Unfaithful.
Marie correva spensierata in mezzo al bosco,
lasciando che la sua cristallina risata si fondesse al dolce canto degli
uccelli, mentre l’ampia gonna del suo abito ottocentesco frusciava tra i fili
d’erba e le radici sporgenti, emulando il soffiare del vento. La ragazza si
muoveva con grazia tra gli imponenti alberi, nonostante il suo grazioso vestito
rosato adornato da candide merlature fosse alquanto ingombrante; nulla avrebbe
potuto estinguere la sua incontenibile gioia, nemmeno la crinolina più rigida o
la vegetazione più fitta.
Lei e la sua compagnia teatrale avevano deciso di
rappresentare il “Cyrano de Bergerac” e poche ore addietro vi era stata la
prima del loro spettacolo, un successo insperato: lei aveva avuto l’onore di
impersonare Rossana e si era immedesimata così tanto in lei da piangere a
dirotto alla morte dell’amato cugino. Le sue orecchie erano ancora piene degli
applausi del pubblico e sentiva il suo corpo infinitamente leggero; non poteva
non approfittare di quell’estatica gioia, per questo stava recandosi nel luogo
in cui il suo cuore batteva sempre con maggior vigore, al quale giunse
trafelata ma ancora ridente qualche minuto dopo.
Si trattava delle rovine del giardino di un’antica
villa, una sorta di angolo proibito dedito all’amore, come testimoniavano le
diverse statue di Cupido disposte tutt’attorno: piegata su se stessa per
riprendere fiato, Marie osservava le marmoree figure trasognata, sentendosi
come al solito avvolgere dall’atmosfera d’intima passione che quella nicchia
trasudava. I raggi del sole filtravano tra i rami, creando labirinti di luci e
ombre e infondendo un soporifero tepore all’ambiente, mentre una lieve brezza
faceva danzare le foglie smeraldine sopra la giovane, riempiendo la piccola
radura di concitati suoni, simili a sussurri.
L’attrice sistemò meglio sopra il capo il
cappellino abbinato allo sfarzoso abito, per poi avviarsi lentamente verso il
centro dell’antico giardino decaduto, dove si trovava una vecchia altalena:
aveva sempre amato quel gioco, quel dolce dondolarsi che scacciava ogni
pensiero cupo e lasciava spazio all’infantile gioia. Si sedette sull’asse di
legno tra le due corde, attenta a non sgualcire la gonna, dopodiché si diede
una spinta e cominciò a oscillare avanti e indietro con infinità lentezza.
D’un tratto, davanti a sé la vegetazione spontanea
che aveva invaso il luogo fu aperta da due forti braccia e i suoi occhi
nocciola si sgranarono nel vedere Pierre: indossava un vestito tra il verde e
il grigio di stampo ottocentesco e reggeva tra le mani una vecchia parrucca,
cosa che la fece ridacchiare.
«Cosa
c’è di tanto divertente, Marie? Mi sembrava che si abbinasse bene col tuo abito.»
disse guardandola negli occhi, rapito dall’estatica visione della donna che
aveva sempre amato; si era aggiunto alla compagnia solo per poter stare con lei
e per tentare di conquistarla, se quel dannato Michel non si fosse messo in
mezzo...
Aveva
un paio d’anni più di lui e si atteggiava a uomo di mondo, vantandosi dei suoi
innumerevoli viaggi e delle sue illustri amicizie: non aveva mai capito cosa ci
trovasse una ragazza dolce e romantica come lei in un becero insensibile come
quello, ma non gli importava perché sapeva di esserle indifferente, doveva solo
giocarsi bene le sue carte. Si avvicinò cauto alla ragazza, osservando ogni
particolare della sua bella, dai capelli biondo scuro che ondeggiavano sotto il
cappello alle iridi accese dalla contentezza, dalla pelle diafana avvolta dal
morbido vestito alle labbra rosee leggermente dischiuse; si parò davanti
all’altalena che oscillava lentamente e la bloccò, posando le mani sopra quelle
della giovane.
«Pierre,
sai che non dovresti...» lo ammonì con tenerezza, inclinando leggermente il
capo verso destra, il cuore che batteva con forza crescente.
«E
tu sai quanto ti amo e quanto quel disgraziato non ti meriti» insinuò l’attore
e senza darle possibilità di replica la baciò con trasporto, intrecciando la
lingua con quella esitante della fanciulla, i respiri rarefatti dalla passione;
stavano per lasciarsi travolgere dal turbinio di sentimenti, quando la voce di
Michel giunse alle loro orecchie, superando persino il canto degli uccelli.
«Nasconditi!»
sussurrò concitata Marie sulle labbra infuocate dell’amante, spingendolo verso
l’erba incolta e guardando spasmodicamente alle sue spalle, fino a veder
apparire il proprio fidanzato, anch’egli agghindato come un uomo di altri
tempi; lo vide aprire bocca, ma lei non voleva sentire altro, così lo anticipò
e gli ordinò di spingerla con un sorriso eccessivo e gli occhi accesi da
un’insana follia.
L’uomo
fece dondolare l’altalena con forza crescente, facendo ridere di gusto la sua
amata, contagiandolo con quella frizzante allegria; ignorava la presenza di
Pierre tra la folta vegetazione, il quale scrutava libidinoso sotto la gonna di
Marie. D’altra parte l’attrice vedeva lo sguardo eccitato dell’amante e ne
rideva spudoratamente, mentre una parte di sé ripensava al bacio e, prima
ancora, allo spettacolo in cui i due lussuriosi complici interpretavano Rossana
e Cyrano: sembrò quasi che le statue di Cupido stessero ripetendo alcune
battute dell’opera, in particolare quelle che l’avevano sempre emozionata.
“Voi
mi amavate, voi!
No,
no: l’altro; non io!
Voi
mi amavate!
No!
Il
tono è già mutato!
No,
no, mio caro amore, io non vi ho mai amato!”
Il
cuore sembrò quasi scoppiarle nel petto mentre riascoltava quelle parole e,
guardando il ragazzo nell’ombra languire per lei, iniziò a muovere gambe con
foga, intenta a fare qualcosa di assurdamente sbagliato: lasciò volare una
delle sue scarpette in direzione di Pierre, così da fornirgli una scusa per il
loro prossimo incontro peccaminoso, ridendo senza ritegno tra il volteggiare
della gonna e il confuso canto degli uccelli.