Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: Mushroom    12/08/2014    7 recensioni
Dean è un vigile del fuoco e salva la vita a Castiel. Niente di strano, salvare le persone è il suo lavoro. Eccetto per la parte in cui si risveglia in ospedale, Castiel dorme nella poltroncina a fianco al suo letto e non è più chiaro se sia stato Dean a salvare Castiel, o Castiel a salvare Dean.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'After the fire'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: After the fire (I'll be with you)
Fandom: Supernatural
Pairing: Dean/Castiel
Words: 4072/36k+ 
Genere: Generale, Romantico
Rating: PG-13
Warnings: AU, fluff, (sorta, diciamo che di tanto in tanto degenera in) (credo) monologo interiore, mention of past codependency, mention of (past) drugs abuse, rescue of kittens, cliché, un numero esorbitante di riferimenti al canone più o meno palesi e un numero esorbitante di richiami a Mistery Spot più o meno palesi, ooc-ismi, Dean Winchester è una ragazzina, Dean Winchester ha sul serio lavorato su se stesso, maltrattamento di fiori

Prompt: Dean è un vigile del fuoco e salva la vita a Castiel. Niente di strano, salvare le persone è il suo lavoro. Eccetto per la parte in cui si risveglia in ospedale, Castiel dorme nella poltroncina a fianco al suo letto e non è più chiaro se sia stato Dean a salvare Castiel, o Castiel a salvare Dean. (Lasciato dalla bellissima Noruwei)
Chapter: 7/?

Note: COFF sempre più in ritardo. A mia discolpa, il Gishwhes mi ha tenuta parecchio occupata. Tanto occupata che quando è finito non mi ricordavo neanche in che fuso orario mi trovavo, quindi capitemi /o\ ma non è una scusa, quindi tenterò di riaggiornare in settimana/fine settimana... no, aspettate, c'è Ferragosto di mezzo! Okay, tenterò comunque di farmi perdonare.

Grazie, grazie, grazie a tutti voi che leggete /o\ sul serio, mi riempite il cuore. I vostri commenti mi riempiono il cuore. Quindi un GRAZIE maiuscolo e generale, che non è abbastanza, lo so, ma beccatevelo comunque.

Partecipa all'iniziativa Chapters Challenge @fiumidiparole 



Il volo parte alle cinque. Dean passa la mattina in caserma, anche se ufficialmente non dovrebbe stare lì ma dovrebbe stare a casa, a preparare la valigia e stampare la carta d'imbarco e cercare il passaporto, per dirne una.

«È troppo tardi per viaggiare in macchina?»

Benny ride, è abbastanza furbo dall'offrigli una coca-cola al posto della birra. Se Dean iniziasse a bere alle dieci di mattina – non che non l'abbia mai fatto, non che ne vada molto fiero – probabilmente continuerebbe fino alle dieci di sera e il volo sarebbe anche peggiore di quanto non lo sarebbe normalmente.

«Non hai più scelta, amico»

Inspira, prendendo un sorso di coca-cola. Benny indossa la tuta gialla, lo ha interrotto durante un allenamento per rivedere dei fascicoli. Deve tenere la mente occupata e non ha voglia di subirsi Garth, giù all'archivio, quindi Benny è più che utile per trasportare documenti e non parlare della sua famiglia; o di Castiel.

«Comunque sono davvero contento, sai, per la cosa della laurea»

O forse no. Forse Dean è destinato a non smettere mai di parlare della sua famiglia. Il punto è che però Benny, negli ultimi tempi, è stato più un fratello di quanto Sam lo sia stato nell'ultimo anno che hanno passato insieme, quindi Dean non gli può solo dirgli di stare zitto. Cioè, può, può eccome, ma invece stira le labbra «Se fai una sola battuta su Cas, giuro che – »

«Dean» lo interrompe «Non voglio dire quello. Sì, anche Cas è importante – voglio dire, per te è importante, ma ci conosciamo da, quanto, sei anni? E ho scoperto che avevi un fratello da Bobby.»

«Andiamo, al tempo non ti conoscevo abbastanza per dirti che avevo un fratello»

Benny alza gli occhi al cielo, sembra considerare l'idea di mandarlo a quel paese «Comunque» continua «È una cosa importante. E la stai affrontando. Brindo a te» alza la coca-cola verso di lui.

Dean si chiede per quanto tempo ancora la gente continuerà a congratularsi perché ha deciso di prendere un dannato aereo per la California. E questo lo riporta al volo; e a Cas; e al fatto che odi volare e che cristo iddio deve volare, e Sam viene scacciato a calci in culo dalla sua mente. Quindi non si preoccupa veramente per tutta la storia mentre butta a caso dei vestiti e l'abito elegante nella valigia, mentre stampa le carte per la compagnia aerea e mentre guida fino all'aeroporto. In realtà, si rende conto di quanto sia messo male solo quando incontra Castiel al gate, con il trolley in una mano e i biglietti nell'altra.

«Ti ho sognato» è quello che Castiel sostituisce a un ciao, guardandolo fitto «Ieri notte, intendo»

Dean stringe tra le mani la carta d'imbarco, stropicciandola, e fa una smorfia, non si farà mettere in imbarazzo da una cosa del genere. Nossignore. «E questo che diavolo significa?»

«Che ti ho sognato» ripete, più lentamente «Eri in un lago e pescavi. Sembravi sereno»

Sa che è Cas, che lo stupore con cui dice queste cose, come se fossero sincere – e lo sono, sincere, è questo il problema – e ci avesse riflettuto su, non dovrebbe sorprenderlo, ma lo fa comunque. «E tu c'eri? Nel sogno, dico»

Valuta la cosa, le rotelline del trolley che vengono posate sul nastro trasportatore «Dovevo consegnarti un messaggio» respira «E l'ho fatto. Però poi mi hanno trovato»

Dean vorrebbe chiedere chi l'abbia trovato, perché il viso di Castiel diventa un po' scuro, come se il sogno non fosse così bello, dopotutto; solo che il ragazzo del chek-In si schiarisce la voce, sembra imbarazzato. Ripete, rivolgendosi a Dean «Signore? Bagaglio a mano o in stiva?» ed è più o meno come la discussione finisce e più o meno come Dean smette di andare nel panico. Almeno finché non è sul dannato aereo e non gliene importa più un cazzo di cosa abbia o non abbia sognato Castiel.

«Ho paura di volare» confessa, mentre le Hostess sistemano le cappelliere e il fiato inizia a mancargli.

«Lo so»

Dean lo guarda, facendo una smorfia. «Oh, non mi dire, Sherlock» forse è un po' troppo ironico, forse se ne pente perché la paura di volare è una di quelle cose uscite fuori molto prima di anche solo considerare l'idea di prendere un aereo insieme «Dio, ho bisogno di bere»

Solo che effettivamente non riesce a bere, il suo stomaco è un disastro prima ancora che si inizi a decollare e che le sue orecchie si tappino e ha bisogno di chiudere gli occhi e fingere di non star volando, di avere milioni di buone ragioni per odiare volare – si trova in un contenitore per sardine a trentamila piedi, pronto a schiantarsi e morire una morte atroce in mezzo al niente – però la verità è che non ha nessun buon motivo per odiare volare quanto odia volare, il che rende tutto ancora più patetico. Soprattutto quando conficca le dita nella mano di Castiel, e quando Cas gliela lascia stringere e stringe a sua volta.

«Non cadremo» garantisce Castiel, e Dean ha voglia di ridere. Che ne sa lui, del cadere. «Credo che dovresti distrarti»

Dean deglutisce, apre appena un occhio. L'abitacolo grigio dell'aereo e i segnali accesi che gli consigliano di tenere allacciata la cintura e il ronzio del motore non rendono il suo stomaco un posto migliore, per niente. Si fotta, pensa Dean, e non si vuole distrarre, però inizia comunque a canticchiare perché quella è generalmente una cosa che lo calma. Potrebbe soffocare, se non lo facesse, se non si rendesse conto che i suoi polmoni possono ancora funzionare correttamente.

«Sai canticchiando i Metallica?» Castiel lo dice con un tono divertito, mentre accarezza il dorso della sua mano con il pollice, rassicurante, e Dean lo guarda, lo guarda dritto negli occhi e per un momento si dimentica di star volando, è questo quello che gli fa Castiel. Inspira, annuisce una, due, tre volte, con maggior fermezza «Mi aiutano a calmarmi»

Castiel sorride, per un po' canticchia con lui Some Kind Of Monster, acconsentendo a abbassare la tapparella del finestrino. Il resto del viaggio è comunque orribile, c'è una turbolenza in cui Dean ha bisogno di respirare in un dannato sacchetto e in cui l'assistente di volo gli chiede se abbia bisogno di un ansiolitico. Castiel risponde che no, grazie, non ne ha bisogno, posandogli una mano dietro il capo e «Di solito non sto così male» cerca di giustificarsi. Comunque mente. Di solito è peggio. Di solito a quel punto vomita.

Castiel inclina la testa «Non hai bisogno di scusarti»

Invece Dean sente il bisogno di scusarsi «Mio padre mi avrebbe ucciso, per un comportamento simile»

«Anche il mio» Castiel sorride, è grato che lo faccia, è grato che rimanga lì e non aggiunga nessuna stronzata su come dovrebbe stare calmo e si occupi di lui fino alla fine.

__

Arrivano a sera inoltrata, Dean è sudato e potrebbe aver distrutto la mano di Castiel. È felice che non dica niente in proposito, che si limiti a sussurrare «Dean? Dean, siamo atterrati»

L'aeroporto è affollato, Castiel gli compra una bottiglietta d'acqua, gliela passa sulla fronte e sulla nuca mentre cerca di calmarsi. Dean chiude gli occhi e si lascia andare alla sensazione di fresco, al fatto che le dita di Castiel ne approfittino per trovare il suo collo «Hai di nuovo un battito normale» ha la voce concentrata, un po' meno tesa.

Dean sogghigna, non è del tutto certo di quante persone si mettano a prenderti il battito per decidere che hey, hai superato il test anti panico, complimenti e grazie. Castiel, essendo però lo stramboide che è – o un unicorno, Meg una volta ha detto che è un unicorno e Cas l'ha guardata come se fosse pronto ad ucciderla –, gli prende il polso – una, due, tre volte, con un paio di dita, preciso e metodico – fino a che Dean sospira, posa la bottiglietta e apre gli occhi «Possiamo andare»

Fuori è sera, fa freddo e l'aria della California è secca. Castiel si stringe nel suo trench coat, gli lancia un'occhiata e per un attimo Dean si chiede sinceramente perché sia lì, perché sia con lui a fargli da babysitter e non a portare avanti la sua vita; si chiede se ora Castiel faccia parte della sua, di vita, ed è una domanda estremamente stupida.

«Hai noleggiato una macchina da pappone»

Castiel stringe gli occhi, torvo «Mi piace»

«Pappone» sillaba, aprendo lo sportello, beccandosi degli occhi alzati al cielo. Cas poggia lo sguardo su di lui appena aggancia la cintura, nota che gli tremano le mani e Dean potrebbe incolpare la crisi di panico – che probabilmente non è passata per davvero, probabilmente non se ne è andata, e l'unico motivo per cui non è rannicchiato in un angolo a vomitare è perché Castiel è lì e ha abbastanza pazienza da dargli un calcio in culo quando è necessario.

«Posso prenderti un'altra bottiglietta d'acqua»

Dean lo guarda, quel modo goffo di chi non ha idea di come aiutarti ma ci prova comunque, stringendo una mano sul ginocchio. Si chiede quanto incasinato debba sembrare, per rendere Cas in quel modo; se sia solo colpa dell'aereo o ci sia dell'altro, il fatto che l'ultima volta che ha messo piede in California stava abbandonando quel fratello che aveva ancora bisogno di lui. Scuote la testa, mettendo in moto.

__

 

Ellen vive nei sobborghi. Dean parcheggia nel vialetto, dietro a una Jeep che non riconosce. Lascia il quadro della macchina acceso. Sono arrivati. Le luci della casa sono spente. Per un momento, l'aereo non gli sembra poi così terribile.

È terrorizzato.

Picchietta con le dita sul volante. Sta di nuovo canticchiando i Metallica, questa volta a voce estremamente bassa. Se Castiel dovesse sentirlo, non sa con cosa potrebbe giustificarsi.

È passato troppo tempo perché le cose non siano cambiate. Vuole dire, la casa è cambiata, ci sono dei fenicotteri finti che fanno capolino nel giardino che prima non c'erano assolutamente, che sono orrendi e che vorrebbe bruciare; e anche la facciata è più chiara, o forse Dean non se la ricorda e basta perché che cazzo, lì ci è cresciuto ma non è come se avesse passato la sua adolescenza a guardare il colore della casa. No, Dean ha passato la sua infanzia a prendersi cura di Sam e a prendersi cura di suo padre e a desiderare che Ellen fosse la sua vera famiglia, anche se non lo era affatto; e quando finalmente John Winchester aveva messo la sua merda da parte e deciso di non fare più su e giù per l'America, Dean era già rovinato.

Abbassa i fari della macchina perché non vuole svegliare nessuno. Guarda di fronte a sé, stringendo le mani sul volante - è ancora in tempo per mettere la retromarcia e tornare in aeroporto e andarsene, vero? Sta facendo un errore. Essere lì è un errore, rimane fermo per quella che sembra un'infinità, ascoltando il respiro di Cas che invece è calmo, e guarda di nuovo la casa – che non è casa sua, quella vera, quella in Kansas («Porta tuo fratello fuori più in fretta che puoi e non guardare indietro») che però non c'è più, ma è casa comunque.

Sospira, spegnendo la macchina, immagina di non poterci fare veramente niente. Scende senza fiatare, Castiel lo aiuta con le valigie e lo segue per il vialetto, guardando il giardino con curiosità.

«Volevo dormire in Motel» spiega, sottovoce, cercando le chiavi in un vaso, perché Jo le perde in continuazione e Ellen le fa sempre trovare una copia di emergenza anche quando Jo è lontana «Ma non me l'hanno permesso» apre la porta sollevando il trolley e fa un cenno a Cas di seguirlo. Si muovono in silenzio, come dei criminali, e Dean sarebbe un ottimo criminale, in grado di entrare in case e rubare cose e non farsi beccare; sicuramente, in grado di passare di fronte alla stanza di Ellen trattenendo il fiato, in punta di piedi. Quando sono al piano superiore, la luce della stanza accesa e la porta chiusa alle spalle, si concede si buttare giù l'aria e di ignorare il modo in cui aver superato il pericolo famiglia lo faccia sentire meglio.

Sa automaticamente quale porta scegliere. Ellen ha scritto nella mail che gli avrebbe preparato la stanza degli ospiti e lui ha preso quella degli ospiti – almeno quella ha un bagno annesso e non è vicino a, tipo, la stanza di Sam, quindi hanno avuto per lo meno un po' di giudizio o rispetto o qualunque nome venga dato al buon senso. Solo che le cose non possono veramente andare così bene, giusto?

«Ho detto che eri solo un amico, lo giuro»

Castiel osserva il letto matrimoniale con sospetto; poi osserva Dean con sospetto, cosa del tutto ingiusta. Infine sembra divertito. Ovviamente non gli hanno creduto sulla cosa dell'amico e basta. Nessuno sembra mai credergli quando si tratta di amici (o amiche), e non è solo frustrante ma potrebbe mettere Castiel a disagio – dannazione, potrebbe mettere lui a disagio, potrebbe fargli sudare le mani, e a Dean Winchester non sudano le mani, Cristo, ha una dignità – ma se fosse stato qualcuno che si scopava l'avrebbe detto. Ellen non lo conosce per essere stato casto nei suoi anni migliori, se ci fosse stato bisogno di un letto matrimoniale avrebbe parlato di scopamico, per esempio.

«Sembrano aver mal interpretato la parola amico» decide Cas, voltandosi, le mani lungo i fianchi, per niente nel panico come invece lo è Dean. E non dice niente sul letto. Niente. Solo apre la valigia e inizia a frugarci dentro, tra spazzolino e pigiama e biancheria, come se non fosse importante.

La doccia che si fa dopo è breve, gli toglie via l'odore di sudore e la puzza di volo. Il bagno della stanza non è grandissimo, ma Ellen gli ha preparato degli asciugamani e lasciato l'acqua calda aperta, quindi si lava di capelli e si passa le mani sulla faccia e cerca di non pensare a Castiel come vorrebbe pensare a Castiel, perché è nell'altra stanza, e se lo immagina a mettere la valigia a terra, vestito per dormire, e chiedersi se sia giusto o meno cedere il letto a Dean. Invece, quando ritorna in stanza, Castiel non si è messo nessun problema a infilarsi sotto le coperte, voltato di un lato, lasciandogli lo spazio al suo fianco.

Dean deglutisce, muovendosi verso il letto. Col cazzo che riuscirà a dormire, con Cas così vicino dopo che si è immaginato Cas così vicino tante volte, ma si allunga comunque per spegnere le luci. Quantomeno ci deve provare, no?

«Dean?»

Si immobilizza, respirando appena, rimanendo per un attimo sospeso, arcuato sopra Cas con la mano sull'interruttore. Castiel apre gli occhi, gli alza su di lui, solo un piccolo scorcio di blu prima che sia tutto buio e Dean si ritrovi sul materasso, Castiel che gli cinge un fianco, respirandogli vicino, e non può fare altro che sobbalzare e soffocare e oh cazzo non dormirà, non dormirà affatto e passerà tutta la notte col il terrore di addormentarsi e Cas è solo troppo gentile e strano, okay, quindi nel suo mondo quello deve essere, tipo, il modo di tirare su le persone di morale e beh, ora che lo sa può fingere di essere giù di morale molto più spesso e può

Dio.

«Stai bene?»

Ed è quella la domanda, quella che sta sulla bocca di Castiel da quando Dean ha messo su la sua virilissima espressione da odio il mondo e la California e gli aerei. Esita, prendendo un respiro profondo «Ho visto mia madre morire in un incendio quando avevo tre anni e ho creduto tutta la vita che fosse morta per colpa mia»

Questa è una cosa grossa da dire. Il genere di cosa che può far calare il silenzio.

Sente il petto di Castiel alzarsi e abbassarsi, i suoi occhi scivolare nei suoi – i loro visi sono vicini, per un attimo ha paura di fare cose stupide e non vuole fare cose stupide, non vuole perdere Cas come ha perso ogni altra dannatissima cosa a cui ha tenuto nella sua vita – e il suo viso farsi serio. Dean si tiene tutto dentro – l'aria, le parole, la rabbia. Invece, respira ancora «Poi mio padre – non ha retto. Credo. Chiamava il fuoco il demone dagli occhi gialli» e da parte sua questo è il massimo che abbia mai detto a chiunque sulla sua vita, il massimo che si sia mai concesso di dire a se stesso. Magari sua madre non è morta per colpa sua, ma questo non gli ha impedito di sentirsi in colpa come se fosse colpa sua, di diventare un vigile del fuoco per smettere di sentirsi in colpa. Non ha funzionato, comunque. In realtà è stata la scelta peggiore di sempre, una specie di missione suicida perché ah-ah, ora è in grado di riconoscere una missione suicida quando ne vede una – e il suo lavoro prima era una missione suicida. Per questo Bobby si incazza tanto quando Dean fa cazzate, perché lo sa e lo ha sempre saputo e non crede che l'abbia mai perdonato, per aver deciso di dare così poco valore alla sua vita.

Poi ha smesso di sentirsi in colpa, poi il suo lavoro ha iniziato a piacergli per davvero.

Castiel lo sta ancora guardando, c'è qualcosa di magnifico nel modo in cui la sua mano gli accarezza la nuca, in cui le sue dita sono tra i capelli e il suo corpo si incurva, posando la fronte sulla sua e stringendo gli occhi come se volesse fare qualcosa o dire qualcosa ma invece fosse costretto ad ascoltare perché sa che ascoltare adesso è la cosa migliore. «Okay» dice soltanto, sbattendo le palpebre, stringendosi così tanto vicino da far rivalutare a Dean la parola vicino, da far aderire i loro corpi e sa che ora Cas sta per parlare, che sta per essere la persona splendida che è e che Dean non merita affatto di avere al suo fianco – e forse è proprio per questo che fiata un «Sam faceva uso di droghe»

Castiel ha negli occhi una serietà esemplare. Dean racconta fino a che non si addormenta.

__

Castiel sfila il braccio da sotto la testa di Dean. Lo fa delicatamente, ma – per quanto gentile possa essere – non c'è modo più crudele di lasciarlo. Gli accelera il battito cardiaco, togliendogli il fiato. Lo sveglia.

«È presto» ha la voce roca, si aggrappa alla sua maglia.

Uno sbuffo «Sono le sei»

Troppo presto, vorrebbe dire, ma il materasso è ancora caldo dove prima stava Castiel, si riaddormenta immediatamente.

__

Dopo il patetico show messo in scena la notte prima, Dean non sa se riuscirà a trovare il coraggio per alzarsi dal letto. Ma ha trovato il coraggio per arrivare fino a lì e per mettere in ordine la sua vita e qualcosa gli dice che coraggio o no, sarebbe stato comunque costretto ad alzarsi e smettere di fare la dodicenne incompresa dal mondo.

Gli ci vogliono circa tre minuti di autocommiserazione e pensieri non proprio produttivi per lavarsi la faccia e prendersi a calci fino alla cucina, piena di voci e mormorii e tintinnii di piatti e posate e buon odore. Sente la voce di Ellen rimproverare Bobby, cosa che lo fa sorridere solo per un secondo. Poi si accorgono di lui, e c'è silenzio.

Castiel addenta una mela - a suo agio, sbarbato e pulito e ben vestito - mentre Ellen fa un sorriso e Bobby tiene in mano una caffettiera, più preoccupato di come chiuderla che a borbottare il “Buongiorno, principessa” che invece sbuffa comunque sotto i baffi, prima di lasciar perdere del tutto il caffè. Dean stira le labbra, piano, potrebbe anche commuoversi quando Ellen lo abbraccia, scompigliandogli i capelli, chiedendogli se stia mangiando troppo perché è ingrassato – grazie, eh – e dicendo che non chiama abbastanza e «Abbiamo conosciuto il tuo ospite»

Evidenzia la parola così come di solito evidenzia amica nella frase “Dean ha portato un'amica”. Bobby ride come se sapesse benissimo cosa sta per arrivare.

Dean realizza pieno di orrore che Castiel ha conosciuto la sua famiglia. Che si sono presentati e stretti la mano e hanno parlato. E Castiel, essendo educato, avrà ascoltato la storia di Come Bobby Sia Finito In South Dakota e risposto alle domande e messo il tavolo e raccontato di quella volta che si è slogato la caviglia giocando a Twister con i bambini e Dean ha dovuto riaccompagnarlo a casa. Crede che sia abbastanza per andare nel panico.

Versa due caffè, sedendosi e passandone uno a Cas, che gli sorride e lo fa sorridere.

Jo si schiarisce la gola. Rumorosamente. Dean deve darle attenzione per forza «Cosa?» le chiede, voltandosi e lasciando che Castiel prenda tra le mani il giornale, iniziando a leggere in silenzio.

«È un pediatra» Jo lo guarda, entrambe le sopracciglia alzate, gli occhi stretti e mi prendi per il culo, Dean? scritto in faccia. Mima pediatra, di nuovo. Si rende conto che Castiel è lì di fronte, vero?

«E cosa?» borbotta, Dean è ancora in pigiama, non ha voglia di tradurre il linguaggio segreto di Jo Harvelle «Ha un lavoro rispettabile»

Riceve in cambio uno sguardo pieno di shock «Da quando esci con persone rispettabili

Ora dovrebbe dire che è sempre uscito con persone rispettabili, solo che non è vero anche se erano molto più rispettabili delle persone con cui usciva Sam. Però Cas si schiarisce la gola «Non sono affatto rispettabile» prende un sorso di caffè, alzando gli occhi su Dean «Mi piace fingere di esserlo»

Lo fa ridere, giusto un suono sommesso e ordinato, mentre la faccia di Jo si apre, letteralmente, la cosa più divertente che abbia mai visto, e diventa una distesa di sorpresa che muta in tante piccole piaghe. Dean guarda Cas per dirgli che è una persona orribile, e in qualche modo Castiel lo capisce anche se non apre bocca, da qualche parte nel mezzo hanno sviluppato un codice d'intesa.

«Ti ha già fatto giocare al dottore

Cas inclina la testa.

Dean tira un calcio a Jo da sotto il tavolo, deve imparare a tenersi la sua merda per sè, e Jo è stata allevata da Ellen, quindi ovvio che ne tiri uno indietro. Sono due esempi di maturità. Cas si inclina verso di Dean, eventualmente, senza staccare gli occhi da Jo «Dovrei dirle che ti ho lasciato toccare il mio stetoscopio?» e Dean si gira verso di lui con la faccia piena di orrore perché a) assolutamente NON deve dire una cosa del genere a voce alta e b) tanto meno a Jo e c) doveva proprio formulare la frase in quel modo?

«No, non dirle che me l'hai lasciato toccare»

«Toccare cosa?»

Appunto, non ha nessuna intenzione di farsi prendere per il culo per questo, e si volta con in mente di dire a Sam di tenere anche lui la sua merda per sé, ha già una sorella rompi culo ed è Jo, se proprio vuole fare anche lui la sorella rompi culo che lo faccia in un altro momento o che – e apre la bocca e vuole dirlo e Sam è lì, nei suoi due metri d'altezza, in mezzo alla cucina. Lo fissa. Si fissano a vicenda.

Sam sembra enorme e terrorizzato e stupido. Ha l'aria di uno che ha bevuto troppi caffè, i capelli così lunghi che è costretto a tirarseli dietro alle orecchie, la pelle abbronzata e veste un pigiama che è troppo piccolo, le caviglie che escono fuori dai pantaloni e le maniche corte. Sembra... non sa cosa sembri, non dopo sei anni. Sembra più alto, non lo ricordava così alto. Sembra... trova la parola solo dopo, mentre si guardano e vede i suoi occhi diventare rossi, e non crede che possa sopportare suo fratello piangere.

(Sobrio)

Respira. Sam sembra sobrio.

«Dean» fiata Sam, tirando indietro le spalle. È come se si aspettasse che Dean potesse colpirlo da un momento all'altro «Ciao»

Continuano a fissarsi. È fottutamene imbarazzante.

«Sam»

Sei anni, pensa, e suo fratello è diventato questo. Non sa cosa vuole fare. Come vuole comportarsi o se sia ancora arrabbiato o se Sam sia arrabbiato o se ci sia un modo per aggiustare quello che ha – no, quello che hanno distrutto. Sa che Cas si alza, che Sam si volta verso di lui; che si presentano, che si stringono la mano, che Sam guarda Cas e poi guarda Dean e gli sorride sembrando così fiero.

«È un pediatra» gli urla Jo a quel punto, mentre Ellen dice «Se ve ne siete accorti, è pronto» e Bobby ride guardando Dean imbronciarsi e dare una gomitata a Sam quando Sam ruba l'ultimo pancake e scoprire che forse sono passati sei fottutissimi anni, ma è comunque tornato a casa.

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Mushroom