31
All’arrivo dei soccorsi fu
fatta una prima conta dei danni; in tutto si contarono cinque morti e dodici
feriti, inclusi gli agenti di sicurezza del campus e le varie forze dell’ordine
intervenute per contrastare l’EDA.
A conti
fatti era un bilancio decisamente modesto, rispetto al potenziale di vittime
che avrebbe potuto esserci qualora la manovra di contenimento non fosse
avvenuta in tempi così rapidi.
Tra i
feriti, Alexia era sicuramente uno dei più seri, tanto che i paramedici si
affrettarono a caricarla, ancora incosciente, a bordo della prima ambulanza
disponibile, che partì a sirene spiegate diretta al più vicino ospedale;
secondo una prima diagnosi non era in pericolo di vita, ma occorrevano esami
approfonditi per capire la vera entità delle numerose ferite interne che il
combattimento le aveva lasciato.
Anche Cane
e Lucas erano un po’ ammaccati, con i postumi di uno stress da affaticamento
per il primo e una lussazione per il secondo che avrebbe richiesto quasi
sicuramente un’ingessatura.
Carmy a
paragone se l’era cavata con poco, giusto qualche graffio, ma era niente in
confronto alla ferita che i suoi colleghi sapevano essersi aperta nel suo
animo.
Mentre i paramedici finivano di
medicarla, sedeva in silenzio, gli occhi nel vuoto e l’espressione spenta,
tanto che il delegato di polizia incaricato di redigere il rapporto aveva
rinunciato sul nascere a prendere la sua deposizione.
Non sapeva se sentirsi sollevata
per l’incredibile combinazione di eventi che le aveva evitato di finire sotto
quel telone che come una collinetta artificiale si innalzava ora nel mezzo del
cortile, o rattristata e piena di vergogna per ciò che la sua fortuna aveva
invece comportato.
Sarebbe potuto capitare a lei;
anzi, era destino dovesse capitare a lei. Ma quello stesso destino aveva deciso
altrimenti, e pur senza volerlo era stata un'altra persona a prendere il suo
posto in quella specie di perversa prova sul campo che qualcuno aveva voluto
organizzare.
Perché
questo era stato: un esperimento.
Ma più
di ogni altra cosa, si vergognava della sua incapacità. Vedere tutte quelle
persone ferite, tutti quei morti, e ripensare a ciò che non era stata in grado
di fare nel mezzo della battaglia, aumentava il suo senso di impotenza,
facendola sentire ancora più in colpa per ciò che era accaduto.
Ma più
di ogni cosa, ripensava a Noce. L’aveva visto trasformarsi in quel mostro
davanti ai suoi occhi, e nel suo sguardo aveva letto la paura, unita ad una
disperata richiesta di aiuto lanciata nell’ultimo momento di lucidità cui lei
non era stata in grado di rispondere.
Cane,
che dei tre colleghi era sicuramente quello messo meglio, le si avvicinò, ma
per lungo tempo i due non riuscirono a scambiarsi neanche una sillaba, lui
perché non riusciva a trovare le parole giuste lei perché troppo presa nei suoi
pensieri.
«Stai
bene?» si risolse infine a domandare Cane
«Il
Capitano?» chiese invece lei dopo un interminabile silenzio
«Tranquilla,
non morirà per così poco» ma subito dopo l’uomo si rifece serio. «Comunque io
parlavo di te.»
E
allora, di nuovo, Carmy tacque.
«Non se
lo meritava.» mormorò con gli occhi lucidi
«Nessuno
si merita una sorte simile. Sono cose che succedono.»
«Qui non
c’entra il caso. È stato voluto. Lo hanno volutamente trasformato in quella… quella cosa. Anzi, volevano farlo con me! Se non
fosse stato per lui, io ora…»
Poi, nei
suoi occhi apparve la rassegnazione, unita ad una punta di sarcastica
autocommiserazione.
«Avevi
ragione tu. La Kyrador in cui io credevo in realtà non esiste.
Non è
mai esistita» e guardò verso gli agenti in tuta protettiva che iniziavano
l’opera di dissezione del mostro per poterlo portare via. «Quella. Quella è la
vera Kyrador.»
Cane non
riuscì a dire niente; forse perché, fin dall’inizio, anche lui l’aveva pensata
allo stesso modo.
Se non fosse stato per la
piega drammatica che avevano preso gli eventi, Fittzwater
sarebbe entrato negli uffici della Polizia Militare gongolando per l’ottima
prova di battaglia mostrata dalle sue nuovissime unità, ma in quel momento la
resa persino superiore alle attese dei Vormund contro
un’EDA si classe elevata era l’ultima delle sue preoccupazioni.
Owens
schiumava di rabbia, e malgrado la porta dell’ufficio fosse chiusa gli urlacci che i due presero a scambiarsi quasi subito furono
tali da catturare l’attenzione di tutti i presenti.
La
situazione era precipitata, e in un certo senso lo sapevano entrambi; certo,
nessuno dei due si aspettava che le cose potessero precipitare fino a quel
punto. Ciò che li divideva era la decisione circa la prossima mossa da seguire,
che secondo Owens poteva essere una sola.
«Fino a
che si trattava di una questione di droga era un conto, ma qui siamo di fronte
ad un attentato terroristico in piena regola!»
«E
secondo te quell’imbecille di Timur avrebbe i mezzi e la sagacia per mettere in
piedi una cosa del genere? Sono sicuro quanto te che si è trattato di un
attentato, ma scommetto quello che vuoi che non è stata un’idea sua!»
«Di chi
sia stata non mi importa! E non importa neanche ai piani alti! Dopo quello che
è successo, mi sorprende che non siano già venuti qui a rilevare tutto il
materiale raccolto finora e a prendere il controllo dell’indagine.
E
comunque vada, la mia squadra stava quasi per restarci secca! Quindi, per quel
che mi riguarda, non intendo aspettare un minuto di più!»
«Aspetta,
ti prego» tentò disperatamente Fittzwater quando
l’amico aveva già le mani sulla tastiera del telefono. «In questo modo manderai
all’aria mesi di indagini. Non te ne importa niente? Tutti quei laboratori di
cui non sappiamo ancora nulla…»
«Si
fottano i laboratori» ringhiò Owens a denti stretti.
«Fino a quando mi sarà possibile, intendo fare a modo mio, e non intendo
perdere altro tempo.»
Quindi
il Direttore guardò dritto negl’occhi Fittzwater,
fulminandolo.
«Da
questo momento l’indagine passa sotto il controllo della Sezione Speciale
dell’Agenzia, e quelli non sono abituati come me e te alle finezze estetiche. Tutto
quello che possiamo fare è cercare di prendere Timur vivo prima che lo facciano
loro, o Lilith a parte questa indagine finirà dritta nel cesso. Quindi, ti
consiglio di preparare i tuoi uomini. Più posti assalteremo nello stesso
momento, più possibilità abbiamo di sradicare quanti più rami della setta
possibili» e come il centralino di controllo attivò la linea, ordinò
perentorio. «Chiamatemi il TMD!»
Fittzwater
guardò un’ultima volta il suo vecchio amico, supplicandolo con lo sguardo di
fermarsi, ma di fronte ad una seconda occhiata perentoria poté solo andarsene
sbattendo con forza la porta fin quasi a buttarla giù.
Due
minuti dopo, nella caserma dei reparti speciali, l’allarme d’intervento
scaraventò la squadra di Jake dalla sala da pranzo direttamente a bordo della
camionetta d’intervento che già li aspettava per partire.
«Qual è
l’incarico?» domandò Ruch
«Una cattura»
replicò scherzosamente Madison leggendo le direttive arrivate sul suo
comunicatore. «C’è una Chiesa di Ela da ripulire all’Ottavo Distretto. Abbiamo
l’ordine di recuperarne il capo.»
«E ci
chiamano per una scemenza simile?» protestò Dylan
«Pare
che sia collegato con quello che è successo ieri all’università.
Gli
ordini sono di mettere in sicurezza l’edificio in cui si trova il bersaglio e
arrestare quante più persone possibili. L’arresto del capo di quegli esaltati, Plivis Emeraude, è classificato
come priorità uno. In altre parole, qualunque cosa accada, dobbiamo prenderlo
vivo.»
«Per
quale motivo un piccolo prelato dovrebbe essere così importante?» chiese Jake
«Queste
non sono cose che ci riguardano. In ogni caso si tratta di una operazione
congiunta con la polizia cittadina, pertanto la sincronia d’intervento sarà
fondamentale.
Il
bersaglio si trova in un edificio residenziale a Ladner,
nella zona di Hestrid Point. La Polizia Militare ci
ha fornito tutte le mappe, le informazioni e le planimetrie di cui avremo
bisogno.»
Rapidamente
vennero assegnati gli incarichi e fu illustrato il piano d’attacco: Madison,
Ruth e Shiffon avrebbero creato un diversivo e attirato l’attenzione delle
guardie, mentre Dylan e Jake avrebbero raggiunto velocemente il retro della
villa facendo irruzione e catturando il bersaglio prima che questi potesse
avere il tempo necessario per poter fuggire.
«E ora
forza, Bravo! Andiamo a guadagnarci la paga!»
Timur da parte sua, come
aveva saputo dell’avvenuta riuscita del piano, ma anche del modo in cui esso
era andato in parte a rotoli per l’intromissione di quel Noce che aveva sempre
considerato un idiota, aveva deciso di lasciare velocemente la città e
ritirarsi nella sua tenuta sul mare.
Non solo
in questo modo poteva dare tempo alle acque di calmarsi, ma soprattutto la
villa costituiva un’ottima postazione difensiva, dalla quale era facile
accorgersi di eventuali minacce e agire di conseguenza.
Di certo
però Timur e i suoi uomini non si aspettavano di doversi confrontare con una
squadra TMD, contro la quale i sistemi d’allarmi e le armi di piccolo calibro
che la scorta del prelato aveva con sé erano ben poca cosa.
A cento
metri dalla casa, cui si accedeva per una strada stretta e tortuosa che
attraversava un boschetto, la camionetta d’assalto lanciò alcune delle granate
fumogene, che colpito il cortile con estrema precisione generarono una densa e
fitta coltre bianca.
Protetto
dal fumo il mezzo sfondò il cancello, travolgendo anche due guardie che fecero
appena in tempo a spostarsi, e come le portiere posteriori si aprirono la
squadra di Madison sciamò all’esterno armi in pugno aprendo subito il fuoco.
La
minuscola guarnigione, formata per buona parte da ex membri dell’esercito
congedati con disonore, oppose una difesa piuttosto stentata, ma prima che
potessero arrendersi Jake e Dylan, passando sotto il loro naso grazie alla cortina
fumogena, erano già all’interno della villa, dove tuttavia avevano trovato ad
attenderli altra resistenza.
Dax, che
aveva sniffato Lilith in polvere fino a poco prima, si presentò nel salone
prospiciente l’ingresso con una mitraglietta per mano, l’espressione
infervorata e la faccia che ancora parzialmente tinta di polvere blu sembrava
quella di un demone infernale.
L’uomo
oppose una resistenza quasi insensata, tanto che alla fine i due agenti furono
costretti ad abbatterlo, anche se Dax aveva tanta di
quella droga in corpo che nell’atto della morte questa irrigidì tutti i
muscoli, tramutandolo in una statua che con le dita paralizzate sui grilletti
seguitò a sparare fino all’esaurimento dei caricatori, saturando l’aria di fumo
acre e devastando completamente il salone.
«Muoviamoci!»
ordinò allora Jake.
Nel
mentre, però, Timur se l’era già data a gambe, e sfruttando un passaggio
segreto in cantina aveva imboccato la scala lunga e stretta scavata
direttamente nelle viscere della scogliera che, scendendo verso il basso, lo
condusse fino ad una grotta marina segreta, ben nascosta dall’esterno da una
parete magica, dove un motoscafo lo attendeva per scappare.
«Avanti,
metti in moto!» ordinò con gli occhi fuori dalle orbite, solo per scoprire in
un secondo momento che l’autista era sparito.
Subito
dopo, un rumore di passi attirò la sua attenzione, e alzati gli occhi il priore
si trovò a tu per tu con una faccia famigliare.
«Che ci
fai tu qui?
Ce li
hai portati tu per caso? Comunque vada, sappiate che io mi chiamo fuori! Non mi
avevate detto che sarebbe stato così pericoloso! Ora salgo sulla mia barca,
prendo la prima aeronave per Callisto, e tanti saluti! Tenetevi i soldi e tutto
il resto, io non voglio più saperne nulla!»
Poi, di
colpo, la sua espressione si trasformò, facendosi atterrita e piena di terrore.
«Aspetta!
Che vuoi fare? No, ti prego! No!».
Nel mentre, in superficie,
la situazione all’interno della villa era stata pacificata, e sia Jake che
Dylan si erano messi alla ricerca di Timur, senza però riuscire a trovarlo.
Non era
occorso molto perché i due agenti si imbattessero invece nel passaggio segreto,
lasciato imprudentemente spalancato dal priore, ma mentre lo stavano ancora
percorrendo il fragore di uno sparo riempì quel cunicolo stretto e angusto con
potenza assordante.
«Merda,
corri!» gridò Dylan, che procedeva in testa.
Quando
arrivarono alla grotta, però, era già troppo tardi; Timur giaceva sul terreno
umido, un braccio parzialmente immerso nell’acqua, la tunica fradicia del
sangue che usciva a fiotti da un foro nella gola; accanto a lui, una pistola
ancora fumante.
«È
ancora vivo!» esclamò Jake che, inginocchiatosi davanti a lui, lo vide muovere
leggermente le palpebre. «Presto, aiutalo!»
Dylan
fece il possibile, e fu anche ordinato di portare quanto prima sul posto
l’unità medica di emergenza, ma quasi subito fu evidente che per quanti
incantesimi curativi si potesse usare per quel poveretto non c’era speranza.
Con le
sue ultime forze, come a voler implorare aiuto, il priore afferrò il polso di Dylan,
guardandolo con i suoi occhi spalancati che, di secondo in secondo, diventavano
sempre più bianchi.
«M… on… a…»
mormorò, tossendo fiotti di sangue
Quindi,
sfinito da un’ennesima convulsione, rantolò nuovamente sulla roccia esalando
l’ultimo respiro.
Jake e
Dylan si guardarono tra di loro, poi il primo, ancora scosso per le parole
incomprensibili che Timur gli aveva rivolto prima di morire, prese la radio.
«Bravo
Quattro» disse con un filo di voce. «Il bersaglio è morto. Obiettivo fallito.
Ripeto. Il bersaglio è morto. Obiettivo fallito.»
«Bravo
Quattro, ricevuto.» rispose, dopo qualche attimo, la voce di Madison
Alexia si risvegliò solo quattro
giorni dopo i fatti dell’università, ritrovandosi con sua stessa sorpresa
ancora viva e distesa su di un letto dell’ospedale di St. John.
Ad
assistere al suo risveglio, il Direttore Owens, che
vedendola aprire gli occhi cercò di nascondere dietro ad un sincero sorriso di
sollievo il suo reale stato d’animo.
«Ehi,
finalmente. Era ora che ti svegliassi. Lo sai quanto mi hai fatto stare in
pensiero?»
«Direttore!?»
Nel
momento del risveglio, e nonostante i sedativi, Alexia aveva sentito un gran
dolore in tutto il corpo, ma quando cercò istintivamente di alzarsi una
tremenda fitta le fece quasi scoppiare lo sterno, per non parlare della spalla
destra che sembrò quasi volersi staccare.
«Calma,
calma» le disse il Direttore aiutandola a rimettersi distesa. «Forse non te ne
rendi conto, ma hai quattro costole fratturate, una spalla incrinata, il polso
destro spezzato, e se fossi nata trecento anni fa a quest’ora non avresti più
né milza né pancreas.
Tutto
questo senza contare l’esaurimento magico che ha richiesto una procedura di
emergenza per non farti perdere le tue capacità di maga.
In altre
parole, nonostante tutto, sei ridotta piuttosto male.
Ma
consolati. Si tratta di cose pienamente superabili. Qualche mese di riposo, e
sarai di nuovo in piena forma.»
Alexia,
appena fu in grado di farlo, chiese notizie della missione e dei suoi risvolti,
e già dall’espressione che Owen assunse alla sua domanda la giovane donna si
rese conto che molte cose non dovevano essere andate per il verso giusto.
«Timur è
morto» disse mestamente il Direttore al termine del suo racconto. «Dalle prime
informazioni sembra si sia suicidato. Abbiamo smantellato il laboratorio
principale, alcuni di quelli minori, e tutte le attività secondarie disseminate
per la città.
Di certo
è un brutto colpo per il mercato della Lilith qui a Kyrador, ma sono pronto a
scommettere che quelli delle altre città ne hanno risentito solo in parte.
Timur
dopotutto non aveva contatti né affiliati a Eldkin o
a Midgral, e stando ai miei colleghi pare che lì la
droga stia circolando tuttora in gran quantità.»
E purtroppo,
le brutte notizie non erano finite.
«Il
corpo dell’EDA è stato analizzato da cima a fondo.
C’era
abbastanza droga in quel braccialetto infernale per generare una decina di EDA,
figuriamoci se iniettata in una sola persona. Che siamo di fronte ad una Lilith
diversa da quella fino ad ora conosciuta è fuori di dubbio, il problema è che
non ne abbiamo trovato traccia. Questa nuova droga viene assorbita dall’organismo
molto in fretta, ed è infinitamente più letale.»
«Signore»
mormorò Alexia attraverso la maschera per l’ossigeno. «Sappiamo bene che Timur
non può aver creato una cosa del genere da solo.»
«Ne sono
consapevole» rispose Owens nascondendo per un attimo
il volto tra le mani. «Sfortunatamente, Capitano, è una questione che non ci
riguarda più.»
«Che
significa?»
«Il caso
da ieri è ufficialmente di competenza dell’unità Indagini Speciali. La Polizia
Militare continuerà a gestire l’indagine relativa al traffico di droga, ma
tutto il resto passa nelle mani del Consiglio di Sicurezza.»
Affranta,
Alexia girò la testa dall’altra parte, osservando mestamente la città che
andava tingendosi del rosso del tramonto.
«Mi
dispiace» riuscì solo a balbettare Owens, che subito
dopo però cercò di risollevare sia il proprio morale che quello della giovane
sottoposta. «Comunque, per ora, non ci pensiamo tu. Tu pensa solo a rimetterti
in sesto.
E a
questo proposito, credo che fuori ci sia qualcuno che vuole vederti.»
Detto questo
Owens uscì lasciando la porta aperta, e da questa
dopo qualche secondo entrò, l’espressione quasi sconvolta ed il fiato
accorciato sia da una breve corsa che da un’ansia crescente, una persona che
Alexia negli ultimi tempi aveva visto molto poco, ma di cui aveva sempre
rimpianto quello sguardo così amorevole ed affettuoso, celato dietro ad una
sottile parete di freddo autocontrollo.
«Ciao,
mamma.»
«L’avevo detto fin dall’inizio
che non avremmo dovuto fidarci di quel tipo!» sbottò Tristano tirando pugni sul
tavolo. «Per poco non ci ha fatti scoprire!»
«Imprevisti
a parte,» commentò Percival. «Direi che la prova è
stata piuttosto buona. Secondo i nostri informatori nella polizia, le analisi
autoptiche condotte sull’EDA generato dalla nuova Lilith non sono riuscite a
rilevare né la composizione né la natura effettiva di questa droga.»
«In
altre parole,» intervenne Gareth. «Non ci sarà modo
per la MAB di distinguere in futuro gli attacchi compiuti da noi dagli
incidenti occasionali.
Direi che
questa è decisamente una buona notizia.»
«Lo è altrettanto
che Timur sia morto» disse Valerian. «Se fosse
rimasto in vita, conoscendolo, anche nel caso in cui fosse riuscito a sfuggire
al TMD sarebbe stato capace di vendersi in cambio di qualche privilegio.
Per fortuna
lo abbiamo trovato noi prima dei cani della MAB.»
Il giovane
erede dei Delaroche rivolse quindi uno sguardo carico di ringraziamento verso Owain, che sedeva al suo solito divanetto con fare
apparentemente distaccato; da qualche giorno aveva iniziato ad intagliare un
vecchio pezzo di legno ritrovato casualmente in soffitta, e dopo molto lavoro
cominciava ad intravedersi un volto di donna emergere dalla superficie annerita
e graffiata dagli anni.
«Noi
tutti abbiamo un grande debito nei tuoi confronti. Senza il tuo aiuto, la
situazione avrebbe potuto assumere contorni drammatici.
Hai tutta
la nostra gratitudine.»
«Doveva
essere fatto, prima o poi. Quelli come Timur non possono essere lasciati vivi a
lungo.»
«Ammetto
che in qualche occasione ho dubitato della tua fedeltà. Ma ora, non succederà
più.
Hai la mia
parola.»
«Mi fa
piacere sentirlo.»
I loro
sguardi si incrociarono, in un muto scambio di idee e sentimenti, quindi Valerian tornò a concentrarsi sulla riunione.
«L’unico
problema, è che il meccanismo di incenerimento del bracciale non ha
funzionato.» disse Lancillotto
«Probabilmente
si è trattato di un guasto inaspettato» minimizzò Gareth.
«Stiamo parlando pur sempre di un prototipo.»
«Ci
hanno assicurato che i prossimi modelli saranno più efficaci» disse Valerian. «Da questo momento, inizia la seconda fase del
nostro progetto. Per minimizzare il dispendio di risorse, concentreremo i
nostri sforzi su Kyrador. I proventi della mia famiglia e quelli derivati dai
nostri introiti sullo spaccio della Lilith nelle altre regioni ci forniranno la
disponibilità economica per portare avanti la nostra campagna.
Gli ordini
sono di mantenere alta la tensione il più possibile, ma senza esagerare. Prima di
passare alla fase tre, dobbiamo dare il tempo ai ricercatori di mettere a punto
Ragnarock. Ma più caldi saranno gli animi al momento
di sferrare il nostro attacco, maggiori saranno le possibilità che esso sia
coronato da successo.»
Detto questo,
l’erede dei Delaroche ed i suoi compagni presero ognuno uno dei dodici calici d’argento
disposti in circolo al centro del tavolo, piccoli capolavori d’artigianato amalteco intagliati e lavorati a formare eleganti
altorilievi; la cosa curiosa era che, a parte le decorazioni floreali e la
forma della coppa rievocante i petali spalancati di u giglio, ogni calice aveva
raffigurato il mezzobusto di un cavaliere in armatura, ognuno diverso da tutti
gli altri.
Il primo
capo di Avalon, Auguste Delaroche, aveva fatto creare quei calici per i suoi
più fidati consiglieri ed amici, ed era stato nel momento in cui Valerian li aveva casualmente trovati, sotterrati nel
vecchio orto della villa, che dentro di lui era nata la convinzione di dover
proseguire nel sentiero tracciato da suo padre per costruire un mondo nuovo.
Anche Owain raccolse il proprio calice, che fu lo stesso Valerian a porgergli di fronte alla sua apparente
esitazione, e come tutti i recipienti furono pieni fino all’orlo di ottimo vino
ognuno dei presenti si incise leggermente l’indice destro, lasciando cadere una
goccia del proprio sangue nella bevanda, tingendola lievemente di un rosso un
po’ più acceso.
«Ora e
sempre.» proclamò Valerian alzando il Calice del Re
La
parola d’ordine dei loro predecessori; ora Avalon, almeno per loro, era tornata
in vita.
«Ora e
sempre.» risposero in coro i suoi compagni
Carmy, per quanto ci
provasse, non riusciva a smettere di pensare a Noce, e le notizie giunte dall’ospedale
circa le condizioni di salute del Capitano le avevano ulteriormente affossato
il morale.
Era talmente
distratta e persa nei suoi pensieri da non essere ancora riuscita, a distanza
di quattro giorni, a finire di stendere il suo rapporto finale sulla missione,
e dal momento che il termine ultimo per consegnarlo era ormai prossimo a
scadere si era vista costretta e restare oltre il termine del turno.
Uno dopo
l’altro tutti se n’erano andati, e ormai nell’ufficio restava solo lei, avvolta
da un buio quasi assoluto a malapena rischiato dalla luce della lampada da
scrivania e da quella della finestra virtuale del computer.
Ma anche
così, non le riusciva di lavorare; continuava a rileggere le poche righe che
aveva scritto, spesso digitando senza volerlo la stessa frase più volte o
cancellando intere sezioni dopo essersi resa conto, ad una prima lettura, di
quanto fossero ortograficamente e grammaticalmente inaccettabile per una
persona adulta e vaccinata come lei.
L’espressione
spaventata e sconvolta di Noce era ancora davanti a lei. La vedeva ovunque, nei
manifesti pubblicitari come sulle riviste, navigando in rete o semplicemente
chiudendo gli occhi, inoltre aveva dormito molto poco, tanto che persino una
ragazza paziente come Julienne alla fine aveva
sbottato.
Della Carmy
O’Neill che quattro mesi prima aveva messo piede per
la prima volta in quell’ufficio sembrava non esserci più traccia, schiacciata
dal peso di una realtà che non avrebbe mai voluto vedere.
Che ne
era stato di quel sogno chiamato Kyrador, si domandava? Possibile che fosse
marcito fino a tal punto?
All’improvviso,
uno scalpiccio spedito e pesante risuonò nel silenzio tutto attorno, e Cane si
palesò all’interno del box con aria contrariata e risoluta.
«Cane,
non eri andato a casa?» domandò Carmy tornando in sé
«Vieni
con me.»
«Aspetta,
cosa…» ma prima che la ragazza potesse aprire bocca
un’altra volta l’agente l’aveva già presa per un braccio, portandola quasi a
forza al più vicino ascensore.
Mentre salivano
verso l’alto Cane seguitò a mantenere uno sguardo freddo ed un atteggiamento
ostile, tanto che Carmy non ebbe più il coraggio di domandare nulla, restando a
sua volta ferma ed in silenzio a leggere i numeri sul display che aumentavano
sempre di più.
Le porte
si riaprirono al sessantesimo piano, l’ultimo, su di un piccolo corridoio al
termine del quale i due incontrarono una stretta scala a chiocciola.
«Avanti,
sali.»
Carmy
obbedì, troppo confusa e spaventata per chiedere informazioni, e con Cane che
la tallonava un gradino più indietro percorse verso l’alto tutta la scala fino
a raggiungere una piccola porta chiusa a chiave, con un cartello di divieto
vecchio e sbiadito lasciato a pendere da una catenella piena di ruggine.
Fattosi avanti,
e senza apparente esitazione, Cane fece scattare la serratura, e come spalancò
l’uscio verso l’esterno una ventata d’aria fredda colpì la faccia di Carmy,
sulla quale si accese come d’incanto un’espressione carica di meraviglia.
Kyrador,
la Città dei Nove Distretti, risplendeva sotto i suoi piedi.
Milioni di
luci di palazzi, lampioni, schermi e quant’altro formavano uno scintillante
mosaico in continua mutazione, che diventando sempre più luminoso man mano che
ci si avvicinava al centro si protendeva ad ovest fin sul bordo del male, disperdendosi
invece fin oltre l’orizzonte in tutte le altre direzioni.
Da lassù,
dalla torre panoramica della sede della polizia militare, si poteva vedere tutto,
dai bagliori intermittenti delle navi che andavano e venivano dalle darsene a
nord al traffico di luci in continuo movimento delle principali arterie
stradali, sia a livello del suolo che sopraelevate.
Sulla collina
più alta, il palazzo presidenziale, e poco distante la colonna bianchissima
della Marble Tower che scintillava come una stella. Un
po’ discostate dal centro, le fronde degli alberi di Luminous
Park spezzavano un momento la linea dei palazzi, dando però un tocco di gentile
raffinatezza che accresceva il colpo d’occhio invece che penalizzarlo.
Rainbow
Bridge, malgrado ciò che era diventata Harris Island, conservava intatto tutto
il suo splendore, rassomigliando con i suoi imponenti tralicci e i cavi a
spirale alle canne possenti di un gigantesco organo. E alle sue spalle, avvolta
nel buio dell’oceano, appena visibile sul bordo dell’orizzonte, scintillava una
piccola luce, simile ad un faro.
Dovette
passare parecchio tempo prima che Carmy riuscisse a riprendersi, tanto quello
spettacolo, che mai aveva immaginato potesse apparire dal tetto del posto in
cui lavorava, l’aveva lasciata senza parole, la bocca spalancata e gli occhi
che scintillavano come quelli di una bambina.
«Questa
è Kyrador.» disse Cane distendendo il volto e calmando la voce.
Un rumore
giunse alle loro spalle, e Carmy, voltatasi, vide Lucas sbucare a sua volta
sulla terrazza con tre seggiole pieghevoli in una mano e una rete di birre
fresche di congelatore nell’altra, queste ultime sollevate in alto come un
trofeo.
Così,
quella serata si concluse come la ragazza non si sarebbe mai immaginata, seduta
a pochi passi dal bordo con una lattina ghiacciata tra le mani e lo spettacolo
impagabile della città illuminata sotto i piedi.
Eppure,
dapprincipio, neanche questo, inclusa la vicinanza di quei colleghi che tanto
dovevano averla cuore, parve bastare in un primo tempo per scuoterla dal suo
tormento.
«Tutti
ci siamo passati prima o dopo» disse d’un tratto Cane posando la sua birra e
ritraendo i piedi comodamente poggiati sul parapetto. «Io. Il Capitano. Forse
anche il Direttore. Persino il nerd qui presente.»
«Grazie
tante.» protestò l’interessato
«Quello
che voglio dire, Carmy, è che tutti in un primo momento siamo cresciuti con la
convinzione che il nostro mondo fosse scintillante, pacifico, forse addirittura
perfetto.
È una
cosa a cui tutti si sforzano di credere, anche qui a Kyrador. Anzi, forse
addirittura più qui che in qualunque altra parte del globo.»
Un piccolo
cristallo di ghiaccio scivolò lentamente lungo la superficie levigata della
lattina, seguito da Cane con sguardo come pensieroso.
«Questa
città, in fin dei conti, è un po’ come un cristallo. Può assumere diverse
forme, e apparire in vari modi, a seconda del punto di vista da cui lo si
osserva e da come la luce lo colpisce.
La maggior
parte degli abitanti si sforza di guardare solo quello che più li appaga, e
distoglie lo sguardo quando ciò che vedono non gli piace più.
Ma chi
fa un lavoro come il nostro è obbligato a guardare ogni singola sfaccettatura,
bella o brutta che sia. Ed è allora, quando il miraggio di perfezione svanisce,
che la vera Kyrador, il vero Celestis, emergono per quello che sono.»
Carmy sobbalzò,
stringendo senza volerlo un po’ più forte la sua lattina.
«In fin dei
conti però, non è così male» commentò Lucas. «Più una cosa è diversa, più è
bella. C’è più gusto a scoprirla. E poi, bene e male sono concetti imprescindibili,
oltre che relativi. In quanto agenti di polizia, ma soprattutto membri della
MAB, il nostro compito è far sì che l’equilibrio su cui poggia la nostra
società non venga danneggiato.»
«E
questo equilibrio,» concluse Cane. «Poggia inevitabilmente sul rapporto tra il lato
luminoso e quello oscuro, a Kyrador come in tutto Celestis.»
«Quindi,»
mormorò Carmy a capo chino. «Sarà sempre così?»
Cane
rispose con un’alzata di spalle.
«L’utopia
semplicemente non può esistere. Sarebbe la negazione della natura umana. La gente
lì fuori vuole credere che Celestis sia una realtà superiore, ma in verità
probabilmente non è tanto diverso dal mondo che i nostri antenati lasciarono
centinaia di anni fa.»
Sospirando
l’agente si portò la lattina alla bocca, lasciandosi cullare dal piacere della
birra fredda che scendeva nella gola.
«D’altra
parte però, se la sai osservare, questa città è anche bellissima. In fin dei
conti, a ben pensarci, forse è davvero quanto di più vicino all’utopia potresti
trovare in questo mondo. Dopotutto, i nostri avi l’hanno costruita perché fosse
il simbolo ultimo della civiltà che volevano costruire, e che volevano con
tutte le loro forze rendere perfetta.
Quindi,
forse, un briciolo di perfezione Kyrador ce l’ha, nascosto tra la nebbia che
quotidianamente la nasconde e la soffoca.»
Carmy
guardava ora in alto ora in basso, mentre il cuore le batteva forte.
«Non è
stata la prima volta, e non sarà l’ultima» concluse Cane riassumendo un tono un
po’ più serio. «Ma se saprai convincerti che c’è una Kyrador migliore rispetto
a quella che talvolta ti troverai costretta a guardare negl’occhi, allora
troverai la forza per andare avanti. Altrimenti, te lo garantisco, questa città
ti stritolerà nei suoi tentacoli fino a soffocarti.
Accetta
le sue regole, sottomettiti al suo corso, e saprà darti abbastanza gioie da
compensare in parte i dolori che ti metterà di fronte.
È così
che si va avanti. È così che si sopravvive a questo Regno di Cristallo.»
Da un
momento all’altro, fu come se un velo nero si fosse immediatamente dissolto
dinnanzi agli occhi e nell’animo di Carmy, alleggerendo il suo cuore e
lasciando dietro di sé solo un fastidioso, ma in qualche modo inevitabile,
senso di consapevolezza.
Cane aveva
ragione; come tutti, si era sforzata di credere che il suo fosse un mondo
fantastico, e Kyrador il miraggio di perfezione tanto osannato e decantato da
poeti, cantanti e politici dalla dialettica suadente.
Forse,
in cuor suo, voleva sforzarsi di crederci ancora, ma non poteva né doveva
chiudere gli occhi dinnanzi ai suoi lati più oscuri e controversi.
Si alzò
dal seggiolino, lasciandosi ammaliare una volta di più dal turbinio di suoni,
luci e odori che giungevano da sotto i suoi piedi; forse Kyrador era davvero una
Città delle Nebbie, un luogo in cui tutto era il contrario di tutto, in cui le
passioni e i turbinii dell’essere umano assumevano le forme di scintillanti
palazzi, ampi viali, vaste strade e grandi parchi, e dove ogni cosa esisteva in
funzione del suo opposto. Ma, allo stesso tempo, come diceva Cane, era anche un
Regno di Cristallo, fragile e magnifico allo stesso tempo, capace di diffondere
una luce divina e allo stesso tempo riflettere al suo interno i lati più
ambigui ed oscuri della società.
Trovare l’equilibrio.
Era questo
il segreto.
Ma nel
suo caso l’importante non era solo trovarlo; era preservarlo.
Lei era
un agente di polizia. Un membro della MAB. Quella città, quel mondo, erano
tutto ciò che era chiamata a tutelare.
Tutto
per non lasciar spegnere quella luce, quel frammento di perfezione che giaceva
da qualche parte nel cuore della più grande e splendente città di Celestis.
«Avete
ragione» disse con uno strano, liberatorio sorriso. «Questa è Kyrador.»
Nota dell’Autore
Eccomi qua!^_^
E così, eccoci arrivati alla fine di
questa prima parte!
Molti enigmi sono stati sciolti,
altrettanti attendono ancora una soluzione, e in quel piccolo mondo di nome
Celestis si vanno delineando scenari sempre più ambigui ed inquietanti.
E ora cosa accadrà?
Quali sono i piani di Avalon? Sono davvero
loro il vero nemico, o c’è qualcuno che agisce alle loro spalle?
Cos’altro attende Kyrador e il resto del
mondo?
Lo scoprirete nella Seconda Parte, “La
Tomba dell’Ambizione”, che inizierò a pubblicare al mio rientro dalle vacanze.
Grazie a tutti quelli che hanno letto e
recensito questa storia.
A presto!^_^
Carlos Olivera