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Autore: Paddy_Potter    11/08/2014    1 recensioni
Ciao a tutti! Questa storia è il proseguimento di "A Brother to Save", una mia fanfiction terminata l'estate scorsa. Qui narrerò di Orion Black, di come la sua giovinezza non fu così tranquilla come immaginiamo. Ora che entrambi i suoi figli se ne sono andati, tristi ricordi affiorano alla sua mente. Con uno slancio di fantasia ho aggiunto un nuovo personaggio, destinato a cambiare molte cose nella famiglia Black e a riportare alla luce alcune verità che sono state taciute.
Ma forse non è troppo tardi per salvare la situazione.
Perché, alla fine, anche le stelle più nere riescono a brillare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Orion Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Midnight Call

 

 
 
 


Fu la voce di Ryan a risvegliarlo.

“Finalmente hai deciso di darmi retta! Niente male, amico mio, davvero.” Sogghignò.
“Cosa? Oh, no, hai frainteso tutto. Abbiamo solo ballato!” rispose Orion, riemergendo dallo stato di trance in cui era caduto. Quella ragazza l’aveva lasciato talmente in fretta che non era neppure riuscito a reagire, era rimasto semplicemente immobile in mezzo alla sala…
“Certo, ma lascia che ti comunichi che eri l’unico di quelli che stavano ballando a fissare in modo così estasiato la propria dama.” Gli fece notare l’altro.
“Mi stavi osservando?” replicò Orion, non senza una punta di stizza.
“E ti avviso che non ero l’unico.” Aggiunse, lanciando poi un’occhiata al fondo della sala, dove i signori Black stavano augurando una buona serata agli ospiti.
“Ti prego, dimmi che non…” sussurrò guardando poi Ryan, che annuì.
“Oh, perfetto. Ed ora come minimo mia madre mi farà un interrogatorio…per non parlare di mio padre.” Sospirò, avviandosi sconsolato verso i genitori.
“Che Salazar sia con te!” lo salutò l’amico con una pacca sulla spalla. “Fammi un fischio domani, così so se sei ancora vivo…”
“Grazie, Ryan. Tu sai davvero come tirare su il morale di una persona!” si lamentò Orion. “Comunque ciao, grazie di essere venuto.” Concluse, mentre l’altro si dirigeva verso l’uscita, alzando una mano in segno di saluto.
 
 
***
 
 
14 marzo 1957
 

Circa un’ora dopo, Orion stava ritornando in camera sua dopo aver parlato con i suoi genitori.

Non era andata così male, alla fine. Sua madre aveva voluto sapere come mai avesse invitato quella ragazza e perché proprio lei, mentre suo padre non si era perso in giri di parole e gli aveva chiesto cosa ne pensava.
Lui era rimasto molto vago, dicendo che era solo la prima che aveva incontrato al tavolo del buffet e, giusto per chiudere la serata, l’aveva invitata a ballare. Alla domanda di suo padre aveva scelto le parole per rispondere con la massima cura, descrivendola come una persona piuttosto sveglia ma troppo tendente al sarcasmo, così da non sbilanciarsi in nessun modo.
“Una sana via di mezzo.” Si era detto. “Un pregio e un difetto, così si equilibrano.”
I suoi sembrarono soddisfatti della risposta e lo congedarono, augurandogli una buona notte.

Era disteso a letto, impegnato a ripensare alla serata, quando si ricordò che doveva chiamare Ryan.
Si alzò e si trascinò verso il grande specchio che era appeso al muro sopra la cassettiera. Picchiettò due volte con la bacchetta e chiamò.
“Ryan?”
Un mugugnio indistinto giunse in risposta, mentre l’immagine nello specchio cambiava: ora non vi era più il riflesso della stanza di Orion ma la veduta della stanza di Ryan, incluso il suddetto ragazzo abbandonato sul letto con la faccia sprofondata nel cuscino.

Avevano inventato quel trucchetto anni prima, così avrebbero potuto parlarsi anche durante le vacanze più velocemente rispetto alla via-gufo. Avevano gettato un incantesimo su entrambi gli specchi così che, quando uno dei due ragazzi picchiettava due volte con la bacchetta sulla superficie e chiamava il nome dell’altro, immediatamente vedeva e sentiva ciò che accadeva nella visuale dello specchio dell’altra camera.

Quando sentì la voce dell’amico, Ryan si sollevò appena, giusto per riuscire a vedere lo specchio.
“Ah, sei ancora vivo…” biascicò, sbadigliando.
“Sono felice che questa notizia smuova in te così tanto entusiasmo.” Commentò Orion con un sorrisetto.
L’altro si rigirò nel letto, bofonchiando una risposta che si perse tra le lenzuola.
“Avanti, Ryan! Scendi da quel letto, ho bisogno di parlarti!” si spazientì il ragazzo.
Altra risposta borbottata.
“Guarda che se non ti alzi dico a tua madre di Elizabeth Rouen.” Ghignò Orion, abbandonando ogni pietà.

Un vago silenzio precedette il primo segno di vita – degno di tale nome – da parte di Ryan.
“Non oseresti.”
“Mi conosci da parecchio tempo, Ryan. Sai benissimo che oserei.” Si compiacque il ragazzo.
Durante i pochi attimi seguenti, Ryan parve considerare se il suo amico fosse davvero in grado di sferrare un tale colpo basso, per poi rendersi conto che si chiamava Orion Black: ovvio che ne sarebbe stato capace.
“Che bastardo che mi sono scelto come amico…” borbottò indispettito mentre si rotolava giù dal letto.
Soddisfatto, Orion si appoggiò alla cassettiera con le braccia e attese che un Ryan più nel mondo dei sogni che in quello dei vivi si sedesse su una poltroncina vicina al suo specchio.

 “Che. Hai.” Scandì quello.
“Ma sei andato a letto vestito?” chiese stupito Orion, mentre un sorrisetto si dipingeva sul suo volto alla vista dell’amico ancora in giacca e cravatta.
“No, questo è il mio pigiama da festa.” Sbuffò Ryan. “Ti avevo detto di chiamarmi domani!”
“È l’una.” Gli fece notare l’altro.
Questa vaga consapevolezza preso forma nella mente di Ryan più lentamente del solito a causa del brusco risveglio.
“Oh, ma cruciati Black!” brontolò.
“Certo, provvederò più tardi. Comunque ti devo parlare.”
“Cosa devi dirmi?”
“Ho parlato con i miei.”
“E?”
“E mi hanno chiesto cosa ne penso di lei e cose del genere.”
“Quindi?”
“Beh, non gli ho detto tutta la verità, non ci ho ancora capito nulla neanche io.”
“Allora?”
“Dovevo pur dirlo a qualcuno, ho appena mentito ai mio padre!”
Uno sguardo truce prese posto sul volto di Ryan.
“E tu mi avresti svegliato per questo?”
“Mi avevi detto di chiamarti e io avevo voglia di parlare con qualcuno! Dovevo forse confessarmi col cuscino?” minimizzò Orion.

Ryan trasse un respiro profondo. Questo era Orion Black: fiero e determinato di fronte a tutti, ma alla fine rimaneva sempre un perfettissimo ragazzo di vent’anni, con i suoi dubbi e le sue convinzioni.
“Ok, visto che ormai sono sveglio e visto che non ho nessunissima voglia di prendere la bacchetta per chiuderti la conversazione in faccia…sfogati.”
Orion gli raccontò di come aveva incontrato la ragazza, del suo sarcasmo, del ballo e di quello che gli aveva detto mentre ballavano. Per tutta la durata del discorso, Ryan fissò un punto indefinito sulla fronte dell’amico.
“E poi se n’è andata così in fretta, praticamente io non l’ho nemmeno salutata…Ryan che hai da fissarmi? Ho qualcosa scritto in fronte, per caso?” chiese scocciato.
“No, niente. È che non mi sembra che tu ti sia accorto che manca qualcosa.” Rispose semplicemente.
Orion lo guardò con aria confusa.
“Cosa?”
“Come hai intenzione di rintracciarla?” sospirò Ryan in tono sufficiente. A volte bisognava proprio spiegare tutto!
“Io…oh, Salazar!” esclamò il ragazzo, capendo tutto all’improvviso. “Non mi ha detto il suo nome!”
“Esatto.” Annuì l’altro.
“E adesso come faccio?”
“E che ne so io?”
“Ryan, devi aiutarmi! Come posso ritrovarla se non so nemmeno chi sia?”
“Non lo so, io non l’ho mai vista. Non credo che sia di queste parti e non l’abbiamo mai incontrata nemmeno ad Hogwarts.” Constatò. “Probabilmente ha studiato a casa. Comunque penso che dovresti chiedere ai tuoi. Se l’hanno invitata, vuol dire che conoscono la sua famiglia.”
“No, no posso chiedere ai miei.” Scosse la testa. “È una regola del galateo, avrei dovuto presentarmi e lei l’avrebbe fatto di conseguenza, ma visto che mi conosceva già…”
“Tua madre non la prenderebbe bene, in effetti.”

Anche Ryan conosceva bene la severità di Melania Black quando si trattava di galanteria. Aveva ancora impresso nella memoria l’interminabile pomeriggio a cui l’aveva sottoposto, quando aveva dodici anni, ad una interminabile lezione sull’educazione e la condotta che doveva dimostrare un ragazzo del suo rango. Il tutto perché, mentre stava facendo visita al suo amico, gli era sfuggito un commento non troppo educato riguardo all’abito che indossava la signora Black.
Anche se, qualche giorno dopo, Orion si era dichiarato d’accordo con lui riguardo al vestito, questo non gli aveva certo risparmiato un pomeriggio da incubo.

“Non hai un elenco degli invitati?” sbadigliò.
Orion parve illuminarsi.
“Io no, ma forse l’elfa che doveva portare gli inviti alle Poste ne ha una copia!” disse, per poi rabbuiarsi. “E a che mi servirebbe, comunque? Non conoscevo tutti i presenti, non posso andare per esclusione.”
Il ragazzo si accasciò sulla cassettiera.

Erano rare le volte in cui Orion si abbandonava così. Di solto era molto più intraprendente e non si curava degli ostacoli che gli si paravano davanti, ma questa volta, complici il sonno e il ricordo della ragazza impresso nella mente, pareva un’altra persona.
Ryan lo guardò intensamente: doveva aiutarlo, ma come?

Un’idea comparve rapida nella sua mente, così all’improvviso che per un momento pensò: “Può funzionare!”
Stava giusto per auto-complimentarsi per l’illuminazione avuta, quando si rese conto quello che avrebbe implicato: sì, avrebbe aiutato un suo amico, ma si sarebbe scatenato il finimondo…

Maledicendosi in anticipo per quello che stava per fare, Ryan prese parola.
“Hai presente Bianca Ceroli?”
Orion alzò appena lo sguardo.
“È quella pettegola ragazza italiana che ti ha mollato uno schiaffo in mezzo a Diagon Alley?”
“Esattamente lei.” Confermò il ragazzo, sprofondando appena nella poltrona.
Era ancora in tempo per rimangiarsi tutto, bastava lasciar cadere l’argomento, poteva risparmiarsi ore di tormento…
Ryan, niente ripensamenti, sussurrò compita la sua vocina interiore, Dillo.
Sospirò, rassegnandosi.
“Ecco, lei c’era ieri alla festa perché ospite dei Lestrange per lo scambio culturale. Lei…” esitò. “…beh, sai che è piuttosto curiosa. È molto probabile che conosca il nome della tua ragazza misteriosa.”
Sputò fuori le ultime parole, quasi sperando che Orion non le sentisse. Purtroppo per lui, Orion aveva sentito perfettamente.
“Hai ragione! Quella ragazza sa qualsiasi cosa di qualsiasi persona! Di sicuro saprà anche suo il nome!” esclamò, improvvisamente speranzoso. “Ryan, scrivile subito!”
“Scrivile tu!” si difese rapidamente l’altro.
“Cosa? Assolutamente no! Se si viene a sapere che non conosco nemmeno la gente che invito alle feste, mi rideranno dietro per sempre! Hai idea di come potrebbe sfruttare la cosa Ridley?”
“E tu hai idea di come si spargerebbe la voce che io ho messo gli occhi su un’altra ragazza? Mia madre mi scuoierebbe vivo e mio padre mi cancellerebbe dal testamento! Mi hanno detto di finirla con le mie avventure giovanili, altrimenti mi mandano alla Scosburn!” esclamò Ryan sbarrando gli occhi per l’orrore.

La Scosburn era una scuola di legge magica che aveva sede a Edimburgo, ma aveva la fama di accogliere tutti i ragazzi che venivano espulsi dalle altre scuole e i quali genitori esigevano un titolo di laurea: si era trasformata nel covo di viziati manichini che un giorno avrebbero preso posto dietro una scrivania nell’impresa del padre e lì sarebbero rimasti.

“Ryan, ti prego! È un’idea geniale! Così non sembrerà che sia io ad essere interessato e, nel caso in cui la voce che ti interessa giungesse a lei, io non farei un pessima figura nei suoi confronti ed in quelli dei suoi genitori!” concluse Orion sempre più euforico del nuovo piano, abbandonando l’appoggio sulla cassettiera per portarsi le mani ai capelli.
“Temo che tu non abbia capito il mio punto di vista.” Controbatté Ryan, il tono falsamente angelico. “Mi sto giocando l’eredità, la pelle e la reputazione!” strillò poi, esasperato.
Orion gli rivolse uno sguardo confuso.
“Sveglia? La realtà ti sta chiamando, Orion! Mio padre mi disereda, mia mamma mi scuoia e tutti e due mi sbattono fuori di casa!” concluse, aggrappandosi ai braccioli della poltrona per il nervosismo.
Un lampo di comprensione attraversò il volto dell’amico, subito soppiantato dallo sguardo che questi era solito rivolgergli quando si trattava di una favore.
Ryan avrebbe dovuto sentirsi onorato di fronte a quella scena, perché erano davvero poche le persone che Orion Black aveva scongiurato in vita sua, ma la prospettiva di come avrebbe reagito sua madre lo innervosiva non poco.
“Ryan…”
“No.” Tentò di rispondere, risoluto.
“Avanti…”
“Mi scaverei la fossa da solo.” Constatò, tentando invano di convincere l’amico.
“Per favore…”
“È puro masochismo!” Aggiunse, provando quindi a preparare psicologicamente se stesso.
“Dai…”
Ryan lo fissò attentamente.
“Io lo sapevo che non dovevo aprire la bocca!” accettò, sospirando.
Orion gli sorrise.
“Grazie, Ryan. Davvero.”
L’altro gli rifilò un’occhiataccia.
“E tutto questo perché abbiamo solo ballato, giusto?”
“Esattamente.” Ridacchiò Orion, mentre afferrava il suo pigiama. “Buona notte!”
“Notte.” Sorrise il ragazzo, mentre picchiettava due volte sulla superficie dello specchio.

Ryan aveva appena appoggiato la testa sul cuscino, distrutto da quella serata e dall’idea di dover scrivere a quella seccante ragazza italiana, quando dallo specchio giunse di nuovo la voce di Orion.
“Che stai facendo?” chiese, evidentemente turbato da qualcosa che il suddetto Ryan stava facendo.
Quando però il ragazzo si rese contro che non stava proprio facendo nulla, gli rispose con un seccato: “Dormo?”
L’espressione di Orion fu di immenso oltraggio.
“Alzati subito, dei scrivere alla tua ex!”
Ryan gli rivolse un’occhiata a dir poco omicida.
“Punto primo, è stata solo una serata. Punto secondo…all’una e mezza di notte? Io dovrei mettermi a scrivere?!” esclamò, leggermente alterato.
Orion fece spallucce.
“Sì.” Rispose con aria innocente.

Ryan lo fissò, incredulo: il suo amico faceva sul serio…e conoscendolo non gli avrebbe dato tregua finché non avesse spedito quella lettera.

E fu così che, borbottando svariati insulti al calamaio, alla carta, alla penna, al gufo e a qualsiasi altra cosa gli capitasse a tiro, Ryan Richmond si ritrovò a legare una busta alla zampa del volatile, per poi guardarlo inoltrarsi verso ovest nella compatta oscurità delle due del mattino.

“Sono finito.” Sospirò, abbandonandosi tra le lenzuola.
 
 
 
 
 
 

Angolo autrice

Hey, popolo vacanziero!
Oggi ho deciso di ultimare il capitolo ed ecco quello che ne è venuto fuori. C’è solo una cosa da dire: io adoro Ryan! È il ritratto del migliore amico: scanzonato e ribelle, ma sempre disposto ad infangarsi la faccia per aiutare;) E qui la reputazione se la gioca davvero, ma insomma…Orion aveva bisogno di una mano!
Alla fine si era dimenticato di chiedere proprio il nome della sua dama, che ci rivelerà l’ex ragazza di Ryan, Bianca.
Ma…quando Orion la troverà di nuovo, come andrà a finire la cosa? E, soprattutto, che cavolo centra tutto questo con i miei Sirius e Regulus??
Attendete, attendete…
Intanto, buone vacanze!:)

Anna
  
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