Cap
6
La
delegazione greco romana era stata fatta radunare
nella zona centrale del Campus, utilizzando l’Arena come
punto di raccolta per
contenere tutte quelle persone. I semidei dei due Campi indossavano
semplici
jeans e t shirt di due colori, arancioni se venivano dal Campo
Mezzosangue e
viola per quelli provenienti da quello Giove, e non sembravano andare
particolarmente d’accordo. O meglio, il biondino
dall’aria gracile e vagamente
simile a uno spaventapasseri sembrava piuttosto ostile con tutti coloro
che non
fossero romani o non pendessero dalle sue labbra, tutti gli altri si
limitavano
ad essere pacati e vigili. Lupa e Chirone si erano sistemati accanto a
Manto e
parlottavano a bassa voce con lei.
-
Fantastico, adesso ci mettiamo anche ad allestire
uno zoo? – domandò Caleb, scrutando il centauro e
la lupa.
Lars,
rimasto in un angolo alle spalle di Manto, lo
folgorò con un’occhiataccia per poi tornare a
osservare con un sopracciglio
inarcato lo spaventapasseri e la ragazza dai ricci capelli rossi. Non
aveva mai
avuto niente a che fare con Auguri e Oracoli, ma non faticava a capire
che i problemi
sarebbero arrivati unicamente dal romano.
-
La delegazione greca è guidata da Percy Jackson,
figlio di Poseidone, e Annabeth Chase, figlia di Atena, mentre quella
romana
dai Pretori Reyna Arellano e Jason Grace, figli di Bellona e Giove.
– spiegò
Manto, rivolgendosi a Peter.
-
Peter Murter, figlio di Ra, e Ulfric del Campo. –
si presentò asciutto, guardandosi bene
dall’avvicinarsi più di tanto agli
esponenti delle altre fazioni.
Lui
era un semidio egizio e non voleva proprio avere
niente a che fare con quei barbaros.
-
Di solito ci si stringe la mano quando ci si
presenta. – osservò Reyna, inarcando un
sopracciglio. Non era esattamente
ostile, ma neppure amichevole, quasi stesse ancora decidendo come
comportarsi
con loro.
-
Di solito sì, ma credo che in questo caso ne farò
tranquillamente a meno. –
Lo
spaventapasseri, aveva deciso che quello era il
nome con cui l’avrebbe chiamato da quel momento in poi, emise
un verso di
scherno.
-
Temi la potenza di Roma? Allora, forse, dopotutto
voi egiziani non siete così stupidi … forse siete
addirittura meglio dei
Graecus. –
-
Esattamente di cosa dovremmo aver paura, di un
tizio con indosso un lenzuolo e armato di peluches? –
domandò Jack, suscitando
con suo stupore anche le risatine di buona parte della delegazione
straniera.
Octavian
divenne rosso come un peperone,
bofonchiando qualcosa in latino.
-
Ragazzi, smettetela immediatamente. –
La
voce di Manto, unita al lieve ringhio di Lupa e
allo scalpiccio di Chirone, interruppero l’inizio di quella
che sarebbe
sicuramente degenerata in una rissa di proporzioni epocali di
lì a poco.
-
Sono ospiti e come tali sono sacri, perciò
comportatevi bene. Quanto a voi, finchè sarete qui
mostrerete rispetto e non
attaccherete briga con i miei Eroi. – aggiunse, passando in
rassegna prima i
suoi ragazzi e poi tutti gli altri.
Reyna
chinò appena il capo, dando segno che
accettava quelle condizioni, mentre il resto del gruppo annuiva
silenziosamente.
-
Jack, Hannah, Austin e Annalisa si occuperanno di
trovarvi degli alloggi mentre Lars si occuperà del vostro
Oracolo e dell’Augure.
–
L’Ur
Mau lanciò un’occhiata di sottecchi a Skyler,
dipingendosi sul volto un’espressione desolata. A quanto
sembrava i loro
progetti pomeridiani avrebbero dovuto essere rimandati a un momento
più
favorevole. La ragazza, però, non sembrava essersela presa e
si era limitata a
scrollare le spalle e a indirizzargli un sorriso rassicurante. Forse,
tutto
sommato, l’idea di unirsi al resto dei semidei per la cena
non era poi tanto
male. Magari, se fosse stato particolarmente fortunato, sarebbe
riuscito a
scambiare quattro chiacchiere con lei.
-
Quindi tu sei una specie di sacerdote? – domandò
Rachel,
mentre lei e Octavian lo seguivano lungo i corridoi interni che
portavano alla
zona notte riservata agli “addetti ai lavori” del
Campo.
-
Più o meno, anche se il mio compito è molto
simile
a quello di un Oracolo. –
Octavian
emise uno strano sbuffo. – Fantastico, un
altro Oracolo. –
-
E perché non alloggi nel tempio? –
Sgranò
leggermente gli occhi. I suoi compagni
facevano bene a chiamarli barbaros.
L’idea
di risiedere nello stesso luogo della divinità che si
serviva era qualcosa di a
dir poco sconveniente e irrispettoso.
-
Sarebbe osare troppo, quasi ritenersi sullo stesso
piano del Dio. Insomma, non sta bene. –
Rachel
annuì, poco convinta, ma non aggiunse altro.
Le sembrava che questi egizi fossero un po’ troppo
bacchettoni comparati al
modo di fare che avevano greci e romani.
-
È un ragionamento sensato. – ribattè
invece
Octavian, sorprendendola.
Di
solito l’Augure non perdeva occasione per
criticare e andare contro il pensiero comune, quindi il fatto che fosse
d’accordo
con un’usanza straniera la lasciava senza parole.
-
Le vostre stanze sono queste, la cena comincia
alle otto e immagino che alle nove ci sarà una nuova seduta
del Consiglio.
Fareste bene a rispettare gli orari, Peter non è molto
tollerante. – concluse,
senza dar peso né allo sconcerto della rossa né
alle parole del
romano.
Voltò
loro le spalle e tornò nella sua stanza.
Era
stato abbastanza in mezzo alla gente per i suoi
gusti e se voleva cenare in mensa con tutti gli altri avrebbe fatto
meglio a
prendersi almeno un paio d’ore solo per sé.
*
Il
gruppo scortato da Jack era formato da Percy,
Annabeth e Reyna e, tutto sommato, il figlio di Thor doveva ammettere
che era
il trio con cui probabilmente avrebbero avuto meno problemi.
Sorrise,
vedendoli sgranare gli occhi davanti alla
costruzione e all’arredamento.
-
Dall’esterno sembra spartano quasi quanto la Casa
di Ares, ma all’interno è stupefacente.
– commentò Annabeth, soffermandosi sui
dettagli architettonici che impreziosivano le varie stanze.
Reyna
tornò subito su un argomento che le stava
molto più a cuore e che le sarebbe di certo stato
più utile delle lezioni di
architettura della figlia di Atena. – Cosa puoi dirci sul
vostro capo … Peter,
giusto? –
Jack
prese un po’ di tempo per trovare le parole
giuste. Da quanto aveva visto, Reyna gli assomigliava molto ma non
credeva che
paragonarla a lui sarebbe stata una mossa saggia.
-
Peter è … particolare. È un buon
leader e un
ottimo amico, malgrado sia un po’ lunatico, e questa
è l’unica cosa che conta. –
La
figlia di Bellona annuì, come se si fosse
aspettata una risposta come quella.
-
Quindi anche tra gli egizi la lealtà ha un gran
valore, sono lieta di saperlo. –
Finirono
il giro in silenzio e, quando tutti e tre
si furono sistemati, Jack decise di levare le tende. Non era mai stato
un
mediatore particolarmente efficace e le pubbliche relazioni lo
annoiavano,
quindi molto meglio darsela a gambe il prima possibile ed evitare
incidenti
diplomatici.
Hannah
Eva non aveva potuto fare a meno di notare
quanto quel ragazzo, Leo, fosse incredibilmente simile al loro Zephyr.
Jason e
Piper erano chiaramente una coppia, una di quelle stabili e dolcissime
a suo
modesto parere, proprio come quelle dei suoi film e libri preferiti e
le
facevano una simpatia immediata, ma era il ragazzo ispanico ad averla
conquistata. Leo Valdez era un vero e proprio uragano, uno di quelli
con la
battuta sempre pronta, e di un’iperattività
sconvolgente.
Quando
fece cadere una delle statue a forma di gatto
che stavano sul basamento della Seconda Casa, si volse verso di lui.
– Ma tu
non stai proprio mai fermo? –
-
Certo che no, avrò tutto il tempo per stare fermo
una volta che sarò morto. – ribattè,
rivolgendole uno dei suoi migliori sorrisi
malandrini. – Piuttosto, perché qui dentro
è pieno di gatti di tutte le forme e
dimensioni? Non è che ci abita una vecchia gattara pazza,
tipo quella dei
Simpson, vero? –
Hannah
soffocò una risata.
-
No, nessuna gattara pazza, ma per noi egizi il
gatto è uno degli animali sacri. –
Leo
annuì, passandosi una mano tra i ricci scuri.
-
Già, avete pure una specie di Dea dalla testa di
gatto, no? –
-
Ehm … sì, quella è Bastet, e sarebbe
mia madre. –
Il
ragazzo sgranò gli occhi, guardandola come se si
aspettasse di sentirla miagolare da un momento all’altro.
– Però tu sei tutta
umana, vero? Nessuna parte felina? –
Stavolta
non riuscì a trattenersi e scoppiò a
ridere. – Sì, nessuna parte felina, non miagolo e
non perdo pelo. Lo giuro. –
-
Bene, perché si da il caso che sia allergico ai
gatti e poi non mi sarebbe andato di portarti scatolette di tonno e
piattini di
panna. –
-
Sei un tipo strano, Leo, te l’hanno mai detto? –
Il
semidio annuì, sorridendo, - Lieto che te ne sia
accorta, gattina. –
Ad
Annalisa toccarono Clarisse, Chris e Will. Un
trio eterogeneo e interessante, peccato solo che lei e la figlia di
Ares si
stessero cordialmente sulle scatole.
-
Quindi tu saresti una figlia di Loki, giusto? –
domandò
Chris, deciso a rompere il ghiaccio e uscire da quella situazione di
imbarazzante silenzio che li aveva accompagnati da quando erano usciti
dall’Arena.
-
Già. C’è una certa affinità
tra Loki ed Ermes,
almeno credo. –
Il
figlio di Ermes annuì, aggrottando la fronte
pensieroso. – Suppongo di sì, per certi versi sono
molto simili. –
-
Non direi. Ermes non è un Dio imbroglione. –
intervenne Clarisse, che non sembrava aver preso molto bene
quell’improvviso
punto di contatto tra la ragazza e il suo fidanzato.
-
Già, è solo il Dio dei ladri.
C’è una differenza
abissale. – convenne, sarcastica.
-
Mi stai prendendo in giro? –
-
No, cosa te lo fa pensare? –
-
Stammi bene a sentire, se … - cominciò Clarisse,
ma Chris fu più svelto di lei e la trasse a sé,
riuscendo a tacitarla.
-
Non farci caso, è normale trovarla antipatica. –
disse Will, chinandosi a sussurrarglielo nelle orecchie per evitare che
Clarisse lo sentisse.
-
Perché stai sussurrando se è una cosa normale?
–
-
Perché la troverò anche antipatica, ma non sono
così masochista da volermi far sentire da lei quando ne parlo male. Fare
incavolare una figlia di
Ares, specie se si tratta di lei, non è mai una scelta
saggia. –
Annalisa
inarcò un sopracciglio, per niente toccata
da quella dichiarazione. – Bè, imparerà
a sue spese che neanche fare arrabbiare
me è una cosa molto saggia. –
Sembrava
che Austin avesse finalmente trovato
qualcuno con cui sarebbe potuto
andare d’accordo. Ovviamente quando gli avevano assegnato
quel terzetto non lo
sapeva ancora, ma quando giunsero davanti all’ingresso della
Quarta Casa fece
quella lieta scoperta.
-
Figlio di Seth, giusto? – domandò Hazel,
scrutandolo dalla testa ai piedi con espressione concentrata.
Perfetto,
era arrivato il momento di far fuggire
spaventati anche quei tre.
-
Già. – replicò, sulla difensiva.
-
Tranquillo, per me è okay, sono una figlia di
Plutone quindi so quello che devi aver passato. Una figlia di Plutone maledetta, insomma, non è che
facciano
esattamente la fila per fare amicizia con me. –
Eppure
gli risultava difficile da crederlo. Mentre i
suoi occhi dalle sfumature rosso rubino erano di per se inquietanti e
facevano
passare la voglia a chiunque di guardarlo in faccia per troppo tempo,
doveva
ammettere che quella ragazzina era piuttosto carina.
-
E voi due che dite? Nessuna crisi isterica in
arrivo voglio sperare, non sono un granchè a gestirle.
– domandò, rivolgendosi
prima al tipo con la carnagione da cadavere ambulante e poi al cinese
dalla
corporatura possente.
-
Figlio di Ade, passo un sacco di tempo tra gli
spettri, figurati se mi faccio problemi a parlare con te …
Tu almeno sei vivo. –
-
Il figlio sfigato di Marte. – si presentò a sua
volta Frank, tendendogli una delle manone e stringendo la sua in una
morsa
ferrea.
Accettò
la stretta, preso alla sprovvista. Quei tre
ragazzi lo conoscevano da appena una manciata di minuti ed erano
già disposti
ad accettarlo e a non fargli pesare le sue origini, invece i semidei
con cui
aveva passato gli ultimi anni della sua vita non potevano fare a meno
di
guardarlo con sospetto. E poi erano loro i barbaros,
pensò tra sé e sé.
*
-
Allora, cos’era quello sguardo con Lars? – chiese
Hellen, mentre finivano di sistemare l’Arena per la seduta
del Consiglio che si
sarebbe tenuta poche ore dopo.
Skyler
distolse lo sguardo, imbarazzata, e
sprimacciò con più vigore di quanto fosse
necessario uno dei grandi cuscini da
sistemare sopra i sedili di marmo.
-
Non ho la minima idea di ciò che stai dicendo. –
-
Certo. Ria, dimmi, tu le credi? –
La
figlia di Onuris emise un verso ironico. – Sì,
certo, come no. Non vedi quanto è convincente? È
ovvio che tra lei e l’Ur Mau
non ci sia assolutamente nulla. –
-
Non c’è niente. –
-
Certo. – replicarono all’unisono.
-
Davvero, ragazze. Tra me e Lars non c’è
assolutamente nulla. – insistè, mordendosi la
lingua prima di aggiungere un “non
ancora”.
-
Guarda che ti crediamo, perché lo ripeti? – la
stuzzicò Ria, sorridendo davanti all’ennesimo
avvampamento della più piccola
del gruppo.
-
Siete insopportabili quando fate così. –
borbottò Skyler,
consapevole di essersi incastrata con le sue stesse mani.
Ria
e Hellen si scambiarono un cinque.
-
Avete finito di spettegolare come delle comari? –
domandò Caleb, affacciandosi per controllare a che punto
fossero con la
preparazione.
-
Perché invece di lamentarti non ci dai una mano? –
Il
ragazzo sgranò gli occhi come se Hellen avesse
appena detto qualcosa di assurdo e incredibilmente umiliante.
-
Aiutarvi a mettere in ordine? Stai scherzando,
spero. Rassettare e pulire è un lavoro da donne.
–
-
Quindi è perfetto per te. –
concluse Ria.
Gli
occhi scuri di Caleb scintillarono furibondi. –
Farò finta di non averti sentito, Torres. –
-
Se non mi hai sentito magari è il caso che ti dia
una sturata alle orecchie, Schwarz. –
-
Non mi faccio parlare in questo modo da una donna.
– ringhiò, avvicinandosi
pericolosamente a lei.
-
Caleb, possibile che tu debba sempre attaccare
briga? – esclamò Peter, mettendo piede
nell’Arena in compagnia di Nives. Il
figlio di Ra non sapeva davvero più come prendere quel
ragazzo.
-
Non ho iniziato io. –
-
Non m’interessa chi ha iniziato. Va a dare una
mano in armeria, magari riesco a tenerti fuori da una rissa fino
all’ora di
cena. – replicò, con un tono di comando che non
ammetteva repliche.
-
Ir al infierno, cabrón. –
mormorò Ria, seguendolo con lo sguardo.
-
No comenzar tambièn. –
Ria
e Peter si scambiarono uno sguardo penetrante, in una specie di gara
che vedeva
scontrarsi il Messico con il Venezuela.
-
Bueno, lascio perdere, ma la prossima volta lo prendo a patadas en
culo. – lo avvisò.
Peter
scrollò le spalle. – Fa un po’ come ti
pare, sono stanco di sentirvi discutere
in continuazione. –Poi si rivolse a Hellen. –
Allora, novellina, è
tutto pronto? –
La
figlia di Osiride annuì. – Ci siamo. –
Peter
lanciò un’occhiata all’orologio che
portava al polso. Mancavano due ore all’inizio
del Consiglio ... E che Ra gliela mandasse buona.
Spazio
autrice:
Ho
aggiornato un po’ dopo il solito perchè in questi
giorni sono in organizzazione
pre partenza e quindi ho avuto un sacco di cose da fare. Il capitolo
è un po’ di
passaggio, ma spero che vi piaccia. Cercherò di aggiornare
prima della partenza
(venerdì), ma non garantisco nulla. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt