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Autore: KikiShadow93    13/08/2014    9 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccola premessa: dall'arrivo di Akemi all'isola sono trascorsi tredici giorni (Marco è sveglio da tre, e si, sta bene). Da ora in poi penso che metterò questo avviso ad ogni capitolo, perché trascorrerà un po' di tempo prima della loro riunione.
Ah, già che ci sono, vi metto pure il cast femminile di questo capitolo (così, mi pareva carino):
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Detto questo, vi auguro una buona lettura!

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Akemi era sempre stata sicura che scoprire la verità sul proprio conto l'avrebbe resa felice. Era convintissima che scoprire perché fosse diversa da tutti gli altri, perché e da chi fosse stata abbandonata, l'avrebbe resa una persona completa e sarebbe stata pienamente felice. Ma si sbagliava. Si sbagliava di grosso, e adesso lo sa.
Il suo cuore sembra battere sempre più lentamente da quando è stata strappata dalle braccia protettive della sua famiglia adottiva. Che poi dire strappata è errato, e questo lei lo sa: ha fatto tutto da sola, nessuno l'ha cacciata. È stato quello che ha dentro di sé, l'ibrido mostruoso ed assetato di sangue, a decidere per lei, ad obbligarla ad andarsene e a farla unire ad un branco di mostri assassini della peggior specie.
Per un attimo, in quelle due settimane di reclusione autoimposta, le è pure balenata l'ipotesi che nulla di tutto quello stesse accadendo davvero, che fosse finita in chissà quale manicomio dopo un crollo nervoso e che fosse vittima della più orrenda delle allucinazioni del mondo. Ma il buonsenso le ha negato quell'eventualità.
Alla fine ha semplicemente accettato l'idea di trovarsi ad Helheimr, un'isola sconosciuta al mondo, brulicante di creature soprannaturali. Ed ha pure scoperto diverse cose. Per esempio ha notato, dall'alto della sua finestra sempre chiusa, delle Banshee muoversi leggiadre mentre intonavano canti antichi, ammaliando i presenti. Ha notato creature dall'aspetto cadaverico muoversi barcollando per le strade, tenute al guinzaglio da vampiri o lupi mannari; da quello che è riuscita a sentire, ha scoperto che le portavano al macello situato nella zona sud per nutrirle. Ha notato tante cose, tra cui degli spiriti fluttuare proprio davanti alla sua finestra, che la osservavano con interesse e le chiedevano di andare a fare una passeggiata assieme.
Ha scoperto anche che non può andarsene. Ci sono delle strane bestie simile ai Re del Mare che girano indisturbate in quelle acque cristalline e che rispondono solo agli ordini di determinate persone. È anche abbastanza certa che ci sia un altro blocco che impedisce l'entrata e l'uscita da quell'isola soprannaturale, ma non ne è sicura.
Anche se non lo sa, in realtà ci ha preso: l'intera isola e le acque che la circondano sono delimitate da una barriera invisibile, che impedisce a qualsiasi creatura di percepirne l'esistenza, e l'unico modo per poterla oltrepassare è avere una runa incisa sulla nave con il sangue di un Lothbrook o, in alternativa, avere direttamente quel sangue tanto prezioso che ti scorre nelle vene, motivo per cui solo i fedeli al Signore indiscusso degli immortali possono muoversi a proprio piacimento.
Akemi ha notato tante cose, ed ogni volta è rabbrividita. Le sembra tutto così dannatamente assurdo, come in un sogno estremamente fantasioso. Il problema è che non si trova in un sogno, ma nella realtà. Una realtà da cui non può scappare e a cui dovrà decidersi a rispondere.
I morsi della fame si fanno sentire sempre più prepotentemente, ma lei non vuole assolutamente cedergli. È rimasta chiusa nella sua stanza per giorni, lontana da tutto e tutti. Beh, tutti, eccetto la madre.
Ha infatti scoperto che è pressoché impossibile dire di no ad Astrid, che è una donna forte ed incredibilmente testarda.
Ha scoperto, con delusione e disgusto, che porta avanti una relazione altalenante con Fenrir da quasi seimila anni, e che adesso sono tornati insieme. Ha capito che il loro è un amore autentico, di quelli che niente e nessuno può spezzare, neanche l'intromissione momentanea di Týr. “La nostra era solo attrazione fisica” le ha detto. “Non eravamo innamorati l'uno dell'altra” ha aggiunto, rattristandola un poco. “Noi eravamo innamorati di te” con questa frase, detta con palpabile sincerità, le si è sciolto un poco il cuore, ed ha cominciato ad avvicinarsi seriamente a lei, offrendole così una possibilità di redimersi.
Ha poi scoperto che è fissata in modo maniacale con le apparenze, tanto da convincerla, prendendola per sfinimento, ad indossare sempre vestiti che coprano pressoché tutti i suoi tatuaggi, considerandoli inappropriati per una principessa.
Ha scoperto che sa essere dolce ed apprensiva, capace di risollevarti il morale anche se per pochi minuti.
Ha scoperto che le vuole davvero bene, che si stava lasciando morire perché si erano dovute separare e che è stata solamente la promessa fattale da Fenrir a mantenerla in vita.
Ha scoperto tutto questo e adesso si fida di lei. La lascia entrare nella propria stanza quando vuole, si lascia toccare e le ha permesso di dormire insieme per due notti consecutive.
Adesso, seduta vicino alla finestra ad osservare il panorama notturno, non può far altro che pensare a quanto la vita sia incredibilmente imprevedibile: fino a due settimane prima poteva passare le proprie giornate assieme alla ciurma, trascorrere le nottate tra le calde braccia di Marco; credeva di essere riuscita a raggiungere il massimo, di essere entrata nel suo piccolo Paradiso privato, e adesso invece si ritrova su di un'isola a dir poco assurda, di nuovo al punto di partenza, quasi completamente sola.
Si, la vita è bizzarra.
Ma quella mattina, quando il Sole l'ha simpaticamente svegliata con un raggio brillante ben puntato sopra ai suoi sensibili occhi, si è resa conto che non può continuare a remargli contro. Ha capito che deve accettare questa nuova realtà, portarsi il proprio dolore dentro e provare a dare una possibilità a tutti i folli assassini come lei che la circondano. Ed è proprio per questo motivo che decide di aprire la porta e far entrare la madre... e le sue amiche.
Rimane imbambolata a guardarle, la bocca semi-spalancata e gli occhi spersi.
«M-ma c-c-cosa...?» balbetta, aprendo lentamente la porta per lasciarle passare, osservandole con una certa diffidenza mentre si mettono a sedere un po' ovunque, mettendo inoltre le loro delicate e mortali manine tra le sue cose.
«God kveld eskling!» Astrid le schiocca un sonoro e dolce bacio sulla guancia, mettendole un braccio attorno alle spalle. Le sorride allegramente, conducendola con passo calmo e rilassato verso il grande letto a baldacchino. Vi si buttano a sedere sopra stando l'una ben vicina all'altra, mentre le varie donne si accomodano e sistemano il necessario per la nottata: smalti, creme di ogni genere, ferri per i capelli, svariati contenitori pieni di cibo e una quantità imbarazzante di bottiglie scure.
Akemi le guarda incerta, provando a spiegarsi come mai abbiano portato tutta quella roba a suo dire inutile nella sua stanza. Cerca una spiegazione negli occhi chiari della madre, e questa in risposta le sussurra che si tratta di una serata tra donne, cosa che lancia nello sgomento il giovane ibrido. Non vorrebbe nessuna di loro intorno, non così velocemente almeno. Aveva deciso di integrarsi, di accettare questa nuova realtà, ma aveva deciso di farlo per gradi, di imparare a conoscerli uno per uno e solo in seguito in gruppo.
Astrid, che senza sforzo ha captato l'imbarazzo e il timore della figlia, decide di prendere la situazione in mano, come da sempre è abituata a fare, e prova immediatamente a farla integrare tra le compagne. In realtà, il suo è un piano dall'esito già scritto, perché, seppur esseri sanguinari ed attaccabrighe, sono tutti per natura piuttosto inclini a socializzare con i propri simili, cosa che li rende sempre più forti. In particolar modo questo vale per i licantropi, la cui forza fisica aumenta in proporzione al numero dei membri del proprio branco. Non sanno spiegare perché ciò avvenga, ma alla fine non importa assolutamente niente a nessuno.
«Immagino che tu già conosca Freya, vero?» le domanda gentilmente mentre si sdraia sul comodo materasso, tenendosi su un fianco.
La bionda sorride arrogantemente ad Akemi, che in tutta risposta storce le labbra in segno di disprezzo.
«L'ultima volta che ci siamo incontrate mi sono scordata di dirti che siamo parenti alla lontana.» afferma con disinvoltura la biondina, facendola accigliare.
A Freya non piace proprio Akemi, non la può vedere. L'unico motivo per cui si trova in quella stanza è perché il nuovo compagno, Genma, è riuscito a convincerla, usando la scusa che si tratta di una povera ragazza dall'animo smarrito. Non che in realtà gliene freghi qualcosa, anzi, però di fronte ai grandi occhioni castani da cucciolo bastonato di Genma nessuno può resistere, neanche lei.
Astrid ringhia lievemente per richiamarla all'ordine, facendola sbuffare.
«Sakura, Arista, Mimì e Silly già le conosci...» sorride cordialmente alle quattro donne, intente a mangiare o bere come se non ci fosse un domani. Silly, in particolare, si è arrampicata sopra alla trave del baldacchino e sta voracemente divorando un'intera crostata al cioccolato con le pere, completamente indifferente ai discorsi delle amiche.
Mimì, lontana dalle altre, fruga dentro agli armadi della corvina, sospirando delusa quando si accorge che nessuno di quei meravigliosi abiti le entrerà mai, né tanto meno le incantevoli scarpe.
Una donna dalla pelle ambrata e i magnifici capelli neri come la notte, lunghi e gonfi, si avvicina sorridendo amichevolmente alla giovane Lothbrook, porgendole con gentilezza un contenitore pieno di biscotti alle mandorle, i preferiti dei suoi figli.
«Fame?» le domanda cortesemente, sorprendendo positivamente Akemi. Era infatti convinta che fossero una mandria di assassine senza regole e completamente prive di tatto o buone maniere, invece adesso sta cominciando a ricredersi, arrivando velocemente a non considerarle neanche più una minaccia per sé stessa.
«Abbiamo portato qualche leccornia: stuzzichini di carne fresca al sangue, occhi di cervo, teste di scoiattolo, fegato di orso, cuore di coccodrillo e dei dolci.» afferma un'altra donna, anch'essa dai lunghissimi capelli corvini, ma con la pelle molto più scura rispetto alla prima, con un sorriso raggiante ad illuminarle il viso «E vino. Tanto vino!»
«Ti presento Dana e Jena.» le presenta Astrid, indicandole con un cenno del capo.
Indica poi la licantropa svampita in un angolo della stanza che tiene in mano un ombrello di pizzo rosa confetto e lilla, sorridendo divertita nel vederla cadere dalle nuvole quando Arista le sfiora dolcemente uno zigomo «Quella invece è Momoko.»
La mannara le lancia un'occhiata con quegli occhi neri sempre stranamente vuoti d'espressione, poi allunga la mano piccola e affusolata e afferra un sacchetto, di quelli grandi, pieno zeppo di materiale erbaceo color verde bruno.
«Ne vuoi un po'?» offre gentilmente la corvina, senza però far trapelare alcun tipo di emozione. Tiene la testa reclinata di lato, mettendo in mostra il collo lungo e pallido, e gli occhi inespressivi fissi sul volto vagamente sconvolto della nuova arrivata.
«Passo...» mormora con un filo di voce, voltando lievemente la testa per poter vedere dallo sguardo della madre se la sua è stata una scelta buona o meno. Astrid, ermetica come lo è per la maggior parte del tempo, si limita a guardarla a sua volta, ascoltando distrattamente i suoni che sente provenire dall'esterno.
Un lieve bussare alla porta fa trasalire Akemi, che involontariamente si appiattisce contro il corpo caldo e forte della madre, che le cinge subito le spalle con un braccio. Le mormora di stare tranquilla, che va tutto bene e che nessuno le farà del male, e subito dopo dà il permesso alla lupa ritardataria di entrare.
La porta cigola appena mentre viene lentamente aperta, e dopo qualche secondo di attesa una testa corvina fa capolino. La ragazza sorride loro con aria colpevole, sprigionando allo stesso tempo un'allegria assai contagiosa.
Akemi la osserva attentamente, riconoscendo i suoi capelli lisci e neri come la pece ma, soprattutto, gli occhi a mandorla, anch'essi neri. Riconosce i suoi lineamenti delicati, le labbra sottili e il naso pennellato. Si ricorda di aver visto quello stesso viso quando è stata ripescata dal mare.
«Scusate il ritardo, ma Wulfric la tirava per le lunghe.» si difende prontamente la ragazza, alzando le mani in alto in segno di resa e buttandosi velocemente a terra, pronta rimpinzarsi come al solito. «Stasera avrai un bel da fare, tu!» afferma subito dopo, voltandosi verso la bionda vampira e sorridendole con aria maliziosa.
Sakura, in tutta risposta, sbuffa infastidita, bevendo un lungo sorso di quello che all'apparenza appare come del comune vino rosso.
«Questa signorina, invece, è Rin.» la presenta in tono cortese Astrid, facendo annuire appena la giovane figlia.
Dopo quest'ultima presentazione, le varie donne cominciano semplicemente a chiacchierare tra loro del più e del meno, ridendo allegramente, bevendo e mangiando. Nessun pensiero negativo le tocca più: la creatura è al sicuro nella loro impenetrabile isola, e tutte le minacce che le hanno fatte tremare adesso sono incredibilmente lontane.
Astrid si unisce a loro, bevendo elegantemente delle lunghe sorsate di vino rosso, unendosi alle loro chiacchiere, sorridendo quando Jena solleva l'argomento “Fenrir”. Risponde alle loro domande più intime senza fare una piega. In fondo, qualsiasi donna che lo abbia visto almeno una volta nella vita non è mai riuscita a non farsi dei filmini mentali su di lui. E che filmini mentali! Alcune di loro continuano tutt'ora, anche le due donne dell'altra sponda. Affermano ridendo che pure loro un “giretto” se lo farebbero volentieri, ricevendo i consensi delle compagne.
Akemi le guarda sconcertata, cercando spiegazioni nello sguardo stranamente allegro della madre. Lei ha visto Fenrir, sa che è un gran bell'uomo, ma proprio non riesce a capire cosa ci trovino di così eccezionale da volerselo fare tutte. Comincia a comprendere qualcosina solo quando attaccano ad elogiare la sua forza, la sua intelligenza, il suo sangue freddo e il suo forte senso dell'umorismo. Lei però non lo ha mai sentito scherzare. Non l'ha neanche mai visto ridere, se è per questo, ma decide di fidarsi della loro opinione. In fondo lo conoscono molto meglio di lei, perché non fidarsi?
Il vino scorre come un fiume in piena. Nessuna di loro rifiuta neanche un'offerta, tracannando come se non ci fosse un domani, riuscendo sorprendentemente a mantenere una più che discreta lucidità. Non mancano certo i sorrisini inebetiti, ma sono ancora perfettamente in grado di intende e volere e di fare discorsi assolutamente sensati.
Certo, non tutte, ma il vino non c'entra minimamente.
«Le chiappe di un gatto sanno di pollo?» domanda di punto in bianco Silly, lasciandosi cadere le braccia lungo i fianchi e guardando a turno le varie amiche con espressione perplessa. Punta poi gli occhi scuri sulla grande amica vampira, ricevendo in risposta un'espressione corrucciata.
«E io come faccio a saperlo?!» le urla contro Mim', stringendo la testa nelle spalle, facendo così scivolare i capelli turchesi ai lati del viso a cuore.
«Domanda retorica, giusto.» risponde con indifferenza la lupa, non badando minimamente allo sguardo perplesso della nuova arrivata. Semplicemente ricomincia a mangiare, agganciandosi con le gambe alla trave del letto e mettendosi così a testa in giù, posizione da lei considerata estremamente comoda.
Cala un imbarazzante silenzio nella stanza, che però non grava affatto sulla giovane immortale, tutt'altro. Ha l'opportunità di poterle osservare mentre sono tranquille, tutte prese dai propri affari. Le sembrano così innocenti, pure, tanto da risultarle faticoso credere che in realtà, dietro a quelle espressioni buone e gentili, si celino le più spietate assassine mangiatrici di uomini che il mondo abbia mai conosciuto.
Poi, d'un tratto, giungono dall'esterno dei prolungati e lugubri ululati, una specie di coro confuso, che fa voltare pigramente tutte le mannare presenti nella stanza. Osservano fuori dalla finestra con un malcelato fastidio negli occhi, domandandosi per quale assurda ragione i maschi si ostinino a fare tutto quel baccano pure sulla loro stessa isola, lontani da ogni pericolo. Akemi, invece, sente semplicemente un grido che le si arrampica nella gola e deve serrare la bocca per tenerlo dentro, giusto per non fare la figura della Regina delle Fifone.
«Che musica che fanno, eh?» le domanda sorridendo bonariamente Momoko, continuando a tenere gli occhi fissi sull'esterno. Osserva l'oscurità, lo spicchio di Luna che brilla sopra di loro, e anche a lei viene voglia di unirsi al coro, di dare il via libera al suo istinto di lupo. Ma non lo fa. Arista non lo sopporta, e lei non vuole farla arrabbiare.
Ad Akemi sembra di vivere un'esperienza extracorporea. È terrorizzata da quei suoni così armoniosi, sente le mani tremare e una sensazione di formicolio nelle budella. Per un attimo l'idea di sbatterle tutte fuori diventa incredibilmente allettante, ma si astiene dal farlo. Potrebbero non prenderla bene, e di certo non vuole scoprire sulla propria pelle quanto siano realmente forti.
Silly, da grande osservatrice quale è, si è resa conto del terrore che sta velocemente divorando ogni singola cellula della bimbetta, e, stranamente, prova un forte senso di pena nei suoi confronti. In quanto licantropo è anche strano per la verità, visto che nessuno di loro si è mai fatto intenerire dalla figura tremolante di una ragazzina.
Sarà perché fa parte del branco...” pensa, reclinando la testa di lato e continuando ad osservarla. Il labbro inferiore è stretto tra i denti affilati, gli occhi sono lucidi, prossimi a sgorgare una quantità imbarazzante di lacrime e, dall'odore che sente provenire dalla sua pelle, è quasi del tutto certa che sta pure per farsela sotto.
Poveraccia...
Si butta giù dal suo comodo posto e comincia a camminare con la testa china per la stanza, rimuginando su un quesito che già da tempo le frulla per la testa e che adesso ha finalmente la possibilità di esporre, alleggerendo così la tensione che si è venuta a creare.
«Quante combinazioni di quattro cifre ci sono da uno a nove?»
Le domande senza senso di Silly, per quanto siano frequenti, non smettono mai di sorprendere chiunque la conosca. In realtà tutti rimangono sorpresi quando non ne fa, indice di un discreto nervosismo o forte stress. Un'altra cosa che non sorprende più nessuno, è il fatto che sia sempre Mimì a risponderle, cercando generalmente di dare pure risposte sensate malgrado la domanda sia priva di senso.
«Diciassette? Che ne so, potrebbero essere milioni!»
«Sei sicura?» insiste la rossa, assottigliando lo sguardo e reclinando di lato la testa.
«Di cosa?»
«Non si dice “diciassei”?»
Nella stanza cala un profondo silenzio, interrotto solamente dall'incessante sgranocchiare della folle ragazza, che non perde mai occasione per riempirsi la bocca.
Akemi, assolutamente sconcertata da quelle conversazioni così stupide, si volta per cercare gli occhi glaciali della madre, notando quanto la cosa la lasci indifferente. Le domanda silenziosamente se sia una cosa normale, se deve preoccuparsi se mai si trovasse da sola con l'eccentrica mannara, ma la donna nega semplicemente col capo, facendole capire che no, non è pericolosa. In realtà questa è una bugia, perché Silly sa essere davvero brutale e letale, ma non ha alcuna intenzione di farla preoccupare inutilmente. Tanto, dalla mattina seguente, anche lei imparerà a difendersi a dovere, quindi non c'è assolutamente niente da temere.
«Ti sbagli col “sedici”...» la informa svogliatamente Arista, continuando imperterrita a dipingere le unghie della compagna.
«Ah!» è l'unico commento da parte della rossa, che si stringe nelle spalle sorridendo con aria innocente.
Nuovi ululati in lontananza, forse a sud, vicino alla Villa delle Anime, o forse ad est, nella zona desertica dell'isola dove si allenano i lupi. Per Akemi è difficile stabilire con certezza da quale direzione provengono. L'unica cosa di cui è veramente certa, è che si tratta di un branco bello grosso.
Rivolge alla madre un sorrisetto rapido e nervoso, sul punto di una nuova crisi di pianto, e la donna le risponde con una carezza. Una carezza rapida, delicata come il battito d'ali di una farfalla. Una carezza che vuole trasmettere alla giovane e spaventata immortale la forza della donna. E Akemi si calma con quella carezza, rilassando i muscoli delle spalle e lasciando che le nuove chiacchiere delle donne le scivolino addosso. Sente qualcosa riguardo Roger e Freya, sulla loro vecchia e passionale relazione, ma non le importa niente. Non le importa neanche degli ululati che rompono la notte. Le importa solo della mano calda che le sfiora la guancia e di quegli occhi taglienti e al contempo caldi della madre.
Abbassa un poco la testa, volgendosi verso tutte quelle sconosciute che ridono allegre. Le guarda e, anche solo per un secondo, sente che non sono così male come aveva creduto. Forse potrebbero addirittura esserle simpatiche. Però, prima di poterlo dire con certezza, deve sapere quanto queste siano sincere nei suoi confronti.
«Posso farvi delle domande?» domanda timidamente, attirando su di sé i loro occhi, che sembrano quasi illuminarsi di fronte a questa sua semplice richiesta.
«CERTO!» urlano in coro, più che liete di vedere che ha deciso di sbloccarsi un poco, di lasciarsi andare almeno con loro e, soprattutto, di abbracciare il loro mondo.
«Perché i vampiri hanno gli occhi così chiari e i lupi mannari li hanno normali?» domanda con un filo di voce, terrorizzata dall'idea di aver chiesto qualcosa di sbagliato e magari pure offensivo. In fondo non le conosce, non ha idea cosa sia tabù e cosa no!
«Noi perché, fondamentalmente, siamo morti.» le risponde gentilmente Sakura, indicando con un braccia le compagne vampire, che a loro volta sbattono molto teatralmente le lunghe ciglia.
«Un tempo avevo dei meravigliosi occhi ametista...» sospira con aria nostalgica Mimì, scoppiando subito dopo a ridere «Sembravo una spiritata!»
Alle sue risate seguono immediatamente quelle delle altre, sempre di buon umore quando a contatto con la vitalità e l'allegria della piccola vampira.
Jena, la lupa più seria solo dopo Astrid, si ricompone velocemente e prende la parola «A noi cambiano con la muta. Rossi per gli alfa, gialli per gli altri.»
«Alfa?» domanda automaticamente Akemi, inarcando un sopracciglio.
«Capobranco, come Fenrir e tua madre.» le spiega piegando la testa di lato e rivolgendole un dolce sorriso, trattenendosi dallo scoppiare proprio a ridere quando la vede voltarsi verso la madre con sguardo stralunato.
«I crocifissi?» domanda la corvina senza neanche voltare la testa, notando un certo smarrimento pure nello sguardo generalmente fermo, quasi glaciale, della madre.
«Scusa?» le domanda Freya, non riuscendo a capire né a chi abbia posto la domanda né tantomeno il perché.
«Li potete guardare?»
Le varie vampire scoppiano a ridere, scuotendo un poco la testa, e anche questa volta è Sakura a prendere la parola per le due compagne, desiderosa di illuminare la sua mente ancora avvolta dall'oscurità «Ti dirò, a molti piace molto guardarli, ma io provo un profondo senso di disgusto nei confronti della chiesa e di tutto ciò che comporta. In Kakashi, per esempio, scatenano un profondo senso di odio e furore, e in quei frangenti compie massacri indescrivibili.»
Certo, vuole che non ci siano più dubbi in lei, che sappia tutto, ma non si sente ancora di dirle che da umana fu chiusa, contro la sua volontà, in un convento e che il fratello barattò la sua stessa umanità pur di liberarla. Non le dirà neanche che quello stesso ragazzino dal viso d'angelo e i capelli dorati ha fatto impazzire quelle donne di Dio una dopo l'altra e le ha poi impalate a testa in giù per ripicca.
No, decisamente è meglio non dirglielo.
«Le bare?» domanda subito dopo Akemi, mentre nella sua mente tornano vivide le parole che lesse sullo strano libro che fu dato tempo addietro ad Ace, su cui c'erano scritte svariate informazioni anche sui vampiri e sui licantropo. Informazioni che però si stanno rivelando quasi tutte false.
«Ad alcuni piace dormirci dentro. Ad altri piace scoparci... non ho mai capito perché.» questa volta a rispondere è Arista, intenta a spazzolare con cura i capelli setosi della compagna.
«Il Sole?»
La rossa alza gli occhi di ghiaccio sulla ragazza, sorridendole appena come per rincuorarla «Ci indebolisce. Per noi è praticamente contro natura muoverci alla luce del Sole, ma non è assolutamente vero che ci uccide. Ci rende deboli e ci dà molto fastidio agli occhi, motivo per cui portiamo sempre gli occhiali. Immagino che in parte tu lo possa capire...»
Rin le si avvicina piano, mettendosi a sedere sul pavimento vicino a lei mentre la guarda con una malcelata tristezza negli occhi.
«Quelli come noi hanno una sola necessità: il sangue. Ogni giorno ci troviamo a combattere con una smania sempre più grande e impariamo a controllarla solo con il passare del tempo. È sempre lì, pronta a farti perdere il lume della ragione, ma impari a conviverci.» la sua voce è ridotta quasi ad un sussurro, piena di angoscia. Sa bene quanto sia difficile accettare questo dettaglio per qualsiasi novellino, e si rende perfettamente conto che per lei deve esserlo in maniera particolare, in quanto è stata allevata proprio da esseri umani.
«Converrai che è così facile ucciderli, che quasi si prova pietà per loro.» afferma con arroganza Freya, rigirandosi tra le dita un pezzo di carne sanguinolento. Ci gioca e sorride in maniera perversa, godendosi la sensazione del sangue che le cola sulla pelle e, ancora di più, l'espressione sempre più infastidita della giovane erede.
«Scoprirai, inoltre, che i bambini hanno un sapore migliore.» insiste, allargando il proprio sorriso.
In sua difesa, però, si lancia Silly, che con un balzo agile e veloce si piazza davanti alla bionda Lothbrook, snudando le zanne e lasciando che i propri occhi scuri si illuminino del caratteristico oro liquido dei licantropi furiosi.
La bionda, dopo aver lanciato una fugace occhiata alla Sovrana, abbassa la testa in segno di sottomissione e si allontana, mettendosi in un angolo, mentre Silly se ne torna sulla sua postazione, portandosi però dietro un sacchetto pieno di cioccolatini ripieni.
Tra le varie immortali cala un fastidioso silenzio, interrotto solamente dallo sgranocchiare delle lupe, che, al contrario delle vampire, possono mangiare quanto le aggrada senza dover poi rigurgitare il tutto e stare male per almeno sette ore.
Per una persona chiacchierona e bisognosa di un minimo di attenzioni come Mimì, però, quel silenzio è assolutamente da eliminare, e per questo prende coraggiosamente la parola.
«Qualche altra domanda?» le domanda gentilmente, sorridendo con la sua solita espressione da bambina furbetta. Dana, al suo fianco, la sta aiutando a colorarsi i capelli di verde, facendo inoltre in modo che le punte siano di un acceso giallo canarino, come il foulard dell'amato.
«Beh, in realtà ne avrei a centinaia...» mormora con imbarazzo la ragazza, passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
Astrid, che non perde mai un movimento della sua cucciola, le si mette subito dietro le spalle e comincia a pettinarle la chioma corvina, decisa a donarle un'acconciatura regale come piace a lei, borbottando qualcosa sul renderli più personali a cui però Akemi non bada.
«Chiedi allora!» la esorta Silly, appendendosi a testa in giù dalla trave e sorridendole allegramente, intenerendola.
'Mi voglio fidare di te, Silly. Hai l'animo buono, lo sento.'
Le sorride di rimando, togliendole con mano decisa il medaglione da davanti gli occhi, facendola sorridere ancora di più.
«Ho sentito qualcuno parlare di un certo Peter... chi è?» chiede, leggermente più a suo agio. Il tatto della madre su di sé, le sue premure, l'aria carica di odori che emanano serenità, la calmano parecchio, permettendole così di rilassare i muscoli e godersi quelle chiacchiere.
«Un pazzo che vuole ucciderci tutti quanti.» risponde sovrappensiero Momoko, concentratissima nel fissare la compagna che le disegna dei fiorellini bianchi sulle lunghe unghie laccate di un dolce rosa pallido.
«Ah.» risponde semplicemente Akemi, continuando a fissare la licantropa con una lieve incertezza. Non riesce davvero a capire se c'è o se ci fa, ma, cosa peggiore, non riesce a capire se la deve catalogare come persona pericolosa o meno.
«Avete mai pensato a cosa gli fareste se ve lo trovaste davanti?» domanda ingenuamente Rin, a cui stanno facendo una simpaticissima ceretta allo stinco. La lupa, ormai abituata al trattamento che avviene ogni due giorni, non si lascia sfuggire neanche un mugolio, trattenendo così tutta la sua potenza vocale per quando arriveranno al punto critico: l'inguine!
«Più di una volta.» risponde seccamente Astrid, prendendo la piastra rovente per fare un bel frisè alla figlia e darle così un po' di volume a quelle sottospecie di spaghetti che ha in testa. Perché Astrid non ha mai sopportato i capelli troppo lisci, né ha mai sopportato chi li tiene in completo disordine e non li pettina, vizio che ha proprio il suo compagno Fenrir.
«E...?» la incalza Akemi, curiosa di sentire con che tipo di perla se ne uscirà questa volta.
«E ho deciso che gli toglierò tutte le interiora, lo farcirò con salvia e cipolla e lo metterò nel forno preriscaldato a duecento gradi per almeno cinque ore, finché non sarà ben cotto. In seguito lo squarterò in tredici pezzetti uguali, che poi darò in pasto ai ratti per un periodo di tredici settimane, con un’opzione per altre tredici parti.» la sua voce è calma, il suo cuore batte regolarmente, i suoi occhioni azzurri non traspaiono alcuna emozione negativa, ma bensì un lieve divertimento all'idea di poter realmente attuare il suo sadico piano.
«Forte.» commenta Silly, spezzando così gli interminabili secondi di silenzio che si erano venuti a creare tra loro.
Un fastidiosissimo bip bip bip risuona per la stanza, facendo sobbalzare le presenti.
Dana, colta da un'improvvisa gioia, estrae dalla giacca abbandonata al proprio fianco una piccola cassetta vecchia e smussata sugli angoli, di un bianco sporco sbeccato in più punti.
«Cos'è?» domanda allungando un poco la testa, notando un dolce sorriso fare capolino sulle labbra particolarmente carnose della mulatta.
«Una piccola radio ad onde corte con cui mi tengo in contatto con i miei figli quando sono con le amiche.» le risponde garbatamente, facendola annuire.
«Non capisco il senso di uscire con le amiche se tanto devi stare sempre incollata a quell'affare...» borbotta con disappunto Arista, decisamente astiosa nei confronti dei bambini. Non che faccia loro del male, a meno che non siano umani, però proprio non li sopporta. Quando infatti tutti perdono il loro tempo a farli giocare, lei preferisce mettersi all'ombra di un grosso pesco a leggere grossi tomi di letteratura romantica.
«Se tu avessi dei figli, capiresti.» controbatte ridacchiando la corvina, facendo annuire pure la cognata, Jena.
«Amori della mamma!» risponde alla piccola radiolina con un grande sorriso, sentendo improvvisamente la mancanza dei propri cuccioli.
Insieme allo storico compagno, Duncan, fratello di Jena, ha avuto ben tre figli: Ed, Shenzi e Banzai. Tutti e tre hanno i capelli neri della madre e gli occhi chiari del padre. Ed, il maggiore, è il più scatenato del trio, attaccabrighe ed estremamente protettivo nei confronti dei più piccoli; Shenzi, la secondogenita, è quella brillante e furba, capace di tirarsi fuori dai guai in pochi secondi senza dover ricorrere alla violenza e con un olfatto così sviluppato da far impallidire i genitori; Banzai, l'ultimo della cucciolata, è timido e riservato, troppo attaccato all'iperprotettiva madre e tanto gracile da far credere a tutti di essere nato malato. Tutto sommato, alla fine, sono tre cuccioli adorabili.
«MAMMAAA!» urlano i tre in coro, facendo scoppiare a ridere le donne presenti.
Pure Dana si lascia scappare una lieve risata, che subito però blocca per accertarsi della sicurezza dei piccoli «Siete con papà?»
«Sono qui.» risponde l'uomo, mentre i cuccioli cominciano una battaglia di insulti e minacce che fa sbellicare le ascoltatrici «Scusate per l'interruzione ragazze, ma volevano dare la buona notte alla mamma. Vero?» gli parla sopra l'uomo, facendoli ammutolire. Se potessero vederlo, noterebbero l'espressione sempre buona e sorridente dell'uomo farsi improvvisamente corrucciata per rimproverare silenziosamente i figli che hanno cominciato a mordersi ai polsi e alle caviglie.
«Ti vogliamo bene mammina!» urlano poi con tutto il fiato che hanno nei polmoni, per poi scappare nelle proprie stanze.
«Buona notte piccoli miei, fate sogni d'oro!» gli urla Dana, ben consapevole che avevano già cominciato a correre prima di terminare la frase. In fondo quando lei non c'è tendono sempre a fare come vogliono, ignorando il più delle volte i richiami del troppo tenero padre. Sa anche, però, che i tre furbetti hanno una specie di orologio nel cervello che gli impone di andare a dormire ad una determinata ora, cosa che le infonde un poco di tranquillità quando deve lasciarli soli.
«Ci vediamo dopo amore.» le mormora dolcemente Duncan, facendola sorridere affettuosamente.
«A dopo, un bacione.» detto questo chiude semplicemente la chiamata e, alzando gli occhi, si accorge degli sguardi assai divertiti delle amiche. Pure Akemi la guarda con un'espressione assai buffa in volto.
«Ma quanto sei dolcina!» la prende in giro Silly, lanciandole addosso un croccantino al salmone.
«Fatti gli affari tuoi!»
«Scusa se mi intrometto ma... quanti anni hanno i tuoi figli?» s'intromette Akemi, stranamente incuriosita.
«Il più grande ne ha quasi tre.» risponde cordialmente la lupa, passandosi una mano tra i capelli mentre Rin le passa un braccio attorno alle esili spalle, strattonandola appena.
«Ormai ci siamo eh!» le urla nell'orecchio, facendola sbuffare di disapprovazione.
«Tre?! Ma come fa a parlare così correttamente a soli tre anni?!» Akemi si ritrova involontariamente a strillare per la sorpresa e, non appena se ne rende conto, si porta immediatamente le mani alla bocca per zittirsi, voltando un poco il capo per vedere l'espressione della madre, che nel frattempo se la ride sotto i baffi.
«Già, tu non lo sai...» mormora con un lieve imbarazzo Jena, grattandosi la nuca e sorridendo gentilmente all'inesperta ragazza «I figli dei licantropi, i purosangue, crescono molto velocemente, in modo che siano in grado di reggersi sulle proprie zampe e difendersi dal mondo in completa autonomia. Il loro sviluppo fisico si interrompe alla loro prima muta, che generalmente avviene tra un anno e mezzo o due dalla nascita; raramente accade a tre anni. Da quel momento smettono di crescere e rimangono, il più delle volte, degli adolescenti per il resto dell'eternità.»
Akemi ci pensa su attentamente, soppesando ogni parola, per poi rendersi conto che no, la cosa non le quadra per niente. Lei non ha ancora raggiunto i sei mesi di vita in fondo, eppure è già perfettamente formata e, per quanto ne sa, ha già avuto la sua prima muta.
«Perché a me sono bastati pochi mesi?» domanda titubante, mentre nei suoi occhi brilla chiaramente una discreta paura.
Sakura la raggiunge velocemente, prendendo una mano tra le sue e rassicurandola con il suo brillante sorriso, capace di scaldare anche il cuore più duro.
«I figli dei vampiri crescono in pochissimo tempo. Tu, essendo un ibrido, hai avuto una crescita molto veloce, anche se poi la muta è avvenuta in ritardo rispetto al momento in cui lo sviluppo fisico si è fermato.» le spiega con voce calma, calda e rassicurante, tanto da far sparire dai suoi occhi qualsiasi timore.
Ha sempre avuto questo dono, Sakura: la capacità di infondere coraggio e affetto, di calmare le persone, cosa che non sempre ha usato per scopi esattamente puri.
«Non capisco come facciano i vampiri ad avere figli...» borbotta in tutta risposta Akemi, prendendo il primo stuzzichino che trova davanti a sé e portandoselo velocemente alle labbra, sorprendendosi di trovarlo incredibilmente gustoso. Quando però si accorge che ha mangiato un pezzo di cuore di coccodrillo sputa tutto da un lato, facendole ridere di gusto. Solo Astrid non ride, ma anzi la guarda con una forte nota di disappunto, essendo lei una creatura fortemente intollerante alle cattive maniere, pur essendo nata in un villaggio pieno di uomini rozzi che si scopavano pure le capre dentro le proprie abitazioni.
«Non lo sappiamo neanche noi. Accade molto raramente, e possono concepire solo i maschi, però succede. Poi nascono sempre dei mostri, creature veramente orribili, simili a pipistrelli deformi e privi di peluria, con la pelle bluastra.» la informa Sakura, storcendo la bocca al ricordo della prima volta che ne vide uno. Ricorda anche le sue urla disperate quando Rei, una vampira morta da anni, gli mise le mani addosso e lo fece a pezzi, e a stento riesce a trattenere le lacrime, al contrario di quella volta.
«Li ammazziamo prima che nascano, sennò subito dopo che hanno emesso il loro primo vagito e ammazzato la madre.» ghigna divertita Freya, leccandosi lascivamente le labbra tinte di rosso.
Akemi finge di non ascoltarla, ma i suoi occhi la tradiscono: degli screzi dorati stanno infatti macchiando le sue iridi di ghiaccio, smascherando così tutta la sua rabbia.
Tutte le presenti si rendono perfettamente conto dell'aria pesante che è venuta a crearsi per colpa della bionda, e la cosa le innervosisce assai. Nessuna di loro ha mai avuto particolarmente in simpatica l'anziana Lothbrook, sempre così sadica, aggressiva ed arrogante, ma, proprio per colpa del suo cognome, non hanno mai potuto toccarla. In realtà né Fenrir né Týr hanno mai impedito di toccarla e metterla a tacere, ma nessuno ha mai voluto mettersi contro il loro clan, preferendo così chinare la testa ed ingoiare quel rospo tanto acido ed indigesto.
Akemi però non è a conoscenza di questo fatto. Non sa che gode in parte della protezione del lontano e potentissimo cugino. Non sa neanche fino a che punto si spinge la sua forza, in realtà. Ma sa per certa una cosa: Freya, così come tutte le donne presenti in quella stanza, le hanno giurato fedeltà assoluta, e ciò significa che non le si può rigirare contro.
I muscoli si gonfiano sotto la sua pelle candida, indice della rabbia in continuo aumento, e gli occhi si oscurano, come se venissero avvolti da una fitta nebbia, e ciò non sfugge agli occhi attenti di Silly.
La lupa, seppur desiderosa di vedere l'insopportabile biondina in una pozza di sangue dopo il sicuro intervento della Regina, decide di frapporsi nuovamente tra le due e di allentare la situazione, evitando così un inutile scontro.
«Facciamo un gioco!» esclama saltando giù dal letto, attirando così l'attenzione delle varie immortali, che adesso la fissano perplesse.
Astrid, che aveva già previsto un suo intervento, essendo consapevole della sua natura poco incline alla violenza gratuita, si passa una mano sul viso con fare sconsolato.
«Silly, ti prego, dimmi che non è una stronzata come l'ultima volta...» mormora con voce roca, fregandosene per un secondo delle buone maniere.
Silly non bada mai alla donna, a meno che non le snudi a pochi centimetri dalla faccia le zanne o le punti alla gola gli artigli, quindi anche questa volta finge di non averla proprio sentita, continuando imperterrita a spiegare alle amiche il semplicissimo meccanismo del gioco da poco scoperto.
«Si chiama “il gatto del prete”: in pratica devi pensare ad una parola che inizia per “c”.»
La rossa vampira lancia uno sguardo infastidito alla Sovrana, che, senza farsi notare dalle altre, le fa un lieve cenno col capo per darle l'autorizzazione a fare ciò che vuole.
Mimì, sempre pronta ad appoggiare le folli idee dell'amica, si siede immediatamente al suo fianco al centro della stanza, prendendo pure Akemi per mano e trascinandola in mezzo a loro. Certo, la corvina non ha alcuna intenzione di giocare, ma alla fine non le dispiace poi così tanto stare a contatto con loro e la loro follia così contagiosa.
Vicino all'allegra lupa dai capelli ramati si siede Rin, le più incline ai suoi giochi, e dopo pochi secondi Silly comincia.
«Il gatto del prete è un gran credulone!»
«Il gatto del prete è un gran ciarlatano!»
«Il gatto del prete è un gran curiosone!»
«Il gatto del prete è un grande coglione!» afferma arrogantemente Arista, facendole urlare di disappunto.
Astrid se la ride di gusto, mentre Momoko si ripara dietro alla compagna per paura di essere attaccata dalle assai inviperite immortali.
«Trovi sempre il modo per rovinarmi tutti i giochi, vero Arista?!» soffia Silly, incrociando le braccia al petto con aria stizzita.
La rossa se la ride di gusto, mostrando così di riuscire a provare ancora delle emozioni umane, mentre la sovrana alza semplicemente gli occhi al cielo, vagamente infastidita dagli atteggiamenti fin troppo infantili della lupa. Non che le manchi il senso dell'umorismo, tutt'altro, ma nei secoli ha sviluppato un certo astio nei confronti di svariati atteggiamenti, in particolar modo in quelli infantili che aveva anche il padre dell'adorata figlia. Certo, se li faceva andar bene, così come si fa andar bene le manie di Fenrir, ma non riesce mai a trattenere delle espressioni quasi schifate.
Mentre hanno ripreso tutte quante a chiacchierare tranquillamente, affrontando i più svariati argomenti, un forte fracasso, proveniente dal piano terra, arriva alle loro sensibili orecchie.
Akemi scatta immediatamente in piedi, già sulla difensiva, e subito comincia a puntare la porta. Le zanne si affilano nella sua bocca, pronte a mutilare e dilaniare, e i suoi muscoli si tendono, pronti a scattare al primo segnale di pericolo.
«Cosa è stato?» domanda con voce tremante, notando con un certo sconcerto le espressioni quasi rassegnate delle compagne. Arista, in particolar modo, continua a massaggiarsi le tempie e mormorare frasi rabbiose a mezza bocca con aria seriamente incazzata.
«Sembrava una donna molto grassa sui tacchi a spillo che è scivolata su un budino alla banana ed è franata su un set di bicchieri di cristallo.» butta lì Silly, usando però un tono di voce particolarmente serio. Le altre la guardano scocciate, e quando se ne accorge semplicemente fa spallucce, sorridendo innocentemente «Ma potrei anche sbagliarmi.»
Mimì tende le orecchie per ascoltare i moccoli e le risate cavernose che si avvicinano sempre di più, con l'aggiunta poi del rumore sordo di una porta che viene sbattuta con rabbia. Sorride tra sé, scuotendo un poco la testa con fare rassegnato.
«A giudicare dalle urla simili a quelle di un branco di scimmie ubriache, direi che sono appena rientrati i maschi.» annuncia disinteressatamente, prendendo una limetta di ferro e cominciando così a sistemarsi le unghie laccate di un brillante arancione.
«Se Fenrir se ne accorge...» commenta con un filo di voce Sakura, lanciando una fugace occhiata ad Astrid che a sua volta annuisce appena.
«MA COSA CAZZO FATE?!»
Un brivido sale lungo le spine dorsali di tutte le immortali chiuse nella camera da letto, facendole immobilizzare.
Tutti gli abitanti dell'isola, infatti, sono perfettamente a conoscenza del fatto che svegliare Fenrir nel cuore della notte è forse l'errore più stupido che si possa commettere. Adesso, a giudicare dall'urlo mostruoso che ha quasi fatto tremare i muri, quell'errore è stato appena commesso dal branco di lupi ubriachi che hanno quasi sfondato la porta d'ingresso.
Rimangono in completo silenzio mentre lo sentono avvicinarsi alla loro porta per passare e fare una sfuriata coi fiocchi ai ragazzi, ma quando sentono volare l'ennesima e assai fantasiosa bestemmia, non riescono proprio a trattenere le risate. La prima a scoppiare, stranamente, è stata proprio Akemi, che adesso si tiene le braccia attorno all'addome, piegata in due.
La porta si spalanca di colpo, facendole trasalire e ridere ancora più forte. Vedere Fenrir furioso, con i capelli che sembrano stati leccati da una mucca, rivolti verso l'alto solo da un lato, e con ancora il segno del cuscino impresso sul viso, è una cosa assai divertente per loro, sempre abituate a vederlo vestito di tutto punto. Certo, spettinato è sempre spettinato, ma mai fino a questo livello.
«La smettete di fare tutto questo casino anche voi?!» ringhia loro contro l'Imperatore, snudando le zanne e lasciando che il suo unico occhio, generalmente di un incantevole blu cobalto, risplenda del suo minaccioso rosso sangue.
«Non c'è bisogno di strillare.» lo ammonisce Astrid, mantenendo una calma disarmante. In quelle parole, ovviamente, c'è una fortissima nota di sarcasmo, ma per sua fortuna l'uomo è così furioso da non farci neanche caso.
«IO NON STO AFFATTO STRILLANDO!» urla ancora più forte il lupo, puntando lo sguardo sull'amata compagna. Quando viene svegliato ce n'è per tutti, senza eccezioni.
«Palle mosce...» biascica a denti stretti la donna, pentendosene non appena nota i capelli castani dell'uomo alzarsi ulteriormente verso l'alto, così come farebbe con la pelliccia.
«COSA?!»
«Niente!» si affretta ad alzare le mani e sorridere in modo assolutamente innocente, arrivando addirittura a ringraziare mentalmente la poca grazia di cui dispone Freki quando alza il gomito. Perché è solo grazie a lui e al vaso appena distrutto che Fenrir se ne va sbattendo di nuovo la porta e bestemmiando per il corridoio, facendo tirar loro un sospiro di sollievo.
«Certo che è suscettibile, eh?» ridacchia Akemi, cercando di trattenersi per non farlo tornare.
Stranamente non lo teme per niente, anzi: prova un forte senso di pace quando lo sente nelle vicinanze. Secondo lei è per il suo legame con Týr, o forse per il modo meno freddo in cui la guarda, o semplicemente perché è l'unico che non ha invaso minimamente i suoi spazi ma che anzi le dà tutto il tempo di questo mondo per ambientarsi.
«Giusto un po'.» borbotta ridacchiando a sua volta la madre, sciogliendosi come neve al sole di fronte al luminoso sorriso della sua bambina. Non credeva che l'avrebbe mai visto, non credeva che sarebbe mai stata in grado di farsi accettare da lei, che sarebbe riuscita ad avvicinarla, e invece ci sta riuscendo. Ci sta riuscendo velocemente, sta imparando a conoscerla sul serio. E la cosa la rende indecentemente felice.
Le chiacchiere riprendono, le risate si fanno sempre più forti con l'aumentare dei guaiti e delle urla furiose dell'Imperatore. Qualcosa viene distrutto durante quella simpatica discussione, ma alla fine è del tutto normale. Certo, i vari lupi appena rientrati da una notte di bagordi non ne sono poi così lieti, ne hanno anzi una giusta paura, ma sono ben consapevoli di non rischiare la vita solo per averlo svegliato nel cuore della notte. Fenrir è violento, talvolta vittima di scatti di rabbia incontrollabili, ma non è certo un pazzo omicida ai livelli del fratellino. Non che nei suoi settemilaquattrocentoquarantuno anni di scorribande non abbia mai commesso crimini oltre l'immaginario umano, ma non ha mai battuto i livelli di Týr. L'unica volta in cui è stato paragonato psicologicamente instabile come lui, è stato quando ha raso al suolo un'intera città solo perché al ristorante gli avevano messo del prezzemolo nel piatto quando si era raccomandato che non ci fosse. A parte questo, si è sempre trattenuto nei loro limiti della decenza.
Akemi finalmente pare lasciarsi andare, arrivando addirittura a ridere di gusto quando Arista e Rin cominciano discutere animatamente su quale sia il modo migliore per impalare un essere umano, ma questo momento di tranquillità viene bruscamente interrotto dalla voce acuta e penetrante della Lothbrook più anziana.
«Adesso basta chiacchiere, siete davvero noiose!» le ammonisce infatti Freya, alzandosi dal pavimento con una fin troppo forzata eleganza e dirigendosi ancheggiando verso la porta «Buona notte, Lilith. Spero che tu ti trovi bene nella tua gabbietta dorata, mia piccola pappagallila dagli occhi blu.»
Astrid, per la prima volta dopo secoli, le si rigira contro, scattando in piedi come una molla e snudandole a pochi centimetri dal viso le candide zanne lunghe e spesse. E ringhia. Ringhia come un animale messo alla catena, che è pronto a tutto pur di liberarsi. Un atteggiamento normale, il suo, considerato che la biondina ha alzato ulteriormente la cresta con la figlia.
«Attenta, Lothbrook: posso farti così male da farti rimpiangere di non averti uccisa.»
Freya rimane immobile a guardarla per qualche istante, le labbra dischiuse e gli occhioni azzurri spalancati per la sorpresa. Neanche ricordava l'ultima volta che la grande lupa le si era rigirata contro, ma questa volta non lo scorderà: provare anche solo a toccare il cucciolo di una licantropa porta sempre ad una morte lenta e assai dolorosa.
Stringe le labbra in un moto di stizza poi, finalmente, esce dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo sordo.
Tutte le donne presenti rimangono in silenzio a contemplare la creatura dai tratti angelici che si erge in tutta la sua regalità e forza davanti alla porta. Non credevano che sarebbe mai arrivata a rigirarsi contro un membro del proprio branco, poiché considerato pressoché innaturale, ma capiscono velocemente che dopo i recenti avvenimenti se lo dovevano aspettare per forza. Nessuno supera facilmente un evento tragico come quello, neanche la grande Strega.
La lupa millenaria volta lo sguardo sulla figlia, e il cuore le si gela nel petto. Sta seduta sul letto con i capelli neri che le scendono sulle guance come ali inerti, ma non le nascondono il viso; è stanca, confusa e stranita. Soprattutto stanca. Le ricorda sé stessa quando si svegliò dal coma e si guardò per la prima volta nello specchio.
«Penso che sia meglio se andiamo tutte a dormire.» esclama con voce ferma la donna, alzando il mento verso l'alto con fare altezzoso «Abbiamo delle faccende da sbrigare domani.»
Le donne si alzano e raccattano le proprie cose in religioso silenzio. Pure Silly rimane in silenzio, accordandosi con Mimì di spostarsi nella sua casa nel bosco con una semplice e fugace occhiata.
Sakura invece si avvicina con cautela alla Regina, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla «Non avrai esagerato?»
Astrid semplicemente le sorride con aria innocente, reclinando la testa di lato e scrollando le spalle «Quella stronzetta me la deve baciare di dritto e di rovescio, chiaro?»
La porta si apre dall'esterno, lasciandole tutte interdette. Non si erano minimamente rese conto della presenza di qualcuno, prese com'erano dai loro piccoli battibecchi.
«Tutto a posto.» afferma Fenir, facendo spuntare appena la testa. Lancia una fugace occhiata alla nipote e le sorride timidamente, notando quanto il suo faccino sperso sia simile a quello che aveva il fratello quando si svegliava. «Vieni a dormire?» domanda alla compagna, facendola arrossire lievemente. È assurdo che lei arrossisca per una cosa tanto innocente e naturale, ma avverte comunque un nuovo calore sulle guance.
Un nuovo ululato però, più straziante rispetto ai precedenti, fa sparire ogni traccia di dolcezza dal suo sguardo. Punta i pugni sui fianchi e lo guarda con aria astiosa.
«Come sarebbe a dire “tutto a posto”?» domanda acidamente, battendo nervosamente un piede a terra.
L'uomo sorride come un ragazzino che è stato appena beccato a fare qualcosa che la madre gli aveva espressamente vietato di fare, allungando poi un braccio verso di lei e afferrandola per la vita. La stringe a sé, portando il proprio viso a pochi centimetri dal suo.
«Una notte alla catena lo calmerà, vedrai.» si giustifica così, lasciandole un vaporoso bacio sul naso, per poi liberarla dalla propria presa «Da' la buona notte a tutte, su. Ti aspetto.»
Astrid scuote la testa, infastidita, ignorando deliberatamente i risolini delle compagne che velocemente lasciano la stanza. Si volta solo verso la figlia, sorridendole con aria dolce e materna «Domani mattina ti dispiacerebbe presentarti al cancello est alle otto in punto? Ho una sorpresa per te.»
Akemi sa bene che non è una vera e propria richiesta, quanto un ordine imposto con tono smielato, ma decide di non badarci. Semplicemente annuisce, sistemandosi velocemente sotto le coperte.
«È una cosa molto importante, Lilith.» nelle sue parole c'è una specie di promessa, ma la ragazza non riesce a capire di che tipo. È curiosa, vorrebbe chiederle spiegazioni, ma adesso è troppo stanca per potersi mettere a ragionare con lei.
«Se non riesci a dormire, bevi questo.» si raccomanda prima di uscire, mettendole sul comodino una piccola fiaschetta dorata, senza dirle che contiene un sedativo tanto forte da stendere un elefante.
«Alle otto ai cancelli, tesoro.» mormora dolcemente, depositandole un dolce bacio tra i capelli. Si allontana con passo incerto, quasi avesse paura di vederla sparire da un momento all'altro per magia, bloccandosi poi sulla porta «Buona notte.»
«Notte...» risponde con un filo di voce Akemi, girandosi su un lato per provare a dormire.
È stanca, il corpo è pesante, ma la sua mente è troppo attiva per permetterle di chiudere finalmente gli occhi e concludere questa faticosa giornata.
Come se non bastasse, poi, comincia a ripensare alla sua famiglia, e prega affinché qualcuno le tolga quel dolore.
Nella sua mente continua a riaffiorare il ricordo in cui è balzata su Teach e gli ha staccato il braccio a morsi, di averlo mangiato. Ricorda anche di aver attaccato Marco, di averlo messo al tappeto con un'artigliata profonda, e ogni volta il dolore riaffiora come un crampo e si sente straziata in profondità.
Si chiude gli occhi con le mani, provando con tutta sé stessa a cancellare quei dolorosi ricordi, e in un moto di stizza scatta a sedere, decisa a bere la brodaglia lasciatole dalla madre. Ha un sapore forte, deciso, e in pochi secondi sente la lingua intorpidirsi. Ma non le importa e continua a bere fino all'ultima goccia, sentendo i muscoli distendersi e il dolore scemare.
Si stende di nuovo, avvolgendosi nelle morbide lenzuola e fissando la Luna fuori dalla propria finestra.
Pensa per un ultimo istante a Marco, ai suoi occhi neri e al suo sorriso, ai loro baci e alle loro carezze, poi, semplicemente, non c'è pensa più a niente. Non pensa alla sua famiglia lontana chissà quante leghe. Non pensa ad Astrid e alle sue promesse. Non pensa agli occhi cattivi di Freya. Non pensa neanche più al fatto che, alla fin fine, è veramente in una gabbia dorata. Volendo, non è neanche più nella sua testa. Ora è nel buio, cieca e sorda. È nel buio, e nessuno può ferirla.


La mattina seguente si sveglia sentendosi per la prima volta come un ospite. Non sente più di essere una specie di prigioniera di guerra, un esperimento da tenere sotto controllo, una rara creatura da tenere in gabbia per poi esibirla al pubblico. No. Si sente un ospite.
Si rigira tra le comode e morbide lenzuola come un gattino, stiracchiando le gambe e raggomitolandosi subito dopo su sé stessa, abbracciando il cuscino.
Aprendo un occhio vede qualche corvo svolazzare libero e allegro nel limpido cielo di quella tiepida giornata, ed un sorriso le increspa le labbra prima di provare a rimettersi a dormire.
Poi, debole come un sussurro, una frase le ronza per le orecchie: “Alle otto ai cancelli, tesoro.”.
Ci pensa su un secondo, provando a capire se si tratta di una frase realmente detta o se è solo frutto della sua immaginazione, per poi ricordarsi nitidamente il sorriso della madre e aprire finalmente gli occhi. Guardando di nuovo fuori dalla finestra si rende conto che il Sole è decisamente troppo alto per essere solo le otto di mattina.
«Porco cazzo!»
Si butta letteralmente di sotto dal letto, inciampando nei suoi stessi piedi quando prova a rialzarsi. Guardando l'orologio si rende conto che sono già le dieci meno cinque e che è quindi in un ritardo fottuto.
Afferra al volo uno dei vestiti lasciato su una sedia da Mimì e lo indossa alla meglio, cominciando a correre per i corridoi di quel palazzo che non conosce e che, per sua sfortuna, è pure immenso.
Quando ci si trova in stato di shock è difficile rendersene conto, ma quando si ha la mente lucida, l'impatto con la lussuosità de La Solitaria -come è stata inspiegabilmente battezzata- ti mozza il fiato: colonnati con capitelli dorici, pavimenti intarsiati di marmo, doppia scala di ferro battuto. Ma anche stucchi, mosaici, cristalli.
La villa è composta da ben duecentocinquanta stanze con bagni annessi, altri trenta bagni sparsi per l'abitazione, due piste da bowling, un maneggio, un campo da squash, uno da tennis e uno da basket, due cinema, due palestre, tre biblioteche, le cripte sotterranee e due laboratori. Vi sono inoltre ventitré ettari di giardino e boschi privati, delimitati sia dal pendio che tiene il tutto ad un livello superiore rispetto al resto dell'isola, sia da una spessa e splendente recisione.
Malgrado tutto il marmo e l'opulenza che può dar l'aria di luogo freddo ed impersonale, l'arredamento al suo interno rende l'ambiente familiare e caldo, luogo ideale per una famiglia enorme come la loro.
Lo staff della casa è composto da ben trentatre persone, divisi tra giardinieri, domestici e cuochi. Forse sono addirittura più di trentatre, ma Fenrir non ci ha mai badato: lui lava da solo la propria roba.
Questa fiera della vanità, se così la si vuole definire, è stata realizzata solo dopo l'ennesima sfuriata della Regina, che non avrebbe mai e poi mai messo piede in un luogo non idoneo alla sua persona.  La sua attuale stanza privata, di cui non usufruisce mai, è l'unica con un pavimento a mosaico bagnato di oro zecchino e l'unica dotata di una piscina privata. E pensare che ha dormito pure nelle fogne, quando la situazione lo richiedeva...
Akemi, seppur con passo svelto, si è girata buona parte della villa, ammirandone i dipinti e le sculture, domandandosi se fosse tutto reale o meno. Solo quando con la coda del'occhio nota, grazie all'orologio da parete in legno di noce, che sono già le dieci e ventisette minuti, comincia seriamente a correre, dandosi dell'idiota. Come può fare tardi al primo appuntamento con la madre?
Corre per tutti i vari corridoi, serpeggiando tra le colonne, lanciando fugaci occhiate ai propri lati per scorgere la porta che la condurrà fuori da quella mastodontica casa, ritrovando alla fine in un atrio enorme, impressionante, col soffitto a volta. Ma adesso non le interessa, vuole assolutamente scoprire di quale sorpresa parlasse la madre e vuole fare presto.
Si fa sdrata attraverso un'altra sala grande e superbamente ammobiliata, e da lì in una veranda luminosa, chiusa da vetri e arredata con eleganti chaise longue in tek, piante rigogliose e vassoi ben forniti di liquori. Nota, senza il minimo stupore, lo splendore del giardino che si estende di fronte ai suoi occhi. Nota pure che c'è un'enorme piscina, decorata con mosaici dorati e circondata da quattordici colonne di marmo con capitelli, alla quale sono annesse una cucina completamente attrezzata, un'area barbecue, una piccola sala da pranzo all'aperto ed una spa. Le acque limpide in cui tutti adorano crogiolarsi nelle giornate troppo afose, terminano con una cascata artificiale giù per il pendio.
Il giardino, di ben ventitré ettari, è il frutto di una collezione unica di piante sia comuni che tropicali, che coesistono tra loro e creano una replica perfetta dell'Eden. Ad una delle estremità i tronchi di ulivo centenari si intrecciano e formano figure antiche e suggestive; le diverse specie di palme coronano gli spazi attorno alla villa, splendendo al sole. In un angolo roccioso di corallo fossile si può notare un grosso laghetto artificiale, dimora delle più svariate specie di pesci tropicali e tartarughe d'acqua.
Anche se Akemi non lo sa, tutto questo paradiso è stato completamente architettato da Freya, unica in tutta l'isola ad avere un tale pollice verde.
Il tutto è poi delimitato da una discesa rocciosa, che permette di avere la completa -o quasi- visuale dell'isola circostante. Dal bosco sotto l'enorme villa del Sovrano si sentono arrivare le risate spensierate dei bambini e i rimproveri delle madri che tentano in ogni modo di star loro dietro. Da sud-ovest si sentono arrivare le urla dei pescatori, oltremodo lieti di essere riusciti a pescare qualcosa di grosso per una qualche festa di cui Akemi non è al corrente. Nota anche, con un certo sgomento, che praticamente l'intera isola è delimitata da un'alta scogliera.
Si domanda come possano permettersi tutto questo. Se lo domanda a ripetizione, arrivando ad una semplice e assai ovvia conclusione: sono assassini. Già, perché quando vivi per settemila erotti anni, uccidendo più volte al giorno e derubando la vittima pure delle mutante, alla lunga ti arricchisci. E loro sono tutti assassini della peggior specie, che hanno sempre puntato a soggetti che avevano più soldi da buttare che di loro stessi. Il risultato era inevitabile.
Akemi arriva velocemente ad abbracciare questo pensiero e, per quanto macabro, lo trova geniale. Anche lei, se dovesse farlo, lo farebbe.
Con una strana tranquillità, forse proveniente da tutte quelle piante colorate, dallo sfarfallio delle farfalle, dagli odori dolci e penetranti, si inoltra nel giardino, mantenendo un'andatura calma, percorrendo il serpentesco viale, osservando con attenzione tutto ciò che la circonda.
Nota che il vialetto che sta percorrendo -così come tutte le ramificazioni connesse- è sufficientemente largo da farci camminare cinque persone l'una al fianco dell'altra, e che è stato realizzato con delle mattonelle a mosaico, di notte illuminate con i faretti da terra. Lo stesso vialetto che sta percorrendo Akemi verso il cancello principale, è quello che attraversa anche tutto il bosco e si ramifica nella piccola città a nord dell'isola.
Lo osserva con disattenzione adesso, beandosi semplicemente del flagrante profumo emanato dai mille e più fiori che la circondano. Si sente incredibilmente in pace malgrado sia consapevole del luogo in cui si trova.
Alzando un poco gli occhi, però, nota spuntare da dietro ad alcuni fiori rampicanti di un acceso azzurro una testa castana. Per un breve istante pensa che sia Fenrir, considerando quanto quell'ammasso di capelli sia spettinato, ma scarta velocemente l'idea. È più grosso di Fenrir e l'odore non è il suo. Questo è più dolce, più caldo...
Fa qualche passo in avanti per poterlo vedere in volto, cercando allo stesso tempo di fiutare una traccia della madre, e si ritrova completamente immobilizzata quando l'estraneo -che poi tanto estraneo non è- la saluta molto cordialmente.
«Buon giorno, principessa!» Freki si alza dal muretto sorridendole timidamente, pulendosi con le mani il fondoschiena.
Akemi, che ancora non riesce a guardarlo negli occhi senza tremare, decide di fare un veloce calcolo mentale usando l'altezza del muretto come punto di riferimento per scoprire quanto sia realmente alto. Deduce che deve essere più di due metri per più di centoventi chilogrammi di peso. Forse anche qualcosa di più. E la cosa che la spaventa della sua stessa deduzione, è il fatto che sul suo corpo non ci sia neanche un filo di grasso. Neanche uno. Solo muscoli perfettamente scolpiti.
«Sei in ritardo.» la rimprovera con voce strafottente il maggiore, incrociando le possenti braccia al petto e guardandola con aria divertita.
Akemi scatta subito sull'attenti, guardandolo con aria afflitta. Non vuole farlo arrabbiare, non vuole scatenare il gigante incazzoso. Per poco Marco non veniva fatto a fette, figuriamoci cosa potrebbe fare a lei!
«Ahhh, non preoccuparti: io sono quasi sempre in ritardo!» prova a consolarla il lupo, abbandonando le braccia lungo i fianchi e cominciando ad osservare disinteressatamente i vari fiori al suo fianco «Poi, diciamocelo, non bisognerebbe mai alzarsi alle otto del mattino. Andrebbe considerato illegale. Mezzogiorno! Ahhh, quello si che sarebbe l'orario giusto! Ti svegli con calma, se hai qualcuno a farti compagnia nel letto ti fai una sana scopata, poi ti fai una lunga doccia ed infine vai a mangiare! Non sarebbe perfetto?» parla a vanvera come un cretino, gesticolando per dare enfasi alle proprie parole, puntando i suoi vivaci e grandi occhioni verdi sulla figura ancora tremante della ragazza. Nota anche il suo sguardo perplesso e quasi infastidito, ma prova a far finta di niente.
«Penso di si...» borbotta Akemi, passandosi una mano sul braccio, incapace di riuscire ad elaborare una risposta migliore «Dov'è mia madre?» domanda subito dopo, cercando di usare il tono più cortese che riesce a trovare. In realtà la sua voce è mezza strozzata dalla paura che le incute quel bestione, ma cerca comunque di nasconderlo dietro ad un falso sorriso.
«Starà ancora dormendo. Lei non si alza mai prima delle undici.» risponde atono, strappando una margherita e osservandola attentamente nei suoi più piccoli dettagli, trovandola semplicemente orrenda.
«Ma... aveva detto di trovarci qui per le otto-» prova a controbattere Akemi, adesso più confusa che mai.
«E invece ci sono solo io.» Freki si volta e le sorride arrogantemente, stringendo evidentemente la mascella spessa per non snudare le zanne «Che delusione, vero? È très deludente.» la canzona sogghignando, piegando un poco la testa di lato e guardandola con gli occhi verdi pieni di ilarità.
«La delusione nel tuo sguardo mi fa un po' incazzare...» riflette ad alta voce, grattandosi distrattamente la nuca. Il breve interludio che all'inizio era stato bizzarro in un modo simpatico, è improvvisamente diventato bizzarro in un modo molto poco simpatico... come quando una nuvola copre il sole e la giornata prima piacevole si rabbuia, diventa sinistra.
«Anzi, mi manda proprio in bestia!» rettifica, impugnando di scatto un'enorme doppietta a due grilletti che fino ad una frazione di secondo prima teneva appoggiata dietro ad un vaso di ortensia.
«Se guardassi ancora per un secondo i tuoi occhi auto-compiacenti, mi scapperebbe d'ammazzarti subito. Non riuscirei a trattenermi.»
Akemi ringrazia ogni divinità esistente e ne inventa pure di nuove nel momento esatto in cui lo vede voltarsi e sedersi sul muretto di pietra. Vorrebbe urlare, ma non ci riesce. Ancor di più vorrebbe correre, ma sa fin troppo bene che lo psicopatico che ha di fronte è assai più veloce di lei. Se provasse a fuggire, l'azzannerebbe alla gola in un secondo.
Lo farei anche io con una preda.” pensa, terrorizzata “E ora la preda sono io.
La sua iperesercitata fantasia le presenta un'immagine molto sgradevole: il grosso licantropo che scava una fossa nel punto più fitto della boscaglia mentre dietro di lui giace il cadavere di una ragazza ritenuta da tutti preziosa come lo straordinario One Piece. Respinge però velocemente quell'orrenda immagine quand'è ancora solo poco più di un barlume, non tanto per la paura che le incute ma in virtù di una particolare presunzione protettiva. Quelle come lei al massimo si tolgono la vita, ma non vengono assassinate così. Quelle sono solo stronzate da letteratura di bassa lega. Anche se...
Prova ad aprire la bocca per dire qualcosa, anche la più stupida delle scuse, ma il panico la blocca completamente. E c'è qualcosa nell'atteggiamento di Freki, come se si fosse rifugiato in un luogo profondo della mente a decidere qualcosa di importante, che la manda ancora più nel panico.
Mi vuole uccidere!
Il suo cuore batte lentamente ma forte.
«Tu non riesci davvero a capire un cazzo.» l'accusa l'uomo. Parla adagio, pronunciando con precisione parola dopo parola «È il tuo maggior difetto, da tutti trascurato, ed è il fulcro del tuo comportamento presuntuoso e vanesio. Ti fai beffe di tutti quelli che ti circondano e vogliono aiutarti, quasi disprezzando coloro che ti hanno creata e tutto ciò che comportano.»
Akemi apre la bocca e la richiude. Parlare o non parlare, è questo il dilemma.
Dilemma che il mannaro le risolve velocemente. Senza alzare lo sguardo dalle mattonelle, si posa le canne della doppietta sulla spalla destra, puntandogliela addosso. Akemi si muove d'istinto, spostandosi a sinistra per sottrarsi a quegli enormi fori neri.
Sempre senza muovere la testa, Freki ruota le canne tenendola sotto mira con la precisione di un servomotore controllato da un radar.
«Ma non devi preoccuparti.» la sua voce è cupa, tenebrosa, ma allo stesso tempo arrogante e strafottente «Ci penserò io a toglierti questo brutto difetto.»
Si sposta di nuovo a destra. Le canne della doppietta seguono i suoi movimenti, come se fossero manovrate da un autogiro.
«Non ti capisco...» mormora con angoscia sincera Akemi, pensando e ripensando a quale sia stato l'errore commesso che l'ha offeso così tanto.
'Ci penserò io a toglierti questi brutti difetti.' Ci pensa e ci ripensa. Qualcosa in quelle parole la lascia perplessa, e presto la sua paura di trasforma come in un senso di presagio così intenso e tuttavia così diffuso da procurarle un malessere generale, come per un avvelenamento da cibo guasto.
Freki si alza e finalmente la guarda. E ghigna mentre lo fa, di fronte alla sua paura così palese. Le sue candide zanne sono così grandi che sembrano più arnesi che escrescenze ossee, e ciò non sfugge alla giovane ed impaurita immortale.
Potrebbe staccarmi un braccio con un morso anche senza trasformarsi.
Le si avvicina piano, da vero predatore, e il suo sorriso si allarga ulteriormente quando si accorge che la paura che riesce ad incuterle la sta immobilizzando completamente. Le arriva a pochi centimetri dal viso e le afferra il mento delicato tra le dita, in modo da poterle sussurrare a pochi centimetri dalle labbra «Sono il tuo tutore, principessa



Angolo dell'autrice:
Buongiorno a tutti! :D Ebbene, non sono ancora guarita (sono da rottamare, ad essere oneste) e per questo sono riuscita ad aggiornare prima del tempo :D Ma a voi che vi frega? Niente, giustamente! >w<
Questa volta non ho molto da dire, se non che mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo. In realtà ho già pronta anche una piccola parte del prossimo, e per quello si che mi sono divertita! Cioè, sadismo ai massimi livelli! Suppongo anche che andrò peggiorando con l'evolversi di questa lunghissima storia, ma questo è un altro problema.
Poi, tanto per mettere i puntini sulle 'i', Silly di professione fa la “para-culi”. Spero che questo lato di lei non ti dispiaccia, Yellow Canadair... mi è venuta sorprendentemente naturale descriverla così! Pazza, si, ma anche furba e attenta a ciò che la circonda, fattore che la rende forse più pericolosa di quelle più forti, dal momento che con quelle caratteristiche un avversario tende a sottovalutarti.
Bah, dopo questo sproloqui direi anche di chiuderla qui. Ho un mal di testa che prenderei a testate uno spigolo pur di perdere i sensi, quindi è bene darci un taglio :P

Ringrazio di cuore Keyra Hanako D Hono, Lucyvanplet93, ankoku, Law_Death, Chie_Haruka, Yellow Canadair, Aliaaara, Monkey_D_Alyce, Okami D Anima, KuRaMa faN e Portgas D SaRa per aver recensieto lo scorso capitolo!♥
 
A presto, un bacione
Kiki♥
 

PS: SaRa, ti ringrazio di cuore per la magnifica illustrazione che hai fatto di Satch e Mimì :3 Troppo gentile! ♥
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