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Autore: TrixieBlack    13/08/2014    9 recensioni
Alto e slanciato, lineamenti duri e taglienti, capelli scuri, occhi fieri di un grigio indefinito, mi sorrise mettendo in mostra i suoi denti perfetti, con un’espressione gentile e malandrina allo stesso tempo. Alzando il mento, mi tese la mano. “Piacere, Sirius Black.” Timida, restituii il sorriso, dimenticandomi di presentarmi. “Sirius”, pensai solo, “come la costellazione”.
Ed era proprio Sirius la stella che avrebbe illuminato la mia vita.
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Quarantaduesimo capitolo: LA SEPTIMANA HORRIBILIS
 

Peter si sbattè la porta alle spalle, guardandosi furtivamente attorno i suoi occhietti da topo.  Si lasciò scappare un sospiro di sollievo, poi sorrise trionfalmente e si diresse verso il suo letto, sedendocisi sopra con aria di estremo compiacimento.
“E allora?”, esclamammo in coro io e Remus, a nostra volta seduti su due dei quattro letti della camera. Ma prima che l’interpellato facesse in tempo a proferir parola, la porta si aprì di nuovo e un’altra figura entrò, ripetendo l’esatta sequenza di gesti di Peter.
“E allora?”, replicammo di nuovo io e Remus, ancora più curiosi.
Sirius scambiò uno sguardo d’intesa con il compare, poi aspettò qualche secondo in silenzio. “E allora, è fatta, amici.”
“James dov’è?”, domandò Remus, alquanto scettico.
Sprangato nel bagno di Mirtilla Malcontenta.”, rispose quest’ultimo con prontezza. “Senza bacchetta e senza alcuna via di uscita per le prossime tre ore. Io e Pet siamo stati magnifici, vero amico?”
“Questo lo vedremo.”, commentò Remus, alzando gli occhi al cielo. “E allora”, aggiunse, lanciando un’altra occhiata alla porta, e poi guardandoci uno a uno, “direi che è ora di cominciare.”
 
Quel giorno i Malandrini (meno uno) si riunivano per trattare una questione di fondamentale importanza, che andava affrontata senza ulteriori indugi.
Da un po’ di tempo a quella parte, infatti, io, Remus e Sirius, insieme al meno perspicace Peter, avevamo cominciato a renderci conto che la situazione di James e la sua ossessione per Lily stavano diventando qualcosa di veramente ingestibile. Non che non fosse sempre stato così, certo, ma se fino ad allora il continuo tira e molla di battibecchi e avances aveva esasperato soltanto noi (e la povera Lily, ovviamente), adesso anche James sembrava cominciare a stancarsene, e capitava sempre più spesso di vederlo di malumore, cosa assolutamente non da lui. Sirius e Remus per un po’ di tempo avevano fatto finta di non accorgersi di niente, erano in grado di sopportare i suoi sbalzi di umore e i suoi capricci da bambino di tre anni con estrema serenità, semplicemente ignorandolo per ore intere. Poi, il giorno prima, quando un litigio tra i due aveva rischiato di concludersi in un cruento e babbanissimo bagno di sangue, avevano capito che non potevano aspettare oltre, ed erano venuti a cercarmi, terrorizzati, per chiedermi di condividere con loro un po’ del mio buonsenso femminile e aiutarli a salvare il loro amico, prima che fosse davvero troppo tardi.
C’era bisogno di un intervento alla malandrina, e subito.
 
“Bene, tutti sappiamo perché ci troviamo qui.”, esordì Remus, gravemente. Annuimmo, scrutandoci a vicenda con aria estremamente seria. “Direi che la situazione di James, al momento, è piuttosto critica. Addirittura più del solito. Avete visto anche voi…”
“Lupin, stringi.”, lo interruppe Sirius, laconico, lasciandosi cadere all’indietro sul suo letto.
Remus lo guardò in cagnesco ma non commentò, e proseguì.
“Il punto è che Lily lo odia ogni giorno di più, e non sto scherzando. Dubito che James, con il quoziente intellettivo di cui è dotato, riesca a uscire da questo disastro da solo, quindi penso che sia ora di agire e…” Ma prima che potesse finire, Sirius lo interruppe nuovamente.
“Questo lo sappiamo già, Remus.”
“MI LASCI PARLARE?!”
“Certo”, bofonchiò Sirius, facendo spallucce. “Parla pure, capo.”
“Mi hai fatto perdere il filo, idiota.”, sbuffò Remus, infastidito. “Avevo preparato questo discorso dividendolo in punti…”
“Va bene, non importa, ragazzi.”, mi inserii io, in tono pratico. “Sappiamo tutti quanto sia messo male James e sappiamo ancora meglio come andrà a finire se non ci sbrighiamo, non è vero?”
Peter annuì gravemente. “Lo ucciderà.”
“Esatto, Peter. Esatto.”
“Quindi, che si fa?”, esclamò Sirius, impaziente. “Perché io avrei un paio di idee, sapete? Del tipo, se stordiamo di Amortentia la Evans, il problema non si pone più…”
Sirius!”, esclamammo in coro io e Remus, scandalizzati. “Ma che coraggio hai?!”
“Andiamo, dai, la Evans è una stronza, se lo meriterebbe proprio…”
“Sei veramente spregevole”, sbottai alzandomi in piedi.
Sirius mi sorrise, sardonico. “Allora sentiamo qual è la tua brillante idea, genietto.”
“Mi sembra ovvio che James si sia innamorato di lei.”, replicai, piuttosto seccata. “E fin qui siete tutti d’accordo, no?” Remus assentì, lanciandomi un’occhiata come a dire “meno male che ci sei tu”, Peter si affrettò ad annuire freneticamente e Sirius si limitò a un grugnito poco entusiasta.
“Ma perché, poi?”, gemette Peter. “Ce ne sono così tante di ragazze dolci e carine, a Hogwarts…”
Sirius scoppiò a ridere fragorosamente. “E tu cosa ne sai, Pet?”
“Questo non ci importa, okay?”, ribattei pazientemente. “James si è innamorato di lei e l’unica soluzione è che lei si innamori di lui…”
Che cosa?!”, gridò Sirius, stupefatto. “Summerland, ma ti sei completamente bevuta il cervello o… come diamine puoi anche solo pensare che la Evans…”
“Lo credi davvero così improbabile, Sirius?”, domandò Remus in tono pacato.
“A meno che la Evans non cambi, certo che lo credo così improbabile…”
Seguì un attimo di pensieroso silenzio. “A meno che la Evans non cambi.”, ripetè Remus, lentamente. “Sai, Sirius, penso che tu abbia proprio ragione.”
“James sta già cambiando.”, continuò, sempre più convinto. “Un pochino.”, si corresse subito, con aria ragionevole. “Dobbiamo fare in modo che lei se ne accorga…”
“Non se ne accorgerà.”, lo interruppe per l’ennesima volta Sirius, contrariato.
“Se ne accorgerà, invece, se facciamo qualcosa di… diverso.”
“Lo farai tu, vero Remus?”, mormorò Peter, scettico.
Mi alzai in piedi e presi a camminare per la stanza riflettendo sulle parole di Remus. Mi fermai davanti alla finestra. Il cielo di dicembre era sgombro e incolore, il parco immobile.
“Qual è l’ultima cosa che Lily si aspetterebbe da James?”
Sirius mi rivolse un’occhiata penetrante, come se stesse cercando di capire dove volessi arrivare. “Che James semplicemente la smettesse? Beh, certo, è assurdo.”
Gli rivolsi un ampio sorriso. “Ma funzionerebbe, no?”
“Tu credi?”, ribattè Sirius, poco entusiasta.
Remus, al contrario, sembrava colpito. “E perché no?”, esclamò.
“Se soltanto non fosse una cosa impossibile…”
“Io penso”, esordii, tentando di ragionare alla maniera di Georgia ed Heloïse, “che James sarebbe disposto a fare qualsiasi cosa per piacere a Lily. Anche… anche smettere di considerarla, forse.”
“È contorto, ma potrebbe andare.”, commentò Remus, pensieroso.
Come idea era azzardata, ma ero più che sicura che come ragionamento potesse avere un certo senso. Che poi fosse anche realizzabile, questo era un altro discorso, ma non vedendo alternative migliori, valeva senza dubbio la pena di provare. Conoscevo la psicologia femminile, anche se forse non bene come Georgia, ed ero sicura che se James si fosse lasciato convincere, Lily non avrebbe potuto rimanere indifferente di fronte al cambiamento, e qualcosa si sarebbe smosso. Ne avrei parlato con le mie amiche al più presto, decisi in quel momento con un certo compiacimento.
“Allora, siamo tutti d’accordo?”, domandai incrociando le braccia e spostandomi al centro della stanza. Remus annuì con un gran sorriso, Peter lo imitò quasi immediatamente. “Basta che mi teniate fuori, vi prego.”
Sirius mi scrutò ancora per qualche secondo,  intensamente, e compresi che il filo dei suoi pensieri era identico al mio, aveva capito il ragionamento. Alla fine annuì e si lasciò scappare un sorrisetto divertito. “Sei furba, Summerland, sai?”
 
***
 
 “Proprio così, Evans, non ti sembra meraviglioso? Migliaia di colibrì che volavano dappertutto, la tua coroncina di fiori tra i capelli, e poi io, naturalmente, con il mio elegantissimo smoking…”
“Aggiungi un’altra parola, Potter, e giuro che non arriverai in fondo a questo corridoio.”
“Andiamo, Evans, lascia che ti racconti. Non puoi neanche lontanamente immaginare che cosa fosse la nostra torta nuziale …”
“Già, è un vero peccato, mi toccherà aspettare fino al nostro matrimonio, non è vero?”
“Fai pure la sarcastica, Evans, staremo a vedere. Non ti ricordi cosa ha detto la professoressa Boxway nell’ultima lezione? A proposito dell’interpretazione dei sogni?”
“Sei assolutamente ridicolo, Potter. Ridicolo.
“Era un sogno premonitore, te lo dico io, Evans...”
“Ma che imbecille, faresti meglio a tapparti la bocca, prima che mi arrabbi seriamente e…”
 
Sirius mi prese per un braccio e mi bloccò all’angolo del corridoio. Era circa mezz’ora che io, lui e Remus pedinavamo segretamente James per fare bene il punto della situazione e poter iniziare con la nostra missione, e le informazioni che ne avevamo ricavato erano piuttosto allarmanti. A quanto pareva James durante il week-end aveva fatto in tempo a riprendersi dallo shock del tentato omicidio di Lily, e ora era tornato agguerrito e di buonumore come sempre, come se nulla fosse, a scodinzolarle dietro tra una proposta di matrimonio e l’altra.
“Ma lo sentite? Lo sentite?”, sibilò Sirius, tirandosi uno schiaffo sopra la fronte. “E voi due pensate davvero di poterlo convincere a… a fare che cosa? A lasciarla stare?!
“Andiamo, Sirius, calmati, è solo l’inizio…”, borbottò Remus, piuttosto imbarazzato.
Perché James era imbarazzante, ecco la verità, e nonostante stessimo  aspettando da ormai sei anni un qualche segno di crescita nella sua maturità, era chiaro che eravamo lontani anni luce dall’ottenere il benchè minimo risultato.
“Black ha ragione”, borbottai, rassegnata. “Per quanto mi riguarda, possiamo anche lasciar perdere. James si arrangia.”
“Ma dai, Beatrice, l’idea è tua!”, protestò Remus, indignato. “Che razza di Tassorosso siete, a mollare così…”
Ehi!”, esclamammo io e Sirius, colpiti nell’orgoglio. “Questo non è vero, dicevo soltanto che James… beh, potrebbe… oh, andiamo.” Sbuffando afferrai Remus da una parte, Sirius dall’altra e ripresi a camminare con decisione nella direzione di James e Lily, accelerando il passo per raggiungerli.
A quanto pareva, però, James nel frattempo era riuscito a peggiorare ulteriormente la situazione, e nonostante la distanza la voce di Lily, sempre più irritata, ci raggiungeva rimbombando con forza contro le pareti.
“E io avevo detto che James stava maturando, vero?”, sbuffai, parecchio depressa. “Credo di essermi sbagliata.”
“Mi fa molto piacere che almeno tu te ne renda conto, Summerland”, commentò Sirius, altrettanto infastidito. “È necessario rincorrerli ancora per molto?”
Al risuonare di un definitivo “L’hai voluto tu, Potter. Stupeficium!”, anche Remus sembrò perdere ogni speranza, per poi rallentare il passo fino a fermarsi del tutto. “Beh, è stato… utile?”
Sirius sbuffò, lanciando al corpo inerme del migliore amico un’ultima occhiata di compatimento misto a disgusto. “Lo lasciamo qui, vero?”
Remus sembrò pensarci un attimo, poi annuì. “Gli farà bene. Se domani sarà ancora vivo, magari…”
“Magari lo uccidiamo noi per essere andato a innamorarsi di una strega come la Evans. Idea strepitosa, Lunastorta.”
Mentre Sirius continuava a borbottare tra i denti insulti più o meno pacati nei confronti del migliore amico, della mia persona, della Evans, della solita Collins che a quanto pareva continuava a rifiutarsi di uscire con lui, mi accorsi della presenza di Georgia dall’altro lato del corridoio. Camminava in fretta, a testa bassa, una catasta di libri tra le braccia, e la sua espressione imbronciata non lasciava presagire uno stato d’animo tanto migliore di quello di Sirius. Quando poi alzò lo sguardo e si accorse di me, dall’occhiata che mi rivolse capii che la fonte del suo malumore ero esattamente io.
“Ma dove diamine ti eri cacciata, Beatrice? Non dovevamo ripassare insieme prima della verifica?”
“Credo… credo di essermene dimenticata.”, bofonchiai, indietreggiando involontariamente di fronte al suo sguardo severo.
“Ciao Georgia.”, la salutò educatamente Sirius, con un sorrisetto sghembo. “Ora è tutta tua.”
“Era per una buona causa, Georgia, puoi fidarti…”, mi scusai, mortificata.
Il suo sguardo si posò su James, metri più in là, che stava iniziando a dare qualche lento segnale di ripresa. “Lo avete schiantato?”, ci domandò, scettica. “Oggi abbiamo allenamento, perciò non mi sembra affatto una buona causa. E ti ricordo che tra dieci minuti dovremmo essere a Cura delle Creature Magiche…”
“Ti spiego mentre andiamo, allora.”, sbuffai afferrandola per un braccio e raccogliendo la borsa. “Ci vediamo stasera.”, salutai Remus e Sirius, con un cenno allusivo del capo. “E tenetelo d’occhio, mi raccomando…”
“Tenere d’occhio chi?”, esclamò Georgia, curiosa.
Mentre ci affrettavamo verso l’uscita del castello, e poi di corsa lungo il prato ancora umido di pioggia, le raccontai brevemente del  nostro piano e dei provvedimenti che intendevamo prendere nei confronti di James.
“Per questo credo di potervi aiutare”, commentò alla fine, con un ampio sorriso. E subito dopo, tornando terribilmente seria: “Occamy, creatura bipede piumata con il corpo di serpente, lungo fino ai quattro metri e mezzo, diffusa in Estremo Oriente e in India, si nutre di…
“…topi e uccelli, ma a volte anche di scimmie. Proprio così, Hill.” Baston lanciò a ciascuna di noi un paio di spessi guanti di cuoio, che afferrammo al volo, e ci rivolse uno dei suoi enormi sorrisi strafottenti. “Georgia, hai veramente studiato? Sono commosso.”
“La cosa ti sorprende, Baston?”
“Beh, non dovrebbe?”
“Ah, per favore. Soltanto perché Cura è l’unica materia in cui hai dei voti decenti…”
“Io e Teddy siamo estremamente fieri dei nostri risultati scolastici, lo sai, Georgia?”, intervenne Kenny spuntando da dietro il recinto nel quale si svolgevano le lezioni all’aperto e sorridendo allegro. “Soprattutto per quanto riguarda Cura delle Creature Magiche…”
“Che materia meravigliosa.”, concluse Benjy, unendosi al gruppo per completare il trio, con un sorriso genuino e rilassato.
In effetti, nessuno era mai riuscito a capire che cosa di preciso quei tre scapestrati trovassero di tanto speciale in una materia che da tutti gli altri studenti veniva considerata una delle meno emozionanti. Al contrario del resto del castello, invece, Teddy, Benjy e Kenny nutrivano una passione smisurata per Cura delle Creature Magiche, e sembravano riversare tutto l’impegno che non avevano per le altre materie in quelle poche lezioni, applicandosi con una diligenza e un entusiasmo tanto appassionati da risultare assolutamente comici e assurdi. Probabilmente si trattava soltanto di una delle tante eccentricità che rendevano il trio così buffo e benvoluto a scuola, e di certo non potevamo negare come, grazie alla loro viva partecipazione durante quelle lezioni, Cura delle Creature Magiche, per quelli del nostro anno, fosse diventata la materia di gran lunga più divertente.
“Ho studiato dalle tre del pomeriggio alle tre di notte, senza un attimo di interruzione.”, ci informò Kenny, stringendosi orgogliosamente al petto Gli animali fantastici: dove trovarli. “Dall’Acromantula allo Yeti, non c’è bestia che tenga, ragazze, ve lo dico io. Nemmeno Lovegood è così ferrato sull’argomento.”
Kenny parlava seriamente, non ne avevamo dubbi, ed era veramente convinto di aver speso bene la sua notte di studio. Quando avrebbe ricevuto l’ennesimo Eccezionale nella materia sarebbe stato la persona più felice e realizzata del castello.
“Ridicoli.”, sibilò Georgia scuotendo la testa, per poi afferrarmi un braccio e tentare di allontanarsi dai tre.“Andiamocene, Bice, per favore.”
“Ehi, Hill, ma dove scappi?”, ci inseguì Baston, trotterellandoci dietro mentre ci dirigevamo verso l’altro lato del recinto, dove era riunito un gruppetto di Corvonero. “Sei pronta a venire battuta un’altra volta dal mio Eccezionale?”
“Non oggi, Baston, per favore.”
“Georgia ha studiato, non fare tanto il furbo, Teddy”, lo informai, sorridendogli divertita.
“Non lo metto in dubbio, Summerland.”, rispose lui, tornando a guardare Georgia con serietà. “Lo so che Georgia è una brava ragazza.” A quel punto però fu costretto a scoppiare in una nuova, travolgente risata, e persino Georgia si lasciò sfuggire una smorfia, divertita contro la sua stessa volontà. “Scusami, Hill, ma lo sai che non sei una brava ragazza… sei molto divertente, però.”
“Perché qui sono tutti pazzi, Beatrice?”, mi domandò lei, sconsolata, ma non feci in tempo a riconfortarla che la professoressa Cornwall, insegnante di Cura delle Creature Magiche da ormai molti anni, comparve al margine della Foresta Nera, trasportando due enormi casse che tremavano emanando un fumo poco rassicurante.
“Ah, lo sapevo che non sarebbe stata una verifica teorica! Ora voglio vedere come ve la cavate, voi tre!”, esultò Georgia non troppo a bassa voce, tirando fuori la bacchetta con aria entusiasta e lanciando un’occhiata cattiva a Kenny e Benjy, arrivati da poco alla nostra parte del recinto.
“State indietro, state indietro!”, sbraitò la professoressa, facendosi goffamente strada tra gli studenti, il viso rotondo ancora più rosso e sudato del solito. Guardammo con curiosità le casse che si muovevano, mentre Kenny sfogliava furiosamente il libro alla ricerca di qualche indizio. Prima che facesse in tempo a trovare qualcosa di utile, però, la Cornwall si chiuse nel recinto e depose le casse, appoggiandosi allo steccato con aria esausta.
“Molto bene”, ansimò, con voce rauca. “Ora, entrate.”
Non troppo convinti ci avvicinammo, cercando di frapporre un minimo di distanza tra noi e le misteriose creature contenute nelle casse. Gli unici che sembravano avere tanto coraggio quanta curiosità da protendersi con entusiasmo verso la preccupante fonte di quei ticchettii e sbuffi non molto gradevoli erano – inutile dirlo – Benjy, Kenny e Teddy.
“Ma prof, che roba è?”, urlò l’ultimo dei tre, in preda a un’eccitazione irrefrenabile. “Ci faccia vedere, la prego!”
“Calmati, Baston, per favore.”, ribattè lei, seccata. “Quello che dovrete fare, non appena avrò aperto le casse”, il mormorio entusiasta di Benjy e Kenny, che stavano gesticolando con foga, la interruppe per un secondo, “è dividervi in gruppi di tre. Purtroppo non ci sono abbastanza creature per tutti, svolgerete la verifica insieme e vi verrà assegnato un voto collettivo. Una volta che vi sarete divisi, dovrete essere in grado di riconoscere l’animale e completare una breve scheda di descrizione delle sue caratteristiche principali. Infine, individuerete in cosa consiste la sua pericolosità e cercherete di uscire da questo recinto incolumi.” Un sorrisetto divertito le arricciò le labbra. “Niente di troppo difficile, giusto? Avete domande?”
Io e Georgia ci scambiammo un’occhiata perplessa, facendo spallucce, e Benjy si staccò dai due compari per raggiungerci. “Sto con voi, va bene?” “Vi proteggerò”, aggiunse con un ghigno provocatorio, passandomi un braccio attorno alle spalle. “E così  per una volta potrete provare l’ebbrezza di un Eccezionale in Cura delle Creature Magiche.”
“Ma per favore, Fenwick”, sbottò Georgia, rimboccandosi le maniche e raccogliendosi i capelli nella stessa coda alta e stretta che usava per le partite di Quidditch. “Apriamo queste maledette casse, forza.”
Benjy si avvicinò con decisione a uno dei due contenitori e, insieme a un Corvonero dall’aria particolarmente intrepida, ne sollevò il coperchio.
“Ma che cosa…”
Un cumulo brulicante di piccole creature dal colore smorto si agitava sul fondo della cassa, facendo di tutto per arrampicarsi verso l’alto con le fragili zampette munite di minuscole chele.
“Ma povere bestie!”, esclamai sconvolta, con un moto di compassione per quegli esseri che – in quel momento non ci pensavo, certo – sicuramente avevano, come tutte le creature magiche che la professoressa Cornwall ci affidava, un qualche pungiglione nascosto nelle zone più impensate, pronto ad annientarci non appena ci fossimo avvicinati troppo. “Prof, non possiamo tenerli chiusi qui dentro, di qualsiasi cosa si tratti…”, protestai.
“E allora prendine uno e togliti dai piedi, Summerland.”, replicò lei, seccamente.
“Sempre gentile…”, bofonchiai risentita, allungando la mano verso la cassa con un certo disgusto.
“Ti conviene usare i guanti, sai?”, mi consigliò Benjy, in tono alquanto divertito. “Non so se ne sei consapevole, ma questi sono…”
“MALACLAW MACULATI!” L’ululato di Kenny, dall’altra parte del recinto, per un attimo sembrò zittire anche i sibili degli animali. “Sono Malaclaw Maculati!”, urlò ancora, con maggiore enfasi. “Per Godric, non ci posso credere…”
“Sei il solito pezzo di idiota, Jordan!”, lo insultò Baston, tirandogli un calcio. “Hai suggerito a tutti la risposta corretta e scommetto che non te ne sei nemmeno accorto, eh? Che imbecille…”
“Hai ragione…”, borbottò Kenny, pentito. “Ma siamo in vantaggio comunque, amico, non preoccuparti, conosco alla perfezione i consigli del vecchio Newt…”
Malaclaw Maculato… Mi ricorda vagamente qualcosa.”, sentenziai, scrutando con sospetto la specie di aragosta deforme che Benjy teneva delicatamente tra le mani. “Qualcosa di non troppo carino, a dire il vero…”
“Oh, sono bestie innocue”, esclamò lui, mentre ci posizionavamo sul vecchio tronco di un albero caduto al suolo, tirando fuori inchiostro e pergamena. “A meno che non ti mordano. Allora sei veramente fottuto.”
“In che senso?”, domandai, curiosa, cercando invano di ricordare che cosa dicesse Scamander al proposito. Georgia, dopo aver esaminato con diffidenza la piccola bestia, la passò a me.
“Ehi, stai fermo!”, bofonchiai, immobilizzando le chele mentre l’animale cercava di sgusciarmi fuori dalle mani. Peccato che, impegnata a controllare le zampe, non feci altrettanta attenzione ai microscopici denti. Me ne accorsi soltanto quando un lieve prurito iniziò a diffondersi, da sopra il polso, lungo tutto l’avambraccio. La creatura aveva allungato la parte superiore del corpo ed era riuscita ad aggirare la difesa dei guanti.
Mi voltai verso Benjy. “Che cosa dicevi che succede, quando un Malaclaw Maculato ti morde?”, gli domandai, respirando con estrema calma. Il prurito cominciava a diventare doloroso.
Benjy mi fissò sgranando gli occhi per diversi secondi. Poi proruppe in una fragorosa risata, si piegò sul tronco dell’albero e per diversi minuti rimase lì sbellicarsi, alzando di tanto in tanto lo sguardo verso di me. “Non posso crederci, Beatrice…”
“Grazie, Benjy, grazie davvero.”, commentai, inacidita, grattandomi furiosamente il braccio irritato.
“Anche io ho studiato Cura delle Creature Magiche, questa volta.”, mormorò Georgia, cautamente. Mi accorsi però che si stava evidentemente sforzando per trattenere le risate, e la cosa mi offese ancora di più. “Quello che causa il morso di Malaclaw Maculato è… beh…”
“Andiamo, Georgia, non è difficile da spiegare…” balbettò Benjy, ormai in preda al singhiozzo. “Un’intera settimana della sfortuna più nera, ecco cosa. E ti assicuro che non sarà facile, cara mia.”
“Fottiti, Fenwick.”, sibilai, tremendamente indignata dal loro poco rispetto.
Per un attimo Benjy sembrò pentirsi della sua mancanza di tatto e mi sorrise con aria compresiva, cessando di ridere. “Stai tranquilla, non è niente di gra…”
Un grosso gufo stava sorvolando i prati, pochi metri sopra di noi. Per qualche strana ragione, presentii in anticipo cosa stava per accadere. Sentii l’escremento piombare dall’alto con la velocità di un proiettile, e atterrare, spiaccicandosi come una frittata, sui miei capelli.
 
“Prova a ridere e faremo a metà della mia sfiga, Benjamin.”
“Non intend… oh, andiamo, Summerland, sei meravigliosa!”
 
***
 
Natale si avvicinava, eppure a Hogwarts eravamo tutti più tesi del normale, e non si trattava soltanto di Pix che seminava panico tra i dodici abeti addobbati della Sala Grande. Nell’ultimo periodo si erano verificate molte novità, troppe per noi, forse, e tutti ne avevamo sentito il peso. Il ritrovamento di Claire si trovava in cima alla lista, ovviamente. Dopo poco più di una settimana era stata dimessa dall’Infermeria, un po’ più tardi di Remus, e le cose per lei non erano state facili. Dopo i primi giorni di festeggiamenti generali aveva cominciato a serpeggiare un certo malcontento, difficile capire a cosa fosse dovuto. Serpeggiare, la parola giusta, dato che era una sola la Casata che non aveva accolto bene il ritorno della ragazza. Non era stata risparmiata da battute crudeli su suo padre e sulle circostanze misteriose in cui era riuscita a evadere, e la cosa peggiore era che i Serpeverde non sembravano nemmeno più ritenere necessario nascondere le proprie molestie davanti ai professori. Ormai spadroneggiavano apertamente, come se Hogwarts non avesse più alcuna autorità su di loro, e la tensione iniziava a divenire insopportabile per tutti. Anche Benjy ed io, come era facilmente prevedibile, eravamo stati presi di mira. Il nostro coinvolgimento nella vicenda era risaputo, perciò non ci stupiva più di tanto il fatto che, a quasi un mese di distanza, continuassero a venirci a chiedere di raccontare ancora una volta i dettagli di quella notte, cosa che ci rifiutavamo regolarmente di fare.
A questo si aggiungeva la solita cerchia di Serpeverde, Mulciber sempre in prima linea. Li avevo incontrati in un corridoio, una volta, mentre uscivo sola dalla biblioteca. Mi avevano fermata, e dopo la solita serie di pungenti botta e risposta, mi avevano chiesto chi, secondo me, stava dietro al rapimento di Claire Lennox. “Voldemort”, avevo detto semplicemente, cercando di tenere alto lo sguardo. “E allora stai attenta, Summerland.”, era stata la loro breve risposta.  Tra loro c’era anche Regulus, che ormai sembrava occupare un posto di un certo rilievo all’interno del piccolo gruppo. Mi aveva guardata a lungo, con odio quasi ostentato, gli occhi di ghiaccio ridotti a fessure, e non avevo potuto fare a meno di chiedermi come fosse possibile che si trattasse davvero del fratello di Sirius, che cosa fosse andato storto, perché avesse scelto anche lui quella strada. Non ne avevo parlato con nessuno.
E allora stai attenta, Summerland. Eppure quell’avvertimento, forse buttato lì soltanto per tormentarmi ancora una volta, non mi aveva lasciata indifferente. Un’ansia incerta aveva iniziato ad assalirmi spesso, un’ansia che, anche quando non ci pensavo, anche quando ero impegnata in altro, rimaneva perennemente annidata nello stomaco, guastando tutto il resto.
L’ennesima folata di gelo si era infiltrata ad Hogwarts, e questa volta non sembrava intenzionata ad uscirne. Con le notizie dal mondo esterno che arrivavano ogni mattina insieme ai gufi, la lontananza dalle famiglie, il pensiero che di lì a poco avremmo dovuto affrontare anche noi quello che c’era fuori, era impossibile conservare la tranquillità di un tempo e continuare a far finta di niente. Un’inquietudine crescente sembrava rendere l’atmosfera di Hogwarts sempre più agitata, e nonostante fosse soltanto dicembre, lo stress iniziava già a logorarci i nervi. Sempre più spesso mi capitava di svegliarmi di soprassalto la notte, una paura senza nome che mi si incollava addosso insieme al sudore gelato. Restavo a guardare il buio della stanza con gli occhi spalancati, tremando di freddo e di paura di fronte a incubi che rimanevano impalpabili, e la razionale convinzione che non poteva succedermi niente, che a Hogwarts ero al sicuro, e che non dovevo temere nemmeno per la mia famiglia, non riusciva mai a tranquillizzarmi. Avrei voluto passare più tempo con i Malandrini, sapevo che con loro sarei riuscita a tirare fuori la vecchia grinta da Grifondoro, a continuare a camminare a testa alta per i corridoi, sicura che, qualsiasi cosa sarebbe successa, insieme saremmo stati pronti ad affrontarla. E invece mi mancavano le riunioni interminabili delle nostre sere, in cui discutevamo di tutto, organizzavamo mille piani per mettere alle strette i Serpeverde, facevamo previsioni per il nostro futuro con combattivo entusiasmo.
James, Remus, Peter e Sirius sembravano non avere più tanto tempo da passare con me e, pur sapendo che i M.A.G.O. si avvicinavano, non riuscivo a togliermi di dosso la sensazione che stessero tramando anche qualcos’altro, qualcosa di più serio e importante da cui, quella volta, mi avrebbero tenuto fuori. Ero sicura che avrei finito per scoprirlo, anche se mi ci sarebbe voluto ancora molto tempo.
Per il momento, la persona di cui avevo più bisogno di occuparmi rimaneva Claire, per cui avevo sentito nascere, quella notte, uno strano legame.
Il suo ritorno era sembrato un miracolo, miracolo che, per un breve tempo, aveva riportato ottimismo e riacceso speranza. Ma lei era lì, si sedeva al nostro stesso tavolo, e quando si guardava attorno con i suoi occhi scuri sembrava di vederci riflesso quello che aveva passato, e non pensarci era impossibile. Lei era sopravvissuta, ma altri non sarebbero stati così fortunati, altri stavano vivendo le sue stesse sofferenze, magari in quello stesso momento.  
Proprio per quello, però, non appena Claire aveva ricominciato la sua vita di sempre, ci era venuto spontaneo continuare a starle vicino. Passando più tempo con lei non avevo scoperto soltanto una compagna piacevole, intelligente ed estremamente delicata, sempre buona e disponibile, ma anche una personalità diversa da quella che avevo presupposto basandomi soltanto sul suo aspetto dolce e un po’ infantile. Nonostante in lei si riscontrassero tutte le migliori qualità Tassorosso, era anche divertente e niente affatto ingenua, e per essere riuscita a destreggiarsi in una situazione simile, capivo che doveva essere dotata di un sangue freddo e una determinazione non comuni. Pur rimanendo la ragazza tranquilla e sorridente che non avevo mai veramente notato prima, era una di quelle persone interessanti, che si scoprono un pezzo alla volta e da cui poi non ci si separa facilmente. E non ero l’unica a pensarla così. Claire non aveva mostrato la minima difficoltà ad aprirsi con Benjy, Sirius e in seguito il resto dei Malandrini e delle mie amiche. Era sembrata trovarsi a suo agio con noi quanto con i suoi amici Tassorosso, e la sua presenza, prima discreta e quasi invisibile, era gradualmente diventata sempre più abituale, al nostro tavolo in Sala Grande e poco tempo dopo anche in sala comune. L’avevamo adottata senza pensarci due volte, e in breve tempo tutti ne erano rimasti conquistati, tanto che ormai era strano pensare che non fosse sempre stata con noi. Chiunque avesse bisogno di un aiuto, un consiglio di qualsiasi genere, un conforto, sapeva di potersi precipitare da lei in un qualunque momento e confidarsi senza riserve. Era affidabile, profonda e paziente come il migliore dei Tassorosso, e tuttavia, come James non si stancava di ripetere, sarebbe bastato lavorarci un po’ per darle quel briciolo di perfidia in più che era necessario per fare di lei una malandrina di tutto rispetto.
 
***
 
Era proprio Claire che, poco tempo dopo il mio fortunato approccio al Malaclaw Maculato, nel vecchio bagno deserto del terzo piano, stava cercando di aiutarmi a ripulire la mia testa dagli escrementi di gufo.
“È quasi andata via, tranquilla.”, mi rassicurò con un ampio sorriso, ben diverso da quelli di Benjy e Georgia, che avevano continuato a trattenere – o meglio, non trattenere per niente – le risate durante tutto il tragitto di ritorno al castello.
“Miseriaccia, mi ci mancava solo questa…”, bofonchiai  con stizza, osservando nello specchio opaco il mio riflesso sporco e imbronciato. “In ogni caso, Claire”, aggiunsi ancora più acidamente, “non intendo farmi mettere sotto da una stupido Malaclaw Maculato, chiaro? Ora penserò a un modo per proteggermi dalla sfortuna. Dopotutto è impossibile che mi succeda qualcosa se… prendo le dovute precauzioni… giusto?” Subito mi guardai intorno preoccupata, temendo l’improvvisa comparsa di qualche altro pennuto incontinente venuto a punire la mia temerarietà.
“Ehm… giusto”, annuì Claire, finendo di asciugarmi i capelli con un tocco delicato della bacchetta. “Quindi, cosa pensi di fare?”
“Prenderò in considerazione tutte le cose che mi potrebbero succedere durante questa settimana. Tutte, anche le più assurde. E le eviterò dalla prima all’ultima.” Come piano non stava in piedi, ma avrei fatto di tutto pur di togliere dalla faccia di Benjy quel suo sorrisetto compiaciuto.
Claire mi guardò in modo piuttosto dubbioso, ma non si tirò indietro nel compito di aiutarmi a stilare una lista più o meno completa di tutto ciò da cui sarei dovuta stare in guardia nelle settimane seguenti.
“Beh, ovviamente dovrai fare tutti i compiti. Ti interrogheranno di continuo. La Boxway, soprattutto.”
“Ah, chissenefrega della Boxway…”
“E Lumacorno, è molto probabile.”, continuò lei con un sorriso di vago rimprovero.
“Questo sì.”, concordai annuendo e affrettandomi ad annotare a grandi lettere in stampatello il nome del professore e della sua materia, sottolineando le due parole più e più volte. “Con Pozioni non si scherza, lì basta un pizzico di sfortuna e sei morto.”
“Naturalmente, alla larga dai Serpeverde.”
Mi lasciai scappare una smorfia. “Ci proverò.”
“E forse sarebbe il caso che io ti assaggiassi il cibo, prima dei pasti, non si sa mai…”
“Ma… Claire!”, esclamai scoppiando a ridere.
“E non uscire dal castello, per l’amor di Merlino!”, continuò lei, serissima. “Sarai una calamita di catastrofi metereologiche, e più generalmente naturali, ne sono sicura.”
Nel giro di mezz’ora eravamo riuscite a completare in modo soddisfacente l’elenco delle più probabili sventure che mi sarebbero potute capitare, riempiendo svariate pagine con le nostre calligrafie disordinate. Mi soffermai a rileggerle con aria critica un’ultima volta, concentrandomi su ogni voce. “Eppure ho la sensazione che manchi qualcosa di importante.”, sospirai. “Non c’è niente che mi coglierebbe di sorpresa, in questa lista, e credo proprio che il Malaclaw Maculato abbia in mente di meglio…”
“Ci penseremo, tranquilla.”, mi rassicurò Claire. “Cosa vuoi che ti succeda di così inaspettato?”
 
E certo, come avrei mai potuto immaginare, io, che nel frattempo a pochi metri di distanza da me e Claire, nel bagno quasi sempre inutilizzato proprio di fianco al nostro, gli artefici della mia prossima, imminente sfortuna, coloro che sarebbero dovuti finire al primo posto nella mia lista, e che invece, per chissà quale strano scherzo della sorte, mi ero completamente dimenticata di considerare, si erano appena riuniti per dare inizio a uno di quei piani apocalittici che avrei ricordato per il resto della mia vita?
L’unico piano in cui io, a dirla tutta, per la prima volta non c’entravo davvero nulla.
 
***
 
“A me pare esagerato.”, stava bofonchiando Peter, osservando corrucciato l’angusto spazio in cui era stato costretto a incastrarsi per lasciare posto agli altri due.
Certo che lo è!”, ribattè Sirius esasperato, mentre si affaccendava con aria laboriosa e frenetica attorno al piccolo calderone ancora freddo e al resto del materiale sparso in disordine sul pavimento.
“Okay, ma intendo… davvero troppo esagerato, amico. Questo non possiamo farlo, Sirius, non possiamo.”
“Ah, taci un po’, Codaliscia, mi deconcentri! E ci mancano moltissimi ingredienti, è stramaledettamente difficile…” Il tono sgarbato di Sirius aveva sembrato offendere parecchio il povero Peter, che incrociando le braccia al petto e stringendo le labbra si era deciso a non proferire più parola al riguardo. “Di cos’hai paura?”, lo interpellò ancora Sirius.
“Di cos’ho paura?!”, strillò Peter, dimenticandosi all’istante del suo precedente voto di silenzio. “Merlino, hai la più pallida idea di cosa ci farà Remus? Non ne usciremo vivi, questo lo sai, vero?”
Sirius sfogliava le pagine del vecchio libro con svogliatezza, scorrendo le pozioni una dopo l’altra con aria tranquilla. Alzò un attimo lo sguardo su Peter, con indifferenza. “Si chiama sacrificio, Peter, sacrificio per un amico, okay? Remus farebbe lo stesso, al nostro posto, lo sta già facendo, più o meno”. Indicò con un’occhiata eloquente la schiena di James, il quale, troppo impegnato a arruffarsi i capelli davanti allo specchio per poi appiattirli sulla fronte e ricominciare da capo, non sembrava aver ascoltato una parola del battibecco tra i due.
“Idiota, non sono due cose paragonabili.”, sbottò Peter, riferendosi alla specie di piano che stavamo mettendo in atto per risolvere le cose tra James e Lily. “Questo va veramente al di là di tutto, Amortentia, Polisucco…”
“Appunto, Pet, eddai, le abbiamo provate tutte, questa è l’unica che ci manca…”
“Tu sei pazzo, Felpato, assolutamente folle... ma fate come volete, tanto alla fine decidete sempre voi, non è vero?”
“Esattamente.”, concluse Sirius con un’allegra scrollata di spalle. “E allora, se non ti dispiace, iniziamo.”
 
Non si trattava che dell’ennesima operazione salva-amici di quei giorni, in cui ci trovavamo ormai costantemente impegnati. In quel periodo abbastanza burrascoso (litigi, pene d’amore, mancati riavvicinamenti: li avevamo visti tutti.), per la logica malandrina era assolutamente impensabile lasciare che le cose si sistemassero da sole, magari con il tempo. Decisamente troppo ragionevole. Per noi era istintivo ricorrere ai complotti più assurdi, piani complicati, organizzati in ogni dettaglio e nonostante ciò sempre pieni di falle, che nel novantacinque per cento dei casi erano destinati ai fallimenti più disastrosi, nei quali facevamo uso di espedienti e arguzie collezionati nel corso degli anni, e che alla fine non facevano altro che portare con sé guai ancora più grossi.
Ma era un vizio troppo appassionante, e nemmeno quella volta avremmo – avrebbero – imparato a non immischiarsi nei problemi degli altri. Nemmeno dopo averne visto le catastrofiche conseguenze. Perché l’idea era stata di Sirius, e questo bastava a capire come sarebbe andata a finire.
 
Però quella di Remus, ormai da tempo, era una condizione davvero troppo frustrante perché prima o poi a qualcuno non venisse in mente di trovarci una soluzione drastica e sicuramente pericolosa.
Persino Sirius, solitamente non dotato di grande sensibilità per questi argomenti (non dotato di grande sensibilità in generale, avrei aggiunto) si era reso conto che la piega che stava prendendo la situazione tra l’amico e Juliet non si sarebbe risolta senza l’aiuto di un esterno e che anzi, negli ultimi tempi non aveva fatto altro che peggiorare. Inizialmente la decisione di Remus di troncare ogni tipo di rapporto con Juliet non ci era parsa così grave, avrebbe finito per rendersi conto da solo che era stupido, non avrebbe potuto farne a meno, con lei sarebbe stato diverso. E invece non era successo. Il distacco tra i due nel corso delle settimane era aumentato fino a diventare apparentemente incolmabile, e questo, a discapito di quello che Remus cercava di dare a vedere, non l’aveva affatto reso più sereno, ma infelice in maniera così profonda che era impossibile non notarlo dietro ai suoi sguardi. Sapevo di per certo che Juliet non avrebbe fatto neanche un minuscolo passo verso di lui, non avrebbe mai mostrato dispiacere, non si sarebbe mai fermata a guardarlo. Se ne sarebbe andata e basta, e a quel punto Remus avrebbe anche potuto pentirsi della sua risoluzione. Juliet non sarebbe tornata.
Io e Sirius, come anche James e Peter, le mie amiche, e in generale chiunque si trovasse abbastanza vicino a Remus e Juliet da poterli conoscere in maniera non superficiale, eravamo d’accordo nel pensare a quanto quella distanza forzata eppure totale fosse sbagliata, assurda, e inutilmente dolorosa. Eppure io, a differenza degli altri tre Malandrini, non sarei mai stata così imprudente da poter pensare di mettermi in mezzo a loro due, senza creare ulteriori danni. Anche solo cercare di parlare con Remus in modo obiettivo e ragionevole, come avevo più volte tentato, era stato difficile e completamente infruttuoso.
A questo punto, di conseguenza, aveva deciso di entrare in azione Sirius, a quanto pareva interessato in modo piuttosto sorprendente al bene del suo amico Remus. Senza andare tanto per il sottile, senza troppo rifletterci, senza preoccuparsi delle numerose, infinite controindicazioni della sua sconsiderata idea. Senza nemmeno chiedere il mio aiuto, forse perché era il primo a sapere che in fondo sarei stata contraria.
Ma appunto per questo, se anche avessi saputo di quello che stavano tramando, in teoria avrei potuto comunque restarmene egoisticamente tranquilla: per una volta, un’unica, maledettissima volta, io ero assolutamente, incondizionatamente innocente.
Peccato però che quella fosse una settimana non del tutto ordinaria. Sette giorni che, nonostante ce l’avessi messa tutta, avrebbero finito per passare alla storia con un solenne e sgrammaticato soprannome, ideato da Benjy e in grado di dare una tinta di comicità a quello sfortunatissimo dramma: la Septimana Horribilis era solo ai suoi inizi.
 
***
 
Troppo presa dal cercare di evitare con ogni arguzia possibile tutte le iettature che si riversavano implacabili sulla mia persona, persino quando giravo per il castello nascosta sotto il Mantello dell’Invisibilità – patetico, sì, ma per qualche ora avevo veramente pensato che potesse funzionare – in quei giorni non ebbi proprio il tempo di rendermi conto che qualcosa di strano e sospetto stava accadendo tra i Malandrini. Le lunghe assenze, il continuo confabulare nei luoghi più disparati, Remus che sembrava quasi venire isolato e tenuto in disparte, le domande bizzarre che talvolta Sirius mi poneva a proposito delle mie ultime lezioni di Pozioni, erano tutti elementi che avevo inconsciamente notato, ma che non vi avevano affatto preoccupata.
 
E poi era arrivato il giorno. Io mi trovavo impegnata in un’alquanto difficoltosa ricerca di Difesa Contro le Arti Oscure, che per qualche incomprensibile ragione si stava rivelando impossibile da portare a termine, dato che tutti i libri che avevo ritirato dalla biblioteca per aiutarmi erano improvvisamente scomparsi nel nulla – mi veniva da piangere al solo pensiero di cosa sarebbe accaduto quando Madama Pince lo fosse venuta a sapere – perciò non potevo neanche lontanamente immaginare quanto la mia fine, grazie all’opera volenterosa dei miei amici James, Peter e Sirius, si stesse vertiginosamente avvicinando.
Peter invece, nel dormitorio opposto al mio, pochi metri di distanza a separarci, se la immaginava eccome, o meglio, vedeva la sua fine profilarsi sempre più minacciosa all’orizzonte, man mano che l’assenza di Sirius, partito in missione svariati minuti prima, si prolungava.
“Ormai dovrebbe aver finito, no?”, stava balbettando per l’ennesima volta, torcendosi con agitazione le mani in grembo. “Cosa ci vorrà mai, a sgraffignare qualche misero ingrediente dallo…”
“Oh, ma chiudi un po’ quella boccaccia, Peter, che se non fosse che non ti fidi di lui manderesti Sirius a rubarti persino il cibo dalle cucine…”
Mai. Questo non potrei farlo davvero mai.”, assicurò Peter, portandosi la mano al petto con dignità. “Sul cibo non si scherza, Ramoso.”
“E chi mai ci scherza…” sospirò James. In quel momento, finalmente, dopo un rumoroso pestare di passi non troppo felpati su per le scale del dormitorio, la porta si spalancò con veemenza. Un Sirius alquanto trafelato, con il viso sudaticcio e radioso, comparve in tutta la sua agitazione canina.
“Non immaginerete mai!”, esclamò. “Che colpo di fortuna…” E di fronte alle facce perplesse di James e Peter, estrasse dalla tasca una piccola fiala dal contenuto trasparente.
“L’hai trovata?!”, urlò James, incredulo. “Questo significa… niente più bagno puzzolente del terzo piano, niente più ore sprecate dietro a quella stupida pozione, niente più inutili sprechi di fatica…”
“E soprattutto…”, lo interruppe Sirius, “niente aiuto della Summerland, ed entro stasera il nostro amico Remus avrà sistemato tutto.”
 
Pareva incredibile che una tale buona sorte (senza dubbio tutta quella che era stata ingiustamente sottratta a me durante quella Septimana Horribilis) fosse accorsa in aiuto di quel piano così azzardato e traballante, le cui possibilità di riuscita sembravano veramente minime. Il Veritaserum era lì, trasparenza perfetta e quantità sufficiente, sarebbe bastato versarne una goccia nella tazza di cioccolata calda serale di Remus, fare in modo che in quel momento Juliet si trovasse nella stessa stanza, porgli le giuste domande – magari lasciarli addirittura soli, aveva proposto Sirius, in un eccesso di ottimismo e – sempre secondo Sirius – ogni complicazione si sarebbe immediatamente sciolta. Juliet avrebbe capito, Remus si sarebbe infuriato, certo, ma stare lontano da lei non avrebbe avuto più senso, e nemmeno continuare a negare i propri sentimenti.
Così i tre Malandrini, totalmente sprovvisti dell’assennatezza caratteristica del quarto assente, che si sarebbe rivelata molto utile in quella situazione, avevano lasciato la preziosa ampolla sul comodino di James, di fianco alla Mappa del Malandrino, qualche aggeggio rubato da Zonko, rimasugli di vecchie pozioni e altri trofei di malefatte passate, per poi andare a festeggiare il procedere del loro piano con una bella merenda direttamente nelle cucine.
Quello fu il primo della sequenza di eventi che avrebbe portato alla catastrofe finale.
Remus, infatti, era rientrato nel suo dormitorio poco tempo dopo, affaticato dalla lunga giornata di studio che l’aveva trattenuto in biblioteca fino a quel momento. Si era gettato sul letto, rimanendo per svariati minuti sdraiato a fissare pigramente il soffitto. Poi si era riscosso, domandandosi dove mai fossero andati a cacciarsi i suoi fedeli compagni, e girandosi verso il letto di James non aveva potuto fare a meno di notare la fiala di Veritaserum. Dopo un momento di perplessità aveva scosso la testa, sbuffando con un lieve sorriso e appuntandosi mentalmente di riservare a James e Sirius (Peter non ne aveva colpa, lo sapeva) una bella ramanzina, non appena fosse riuscito a trovarli.
Così era sceso in sala comune, ed era lì che ci eravamo visti, per la prima volta nella giornata. Intenta com’ero a un frenetico ripasso di Pozioni, materia che in quei giorni mi aveva perseguitata più di ogni altra cosa, snervata dai continui incidenti e prevenuta nei confronti di qualunque essere umano, animale o vegetale che provasse ad avvicinarsi a me durante quella settimana, al sentirlo arrivare in sala comune, prima ancora di vederlo, ero violentemente sobbalzata sulla sedia, soffocando un urletto agitato, avevo chiuso di colpo il libro e me l’ero stretta al petto angosciata. Il mio terrore non era diminuito vedendo che si trattava soltanto di Remus, dato che in quei giorni avevo imparato a guardarmi bene dai miei stessi amici, e con un filo di voce avevo balbettato: “Che cosa ci fai qui, Remus?”
Lui mi aveva guardato sorpreso. “È la mia sala comune, Beatrice… Merlino, capisco che questa storia del Malaclaw Maculato ti stia stressando, però dovresti seriamente darti una calmata. Hai visto gli altri?”
“Non li ho visti.”, avevo mormorato con un filo di voce, abbandonandomi contro lo schienale della sedia, un po’ più tranquilla. Forse davvero Remus non nascondeva nessuna Caccabomba nelle tasche della divisa.
“Ci vediamo più tardi.” 
“Sì, ci vediamo.”, avevo risposto in tono incerto. Se sarò ancora viva, avevo aggiunto mentalmente, osservando preoccupata la pergamena che avrei dovuto occupare con il mio tema di Pozioni, ancora immacolata.
 
Fino a quel momento Remus non nutriva ancora alcun sospetto nei miei confronti, né nei confronti di chiunque altro, nonostante avesse visto il Veritaserum in camera. Aveva percepito qualcosa di strano soltanto a cena conclusa, quando da lontano era rimasto a osservare me, James e Juliet che confabulavamo in disparte. Ripensandoci, nei giorni seguenti, mi resi conto che dall’esterno poteva sembrare una conversazione diversa da quella che era in realtà; mentre tentavo, in tono scherzosamente grave, di far capire a Juliet quanto il Puddlemere United fosse una squadra infinitamente più valida dei Tornados, James mi dava man forte, cercando nel frattempo un modo per fare sì che Juliet lo seguisse, così da trovarsi nel posto giusto al momento opportuno, e Remus ci osservava, con quell’insicurezza e circospezione che gli causava sempre l’avere Juliet più vicino di quanto volesse. Si chiedeva con eccessiva curiosità, quasi con ansia, di che cosa mai stessimo parlando, del perché Juliet continuasse a scuotere la testa, James apparisse così irrequieto e io seria e maliziosa al tempo stesso.
Con un po’ di malumore Remus aveva deciso di smettere di fissarci e di lasciare la Sala Grande per tornarsene alla torre di Grifondoro. Peter, che era misteriosamente scomparso e poi tornato con una grossa tazza di cioccolata fumante tra le mani, che gli tremavano visibilmente, l’aveva visto allontanarsi e aveva affrettato il passo, seguendolo preoccupato con lo sguardo e cercando al tempo stesso di identificare tra la folla i suoi due compari, affinchè gli dessero istruzioni. Purtroppo per tutti quanti, però, la cattiva stella del Malaclaw Maculato sembrava non essersi ancora stufata di perseguitarmi. In quel momento, infatti, concludendo la discussione con una teatrale alzata di spalle e un: “Juliet, parlare con te è completamente inutile. ”, avevo anch’io notato Remus avviarsi verso l’uscita, abbastanza scuro in volto, e poco dietro Peter che lo seguiva con lo cioccolata. Così, presa da un improvviso moto di compassione mista a buoni propositi sicuramente dovuti al veleno di Malaclaw che avevo ancora  in corpo, ero schizzata verso di lui.
“Dammi la tazza, Pet, gliela porto io!”
“Ma…”
“Non preoccuparti, avrà solo un po’ di lunastorta, proverò a tirarlo un po’ su.”
“In realtà…” Anche se non potevo vederlo, qualche metro dietro di noi James e Sirius avevano seguito con attenzioni le mie mosse e  si stavano sbracciando con disperazione verso Peter facendogli cenno di allontanarmi.
“Davvero, stai tranquillo, Peter!”, lo rassicurai con un sorrisone premuroso, praticamente strappandogli di mano la tazza. “Ci vediamo dopo!”
Avevo seguito Remus, mantenendomi sempre a qualche passo di distanza da lui senza che si accorgesse di me, fino alla torre. Quando il ritratto della Signora Grassa stava per richiudersi l’avevo chiamato, a gran voce. “Remus, un attimo! Ho qualcosa per te!”
Mi aveva aspettato all’interno del passaggio, sempre con la stessa espressione incupita, senza proferir parola. La sala comune era ancora deserta, la maggior parte della gente non aveva finito di cenare. Così si era diretto verso il suo dormitorio, e io dietro di lui.
“Dai, Remus, qualsiasi cosa ti passi per la testa… ho della cioccolata calda per te.”
“Scusa, non mi va, torna pure dagli altri.”
Non ti va?! Non fare l’idiota, è fatta come piace a te…”
“Magari più tardi, okay?” Stava cercando di liquidarmi in maniera non troppo offensiva, eppure, chissà perché, quella sera avevo proprio una gran voglia di rifilargli quella cioccolata, ed ero decisa a insistere ancora un po’. Remus era entrato in camera, e mentre io continuavo a inseguirlo blaterando sugli effetti benefici della cioccolata calda, guardandosi attorno aveva posato nuovamente gli occhi sul comodino di James. Il Veritaserum non c’era più. Si era così ricordato che avrebbe dovuto parlarne con James e Sirius quando li aveva visti, prima, e che invece se ne era dimenticato. Il pensiero fisso su quella misteriosa fiala di Veritaserum, si era girato verso di me. Avevo allungato un’altra volta la cioccolata verso di lui, quasi ansiosa. “Eddai, Remus, bevila! Ti farà solo bene, non è veleno…”
Avevo visto le sue sopracciglia aggrottarsi in un’espressione dapprima confusa, poi incredula, infine di nuovo tranquilla. L’idea gli era balenata in mente, ma assurda com’era l’aveva scacciata via in fretta. Purtroppo avevamo deciso di scendere di nuovo in sala comune.
Lì avevamo trovato James. E Juliet. Era stata una caduta libera verso la catastrofe, così veloce che non avevo fatto nemmeno in tempo a rendermene conto.
Non avevo capito il motivo per cui James tenesse in mano un’altra tazza di cioccolata, né perché Juliet avesse l’aria di non voler stare in quel luogo, e di non sapere perché vi si trovava.
“Vedi, Remus?”, avevo ripetuto, ancora. “Anche lui pensa che dovresti bere un po’ di cioccolata.”
E a quel punto i suoi occhi avevano incrociato quelli di James. Spaventati, colpevoli, perché James non era bravo a mentire al suo migliore amico. Poi si erano spostati su Juliet, che sfuggiva al suo sguardo, nervosa. Sulla cioccolata ormai fredda e priva della minima attrattiva. Su di me, che lo fissavo a mia volta, mordendomi le labbra, un’espressione sul viso che sembrava fatta apposta per essere fraintesa.
Remus, sbagliando tutto, aveva capito.
Smarrito, stupefatto, sconvolto. Lo sguardo ferito e confuso, l’espressione d’orrore sulle sue labbra, il silenzio attonito, io non capivo, lui non reagiva. E poi era arrivata la sua mano, improvvisa e brusca come l’onda che anticipa la tempesta, il colpo era stato violento e rabbioso, avevo visto la tazza volare davanti a me e andare a schiantarsi con un impatto fragoroso contro il muro.
Il mondo attorno a noi era sembrato riscuotersi. “Remus, per l’amor di Merlino!”, aveva esclamato James a voce alta, accorrendo verso di lui. Ancora sbalordita lo fissavo, negli occhi d’ambra c’era Remus il lupo mannaro, un’ira indescrivibile, dolorosa, tutta rivolta a me.
“Non posso crederci.”, aveva mormorato, la voce rauca e affannata, e tutti i momenti più tremendi della sua vita sembravano condensarsi in quelle parole, nei suoi pochi gesti. “Questo, tu.”
Ormai, durante quella settimana, avevo imparato a conoscere bene la sensazione che tutto mi stesse sfuggendo di mano, che il corso degli eventi venisse governato in modo che intervenirvi fosse impossibile, e che io dovessi semplicemente lasciarmi colpire, senza muovere un dito, senza nemmeno capire. Eppure mai come in quel momento, sembrava veramente troppo. Immobile e disorientata rimanevo in silenzio, lasciavo che Remus credesse alla verità evidente ed erronea che aveva scoperto, non riuscivo nemmeno a dispiacermi, perché era tutto privo di senso. Restai paralizzata anche dopo l’ultimo sguardo furente, quando mi voltò le spalle, un gesto definitivo, immutabile.
Nessuno aveva detto una parola. L’assurdità di tutto quanto era appena accaduto mi cadde addosso di colpo, mi voltai di scatto verso James, Sirius e Juliet, sconvolta. “Ma che cosa ho fatto?” Juliet sembrava altrettanto confusa, Sirius e James semplicemente distrutti.
“Vieni.”, aveva mormorato Sirius, soltanto, prendendomi per una spalla. Con un’occhiata di scuse a Juliet, mi avevano portato fuori, in corridoio. Alternandosi, interrompendosi a vicenda e bisticciando un po’ mi avevano faticosamente spiegato ogni cosa, il loro piano, i dettagli, le difficoltà. Ricostruimmo le coincidenze impossibili che si erano incastrate tra di loro, intrappolandomi in quella rete di sfortuna da cui non sarei mai riuscita a districarmi, credevo, e nel rendermi conto di quello che era realmente successo mi infuriai, con loro, con me, con tutta quell’ingiusta sfortuna, ovviamente.
“Ma perchè!?”, esclamai, affranta. “Senza nemmeno dirlo a me, avrei fatto qualcosa, vi avrei fermati…”
“Appunto!”, mi bloccò Sirius, altrettanto arrabbiato. “Per una volta avremmo sistemato le cose a modo nostro, e fidati, signorina, avrebbe funzionato, se solo non ci fossi capitata tra i piedi tu e la tua maledetta sfiga!”
“Che cosa?! Non è stata colpa mia, come puoi anche solo…”
“Ha ragione, Sirius.”, commentò seccamente James. “Era troppo rischioso, avremmo dovuto immaginarlo. Certo, questa cosa…”, e indicò con aria incerta i segni del morso ancora evidenti sul mio braccio. “Beh, non ci è stata di aiuto. Però… non avresti dovuto finirci in mezzo tu, Scricciolo.”
Sirius si afflosciò contro il muro. “Scusami.”, borbottò, rivolgendomi uno sguardo veloce. “Mi dispiace che sia successo, spiegherò a Remus che non sei stata tu.”
“Spero che ci vorrà credere…”, sospirai.  “Devo parlargli subito.”
Ferma!”, urlarono insieme James e Sirius. “Ti trascineresti addosso qualche altra catastrofe, lo sai, sì?”.
 
***
 
Era ormai notte inoltrata, seduta sui gradini duri delle scale, con la testa tra le ginocchia, continuavo a sperare che Remus prima o poi ci avrebbe aperto la porta una seconda volta, urlato contro, odiati come non aveva mai fatto in vita sua, dato la possibilità di guardarlo negli occhi e costringerlo a capire che io non gli avrei mai fatto niente di simile.
Invece per lui era così banale, così scontato e inequivocabile, che gli erano bastati pochi secondi per concludere il tutto. “Ma andiamo, Sirius.” Non mi aveva nemmeno guardata, la sua voce era priva di emozioni. “Voi non sareste mai capaci di preparare una pozione del genere, lei sì. Ecco perché era così strana, vero? Altro che Malaclaw Maculato…”
“Ma noi…”
“Voi eravate complici, certo. Me lo sarei dovuto aspettare. Gran bell’idea, comunque.”, aveva commentato, piattamente. La porta si era richiusa, noi eravamo rimasti lì, completamente disarmati.
“Dovrà capire, prima o poi…”, gemetti. “Non è mai stato veramente arrabbiato con me, e io non ho fatto niente…”
“Capirà.”, mi rassicurò James, con una pacca sulla spalla. “Vai a dormire, adesso, tu che hai la possibilità di accedere alla tua camera…”
Ero spaventata. Sicura che Remus non ci avrebbe ascoltato mai e poi mai, vedevo le cose dal suo punto di vista e mi rendevo conto che aveva tutte le ragioni per credermi colpevole. Di più: quello che avevamo fatto – avevano fatto; mi sentivo così male che in alcuni momenti dimenticavo che io non avrei dovuto c’entrare nulla in quel disastro – era così grave, così imperdonabile e di cattivo gusto che avrebbe potuto porre fine una volta per tutte alla loro amicizia. E a me cosa sarebbe successo? Non potevo immaginarmi senza Remus, e anche se sapevo che avrei fatto qualsiasi cosa perché capisse, avevo paura. Così riflettendo arrivai senza accorgermene al mio dormitorio, sprofondato nel buio e nel sonno. Per questo mi stupii nel trovare una figura ritta su uno dei quattro letti. Juliet si alzò appena mi vide entrare, venendomi incontro silenziosa come un gatto. Mi accorsi in quel momento di avere gli occhi lucidi di lacrime, la preoccupazione sul suo volto si accentuò.
“Che cosa diamine è successo?”
“Non credo che riuscirei a spiegarti.”, balbettai, rannicchiandomi sul letto, esausta.
Juliet aspettava. Stanca, triste e ancora disorientata, non avevo la forza di eludere le sue domande, né lo volevo.
“Juliet, quello che è successo… ci sono delle cose che James e Sirius volevano tu sapessi. Hanno messo del Veritaserum nella cioccolata di Remus, così sarebbe stato lui stesso a confessartele…”
“Ma…”, Juliet sembrava incredula.
“E magari avevano davvero ragione.”, continuai, incapace di porre freno al flusso di pensieri amari che mi attraversavano la mente in quel momento.“Magari vi sareste resi conto dell’enorme sbaglio che state facendo, entrambi, perché se soltanto vi foste detti un po’ più cose, invece che scappare così… Remus questo non l’ha mai capito, tu nemmeno, James e Sirius credevavano di potervi aiutare. Mi dispiace soltanto di esserci finita in mezzo in questo modo, perché Remus non mi rivolgerà più la parola.”
Juliet era turbata almeno quanto me. “Io… mi dispiace, avrei dovuto avere più coraggio e non lasciare che andasse a finire così”. Si voltò per guardarmi dritto negli occhi, con improvvisa decisione. “Gli parlerò.”
“Mi sembra un’ottima idea!”, commentai, con una punta di sarcasmo nella voce. “Avresti potuto arrivarci un po’ prima, certo, ma è ammirevole da parte tua…”
“Sistemerò tutto.”, mormorò, più a se stessa che a me. “Sono stata una stupida a perdere tutto questo tempo.”
“Sì.”, annuii, non trovando niente di più confortante da dirle. Mi rivolse un breve sorriso, tornando nel suo letto senza una parola.
Io mi raggomitolai sul bordo del materasso, senza togliermi né scarpe né vestiti, aspettando di addormentarmi per quelle poche ore di sonno che mi rimanevano.
E nonostante tutto, in quel momento sentii un gran sollievo che mi invadeva: perlomeno, non importava quanto disastrosamente, si era appena conclusa un’altra giornata della Septimana Horribilis. E in un modo o nell’altro, io ero viva.
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Salve a tutti! Non credo di avere molti commenti da fare, dopo tutto il tempo che è passato dal mio ultimo aggiornamento. Non mi aspetto che ci siano ancora molte persone a seguire questa storia, ma ci tenevo molto a continuarla e sono davvero felice di essere riuscita a finire e pubblicare questo capitolo, spero che apprezzerete almeno lo sforzo :)
Cercherò di accelerare un po’ i ritmi ma non faccio promesse riguardo ai prossimi aggiornamenti, perché purtroppo credo che in futuro mi resterà sempre meno tempo da dedicare alla scrittura.
Intanto vi linko qui sotto un paio di immagini del nuovo personaggio, Claire (Taissa Farmiga) sperando che vi piaccia:
http://i59.tinypic.com/21zj7q.png
http://i62.tinypic.com/21jyl5c.jpg
 
Grazie mille a tutti voi
 
  
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