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Autore: ketyblack    13/08/2014    2 recensioni
La periferia di Tokyo non era mai stata un quartiere allegro, anzi, il più delle volte diventava un covo di barboni e di mafiosi che abitavano però nei quartieri alti e che facevano ronde per controllare il lavoro delle proprie ragazze, il centro del traffico della prostituzione, talvolta anche minorile. C’erano poche giapponesi che battevano, la maggior parte erano russe, polacche, tutte alte flessuose e bionde, un genere non molto frequente nella popolazione del Sol Levante…
In questo ambiente, non molto favorevole all’allevamento di figli, erano cresciuti, insieme, sempre, essendo uno la famiglia degli altri un gruppo di ragazzi, un po’ strani per certi versi, ma sicuramente amici fraterni.
Il sole stava facendo capolino tra le colline in campagna, le sveglie suonavano, spaccavano i timpani e rompevano decisamente le scatole alle anime assopite, soprattutto all’unica donna del gruppo, Konan, peccato che a lei il campanello che spaccava i timpani…
Rieccomi dopo quasi un anno di assenza, è la prima ff che scrivo sull'Akatsuki e l'ho voluta rendere a modo mio, spero vi piaccia e che recensirete in molti! Un bacione!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Six guys and their band: Akatsuki

 

Hola a todos!! Allora, la volta scorsa avevo aggiornato prima, quindi stavolta il karma ha deciso di punirmi! Sono un pochino in ritardo, ma spero interessi ancora, mi dispiace tantissimissimo!! Finalmente potremo scoprire l'idea geniale di Itachi. Buona lettura!!

 

Capitolo 6: Under my skin

 

Nella ricreazione si ritrovarono in cortile, a debita distanza da Kiba Inuzuka, e parlarono della “misteriosa” proposta di Itachi, ovviamente finanziato da egli stesso. Era l’aggancio giusto, era il loro fondo cassa.

  • Io ho un po’ paura, dicono che si possano prendere malattie…- commentò Konan vedendo il fogliettino.

  • Ma smettila, Konnie, ti terremo noi la mano…- disse Deidara eccitato da quella proposta alquanto bizzarra.

  • Alle ragazze piacerà, fa molto macho.- commentò Sasori gonfiando un bicipite e ammiccando a delle studentesse del primo anno che per poco non collassarono per terra.

  • Il dolore fortifica.- fu l’unico commento di Hidan, troppo impegnato a palpare il fondoschiena della bionda Ino che non aveva capito nulla del loro supersegreto discorso.

  • Allora siamo tutti d’accordo, oggi pomeriggio, ho già preso l’appuntamento…- disse Itachi avviandosi nuovamente verso la classe per la fine dell’intervallo.

 

Nel pomeriggio Konan divenne sempre più agitata e quando furono proprio lì, davanti a quel negozio, credette di morire. Era uno studio di tatuaggi e piercing, Itachi aveva avuto l’idea di tatuarsi tutti una nuvoletta rossa con contorni bianchi, il simbolo degli Akatsuki, come buon auspicio per il loro esordio.

Quando la blu si risvegliò era seduta su un divanetto di pelle rossa, i suoi amici erano radunati attorno a lei, mancava Sasori all’appello, temerario, aveva voluto andare per primo, da solo, da vero uomo.

  • Konnie, non sei obbligata a farlo se non vuoi…- cominciò Hidan accarezzandole una guancia in un momento di inaspettata dolcezza. Proprio in quel momento cigolò la porta del piccolo studio in cui si tatuava, il rosso Sasori sembrava avesse perso la sua spavalderia, si reggeva con un sorriso poco convinto il deltoide.

  • Ragazzi, tutto bene, non vi consiglio di farlo sulla spalla, è stato orribile…- commentò il rosso sedendosi accanto a Konan facendo finta che andasse tutto bene. Fece vedere il capolavoro agli altri, rimasero basiti, era davvero bello e poi sulla carnagione lattea del rosso spiccava subito.

Deidara, Hidan e Itachi entrarono insieme, visibilmente intimoriti dal racconto di Sasori. Un’ora e mezza dopo erano tutti e tre tatuati, ognuno in un posto diverso, raccontarono che non era poi così orribile come l’aveva descritto il rosso, era solo un fifone.

Itachi appoggiò una mano sulla spalla della blu, toccava a lei, mancava solo Pain, che si era appena assentato per un bisogno impellente, era la resa dei conti, ormai non poteva tirarsi indietro, doveva farlo, altrimenti sarebbe stata nella band solo per metà, voleva quel simbolo di unione. Entrò nella piccola saletta non appena l’arancione fu pronto, gli strinse la mano quando si sdraiò supina sul lettino per farsi tatuare vicino al fianco. Durò poco ma fu intenso, sentire quel piccolo ago che si infilava nella sua pelle era una sensazione spaventosa, decise che non avrebbe mai più fatto tatuaggi. Pain, invece, non fece una piega, porse al tatuatore il costato e non fece alcuna smorfia di dolore.

 

Il sestetto uscì vittorioso dal piccolo negozio, ma anche dolorante, però la loro amicizia sembrava più salda che mai. Quel simbolo avrebbe fatto ricordare a tutti loro che erano stati una parte importante nelle loro vite, anche a distanza di anni, quando le separazioni sarebbero state inevitabili.

Tornati da Deidara ognuno non poteva smettere di guardare il proprio tatuaggio, fresco, ancora con l’alone rosso tutto intorno.

  • Itachi, è stata una bella idea!- esclamò Konan ancora visibilmente scossa dalla forte esperienza che aveva appena provato.

  • È vero, quando non sei sbronzo dici anche cosa sensate, bravo, Ita!- esclamò Sasori passandogli un braccio attorno al collo facendo finta di strozzarlo col gomito.

Itachi li mandò a quel paese e si sedette sul divano accendendosi una sigaretta, la troppa attenzione lo metteva in imbarazzo, era una persona riservata.

A cena dovettero arrangiarsi in qualche modo, Deidara aveva esaurito l’assegno mensile che gli veniva recapitato da una zia lontana per mantenersi in un modo quasi decoroso, gli altri, al solito, non avevano il becco di un quattrino, nemmeno Itachi.

  • Che cazzo, ho fame! Non abbiamo già pranzato per fare i tatuaggi!- si lamentò Pain buttandosi sulla poltrona con espressione lamentosa.

Alla notizia Hidan e Sasori corsero spintonandosi fino al frigo, lo aprirono speranzosi, ma non c’era che mezza lattina di birra, anche sgasata. Di cibo non c’era nessuna traccia, e non erano neanche arrivati a metà del mese, come avrebbero fatto per altre due settimane? Sicuramente la penuria di liquidi era anche dovuta al fatto che ultimamente erano sempre tutti da Deidara, tutti i giorni. Si decise che avrebbero dovuto contribuire, ognuno con quello che poteva. Itachi avrebbe salvato sicuramente la situazione, era lui quello ricco!

In cinque minuti ognuno andò in spedizione a casa propria, alla ricerca di qualche risparmio sepolto nel salvadanaio o nelle tasche di vecchi jeans, a prendere qualsiasi genere alimentare dalla dispensa.

 

Anche Konan tornò a casa, era da parecchio che non vedeva sua madre, era quasi una settimana intera che non la incrociava durante i suoi continui via vai per prendere vestiti e biancheria per passare la notte da Deidara. Quando infilò le chiavi nella toppa la trovò, visibilmente sciupata, più del solito, gli occhi pesti e lo sguardo vuoto, proprio come quando suo padre aveva avuto l’incidente, non riusciva più ad andare avanti, non parlava quasi mai con Konan e a stento di era accorta che la figlia da cinque anni a quella parte si tingeva i capelli di un blu elettrico che dava quasi fastidio alla vista, nel vano tentativo di farsi notare.

  • Mamma, sono a casa. Abbiamo bisogno di cibo, Deidara ha esaurito l’assegno mensile della zia, posso prendere qualcosa dalla dispensa?- domanda retorica, la donna piegò a malapena il capo in sua direzione e la blu si avviò nella piccola cucina, con ancora le tazze della varie colazioni della madre. Preferiva non vederla affatto che vederla in quello stato ameboide.

  • Ciao, mamma, ci vediamo, presto…- sussurrò lei chiudendo dietro di sé l’uscio. Aveva il cuore invaso da una profonda tristezza, le mancava sua mamma, il suo sorriso e le chiacchierate in veranda, proprio come quando abitavano ancora in campagna con il padre.

 

Circa un’ora dopo fecero tutti ritorno al quartier generale, carichi di provviste e qualche spicciolo per poter sbarcare il lunario tutti insieme. Hidan era riuscito a trafugare tre pacchi di merendine e cinque di biscotti da colazione. Sasori si era occupato delle bevande, latte, caffè, acqua e birra. Pain aveva fatto scorta di schifezze di ogni tipo, cioccolate varie, salatini, pane e crackers. Itachi, neanche a dirlo, fu quello che salvò la situazione, era andato a fare la spesa e ne fece ritorno con sei borse colme di cibo e prodotti per la pulizia della casa e con in mano, in bilico, sei pizze fumanti appena sfornate. Tutti si misero di impegno per mettere a posto i viveri e Deidara non era mai stato così felice, finalmente non avrebbero più dovuto soffrire la fame.

Cenarono in un clima di allegria, loro erano forse gli unici adolescenti che non guardavano mai la televisione, per prima cosa perché in casa di Deidara non ce n’era una e poi preferivano viverla la vita piuttosto che guardarne il terribile surrogato che propinavano in tv. Erano dei ragazzi decisamente anomali.

  • E adesso facciamo un brindisi… a Itachi, colui che salva sempre la situazione, non so proprio come faremmo senza di te! Ti vogliamo bene!- esclamò Konan levando in alto una lattina di birra, gli altri la seguirono e brindarono con entusiasmo.

  • Mi fate sempre fare figure di merda ma anche io vi voglio bene, ragazzi…- disse lui arrossendo fino alle punte dei capelli scuri.

Forse il momento più bello, quando si viveva praticamente in simbiosi con i propri amici era quello di andare a letto, lì si scatenava il putiferio. Per colpa di Konan che lamentava qualcosa riguardo alla sua privacy di donna, quindi, tutte le sere, i cinque ragazzi dovevano aspettare più o meno un’oretta prima di poter entrare in camera da letto, si chiedevano che cosa diavolo facesse quella donna prima di mettersi la camicia da notte e slegarsi i capelli…

  • Una sera proveremo a scoprire questo arcano, già va bene che non occupa il bagno!- osservò Hidan guardando la porta della camera ancora chiusa. I ragazzi non avevano tutti quei problemi a farsi vedere in mutande, neanche con Konan di fronte, non erano per niente in imbarazzo.

  • Come se ci formalizzassimo di fronte a quelle due punture di zanzara che si ostina a chiamare tette…- rise Pain, proprio quando la blu stava aprendo la porta. Lo guardò negli occhi grigi con astio e uscì sul piccolo balcone, come sempre. Allora che cosa volevano dire quei due baci che si erano dati? Lui la considerava ripugnante, il suo corpo era orrendo, ecco che cosa pensava di lei Pain.

  • Konnie…scusa, non credevo che…- cominciò l’arancione cercando di giustificarsi in qualche modo, si stava arrampicando sugli specchi, aveva torto marcio e lo sapeva.

  • Pain, sparisci, sei l’ultima persona che vorrei vedere in questo momento.- fece lei, secca, arrabbiata, stava per piangere, i suoi occhi scuri erano pieni di lacrime, per colpa sua. Pain si sentì un verme, non credeva che una stupida battuta potesse farla soffrire così tanto, si prendevano sempre in giro, tra amici.

  • Sono un coglione, lo so. Ti chiedo scusa, stavo solo scherzando con gli altri…- cercò di spiegare il ragazzo prendendole le mani tra le sue, lei si morse il labbro inferiore, il suo piercing argentato brillò nella notte.

  • Io non capisco a che gioco stai giocando, Pain. Sono stanca di queste moine quando siamo da soli e poi mi tratti di merda davanti agli altri. Che cosa cazzo vuoi da me?- chiese lei in tono disperato e sperando di cuore che gli altri fossero dall’altra parte della casa in modo che non potessero sentire le sue parole.

  • Non lo so neanche io… forse il nostro rapporto è cambiato…- provò a dire lui avvicinandosi piano al volto triste di lei. Konan istintivamente chiuse gli occhi e sognò di essere da qualche altra parte, che quel ragazzo non fosse Pain. Si baciarono, con urgenza, lui la spinse contro la ringhiera del balcone con un bacio vorace, nuovo per la blu, sentì distintamente una mano del ragazzo infilarsi impertinente sotto la leggera stoffa della camicia da notte, ripercorrere lentamente il fianco liscio fino ad arrivare a un punto che nessuno aveva mai osato toccare, proprio quello che lui pochi minuti prima aveva definito “punture di zanzara”. Schiuse le labbra quando sentì le dita ruvide, da bassista, percorrere quei profili così delicati e credette di morire quando si avventurò al loro centro, sfiorandoli come fossero petali di un fiore. Gemette contro le sue labbra e lui sorrise, compiaciuto, aveva vinto.

  • Devo ricredermi, mi piacciono, sono belle, Konnie…- le sussurrò all’orecchio staccandosi lentamente da lei e lasciandola con ancora quei gemiti in gola.

Proprio come era arrivato se ne tornò in camera, lasciandola ancora con il fiato in gola, continuava a sorprenderla, quelle mosse da parte dell’arancione erano sempre così inaspettate, lei non riusciva mai a chiarire che cosa stava diventando quello strano rapporto, cominciava a pensare che, forse, le poteva piacere Pain non solo come amico.

 

La blu si addormentò sul divano, durante la notte sentì una coltre di calore invaderle il corpo infreddolito, aprì un occhio e vide il sorriso di Deidara nel buio.

  • Dormi, Konnie. Non preoccuparti…- le accarezzò i capelli e le rimboccò le coperte, proprio come faceva sua madre quando era piccola. Ma il biondo non se ne andò,m rimase a dormire sul divano insieme a lei, per farle compagnia. Il potere di Deidara era proprio quello di comprendere quando lei aveva bisogno di qualcosa o di confidarsi con qualcuno.

  • Grazie, Dedi…- sussurrò lei girandosi su un fianco. Il biondo sorrise a quel “Dedi” non lo chiamava così dall’asilo, quando si facevano i dispetti e si tiravano i capelli.

  • Odio quel nome, non mi chiamare mai più così!- sbottò lui in finto tono offeso. Lei sorrise contro il cuscino.

  • Voi mi chiamate costantemente Konnie!- lo rimbeccò lei in tono lamentoso. Era vero, lei era sempre stata Konnie fin dall’asilo quando gli altri non riuscivano a pronunciare ancora correttamente il suo nome.

  • Tu sarai sempre la nostra Konnie…- rispose lui passandole un braccio attorno alle spalle e stringendola a sé, lei si rilassò immediatamente e si addormentò poco dopo.

 

La mattina dopo in camera da letto si stava stranamente comodi, nessuno aveva addosso qualcun altro. Itachi fu il primo ad alzarsi, stiracchiandosi, occupando, come di consueto il bagno. Poco dopo Pain aprì gli occhi e cercò con lo sguardo la piccola figura di Konan sdraiata accanto a sé, ma non la trovò, era convinto che la sera prima fosse tornata in camera. Alquanto sorpreso andò in salotto e vide nuovamente una scena che gli fece ribollire il sangue nelle vene, forse era quella tanto decantata gelosia?

Deidara e Konan dormivano abbracciati, di nuovo, con quelle espressioni serene che urtarono in profondità Pain, ma a che gioco stava giocando la blu, con lui?

  • Forza, belli addormentati, la sveglia è suonata!- sbottò lui battendo le mani energicamente. I due si spaventarono e si alzarono immediatamente a sedere.

  • Cazzo, Pain! Che urli di prima mattina!- sussurrò Deidara mettendosi in piedi e dirigendosi in cucina per mettere qualcosa sotto i denti, finalmente si poteva mangiare, la dispensa era colma di viveri.

Intanto in salotto l’atmosfera era decisamente tesa, Konan non si sentiva affatto in colpa ma non poteva affermare che quella posizione non fosse equivoca. E che cos’era quell’espressione che leggeva sul viso di Pain? Delusione?

  • Beh, vedo che tra te e Deidara va tutto a gonfie vele…- commentò lui guardandola con disgusto, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato.

  • Non capisco che cosa tu stia insinuando…- rispose lei piuttosto irritata facendo per andare in cucina insieme agli altri che gradualmente si stavano sedendo tutti a tavola.

  • Lo sai benissimo, vi vedo, come vi guardate, come scherzate, dormite sempre vicini!- stava cominciando ad alzare la voce, strinse i pugni.

  • Non hai capito un cazzo.- commentò lei avvicinandosi pericolosamente al suo viso. Lo baciò piano sulle labbra, accarezzandogli i capelli arancioni. Lui rimase basito da quel gesto e non poté continuare ad essere arrabbiato con lei, maledetta.

A colazione regnava il silenzio assoluto, ognuno di loro era ancora troppo assonnato per poter proferire qualsiasi frase di senso compiuto. Per il resto sembravano lo stesso una mandria di maiali attorno ad una mangiatoia piena di cibo. L’unica che guardava da lontano quella scena era Konan, che reggeva con un sorriso una tazza di caffélatte e un biscotto ai cereali nell’altra mano.

 

Yatta! Ce l'ho fatta, sono fiera di me, ci terrei proprio mi disceste che cosa ne pensate della mia storiella. La continuerò comunque, credo. Salvo i miei soliti imprevisti! Ma adesso passo a ringraziare i miei fedelissimi recensori!

 

KuRaMa faN: ehilà! Sì, l'eremita ti ha ascoltato almeno parzialmente, con questo capitolo sono in ritardo mostruoso, proprio nel mio stile ehehe! Beh finalmente hai scoperto cosa aveva in mente Itachi, ora i nostri Akatsuki sono più uniti che mai! Adoro i tatuaggi e quindi ho pensato perché non far tatuare anche loro? Per le fine della storia non posso anticipare nulla (non lo so nemmeno io ancora ahahah). Grazie della recensione e ti mando un bacione grosso grosso <3

 

Malv 16: ma ciao!! grazie per tutti i complimenti che mi fai sempre, ma stavolta non li merito proprio! Sono una ritardataria cronica purtroppo! Spero ti interessi ancora leggere dell'ideona di Itachi! Io l'ho adorata!! beh si si sono baciati, finalmente, davanti a tutti, ma non penso saranno tutte rose e fiori, non è nel loro stile! Grazie della recensione, spero che il nuovo capitolo ti piaccia! Un bacione grandissimo <3

 

ed anche questa è fatta :) spero di poter aggiornare presto! Un bacio a tutti e alla prossima!

 

ketyblack

  
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