22 Gennaio 1861
Sono un
folle. Uno sconsiderato, sciocco e folle.
Scrivo
queste parole serenamente, eppure con timore, perché la mia vita, la mia stessa
esistenza potrebbero essere compromesse per la mia stoltezza. Ma non ho potuto
davvero farne a meno…. Il mio cuore è debole come quello di ogni essere umano,
e la mia volontà è forte come le loro non saranno mai.
E ho osato….. Oh, se ho osato! Ho osato credere che qualcuno potesse, e
possa ancora, fare a meno di conoscere la mia natura di mostro. Ho lasciato che
qualcuno venisse a contatto con la mia anima senza che il suo pensiero sia
condizionato dalla mia vista.
Non riesco
quasi a scrivere tanta è l’agitazione che mi afferra.
Forse,
raccontando cosa è accaduto dal principio, riuscirò a calmare le mie membra e
la mia mente. Il mio cuore, invece, è ormai perduto.
Ieri notte,
quando l’ora era molto tarda e tutti dormivano, nel teatro, sentii dei
singhiozzi disperati. Non era mai accaduto che dei lamenti giungessero fino
alla mia casa. Mi incuriosii, quindi salii in
superficie, tentando di distinguere la provenienza della voce. Alla fine, mi resi
conto che era dalla cappella che venivano tutti quei suoni.
Giunsi molto
cautamente fino al passaggio segreto che dà su quella piccola ed umida stanza e
vidi che qualcuno stava inginocchiato davanti alle candele per i defunti.
Era
Christine.
Piangeva
disperatamente, rivolgendo tra i singhiozzi brandelli di preghiere al suo
defunto genitore. Evidentemente doveva aver avuto una crisi di sofferenza
durante la notte, oppure, più probabilmente, doveva aver avuto un incubo.
Rimasi
nascosto nell’ombra per alcuni minuti, sentendo che il mio cuore si impietosiva
ad ogni singhiozzo della piccola. Mai nella mia vita mi sono sentito tanto
vicino ad un essere umano. Mai. E del resto, quale essere umano si è mai
sentito vicino a me? Non so quali istinti mi spinsero ad agire, né le
motivazioni mi sono chiare. So solo, come ho già scritto,che
non ho potuto farne a meno.
E così, misi
in pericolo il mio cuore, la mia anima e la mia vita a favore di una creatura
innocente che in quel momento, come me, non aveva nessuno.
Parlai.
« Perché piangi, Christine? » Nel momento stesso in
sui pronunciai queste parole, me ne pentii. Eppure mi sentivo
stranamente euforico.
La bambina trasalì,
cessando immediatamente di piangere. Potevo quasi sentire il battito agitato
del suo piccolo cuore nel silenzio che nuovamente si era creato nella cappella.
Si guardò intorno freneticamente, alla ricerca della persona cui apparteneva la
voce che aveva udito. Sapevo bene che non poteva vedermi. Né lo avrei mai
permesso. Per quanto piccola ed innocente, con una sua parola ella avrebbe
potuto spingere tutto il teatro a lanciarsi alla mia ricerca.
Ma nemmeno
questa consapevolezza riuscì a frenarmi.
« Non vuoi dirmelo? » dissi nuovamente.
Il respiro
di Christine accelerò notevolmente. I suoi occhioni
scuri, belli, selvaggi e indomiti, come quelli di una cerva,
si spalancarono per la sorpresa nell’udirmi ancora.
« Dove sei? » chiese prendendo coraggio « Chi sei? »
Avevo temuto
quella domanda. Che cosa avrei mai potuto dirle? Nulla di vero, oppure nulla di
rassicurante.
Risposi solo
« Non puoi vedermi, Christine, ma volevo sapere come
mai eri tanto triste. »
Lei non mi
rispose, perché la mia voce, grazie all’acustica di quella stanza, sembrava
provenire da ogni dove. Era chiaramente spaventata.
« Chi sei? Rispondi! » ripetè,
facendomi sentire ancora più a disagio per la mia incapacità di risponderle. Il
silenzio regnò per alcuni secondi, poi la stessa Christine, quel piccolo
angelo, mi venne in aiuto.
Sospirò, poi
domandò: « Sei l’Angelo della Musica? »
Quella
domanda mi sorprese oltre ogni dire. Mai mi sarei aspettato una simile
occasione. Ricordavo di averla sentita parlare con Meg di questo angelo.
Secondo le favole che le raccontava suo padre, a quanto pare, egli avrebbe dovuto andare da lei e proteggerla. Non avrei mai
pensato che la piccola potesse collegare in qualche modo la mia voce a quello
strano personaggio. Un personaggio nel quale lei sembrava credere ciecamente.
E nella mia
sconsiderata voglia di essere vivo, colsi quell’unica, imperdibile occasione.
« Si, Christine. Sono io. Sono venuto da te. »
« Non sto sognando, vero? » chiese infine
la piccola, ancora sconvolta dalla mia strana apparizione, anche se non la si
può definire tale nel vero senso della parola. Io non le risposi subito, ma
dopo alcuni secondi la rassicurai, dicendole che tutto ciò che sentiva era
assolutamente reale e che io ero lì insieme a lei.
Mi credette.
Ero oramai
folle, e lo sono ancora, riportando questi eventi sul mio diario e rammentando i fatti secondo per secondo. Mi sento come se fossi ubriaco
al pensiero di esistere finalmente per qualcuno. Qualcuno che non mi considera
un mostro, o un essere immondo pur nella sua semiumanità. Molto, molto di più.
Christine mi considera oramai il suo angelo, l’angelo della musica. Quale
straordinario scherzo del fato è mai questo? Il mio genio mi è finalmente
riconosciuto, anche se non nel modo in cui avevo sempre sperato.
Ma
soprattutto, una persona ora, confida in me. Forse, con il tempo, Christine
riuscirà a provare anche una piccola forma d’affetto per me, in quanto sua
ombra protettrice.
Mi sento
terribile all’idea di averla ingannata. Ma non posso non essere contento, nel
profondo, di avere un’occasione per dimostrare a qualcuno di non essere un
mostro. Sono un uomo, fatto di carne e sangue, che prova emozioni come e più di
tutti gli altri. La pena per Christine e quella, forse, per me stesso, mi hanno condotto qui, a questo giorno e a questa
scelta.
Spero solo
di non aver fatto quella sbagliata.
Erik
Ed ora anche
L’Angelo della
Musica