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Autore: mayluke    14/08/2014    4 recensioni
"Non rispondeva mai in modo diretto alle mie domande, cercava di sviare, di raccontarmi sempre la parte positiva delle storie di quel mondo, e se non c'era, la inventava. Voleva proteggermi, salvarmi. E chiunque avesse detto che non eravamo compatibili, sarebbe andato contro il destino."
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I piedi si mossero pericolosamente all'indietro e accidentalmente scivolai sul leggero rialzo del tappeto nero, per poi cadere di peso sul gelido pavimento di marmo.
Immediatamente la porta si spalancò e i due entrano con aria preoccupata all'interno della stanza. 

Erano davvero alti, con una corporatura muscolosa e imponente.
Il viso di un ragazzo era perfettamente incorniciato da capelli con sfumature dorate, pettinati in modo tale che stessero all'insù.
Il suo compagno invece presentava dei lineamenti tipicamente asiatici e un ciuffo sbarazzino color ebano ricadeva sul suo viso, comprendo lievemente l'occhio scuro.

Il biondo corse verso la mia piccola figura, tentando di sollevarmi dalle braccia.
Dopo diversi calci e pugni che volarono da parte mia nell'aria, riuscii ad allontanarlo con una spinta.

"Non toccarmi!" gridai spaventata, rannicchiandomi il più possibile lontana da loro.

Lui sembrò rimanere sconvolto dal mio atteggiamento, tanto da indietreggiare di qualche passo.

Il ragazzo asiatico intervenne, appoggiando una mano sulla sua spalla e allontanandolo maggiormente da me.

"Non vogliamo farti del male"  affermò con tono pacato, inginocchiandosi a terra.

"Cosa volete da me? Perché sono qui?" domandai con voce tremante.

"Mi dispiace, ma al momento non puoi sapere nulla" continuò il moro con fare sicuro.

Aggrottai le sopracciglia in un'espressione confusa. "Voglio andarmene da qui"

"Non puoi. Cerca di dormire adesso" mormorò alzandosi dal pavimento e posizionandosi di fianco al suo amico.

"Cosa? Come potete pensare di rinchiudermi qui dentro senza che io faccia una piega?!" urlai accanendomi contro l'asiatico.

Con una veloce mossa, quanto delicata, il biondo intrappolò i miei polsi in una presa ferrea, prima che io riuscissi a sferrare un pugno contro il petto del moro.

"May... May, aspetta. Abbiamo qualcosa per te." sussurrò con tranquillità il ragazzo dai capelli color paglia.

Successivamente estrasse dalla tasca dei suoi jeans neri una busta lievemente spiegazzata, liberando i miei polsi.

Nessun livido, nessun segno rosso.

"Prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno. Noi siamo qui fuori. Comunque io sono Luke e lui è Shin" si presentò il biondo, uscendo accompagnato dal suo amico.

L'ultima cosa che vidi furono i suoi occhi vuoti e sofferenti. 
Non ne capii il motivo.

Quando fui completamente sola mi accasciai sul pavimento freddo e iniziai a leggere la lunga lettera.



"9.16.2007
Tesoro mio,
E' così difficile trattenere le lacrime mentre ti guardo dormire nel tuo letto, rannicchiata e stringendo il tessuto della mia gonna, e contemporaneamente essere a conoscenza che un giorno sarai lontana da me. Ma so che è per il tuo bene.
Vedi amore, tu non sei una bambina qualunque, sei un dono e hai qualcosa di molto speciale che persone egoiste vogliono avere. Per adesso non posso aggiungere niente di più.
Sto cercando di non pensarci, ma so che prima o poi quel giorno arriverà.
Spero soltanto che sarà il più lontano possibile.
Ti voglio bene, piccola mia.

10.15.2014
Loro stanno arrivando, ma non sono pronta.
Sai, per una madre la cosa più brutta è sapere che non è abbastanza forte per proteggere suo figlio.
Ecco perché ti manderò da Luke.
Anche lui è un ragazzo speciale, ma sarà lui stesso a raccontarti la sua storia e il suo incarico.
Posso soltanto dirti di fidarti, non ti farà mai del male, anzi ti terrà al sicuro, come un diamante prezioso. Perché tu lo sei.
Giuro che sarà gentile con te e così si comporteranno gli altri ragazzi. Anche di loro ti devi fidare.
E tu farai lo stesso, sarai educata, vero?
Devi soltanto promettermi che li ascolterai e che non ti allontanerai per nessun motivo.
Quando Luke vorrà potrà raccontarti tutto, ti dirà cosa sta accadendo e perché continuo a ripeterti che sei un dono. Ti prometto che presto avrai tutte le risposte di cui hai bisogno, ma per il momento pensa soltanto a riposarti.
So che ti starai anche chiedendo dove io sia, ma ti prego di stare tranquilla, io sto bene.
E così anche tuo padre. 

Sii forte e paziente.
Spero che un giorno riuscirai a perdonarci.
Ti vogliamo bene, amore mio. Non dimenticarlo mai.

Mamma"




Le lacrime scivolarono velocemente dai miei occhi, per poi posarsi sulla sua lettera, sbiadendo alcune lettere. Perché dovevo affrontare tutto questo? 

Perché mia madre continuava a ripetere che ero un dono? Perché non era qui con me? Chi era Luke? Cosa sarebbe successo? Non sapevo dove mi trovavo, né che ore erano. Nulla. 

Dovevo resistere: annientare la curiosità e la frustrazione che mi stavano divorando, provare a fidarmi di quel ragazzo biondo e dei suoi compagni, cercare di non sentire la mancanza dei miei genitori.

Era tutto così difficile. 

Appoggiai il viso sulle mie ginocchia e mi lasciai trasportare in un pianto rumoroso, singhiozzando e ansimando contro il tessuto ruvido dei jeans. 

"Mamma" gridai frustrata all'aria.

Improvvisamente udii la porta della stanza cigolare e dei passi insicuri camminare verso di me. Sollevai la testa dalle mie ginocchia e asciugai frettolosamente il viso rovinato dalle lacrime amare. 

"May..." balbettò Luke incrociando i miei occhi gonfi. 

"Vai via, voglio rimanere sola" mormorai con voce atona.

Il ragazzo si portò una mano sul viso, cercando di attenuare la tensione. "Permettimi soltanto di curare le tue ferite" mi incitò.

Scossi la testa più volte. "Ci riuscirò da sola" 

Così tentai di sollevarmi dal pavimento, aggrappandomi al cassetto di legno, ma ben presto scoprii che quest'ultimo non era abbastanza pesante per sorreggermi. Dondolò violentemente, così scelsi di risedermi e di stare ferma.

A quel punto Luke si inginocchiò di fronte al mio corpo e, con una mossa veloce e delicata, circondò la mia vita con un braccio, mentre una mano possente sosteneva le mie gambe, sollevandomi dal pavimento.

Non tentai più di ribellarmi. 

I suoi movimenti furono talmente agili che per un momento pensai che fossero quasi anormali, come se affondassero qualsiasi legge della fisica esistente. 
Scossi la testa, come per cancellare quelle idee così strane, mentre la lettera scivolò dalle mie mani per poi volteggiare con leggerezza fino a terra. 

Il ragazzo mi appoggiò sul letto e ancora una volta si inginocchiò di fronte a me, afferrando e controllando la caviglia.

"Non è così grave" balbettai torturandomi le mani livide.

"Ho qui la valigetta del pronto soccorso" mi interruppe, estraendo da un piccolo cassetto di un mobiletto, un contenitore di plastica bianca con un'imponente croce rossa al centro.

Le parole di mia madre tormentarono stancamente la mia mente. "Posso soltanto dirti di fidarti, non ti farà mai del male, anzi ti terrà al sicuro, come un diamante prezioso."

Decisi di ascoltarla.

"Mi dispiace per prima" mi scusai debolmente. 

Il ragazzo sorrise lievemente, mentre prese dalla scatola numerose bende, disinfettanti e cerotti.

"Hai avuto un comportamento logico. Non preoccuparti" rispose con tono gentile.

"Ascolta, proverò a fidarmi di voi" affermai incontrando i suoi occhi luminosi. 

Nuovamente i lati delle labbra di Luke si allargarono in un dolce sorriso.
In seguito prese tra le mani un fiocco di cotone e fece rovesciare del liquido verdognolo, bagnandolo leggermente. 

Successivamente lasciò scivolare un dito sotto il mio mento, alzando la testa e picchiettando sulla guancia il disinfettante fastidioso.
Una smorfia di dolore si dipinse in modo automatico sulle mia labbra, che però vennero prontamente sigillate in modo tale da evitare qualsiasi gemito.

I miei occhi osservarono curiosi i movimenti delicati e il viso concentrato di Luke.
Era davvero un bel ragazzo: dei capelli biondo cenere abbellivano il suo volto, che però era in modo particolare illuminato da due occhi color azzurro chiaro, sicuramente rubato al cielo primaverile. Gli zigomi erano scolpiti in modo perfetto, con l'aggiunta di due particolari fossette che scavavano con leggerezza le guance.

Doveva essere un angelo.

"Ecco fatto" disse soddisfatto, svegliandomi bruscamente dai miei pensieri.

La caviglia era avvolta in un leggero telo, mentre sul viso e sulle ginocchia il sangue era sparito, lasciando semplicemente qualche sbucciatura.

"Per quanto riguarda la testa non hai presentato nessun trauma cranico, solo un taglio superficiale che si è già rimarginato." continuò.

"Studi medicina?" domandai sorpresa dalle sue competenze.

Una lieve risata uscì dalla sua bocca. "Quasi" rispose in modo enigmatico.

"Ti porto nella tua camera" affermò in seguito.

Così, senza preavviso, mi prese nuovamente tra le sue braccia, per poi uscire velocemente dalla stanza. 
Le sue gambe puntarono verso una porta verniciata di un bianco candido, posizionata sulla parete di un lungo corridoio.
In un attimo mi trovai seduta su una scrivania di legno molto chiaro che ricordava il Sicomoro. 

"Dormi, adesso. Se ti serve qualcosa, io sono fuori" mi avvisò il biondo, dileguandosi.

Quando fui nuovamente sola, scivolai con delicatezza giù dall'elegante mobile, e i miei piedi scalzi tremarono al contatto con il pavimento di parquet.
Feci un giro su me stessa, fissando attentamente l'ambiente che mi circondava.
La stanza erano notevolmente ampia e i colori predominanti erano il bianco e il marrone, di una tonalità che però ricordava la sabbia del mare.
Non seppi ammettere quale dei due fosse il principale, probabilmente battagliavano per la dominanza della stanza.
Sembrava che quest'ultima aspettasse da anni il mio arrivo: il lenzuolo e i cuscini dell'imponente letto a baldacchino erano ricamati da piccole scritte che raffiguravano il mio nome, le pareti erano incise da frasi dei miei scrittori preferiti.


"Era una ragazza semplice, di quelle che sognano dietro ai libri e alle poesie."

"Qualcuno diceva: ha qualcosa addosso, come una specie di infelicità."

"A volte le parole non bastano.
E allora servono i colori.
E le forme.
E le note.
E le emozioni."


Parecchie di Alessandro Baricco.
Il mio migliore amico.

Improvvisamente le mie orecchie percepirono uno strano rumore che velocemente si propagò all'interno della grande stanza. Mi voltai verso la porta, incuriosita.

Urlai con tutto il fiato possibile. 





Hey! Spero vivamente che questo secondo capitolo vi sia piaciuto. Mi scusa in anticipo per i possibili errori di trascrizione.
Alla prossima!

Un abbraccio x
  
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