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Autore: insiemete    11/08/2014    0 recensioni
Tratto dal primo
capitolo:
Erin si calmò di getto, buttò a terra quel coltello che si era portata dietro e soffocò un urlo. Sapeva che la sua ora era finita, sapeva di non potercela più fare.
La creatura si protese verso il suo collo. Erin voleva scappare, ma era come se tutti i suoi muscoli si fossero bloccati, in una leggera stretta.
Erin pregò in tutti i modi di poter essere salvata, anche se non era fedele a nessuna religione. La creatura si posizionò sopra di lei, la fece cadere.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BEAST AND 7 DEADLY SINS


CAPITOLO SEI







Il sonno della ragazza era disturbato, immagini sgranate e terrificanti le avevano fatto compagnia per tutta la notte. Si rigirava continuamente tra le calde coperte cercando, invano, di trovare un momento di pace e poter riposare. Era un incubo, ma uno di quelli realistici, uno di quelli che ti facevano urlare dalla paura, uno di quelli che ti entravano dentro e sentivi il tuo corpo irrigidirsi. Erin prese il cuscino e se lo strinse tra le braccia, oramai inondata dalle lacrime.

Si alzò dal letto e si mise su una pesante mantellina color rosso cremisi; uscì dalla stanza senza fare rumore. Il corridoio era completamente scuro, eppure lei riusciva a vederci abbastanza bene. La ragazza scrollò la testa, che stava pensando, era impossibile.

Percorse tutto il dormitorio fino ad uscire dalla porta del retro, che rimaneva aperta per le emergenze. La brezza di quel gelido novembre la invase completamente, sentì i suoi muscoli irrigidirsi.

I piedi di Erin sembravano quasi impossessati, si ritrovò a camminare per il giardino, entrando nel bosco, contro la sua volontà. Le sembrava di essere richiamata. Questa volta, però, non aveva paura; c'era qualcosa dentro di lei che le diceva che nessuno le avrebbe fatto niente.

Erin camminò tra quei rametti rotti e la neve che era caduta durante la notte, tra i suoni terrificanti e i canti dei gufi al chiaro di luna. Si ritrovò in prossimità della grande vallata; ora si era fermata. Si guardò in giro, cercando qualcosa; cosa?

Erin si irrigidì quando una calda mano le tocco quella parte della spalla, nuda. Si girò lentamente, sgranando gli occhi alla vista di quella persona.

<< Che cosa ci fai qui? >> sputò lei, spaventata. Si portò una mano sul cuore.

Il ragazzo sorrise beffardo; i suoi occhi splendevano ancora più del solito sotto quella luce lunare, e Erin poteva giurarlo: erano quasi bianchi.

<< Potrei farti io la stessa domanda; è contro il regolamento uscire di notte, piccina >> disse, mostrando un bellissimo sorriso.

<< Non mi pare che questo ti crei alcun fastidio >> rispose, portando le braccia sotto il seno.

<< Esatto >> disse semplicemente.

Erin seguì con lo sguardo il ragazzo, si stava dirigendo verso l'interno del bosco, tranquillamente. La ragazza si chiese perchè doveva incontrare proprio lui, perchè nessun altro? Sembrava quasi che tutto fosse calcolato.

Presa dalla curiosità, la ragazza lo seguì, scaltra, facendo attenzione a non farsi riconoscere. Si nascose tra le ombre del vuio e lo seguì ad ogni passo.

Erin spalancò la bocca quando Aaron si fermò davanti ad uno strapiombo che lei non aveva mai visto in tutto quel tempo. Un'aurora boreale ricopriva tutti i boschi che si trovavano davanti a loro. Sembrava un gioco di magia, una stregoneria; era così assurdo. Non si trovavano nei poli, e questo fenomeno era assente in Irlanda e in Inghilterra; eppure, in quel momento, era di fronte a loro.

<< Puoi avvicinarti, sai >> disse Aaron parlando con il vuoto.

La rossa si avvicinò al corpo alto e muscoloso del ragazzo; la luce gli accarezzava perfettamente i contorni della pelle, era un Adone. Erin voleva toccarlo, sentire che effetto faceva. Continuò a guardarlo, come se fosse una droga, mentre si avvicinava sempre più al suo fianco.

Erin si sentì imprigionata in una morsa, schiava da qualcosa, e non poteva fare altro che assecondare quella sua volontà. Si sentì strana, come se qualcosa stesse nascendo dentro di lei, eppure non era una cosa buona. Aveva sfiorato la sua guancia con l'indice. Aaron era bollente, la sua pelle era puro calore, e se la toccavi potevi ustionarti.

La ragazza, in preda a sempre più curiosità, ritoccò il suo viso; sentì i lembi della sua pelle bruciare contro la sua: era spaventata, terrorizzata, eppure non voleva togliere la mano dal suo viso.

<< Che cosa sei? >> mormorò nuovamente, guardandolo negli occhi.

Aaron posò lo sguardo su di lei, si aprì in un altro radioso sorriso, capace di scioglierti il cuore, e scosse la testa.

<< Te l'ho già detto Erin, prima devi scoprire chi sei tu >> ammise.

<< Sono semplicemente, me >> ammise la ragazza.

Aaron la guardò stranito e si mise a ridere sonoramente; si spostò da lei e si sedette sui rami di un grande albero. Erin lo guardò, per poi sedersi anche lei, a dovuta distanza.

<< La tua pelle brucia, i tuoi occhi cambiano di colore ogni giorno, e lo stesso il tuo carattere. Le persone ti leccano il culo ogni secondo, tutte. Non ho mai incontrato una persona come te >> disse, in preda alle lacrime.

<< E’ un dono >> ammise serio.

<< Che cosa mi stai dicendo? >> chiese la rossa, gesticolando in preda al panico.

Intanto si era creato un tombale silenzio, rotto di tanto in tanto dallo scalpiccio dei rametti sotto di loro. Erin continuava a guardarlo, desiderando, ancora, di toccare quella sua vellutata ma pericola pelle. Desiderava ancora sentire quella sua calda e un tantino roca, oppure sentirlo vicino a lei.

Si meravigliò dei suoi stessi pensieri, eppure non poteva fermarli, perché erano del tutto veri. Erin si sbilanciò, cercando di avvicinarsi maggiormente a lui.

<< Raccontami un po' dei tuoi genitori, quelli naturali, intendo >> disse il ragazzo, guardando dritto davanti a sé.

La ragazza si bloccò, e si sentì sprofondare in un abisso che non aveva mai fine. Erin strinse i pugni, pronta a rompere tutto, ma si calmò poco dopo.

<< Niente, mi hanno abbandonata, non so altro >> aggiunse, tra le lacrime.

<< Perchè ti dovrebbe interessare la mia vita? >> chiese lei, portando lo sguardo sul ragazzo. Aaron si voltò e la guardò negli occhi.

<< Posso farti una domanda? >> disse lei, senza togliere lo sguardo da lui.

<< Dipende >> rispose semplicemente.

<< Da quando sei arrivato te la mia vita è cambiata; ho notti insonne, sento voci che mi parlano, sento me stessa diversa. E tu c'entri in tutto questo >> disse lei.

<< Sì >> rispose lui, tranquillo.

Erin sussultò, non pensava minimamente che lui le rispondesse; un tassello del puzzle era completato, come aveva detto lui.

<< Tu sai chi era? >> ammise titubante, sperando in una risposta.

<< Sì >> rispose lui, sempre guardando dritto davanti a sé.

<< Raccontami di lei, per favore >> supplicò la ragazza, mentre fermava le lacrime con la manica del suo maglione.

<< Era un inverno grigio e tetro, io vagabondavo per le vie di una Londra al chiaro di luna; lungo il cammino c’era questa donna. Stava piangendo, era accasciata a terra, si teneva il viso tra le mani. I suoi vestiti erano stati strappati. Mi avvicinai a lei, le chiesi perché piangesse. Lei rispose che aveva fatto uno sbaglio, che non doveva innamorarsi di lui, che dopo tutti gli avvertimenti lei aveva fatto di testa sua, e ora aveva toccato il fondo. Mi disse che aspettava un figlio; frutto del loro amore eterno, ma che questo era solo uno sbaglio, non poteva nascere. Disse che doveva ucciderlo in qualche modo, nel mondo non poteva nascere; era una sciagura. La presi in braccio e la portai a casa sua; la vidi piangere tutta la notte, mentre io ero seduto su quel divanetto. Dopodiché non la rividi per molto tempo >> disse serio.

<< Ero io? >> urlò la ragazza, presa da un attacco di furia. Si sentì bruciare dentro, sentì il cuore spezzarsi in mille pezzi.

<< Partorì due mesi dopo, era una bambina. Lei doveva ucciderla, ma non ci riuscì; allora la fasciò e la portò fuori dal castello. Ricordo ancora che mi chiese di portarla con me, mi chiese di portare la bimba lontano, in un paese sperduto, in cui nessuno le avrebbe mai e poi mai fatto del male. Io ubbidii. Lasciammo la bimba a una balia, donna di mia conoscenza, che l’allevasse e che la istruisse. Visse per diciassette anni al sicuro da tutto e da tutti, ma al suo diciottesimo compleanno i suoi poteri si manifesteranno per quelli che sono. Oramai l’ora è giunta e lei deve tornare da dove è venuta >> spiegò serio.

<< Che cosa sono? Che cosa sei te? Sei un mago, uno stregone, una fata? >> disse lei frettolosamente, mangiandosi le parole.

<< No Erin, molto peggio >>.

<< Che cosa? >> urlò lei.

Il terreno vibrò sotto la forza della ragazza, si guardò intorno, spaventata di quello che aveva appena fatto.

<< Mia madre era Lilith? >> chiese lei, più convincendo se stessa che altro. Si mise le mani tra i capelli rossastri e gemette.

<< No >> rispose, sorridendo.

Aaron si alzò e prese un rametto di legno dall’albero, per giocarci.

<< Perciò io sono un… u-n… >>.

Si bloccò, Erin non riusciva nemmeno a dirlo. Era troppo spaventata.

<< Un demone >> finì lui.

Il cuore della ragazza gelò, nel vero senso della parola. Lei non poteva esserlo. Non ci credeva, e non ci voleva credere.


****




SPAZIO AUTRICE



Ciao a tutti,
allora scusatemi per il ritardo, inanzitutto.
Allora finalmente le idee sono più chiare, abbastanza diciamo.
E' stata molto dura per me scrivere questo capitolo, l'avrò riscritto almeno venti volte.
Vabbè spero vi piaccia.

[BANNER PROVVISORIO]

Ci si vede, baci.
Insiemete.
  
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