Capitolo XXIII
Gelosia
"Non posso
credere ad una tale freddezza tra
loro" disse Nicole, con l'espressione delusa.
Andrew
sorrise: voleva fare la dura, quella che non
credeva all'amore, ma era evidente che quella scorza se l'era costruita
dopo la
delusione ricevuta. Ed era più scalfibile di quanto avesse temuto.
"A volte
capita, anche alle coppie migliori"
rispose con comprensione.
"Lo so ed è
un altro motivo per cui ho poca fiducia
nell'amore e credo ancora meno al matrimonio" rispose lei.
"Diciamo che
è ciò che ti costringi a pensare. "
obiettò lui, quasi parlando a se stesso.
Ma lei lo
aveva sentito.
"Cosa intendi
dire?"
"Che è
normale e comprensibile che la pensi così dopo
ciò che ti è accaduto".
"Ma non credi
che io la pensi davvero così,
giusto?"
"Esatto"
"E ti sbagli.
È vero, sono giunta a certe conclusioni
dopo la mia esperienza negativa; tuttavia ora credo davvero in ciò che
penso".
"Non ho
dubbi, a riguardo..."
"Ma? È
evidente che c'è un ma".
"Non saresti
tanto triste per due persone vissute nel
secolo scorso se non credessi, nel profondo del tuo cuore, ancora
all'amore, al
matrimonio, e non sperassi ancora".
Nicole non
rispose. Non poteva: in fondo, quell'uomo che
aveva incontrato da poco, l'aveva capita meglio di quanto lei stessa a
volte si
comprendeva. E aveva maledettamente ragione. Lei credeva nell'amore,
voleva
ancora crederci. Inoltre, da quando lo aveva conosciuto, sarebbe stata
disonesta nell'affermare il contrario, anche se si ostinava a farlo,
per
tentare di convincere lui, oltre che se stessa, e non abbandonarsi ai
sentimenti che aveva iniziato a provare per Andrew. Sentimenti che la
spaventavano troppo.
"Ci ho
azzeccato?" domandò lui, con un lieve
sorriso ironico, ma non beffardo, negli occhi.
Lei si ostinò
a non
rispondere.
"D'accordo,
non vuoi ammetterlo, te lo concedo. Ma il
tuo silenzio è più che eloquente".
"Riprendiamo?"
domandò lei, per sviare il
discorso. Tuttavia era stanca e soprattutto con le membra intorpidite:
erano
ore che leggevano il diario del suo antenato per poi arrivare a
scoprire che,
dopo la nascita dei due gemelli, il duca e la duchessa si erano
allontanati.
Una delusione. Si stava innamorando di quei due innamorati, della loro
storia
d'amore e scoprire ciò che avevano appena letto le aveva procurato un
grande dispiacere.
Avrebbe preferito non leggere più nulla, per timore di scoprire di
peggio.
"Sei troppo
stanca per continuare" disse Andrew.
Quindi si alzò, si mise alle sue spalle ed iniziò a massaggiargliele
con
movimenti lenti ma
energici.
"Cosa stai
facendo?" mormorò lei, sorpresa e
quasi impaurita da quel contatto.
"Rilassati..."
rispose lui, senza smettere di
toccarla.
Facile a
dirsi. Le era impossibile rilassarsi sotto il
tocco delle sue mani, un tocco che desiderava e al tempo stesso temeva.
Erano soliti
lavorare nello splendido studio del suo
antenato: aveva capito subito il fascino che quella stanza esercitava
su Andrew
e aveva acconsentito senza problemi quando lui aveva suggerito di
leggere in
quel luogo i diari restanti. Si sedevano affiancati all'antica
scrivania, con
l'ampia vetrata alle loro spalle, e leggevano per ore, lasciandosi
catturare
dai racconti del duca. Talvolta lei prendeva appunti, ma il più delle
volte
restava ad ascoltare la voce calda di Andrew che la trasportava in un
mondo al di
là del tempo e dello spazio.
"Chiudi gli
occhi e lasciati andare..." la tentò
di nuovo lui, con la sua voce suadente. Nel frattempo le sue mani non
smettevano di toccarla ed erano risalite a sfiorarle le tempie, per poi
immergersi nei suoi capelli, a massaggiarle con dolcezza la nuca. Era
meraviglioso.
Avrebbe
desiderato moltissimo lasciarsi andare e godere
del contatto con le sue mani, un contatto che le procurava ogni volta
dei
brividi di piacere, anche quando lui si limitava a sfiorarla senza
intenzione;
invece si costrinse a restare rigida e a resistere alla dolcezza di
quelle
sensazioni perché ricordava ancora la violenta ondata di gelosia
quando, quel
mattino, aveva sorpreso Andrew in piscina con Monique.
Come faceva
ormai da alcuni giorni, appena sveglia si era
affacciata alla finestra ad osservare le evoluzioni acquatiche di
Andrew,
mentre sorbiva la tazza di té che Madeleine le faceva trovare sempre
pronta al
suo risveglio; lo aveva osservato per una buona mezz'ora, prima di
decidersi a
raggiungerlo in acqua e stare a vedere quello che sarebbe accaduto. Dal
bacio
che si erano scambiati in quel prato non faceva altro che pensare alle
sue
labbra... forse era ora di lasciarsi andare un po’ e cominciare a
godersi i
veri piaceri della vita.
Si era
infilata un costume, aveva recuperato l'accappatoio
e poi aveva sceso di corsa le scale, felice come una bambina in
procinto di
immergersi in un nuovo gioco. L'euforia si era spenta non appena,
uscita in
giardino, si era trovata di fronte ad una scena che le aveva gelato il
sangue
nelle vene: Andrew era fuori dalla piscina, col suo fisico favoloso che
sgocciolava sulle piastrelle circostanti; accanto a lui, intenta a
strofinargli
un asciugamano tra i capelli, c'era Monique, l'amica antiquaria alla
quale
aveva affidato il restauro di tutti i mobili d'epoca dello Chateau.
L'atteggiamento
della donna era molto intimo e dava ad intendere che l'uomo che stava
toccando
era una sua proprietà. Andrew non sembrava infastidito, né imbarazzato;
quando
lei aveva smesso di asciugargli i capelli si era limitato a sorriderle
e a
tendere la mano per farsi dare il telo col quale si era avvolto il
corpo. Poi,
con la sua solita calma, l'aveva invitata ad accomodarsi ad una delle
poltrone
sotto all'ombrellone. Monique aveva obbedito docile, ma solo finché lui
non fu
seduto a quella di fronte; dopodiché si era alzata rapida e lo aveva
sorpreso
sedendogli in grembo. Solo a quel punto Nicole aveva notato l'aria
infastidita
di Andrew; ciononostante aveva permesso alla donna di restargli in
grembo e per
un attimo l'aveva lasciata fare quando lei aveva iniziato a baciargli
il collo
e a stringerglisi addosso in maniera voluttuosa.
Era evidente
che tra i due vi fosse stato (o vi fosse
ancora) un elevato grado d'intimità. Nicole si era detta che era più
che
possibile che i due si fossero conosciuti e quindi frequentati mentre
lei non
c'era; eppure dirselo non aveva attenuato la morsa di gelosia che aveva
provato. Era irrazionale, se ne rendeva conto, ma non poteva farci
nulla:
scoprire che Andrew e Monique erano stati amanti era un qualcosa che la
sconvolgeva oltre ogni dire. Riusciva ad immaginarsi la sua focosa
amica
godersi senza problemi con quell'uomo tutto ciò che lei stessa aveva
cominciato
a desiderare e questo fatto la faceva sentire insicura e sconfitta.
Un'altra
volta.
Aveva
lasciato i due a parlare sotto l'ombrellone: l'unica
cosa che l'aveva fatta stare un poco meglio era aver osservato che
Andrew, con
estrema nonchalanche, aveva
allontanato da sé Monique e le stava parlando tenendole una mano,
mentre sul
volto della donna era apparsa un'espressione tutt'altro che soddisfatta.
Era rientrata
in casa e per tutta la mattina non si era
fatta vedere. A pranzo si era fatta servire un vassoio in camera e solo
a metà
pomeriggio, dopo che Madeleine le aveva fatto sapere che monsieur
le professeur l'aveva cercata, alla fine lo aveva
raggiunto nello studio.
Andrew
l'aveva scrutata con insistenza dopo che Pierre
l'aveva seguita al suo ingresso per consegnarle una busta che la moglie
si era
scordata di portarle col vassoio del pranzo.
"L'ha
lasciata questa mattina madamoiselle
Lacroix. Era venuta apposta".
“Ah, sì?”
aveva domandato
lei, sarcastica. Poi, dopo aver dato un’occhiata alla
missiva, aveva
aggiunto:
"Pierre,
chiama l'ufficio del sindaco e avverti che
farò avere la mia risposta entro domani sera".
"Pensate di
partecipare, quest'anno? Potreste farvi
accompagnare..." aveva detto l'uomo, rivolgendo uno sguardo verso
Andrew.
"Non credo
sia il caso" aveva risposto lei,
infastidita alla sola idea che i suoi domestici stessero fantasticando
su un
rapporto tra lei e il bel professore. E poi alla festa ci sarebbe stata
anche madamoiselle Lacroix la quale
di certo non
aveva perso tempo e, proprio quella mattina, con ogni probabilità aveva
invitato
il suo amante americano. Sentirsi rifiutare perché impegnato ad
accompagnare
Monique non era un qualcosa che avrebbe voluto sentire dalla sua voce.
E
neppure aveva voglia di vederlo per tutta sera avvinghiato a lei o,
peggio
ancora, vederlo sparire con lei.
"Di cosa si
tratta?" aveva domandato Andrew
quando erano rimasti soli.
"Monique non
te lo ha detto, questa mattina?"
aveva ribattuto acida lei, eludendo la domanda e immergendosi nella
lettura,
costringendolo a fare altrettanto. Sperava di trarre conforto dai
diari, invece
aveva scoperto che anche i suoi antenati avevano sofferto per amore e
venirlo a
sapere l'aveva resa ancora più depressa.
"Allora, hai
intenzione di dirmi dove, secondo
Pierre, dovrei accompagnarti?" domandò all'improvviso Andrew, mentre le
massaggiava le spalle.
Lei si
irrigidì, se possibile ancora di più.
"Rilassati..."
le ordinò lui all'orecchio.
Brividi.
Erano brividi quelli che percepiva sulla pelle
ogni volta che lui la sfiorava: come poteva rilassarsi?
"Mi hai visto
con Monique, questa mattina,
vero?".
Lei non
rispose, ma lui percepì la risposta dalla tensione
alle spalle. Sorrise, perché quella notizia era per lui un ottimo
segno.
"Mi ha
chiesto di accompagnarla alla Festa d'Estate
quando ha scoperto che non ero ancora partito come invece le avevo
fatto intendere
l'ultima volta che ci eravamo visti, prima che partisse per un impegno
di
lavoro".
"Sei stato a
letto con lei, vero?" si decise a
domandargli. Si rese conto di non essere stata capace di trattenere un
tono
rassegnato e al tempo stesso deluso.
"Sì", rispose
lui, cogliendo subito la sfumatura
triste nella sua voce. Sempre standole alle spalle, con una mano le
accarezzò con
tenerezza un guancia.
Lei si scostò
infastidita: la pietà era l'ultima cosa che
desiderava da lui. Ma Andrew non aveva alcuna intenzione di perdere
quel
prezioso contatto fisico, guadagnato a fatica. Le strinse con fermezza
le
spalle, abbassandosi a sussurrarle all'orecchio:
"È stato solo
sesso, con Monique, e per me
l'entusiasmo è scemato rapidamente, nonostante sia stato bello".
Nicole si
rese conto che lui non le doveva alcuna
spiegazione, ciononostante gliela stava fornendo in maniera molto
sincera. La
tensione si allentò.
"Come mai?"
domandò esitante lei. La sua
risposta l'avrebbe messa in crisi in ogni caso e non era sicura di
volerlo
sapere. Al tempo stesso, tuttavia, non avrebbe potuto resistere senza
conoscerla.
Lui esitò un
attimo, prima di rispondere, ma quando si
decise le sue parole le tolsero il fiato:
"Mi sono
accorto che, mentre ero a letto con lei,
desideravo te".
Lo aveva
detto anche a Monique proprio quella mattina, per
farle capire che non voleva accompagnarla alla festa. Monique sembrava
averla
presa sportivamente, almeno era ciò che aveva voluto fargli credere e
lui
l'aveva assecondata, perché non desiderava umiliarla né farla soffrire
più di
quanto non avesse già fatto.
Nicole non
disse nulla; allora lui la fece voltare in modo
da poterla guardare negli occhi. Si piegò sulle ginocchia, per esserle
più
vicino e le accarezzò di nuovo la guancia; lei assecondò il suo gesto,
piegando
il capo verso la sua mano e regalandogli la speranza di poterla un
giorno
amare.
"Permettimi
di accompagnarti alla festa. Di cosa si
tratta?".
"È una festa
in abiti ottocenteschi; riportata in
auge anni fa per i turisti, si svolge come l'aveva voluta il Duca per
celebrare
l'inizio dell'estate, quando era solito giungere dall'Inghilterra per i
mesi
estivi con tutta la famiglia: cibo e danze a volontà, per la gioia di
grandi e
piccini".
"Più conosco
il tuo antenato, più mi piace" le
disse con un sorriso, immaginandosi di stringerla tra le braccia e di
farla
volteggiare in un ampio abito da ballo in seta frusciante... sarebbe
stata
splendida, coi capelli acconciati come usavano le dame nel XIX secolo.
Le sue
fantasie furono interrotte dalla voce triste di
Nicole che gli diceva:
"Continua a
piacerti anche dopo ciò che abbiamo
appena letto?"