Epilogo
8:04 del mattino.
Liz si affrettò verso la galleria, dando un'occhiata all'orologio mentre
superava l'angolo della piazza. Era di nuovo in ritardo, una recente abitudine che
aveva avuto intenzione di perdere, ma finora senza successo. Per qualche
motivo, le lunghe giornate lavorative non erano più così allettanti, non quando
si svegliava ogni mattina accoccolata tra le braccia di Max.
Non quando lui le sussurrava all'orecchio dolci parole di seduzione, finendo
spesso col pregarla di fare l'amore prima di separarsi per la giornata - lei
alla galleria, lui al suo studio. E, soprattutto, era difficile resistere alle
sue supplicanti richieste di ispirazione artistica, che lui le sussurrava
spingendola con dolcezza sulla schiena, con un basso gemito gutturale.
Liz sorrise sentendo un familiare calore nella parte bassa dell'addome, una
sensazione continua, che qualche volta si faceva più intensa dopo che lui era
stato dentro di lei. Un amante semplicemente umano non avrebbe mai potuto
lasciarla così radiosa, non nei suoi recessi più intimi. Ma nulla della sua
unione con Max era mai stato normale, così la curiosa sensazione di solletico
non l'aveva veramente sorpresa.
Davanti a lei c'era la porta della galleria, illuminata dai raggi del sole, e
per un attimo i suoi pensieri tornarono allo scorso inverno, al breve magico
periodo di David Peyton. E i suoi occhi si riempirono improvvisamente di
lacrime.
Curiosamente, quando ricordava come Max l'avesse una volta corteggiata in
segreto, si sentiva molto sentimentale, persino malinconica. Non perché le
dispiacesse che David avesse rivelato di essere Max, ma piuttosto perché c'era
stata un'atmosfera incredibilmente innocente che aveva pervaso quel breve
momento. Ricordava il senso di aspettativa e di mistero che aveva sentito ogni
giorno prima di arrivare alla galleria, domandandosi se lui le avrebbe fatto
omaggio di un altro dei suoi tesori.
Adesso, le tele di Max erano inestricabilmente intrecciate col suo amore per
lui - senza inizio e senza fine. Rappresentavano la bellezza della sua anima. E
quello era qualcosa di infinitamente più prezioso di quanto il corteggiamento
di David Peyton fosse mai stato. Come lo era la guarigione che si rifletteva in
ogni nuovo dipinto che Max aveva creato, provocando una lieve alterazione del
suo stile abituale. Era diventato più ardito, più libero … più originale e
gioioso.
Il processo di guarigione aveva agito gradualmente, modificandolo ogni volta che
si toccavano o facevano l'amore. Alla fine lui era terribilmente cambiato, i
suoi lineamenti, il suo corpo. Aveva gettato il bastone un mese prima, la sua
andatura era ora solo leggermente zoppicante ed ineguale. E anche se le
familiari cicatrici ancora gli segnavano il viso, non erano più spesse e
chiazzate di rosso, ma si erano invece trasformate in un bianco pallido.
Ultimamente, se lei avesse visto Max dall'altro lato della strada, o anche in
una stanza con un'illuminazione bassa, non sarebbe più stata in grado di
distinguerle. Erano diventate il marchio leggendario del suo tempo su Antar -
sempre lì, solo più sottomesso e tenue, adesso.
In un certo modo, aveva un senso che lui avrebbe conservato per sempre qualche
segno delle cicatrici. Perché le sue esperienze durante quei 10 anni erano
state troppo significative e la sua anima era stata troppo profondamente
segnata, perché quei segni potessero svanire totalmente. Sarebbero rimaste come
perenne testimonianza di quello che aveva affrontato - di quello che loro
avevano affrontato - durante gli anni in cui erano stati lontani. Inoltre,
pensò Liz con un sorriso malizioso, non facevano altro che dargli un'aria da
affascinante canaglia che lei adorava.
Liz pescò dalla tasca la chiave per aprire, ma si fermò a mezz'aria quando vide
qualcosa appoggiato alla parete, proprio sotto il portico. Era un pacco
sottile, piatto e avvolto ordinatamente in una carta marrone. Per un momento
sbatté le palpebre, non credendo ai suoi occhi, perché le sembrava così terribilmente
familiare. E invece il pacchetto rimase lì, aspettando proprio lei.
Il battito del cuore di Liz aumentò in fretta, mentre si abbassava e tirava su
il pacco. Se lo girò tra le mani, sentendo i contorni della tela sotto la
carta. Dietro, c'era un semplice biglietto bianco, scritto in un'ordinata
calligrafia.
Di Cosa Sono Fatti i Sogni …
Questo era tutto quello che diceva, nella familiare scrittura del suo adorato. Che
cosa aveva in mente Max?
Liz rimase in piedi, sentendo le dita tremare inaspettatamente. Poi girò la
chiave nella toppa ed entrò nella galleria. Accese le luci del soffitto,
illuminando la lunga fila di dipinti sui muri, mentre appoggiava il pacco sul
bancone. Cercò di allontanare gli angoli della carta per aprire e alla fine
prese il suo tagliacarte rosa, domandandosi per quale motivo Max avesse deciso
di darle un dipinto in questo modo.
Domandandosi perché gli avesse dato un titolo così misterioso.
La carta si aprì con la delicatezza di un bocciolo, rivelando una familiare
distesa rossa e una bambina vestita di bianco. Era la tela di cui si era
innamorata così tanti mesi prima, la prima volta che aveva visitato il bungalow
di lui. Quella che era stata nella sua camera da letto fin da quando lui
gliel'aveva portata e appesa lui stesso al muro, così che ogni volta che lei si
fosse svegliata, sarebbe stata la prima cosa sulla quale avrebbe posato lo
sguardo.
La sera che aveva visto il dipinto era stata la sera in cui per la prima volta
aveva sospettato che lei si stesse innamorando di nuovo - senza neppure sapere
che il misterioso David Peyton fosse Max.
Perché lui aveva improvvisamente deciso di lasciarle il dipinto sulla soglia
della galleria questa mattina, come una delicata offerta d'amore? Lei non
ricordava che fosse scomparso dalla sua camera da letto, ma avevano dormito a
casa di lui la notte precedente, così lui poteva anche essere andato a
prenderlo senza che lei se ne fosse accorta. Ma questo ancora non rispondeva
all'insistente quesito del perché lui l'avesse fatto.
Le emozioni che sentiva dentro di sé erano dolorosamente familiari, il cuore
aveva cominciato a batterle forte nel petto e, in un certo modo, si sentiva
come se lui la stesse corteggiando di nuovo. Abbassò lo sguardo verso i vividi
colori della tela, i rossi luminosi e il puro candore del vestito della
bambina, in contrasto con i suoi capelli quasi neri.
Era un'immagine presa dai ricordi di lei e catturata con grande amore sulla
tela, pennellata dopo pennellata. Improvvisamente, le sue memorie più fuggevoli
erano state catturate dalla sua anima ed erano diventate eterne sotto il tocco
della mano di Max.
Per qualche motivo, riguardando di nuovo il dipinto, Liz ne sentì l'impatto
come se fosse la prima volta, non certo con la familiarità di un oggetto amato
che vedesse ogni giorno. Forse era questo che Max stava cercando di dirle?
Fece il giro del bancone e si diresse verso il telefono, ma qualcosa la fermò.
In un certo modo capì le regole del gioco amoroso che lui aveva cominciato ed
abbassò il ricevitore, lasciando libera la linea.
Un'email apparve nella sua inbox da Maxwelle@newmexnet.net. Liz sorrise e
l'aprì immediatamente.
Mia meravigliosa Liz,
posso immaginare quello a cui stai pensando in questo momento, mentre sei
seduta al tuo computer. Come mai so con certezza che non mi telefonerai? Io ti
conosco, dolce Liz. Come il mio cuore, come le cicatrici che ho sul viso, come
la sensazione del tuo corpo sotto le mie mani. Tu sei una parte di me adesso,
anche se, per la verità, è sempre stato così.
Ti stai domandando cosa ho in mente. Ed hai ragione. Tu hai sempre amato fare
piani e in questo c'è della pazzia.
Al titolo di questo dipinto ne aggiungerò un altro: Apri I Tuoi Occhi
Tuo … e per sempre,
Max
E poi il sogno cambiò e, improvvisamente, lei fu catapultata dentro al dipinto
e si ritrovò a correre senza fiato nel campo di fiori. Era di nuovo una
bambina, che sentiva suo padre afferrarle l'orlo del prendisole.
"Lizzie!" gridò lui. "Sto per prenderti!"
"No, papà!" gridò lei, sentendo i fiori contro le sue gambette.
"Non puoi! Sono troppo veloce!"
"Sto per prenderti!" si intromise una voce più profonda e
improvvisamente Max la fece girare per prenderla tra le braccia. E lei era una
donna, stretta nel forte abbraccio di suo marito.
"Cosa stai facendo, Max?" rise lei senza fiato, proteggendo gli occhi
dal sole di Antar al tramonto. "E' stato tutto un sogno?"
"Sto per mostrarti qualcosa di importante." le spiegò lui,
attirandola contro il proprio corpo. Aveva il fiato un po' corto mentre le
circondava il viso con le mani, rivolgendolo verso l'alto. I loro sguardi si
incontrarono per un lungo momento, e lei intravide un bagliore di fuoco dentro
le iridi ambrate. Vide le familiari cicatrici segnare il viso di lui, leggere
contro la sua pelle dorata. Se non fosse stata così vicina, non le avrebbe
neppure notate. Ma le amava, così come amava la sensazione dei lunghi capelli
di lui o la decisa linea della sua mascella. Erano parti inseparabili di Max
ormai e lei non avrebbe voluto che scomparissero.
"Max." rise, sentendosi un po' confusa. "I sogni continuano a
cambiare."
"Perché pensi che succeda?"
"Non ne sono sicura." si accigliò lei. "Sono di nuovo in
coma?" chiese, sentendosi improvvisamente impaurita, ma lui premette le
labbra contro la sua tempia in un dolce bacio.
"No. Mai più." sussurrò lui con gentilezza e lei sentì svanire i suoi
timori. "No, Liz, c'è qualcosa qui. Qualcosa di importante." cercò di
spiegarle, guardandosi attorno nel familiare campo di fiori. "Voglio che
tu lo comprenda."
Fece girare Liz su sé stessa, come una bimba piena di grazia, con i fiori rossi
vellutati che roteavano intorno a lei. Lei sapeva che erano sul pianeta di Max,
perché le lune gemelle facevano capolino dalla linea dell'orizzonte,
sollevandosi dietro una montagna dal profilo purpureo.
"Siamo di nuovo su Antar."
"Sì." rispose lui con semplicità. "Dove ho sognato tutto questo
per la prima volta."
"Questo? " chiese Liz disorientata, voltandosi verso di lui.
Lei si accorse che lui indossava di nuovo la camicia bianca, vide come gli
cadeva sul il petto, appena infilata nei suoi pantaloni di pelle. Guardò in
basso e si stupì nel ritrovarsi vestita con l'abito bianco.
"Max, noi non siamo più vergini." rise lei, sentendosi arrossire
nonostante la familiarità che avevano ormai l'uno con il corpo dell'altro. Con
la passione l'uno per l'altro. "Pensavo che questo fosse il tradizionale
abito di Antar per il matrimonio … per la nostra prima volta." disse lei
timidamente.
"E' vero." fu d'accordo lui con un largo sorriso. "Ma questo
sogno non riguarda il nostro matrimonio."
"Allora dimmelo." rise lei nervosamente, mentre lui la tirava piano
con una mano, così da farli cadere insieme sul soffice terreno. Lui batté con
la mano il terreno vicino a lui, mentre si lasciava cadere sull'erba calda.
"Qui, Liz."
Lei si accoccolò di fianco a lui, facendo scorrere avidamente le mani sotto la
camicia di lui. La sensazione della pelle di lui era quella del velluto caldo e
lei sentì il ritmo del respiro di lui cambiare, diventare più irregolare. Lui
appoggiò la testa sulle braccia, guardando verso il cielo e chiese "Com'è
cominciato questo sogno?" Sembrava che stesse cercando di portarla
verso un qualche posto, verso una destinazione che solo lui conosceva.
Lei si sistemò sopra il suo petto, con le dita che ancora esploravano la pelle
sotto la camicia. "Alla galleria?" chiese lei, sentendosi sempre più
smarrita.
"Ma portava qui, dove è cominciato più o meno 10 anni fa. Tu e io, così …
ma Liz, questa visione è sempre stata legata ad un'altra. A quella che ho
dipinto con te come una ragazzina." spiegò, con la voce che si ispessiva
mentre si girava su un fianco a guardarla. Lei fu sorpresa di vederlo con gli
occhi lucidi.
"Tu e io, Liz." sussurrò lui con forza. "Era tutto quello che ho
desiderato.… per tutti quegli anni in prigione." Le accarezzò i capelli
per tutta la lunghezza, le dita lente attraverso le ciocche, mentre continuava.
"Ma c'era un'altra cosa che volevo. Solo una. "
Lui sollevò un sopracciglio; come se lui pensasse che lei avrebbe capito, che
avrebbe finito la frase per lui. E per qualche motivo, il cuore cominciò a
batterle forte nel petto.
"Tu volevi una figlia." offrì lei finalmente, con la voce che
tremava. Lui si limitò ad annuire, con gli occhi pieni di lacrime.
"Io volevo essere tuo marito, il tuo amante.… ma volevo essere anche un
padre." La fissò negli occhi con forza e innumerevoli parole intercorsero
tra di loro, in un facile silenzio.
E poi semplicemente capì. "Sono incinta." realizzò a voce alta, la
voce piena di meraviglia. "E' questo che stai cercando di dirmi, non è
vero?"
"Sì, tesoro." ammise lui, facendole bruciare gli occhi di lacrime.
"Una bambina, come quella del quadro."
"Tu hai dipinto il nostro futuro." disse lei a bassa voce.
"L'ho visto nel tuo passato."
"Allora, cosa devo fare adesso?" chiese lei senza fiato, e lui se la
strinse contro di sé, ricoprendole il viso di soffici baci.
"Devi solo aprire i tuoi occhi." sussurrò, sorridendo come un ragazzo
di 17 anni. "E permettere ai tuoi sogni di diventare realtà."
E mentre Liz guardava intorno a loro i vividi colori del panorama di Antar, le
lune gemelle che sorgevano, capì una cosa importante. Qualcosa che le era
sfuggita in tutti gli altri sogni come questo.
Liz capì che ogni volta che avevano sognato questo Cielo Antariano, disteso
sopra di loro come un luminoso tappeto sacro, c'era stato un significato. Una
cosa che era ancora più vera adesso di quanto non lo fosse mai stata prima.
Il re era tornato al suo regno e tutto andava di nuovo bene nel mondo.
The king had returned to
his kingdom, and all was right with the world.
Fine