era l’unica persona in grado di fermarlo in quel momento?
Saltai giù dal bordo del muro e per poco non schiacciai la testa del giovane che, vedendomi piombare sopra di lui, si scansò goffamente da una parte.
« Non fare cazzate, vampiro… ti ricordo che è proprio te che vuole » sussurrò.
Io non ci feci neppure caso: ero troppo impegnata a fissare la persona di fronte a me.
« Ma per favore… » ironizzò quello. « Cosa pensi di fare tu, piccola e seducente ragazzina? ».
Sapevo che Ryuren mi stava guardando, attonito. Era desideroso di vedere la mia reazione, ed io, cogliendo l’attimo, risposi nel modo più enfatico che potevo: « Non ti lascerò fare scempio del suo corpo. Lui è mio amico! ».
Appena pronunciate queste parole, qualcosa s’illuminò nella mente di Ryuren. Siamo amici? E da quando?
Non so perché, invece di concentrarmi anima e corpo su Yuri, continuavo a scrutare i pensieri del ragazzo mortale seduto alle mie spalle. Forse lo facevo per capire, una volta per tutte, cosa pensasse vendendo le mie azioni eroiche. Ma ben presto mi resi conto che non era quello il problema.
Il vero guaio era Yuri.
In che modo avrei potuto mandarlo via? Combattendo? No, mi avrebbe sconfitta in un attimo. Pregandolo e mettendomi in ginocchio? Nemmeno per sogno.
Lo guardai negli occhi, le sue iridi policromatiche lasciavano intravedere la sua antica malvagità.
Ero inerme, ero giovane, ero troppo inesperta in fatto di demoni bellissimi ed ingannevoli, ci voleva qualcuno che sapesse destreggiarsi in queste situazioni, ci voleva uno come… Shinku!
Pensai più intensamente che potevo, portandomi le mani alle tempie: avevo sentito dire che quando una persona ne chiama mentalmente un’altra quest’ultima riesce a percepire la sua voce. Io ero un vampiro, queste cose mi sarebbero dovute riuscire alla perfezione! O almeno lo speravo.
« Su, adesso fai la brava e spostati, devo finire quell’umano! » disse il giovane albino con garbo, facendo un passo verso di me.
« Non passerai… » ribattei a denti stretti guardando Ryuren con la coda dell’occhio.
Sapevo che voleva reagire, voleva farmi vedere di cosa era capace. In condizioni normali sarebbe riuscito a tenergli testa perlomeno per qualche minuto, ma in quel momento era proprio KO e non poteva far altro che osservarmi. Ma perché non faceva il tifo per me? Perché non m’incoraggiava dicendo che potevo batterlo? Perché, maledizione, non diceva nulla? Possibile che fosse stato così insensibile ed orgoglioso? Ma no, forse era talmente spaventato che non riusciva a parlare…

« Ahah, talmente spaventato da non riuscire a parlare! Questa prospettiva mi piace! » rise all’improvviso Yuri. Capii che mi aveva letto nel pensiero.
« Sai, Shanghai Kid, cosa ha pensato di te questa donna? Che sei talmente spaventato da non poter parlare solo perché non fai il tifo per lei » concluse rivolgendosi a Ryuren.
Lo fulminai con lo sguardo. « Ma che dici, brutto… »
« La verità! » rispose, interrompendomi con tono di sfida.
L’avrei infilzato. Cominciava a darmi fortemente sui nervi. Volevo ucciderlo, ma come potevo fare? All’improvviso uno strano rumore ci distrasse entrambi, voltammo la testa e vedemmo Huyu armato della sua scimitarra bicolore sbucare da un lato del tetto. Appena si fu raddrizzato corse per raggiungerci, poi si fermò a non più di due metri da Yuri e con la solita voce spavalda minacciò il ragazzo di morte, informandolo che Shinku e gli altri erano subito dietro di lui.
Infatti, dopo nemmeno dieci secondi, i tre ragazzi mancanti all’appello comparvero dai bordi del tetto e circondarono velocemente il mostro, che parve disorientato.
« Ma cosa ci fate qui? Non vi è bastata la lezione di prima? » chiese stupito, guardandoli uno ad uno.
« Tsk, se bastasse un povero diavolo come a te a sconfiggerci non saremmo il Team Dragon! » lo sfotté Kami.
Non mi sembrava vero, i miei amici erano lì! Avevano intercettato la mia chiamata ed erano venuti a salvaci… che emozione!
« Ah, poveretti, pensate veramente di potermi sopraffare con quegli stuzzicadenti troppo cresciuti? » li provocò il mostro. « Comunque sia sconvolgete i miei piani… ero venuto solo a riprendermi ciò che m’appartiene di dritto, e per questa volta non vi ucciderò… » concluse, facendo cenno con la testa verso di me.
« Finiscila una buona volta! » lo rimproverai, cercando di dominare l’imbarazzo d’essere fissata con stupore da ognuno dei miei amici.
« Oh, ma cosa dici? Sei tu la ragazza che mi ha risvegliato notti fa… non te lo ricordi più, Milady? » ribatté con aria innocente.
Ormai avevo capito il suo gioco: tentava di screditarmi agli occhi dei ragazzi dicendo la verità, ma dal suo punto di vista. E purtroppo la maggior parte di loro c’era cascata!

Solo Shinku aveva mantenuto un aria impassibile, gli altri mi fissavano con sguardi tanto taglienti quanto acrimoniosi. Ma fu solo merito del primo se la situazione si sbloccò.
« Puoi blaterare quanto ti pare, ma sei tu quello che deve andare all’altro mondo! » affermò per la prima volta con veemenza, cercando di affondare addirittura un colpo verso il mostro che, mantenendo il contatto visivo su di me, parò il fendente senza alcuna difficoltà, alzando appena l’avambraccio.
« A quanto pare la mia presenza non è gradita, quindi per ora tolgo il disturbo se non vi dispiace… » sghignazzò Yuri, e spiccando una capriola alla velocità della luce atterrò alle spalle dei giapponesi, ancora allibiti dalla sua rapidità. Poi se ne andò tranquillamente, fischiettando come se non fosse accaduto nulla.
I ragazzi non lo inseguirono. Sapevano che in quel momento non avevano possibilità di vittoria. Lo avevano capito fin dall’inizio. Tentai di leggere le loro menti: da una parte erano felici che il pericolo più immediato se ne fosse andato, ma dall’altra erano preoccupati per quanto egli aveva detto.
Si girarono contemporaneamente verso di me e guardandomi in modo sospettoso mi chiesero freddamente delle spiegazioni.
« Non è come sembra, ve lo posso assicurare! » cercai di giustificarmi, ma la loro reazione fu inevitabile. « Chi ci assicura che stai dicendo la verità? Sbaglio o quell’essere ha detto che sei stata tu a risvegliarlo! » mi abbaiò Huyu in faccia, seguito dai segni di approvazione di Bob e Kami.
Aveva ragione. Obbiettivamente non potevo difendermi. Chi li costringeva a fidarsi di me?
Nessuno.
« Secondo me dovremmo… » continuò Huyu rivolgendo la lama della sua spada verso di me. Gli altri due si voltarono con occhi sbigottiti verso Shinku, ammutolitosi dopo la figuraccia col nemico, che rimase immobile a fissarmi.
Preferii non leggergli la mente, anche sapevo benissimo che stava decidendo cosa fare.
Ma senza alcun preavviso, il ragazzo precedentemente malmenato, Ryuren, camminando a fatica venne verso di noi. Seguii il suo lento tragitto con curiosità. Non sapevo cosa volesse fare, ma le sue intenzioni mi furono chiare quando aprì bocca. « Stai zitto Huyu, tu cosa ne sai? Vuoi farmi credere che ti fidi ciecamente delle parole di quel mostro? » rimproverò l’amico che rimase interdetto.
« Be’, io… »
« Sei così stupido a volte! »
« Ehi, cosa hai detto?! »
« Ti ho solo detto la verità! ».
Ma il prominente litigio dei due fu interrotto bruscamente da Shinku, che facendosi avanti concluse in tono definitivo: « Adesso basta! Ora scenderemo disotto… lì ci racconterai tutta la tua storia! ».
Così si girò di spalle, incamminandosi verso l’albero di ciliegio.
Lo seguimmo. Rientrammo nel Ryokan e scendemmo giù fino alla mia umida e buia stanza.
Il tempo era giunto: gli avrei dovuto raccontare tutta la mia serie di ricordi, sventure ed avventure, svelandogli il fatto di essere la pronipote di un eroe.

Cominciai dal giorno in cui conobbi il principale fautore delle mie sfortune: Doug Pomevert, un mezzo licantropo tanto bello quanto meschino, troppo impegnato a tirare su il suo branco per aiutare un’amica in difficoltà. Dall’Italia egli mi convinse a seguirlo in Francia. Raccontai loro del suo gruppo di mezzi uomini lupo di cui in seguito divenni la leader, degli allenamenti, dell’amicizia che pensavo fosse sincera, ma della quale mi ricredetti quando mi abbandonarono alle grinfie dei loro nemici. Dopo di ché passai alla setta di vampiri di cui presi parte per caso: parlai di ogni singolo membro senza escludere, ovviamente, la donna che mi aveva fatto rinascere come vampiro. Descrissi ai ragazzi tutti i particolari della casa dove vivevamo, dei rapporti fallaci che avevo con gl’immortali e tutto il resto, concludendo che tutte quelle disavventure mi erano capitate solamente a causa del mio sangue.
Naturalmente inclusi anche i giorni passati sulla nave mercantile di Mark e della nostra battaglia.
Infine arrivai alla parte più scottante del racconto: il risveglio di Yuri. Fui fredda ed obbiettiva; gli riferii l’accaduto puro e semplice senza commenti o roba del genere.
Accennai anche ai miei ritorni alle origini, ma a quel punto la domanda di Ryuren, che aveva aspettato con ansia quel momento, fu ineluttabile. « Perché torni ad essere una ragazza umana? ».
Il grande momento era arrivato: tra poco sarebbero venuti a conoscenza del tipo di sangue che mi scorreva nelle vene, il sangue di un uomo che era vissuto con il solo scopo di rendere il mondo in cui viveva un posto migliore, sacrificandosi addirittura per i suoi lodevoli ideali.

Il sangue di Marino Serafino!

  
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