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Autore: SynySterina    08/08/2014    0 recensioni
Ed è così che ci si sente in una sfera di cristallo: lontani dalla realtà. In quella lucente sfera Ishtar ci è nata e cresciuta, forse troppo, tanto che adesso batte i pugni contro le sue pareti con tutta la sua forza sperando di distruggerla e finalmente avvicinarsi al mondo. Paradossalmente chiunque vorrebbe essere al suo posto ammirando il suo finto sorriso: figlia unica e futura erede di una delle famiglie più ricche della California; eppure in quella villa da sogno si sente soffocare, schiacciata dalle aspettative della sua famiglia e dal peso di una vita che non sente di appartenere. Una giornata da passare sui libri del college nella Huntington Beach Public Library, un incontro/scontro ed ecco una crepa nella sua sfera e la luce che finalmente illumina il buio di una vita. Che sia arrivato finalmente il momento di vivere?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Synyster Gates, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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REVELATIONS.


"E tu, adesso che mi hai visto come sono veramente, riesci ancora a guardarmi?"
George Orwell





Complicata.
Complicata è la parola giusta per descrivere tutta questa situazione, una parola che difficilmente si affiancava, prima di questa mattina, alla mia vita fatta di situazioni ed eventi fin troppo alla mia portata, gestibili. Forse avrei dovuto prevedere l'imprevedibile ed allenarmi ad affrontarlo, perché da un momento all'altro mi sono ritrovata a chiedermi troppo spesso se stessi andando nella direzione giusta.
Ma in tutto questo vagare mi sono persa. 
Ho finto sicurezza quando ho ripulito quel sangue, quando ho porto le chiavi a Brian, quando mi sono avvicinata alla portiera della mia macchina. 
Vedo la mia immagine nel vetro scuro e persino quel riflesso sembra tremare ma non ho più paura di lui, paura che mi faccia male, io ho paura di me. 
Paura di non riuscire a stare accanto a Brian, paura di farlo stare peggio. Sarei dovuta scappare come mi aveva consigliato eppure quella mano che mi aveva porto stamattina non riesco a togliermela dalla testa e dal cuore, non riesco a lasciarla perché è lo slancio di cui ho bisogno per vivere veramente.
< Ishtar la macchina è aperta, che fai non entri? Finiscila di specchiarti, stai benissimo così. > la sua voce scuote i miei pensieri, li disordina ancora un po'. 
Incredibile vedere come sia calmo e rilassato adesso e un attimo prima irascibile, violento e poi depresso.
Le montagne russe, ecco cosa mi ricorda. 
Senza rispondere apro la portiera e mi siedo sul sedile in pelle abbandonandomi completamente come distrutta e lasciando lo zaino ai miei piedi, Brian si è già accomodato e sembra essere a suo agio come se avesse già guidato un'auto sportiva prima d'ora.
Il motore romba forte sotto di noi e si parte verso non so dove.
Vedo scorrere viali familiari, la mano di Brian è appoggiata sul cambio e il suo sguardo sulla strada. 
< Te la cavi bene sai? > decido di aprire bocca e rompere il silenzio ancora una volta.
< Ne avevo una simile una vita fa, le macchine e le moto sportive mi sono sempre piaciute. > mi risponde l'uomo senza voltarsi verso di me ma abbozzando un sorriso che sa di malinconia e che non riesco a non notare.
Una vita fa
Queste tre parole in me risvegliano quella curiosità che si è accesa dal primo momento in cui l'ho visto. Ma voglio davvero scavare così a fondo e magari sporcarmi le mani? 
Rischiare Ishtar, esci dai tuoi dannati schemi.
< E un operaio può permettersela una macchina così? > gli domando forse esagerando e sperando di attirare il suo sguardo su di me.
Ride. E di gusto.
Non mi aspettavo questa reazione, credevo che s'incazzasse e sinceramente dopo questa non so se devo cominciare davvero a non aspettarmi nulla.
< Un operaio no, ma il capo di una ditta di costruzioni si. > mi risponde senza fare una piega.
< Si può sapere chi sei? > continuo a non capire e lui mi confonde, il mio tono è leggermente infastidito. 
< Vorrei saperlo anche io, ma se vuoi ti posso dire chi ero. > finalmente i suoi occhi così enigmatici si incastrano ai miei e sembra essere intento a sciogliere qualche nodo, a rivelarsi ancora un po'.
< Lo voglio. > stavolta non invento la sicurezza che non ho, la trovo posando e stringendo la mano di Brian sul cambio.
Quasi sussulta come se la mia mano fosse congelata, ma sto provando a capire se avvicinarmi a lui sia davvero la mossa giusta.
< Non so ancora se quando mi tocchi mi fai del bene o del male. Forse dovresti farlo più spesso, almeno mi schiarisco le idee! > ride ancora e stavolta coinvolge anche me, il suo dire suona come un invito così sposto la mia mano dalla sua sfiorando poi delicatamente il suo viso con il dorso della mia.
< E questo ha fatto male? > gli sussurro mentre osservo che i suoi occhi si socchiudono leggermente al mio tocco e un sospiro esce dalle labbra sottili e perfette.
< Decisamente no. > la sua voce si fa calda e la sua mano passa dal cambio al mio ginocchio, con le dita effettua dei movimenti circolari.
E a me fa bene o fa male? Che domande, non desideravo altro da quando ho visto in lui la speranza di cambiare, di sentirmi viva come non mai, di sconvolgermi.
< Siamo quasi arrivati e una volta lì ti racconterò la mia storia, sai certe cose hanno bisogno dell'atmosfera giusta. > strizza l'occhio e affonda il piede nell'acceleratore, sfrecciando sotto gli occhi curiosi dei passanti e degli altri conducenti. Solo adesso mi viene in mente che scegliere i vetri oscurati è stata una delle cose più sensate che abbia fatto mio padre. Nessuno vedrà che alla guida c'è uno sconosciuto e se la "scappatella" arriverà alle orecchie dei miei (e sicuramente sarà così) saprò come giustificarmi.
La zona seppur periferica è molto abitata, tante villette a schiera sui due lati della via, ragazzi che fanno jogging, padroni che portano a spasso i cani, mamme mano nella mano con i figli...
Proprio questa scena apparentemente ordinaria a miei occhi si rivela straordinaria. Le uniche passeggiate che ricordo sono quelle con Esme, la domestica, il suo non era uno "stare con me" ma un "fare la guardia", quanto avrei voluto che ci fosse stata mia madre al suo posto ad accarezzarmi la testa e a chiamarmi piccola mia.
Due dita che schioccano davanti al mio viso e la nuvola dei miei pensieri sparisce in un istante.
L'auto si ferma di colpo alla fine del lungo viale davanti ad una villa così grande da sembrare un castello, mi ricorda tanto casa mia se non fosse per lo stile antico della costruzione.
< Hey sveglia Principessa! Siamo arrivati al castello. > Brian sorride come un bambino e la sua voce è particolarmente squillante.
< E questa villa da dove salta fuori? > mi devo davvero essere distratta per non accorgermi della sua imponenza, chiunque se ne sarebbe accorto da almeno un miglio.
Rimango ancora a bocca aperta e Brian non perde l'occasione di umiliarmi alzandomi il mento in modo da chiuderla.
Le cose che mi incantano di più sono l'edera che percorre la facciata in tutta la sua ampiezza e l'immensa scalinata davanti l'ingresso.
< Mi spieghi cosa ci facciamo qui? Non è un'abitazione privata? > mi allarmo in un secondo al solo pensiero di potermi trovare in guai ben più grossi di una semplice scappatella.
< Ishtar, devi stare calma, almeno in questo momento so quello che sto facendo. Tieni tutte queste domande per quando saremo dentro. > cerca di rassicurarmi l'uomo prendendomi le mani e stringendole, mi fissa per un po' e dopo aver estratto le chiavi esce dall'auto.
Faccio lo stesso e mi accorgo che è la prima volta da passeggero che qualcuno non mi apre la portiera per farmi scendere. Sorrido.
Un'altra prima volta.
Vedo Brian che mi aspetta impaziente davanti alla grande scalinata e comincio ad esserlo anche io, pervasa da un po' di sana adrenalina che mi spinge a camminare veloce verso di lui.
< Guai a te se mi succede qualcosa! > quasi gli grido puntando il dito e fallendo nel mio tentativo di rimanere seria. 
< Sono qui per proteggerla Principessa! > s'inchina davanti a me ridacchiando.
Vorrei poterlo immaginare nelle vesti di un cavaliere medievale senza macchia pronto a proteggere ad ogni costo la sua amata, ma l'immagine del sangue sull'asfalto e le lacrime sul suo viso ritornano prepotenti nella mia mente.
Non è un cavaliere, è un uomo distrutto che tiene a fatica insieme i suoi stessi pezzi sotto quel sorriso che mi fa vibrare il cuore ogni volta che lo vedo.
< Facciamo a chi arriva prima? > sfoggio la parte più infantile di me e senza aspettare che mi dia una risposta comincio a salire le scale come una forsennata.
Le gambe si muovono veloci e il cuore comincia a battere sempre più forte, scalino dopo scalino mi sento sempre più libera con l'aria pungente che mi pizzica il viso e mi ritorna in mente la corsetta di stamattina verso la macchina prima "dell'incidente".
Non arrivo nemmeno a metà della scalinata che Brian dietro di me mi afferra e mi tiene con un braccio sulla sua spalla. Mi ritrovo a testa in giù a ridere e gridare battendo gambe e pugni.
< Ma sei impazzito!?! Potevo cadere e farmi male!!! Lasciamiiiii!!! > non mi ero accorta di quanto si fosse avvicinato non essendomi girata e persa come sempre nei miei pensieri. 
< Smettila di dimenarti come pazza, tanto ho vinto io! > dice Brian con aria spavalda e seppur non lo vedo, lo sento sorridere.
Mi dimeno ancora per qualche minuto per poi lasciarmi andare con le braccia a penzoloni e tenendo la testa sollevata per evitare i capelli tocchino terra, vedo la macchina diventare un puntino nero e la scalinata esaurirsi sotto i piedi di Brian.
Eccoci finalmente arrivati, mi rimette in piedi e posandomi le mani sulle spalle mi gira verso l'enorme portone della villa.
I nastri gialli della polizia coprono le grandi maniglie e Brian intimandomi con un gesto della mano a non fare un passo, si avvicina al portone e straccia con rabbia quei nastri, ne fa una palla e la butta dietro una siepe. 
< Violazione di domicilio ti dice qualcosa? > incrocio la braccia al petto e aspetto qualche spiegazione.
< Cosa ti avevo detto riguardo alle domande? > non mi rivolge lo sguardo perchè è impegnato a scassinare la serratura. 
< Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda. > sbuffo e mi avvicino a lui per curiosare un po'.
Dopo aver armeggiato si sente la rumorosa serratura scattare e il portone si apre cigolando davanti a noi.
Non faccio in tempo a mettere piede dentro l'abitazione che Brian mi tira per un braccio a sé fermandomi, posizionandosi poi dietro di me mi copre gli occhi con le sue grandi mani e avvicina le labbra al mio orecchio destro.
< Ti guiderò io, una volta entrata gira subito a destra... > sussurra per poi lasciarmi un caldo bacio sul lobo come per cancellare quello che la parte peggiore di lui mi aveva lasciato congelandomi il sangue nelle vene.
Comincio a muovermi molto lentamente e insicura mi lascio guidare dal corpo e dalla voce di Brian, fino adesso vedo solo nero ma riesco a percepire l'odore di polvere che pervade nella stanza in cui siamo appena entrati una volta superato quello che doveva essere l'ingresso.
< Mi allontano un attimo ma tu non aprire gli occhi per nessuno motivo > il tono di voce dell'uomo nonostante siamo soli continua ad essere basso, a malapena percepibile.
< Okay > mi limito a rispondere e non appena sento le sue mani lasciare il mio viso, strizzo gli occhi più che posso per non lasciare entrare la luce e l'immagine della stanza.
Sento i suoi passi risuonare nell'ambiente e un mobile che viene spinto rumorosamente nella mia direzione e poi un lenzuolo (?) sbattuto. Tossisco quando la polvere raggiunge il mio naso e sento poi Brian avvicinarsi a me e accarezzarmi la schiena.
< Scusami per la polvere... > dal tono sembra quasi impacciato < Ora fai un passo indietro e siediti >. 
< Ma sedermi dove? Vuoi per caso farmi un brutto scherzo? Non ci tengo a finire con il sedere a terra! > continuo con le mie solite prese di posizione, alle volte, da bambina viziata.
< Certo che sei proprio impossibile! > mi riprende Brian che con una piccola spinta e nemmeno forte a dire il vero mi fa sedere su di una grande e comoda poltrona in pelle. Stringo d'impulso le mani sui braccioli e sbarro gli occhi rimanendo per l'ennesima volta a bocca aperta.
Mi trovo in quella che potrebbe essere benissimo una biblioteca pubblica per la sua grandezza e le innumerevoli librerie stracolme e i libri sapientemente ordinati per genere e autore da quello che leggo su delle placche d'oro incise posizionate su ognuna di esse.






< Eppure lei non mi sembra un tipo da biblioteca pubblica. La immagino seduta su di una poltrona in pelle al centro di una di quelle sale lettura in una lussuosa villa... >







Deglutisco quando quella che era la prima impressione di Brian adesso, guardandomi intorno, è diventata una realtà.
< Dalla tua espressione deduco che ti ho stupito... Ancora. > sorride soddisfatto in piedi davanti a me, per poi prendere uno sgabello che sicuramente è un pezzo pregiato di antiquariato e posizionarlo proprio davanti a me < So che ricordi quello che ti ho detto questa mattina... Ed è proprio qui che ti ho immaginato dalla prima volta che ti ho visto, è qui che ti vedo... In casa mia, nella mia sala lettura. > aggiunge sedendosi e rivolgendomi uno sguardo che esprime impazienza per la mia reazione.
< Bella storia Brian, davvero. Certo che sei proprio simpatico > elaboro piano piano quello che mi ha appena detto ma il mio sarcasmo arriva prima di ogni sensata e ragionata reazione.
< Ishtar, io non sto scherzando. E adesso sono in me. Questa è casa mia, o meglio lo era. > si avvicina con lo sgabello e le sue ginocchia sfiorano le mie < Avevi delle domande e io una storia da raccontarti. Sono pronto a dirti tutto di me, chi ero prima... Vorrei che tu ascoltassi ogni singola parola e poi decidessi... > .
< Decidere cosa? > sento la testa girare per la confusione e anche so se benissimo che l'aria da finta tonta non mi si addice per nulla mi lascio scappare questa domanda.
< Decidere se starmi accanto o no... Ma non necessariamente nel senso che pensi tu... O nel senso che penso io... Cioè si, insomma, ci siamo capiti. Sai della mia instabilità e ho bisogno di un punto fermo. > incrocia le dita e le avvicina alla bocca per poi sporgersi verso di me.
Vorrei sapere se il mio senso e il suo coincidono, se ci siamo capiti davvero o no ma non mi sembra proprio il momento di complicare ancora di più le cose.
< Parlami, ti ascolterò. > gli dico poggiando le mani sulle sue ginocchia e avvicinandomi al suo viso. Lo guardo negli occhi fisso e vorrei leggerci qualcosa che mi renda tutto più chiaro.








 

BRIAN'S POV


Quel viso di porcellana è troppo vicino al mio, i miei occhi corrono sui suoi lineamenti e si fermano sulle labbra rosse e carnose che vorrei mordere e baciare dolcemente. 
Ma non posso tradire le mie parole di poco fa.
Mi allontano a malincuore da quel viso e comincio il mio racconto.
< Mi chiamo Brian Elwin Haner Jr. ed ero a capo di una delle più grandi ditte di costruzioni degli Stati Uniti, la stessa ditta per cui ora lavoro... Ma come operaio. Avevo tutto quello che si poteva possedere in una vita sola: una villa che sembra un castello, macchine costose, persino un elicottero personale, ogni tipo di lusso che tu possa immaginare... Una moglie e il disturbo bipolare. >
< Tu sei spo-sa-to? > mi domanda la ragazza che ha uno sguardo colmo di incredulità e delusione.
< Ishtar... Avevo. L'unica cosa che mi è rimasta è la mia malattia. > accarezzo il suo ginocchio come per rassicurarla, ma vedo come una vena di gelosia dipingersi sul suo volto. 
< Lasciami continuare, ti prometto che tra poco tutto ti sarà più chiaro. > le sorrido e per quel poco che la conosco so che non le basterà a calmarsi. Nonostante tutto però, annuisce.
< Dicevo... I profitti dell'azienda aumentavano di giorno in giorno così come il mio delirio di onnipotenza, volevo avere sempre di più e come lo ottenevo non mi bastava. Così come non bastava l'amore di mia moglie, anche se il suo era più un amore verso i miei soldi che verso me. Era così cieca da non vedere ogni giorno una donna diversa che usciva dal mio ufficio, dalla mia auto o dalla nostra stessa casa. Finchè usavo i guadagni per acquisti, come dire, "legali" ero al sicuro, erano tutti contenti e nessuno si accorgeva di come quel LUI ,che purtroppo hai già conosciuto, si prendeva in mano la mia vita e la plasmava a suo piacimento. Il passo più lungo della gamba l'ha fatto quando ha deciso che quello che c'era di legale non faceva più al caso suo, così ha cominciato ad esplorare l'illegalità. Quello che non sapeva però è che quando sei così ricco, vieni controllato dallo Stato e dalle forze dell'ordine. Così anni e anni di droga, investimenti non sicuri e corruzione sono venuti a galla e si sono tradotti per me in una banca rotta, un arresto, 5 anni di carcere, un divorzio con annesso ordine restrittivo a causa di violenza domestica, il sequestro di tutti i beni, la terapia forzata e il lavoro da operaio per ripagare l'azienda. > riprendo fiato, mentre osservo le espressioni di Ishtar che si alternano ad ogni passaggio, mi rendo conto di averle letteralmente vomitato tutta la verità addosso e mi aspetto che scappi stavolta, perché questo passato riesco a malapena a sorreggerlo io.
< Io... Non so che dire... Non so da dove cominciare. > i suoi occhi si abbassano e e le dita si intrecciano nervosamente.
< Ishtar davvero, se vuoi, non dire nulla. Tutto questo a volte è assurdo persino per me, mi ritrovo a lottare con una persona che non sono altro che io ma non fino infondo. E la mia vita non è altro che un mucchio di cenere. > mi passo le mani sul viso e poi tra i capelli. Potrei continuare a giustificarmi all'infinito ma non posso cancellare tutto quello che è stato.
< No Brian, io voglio parlarne perché so che tu ne hai bisogno... Ma voglio anche avere del tempo per capire se posso aiutarti, se sono davvero quello di cui hai bisogno adesso. Ed è da stamattina che mi chiedo, perché proprio io? Cosa ci trovi in me? > peso le sue parole e accarezzo le sue mani che stringono le mie ginocchia mentre i suoi occhi chiedono a gran voce delle risposte.



 


 
   
 
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