Per il tuo bene
Non
era stato così difficile attirare il
Bambino-Che-È-Sopravvissuto nel luogo dove
si sarebbe tenuta la prima battaglia – forse anche
l’unica, se Voldemort fosse
riuscito nel suo intento. I Mangiamorte si erano aspettati di vedere
solo il
trio formato da Potter e dai suoi due amici per la pelle, invece si
trovarono
anche altri nuovi aggiunti nella combriccola, cosa che però
non aveva causato
il minimo scalpore.
Poi
era entrato Sirius nella stanza, seguito dagli altri membri
dell’Ordine della
Fenice, e il cuore di Bellatrix perse un battito.
Era
lì, a combattere. Ma a favore di
chi?
Dopo la loro ultima conversazione, non si erano più
incrociati, eppure entrambi
speravano di ritrovarsi a combattere dalla stessa parte. Sirius sperava
nella
bontà di Bellatrix, Bellatrix sperava nella
crudeltà di Sirius. E invece, lei
si scagliò contro Harry Potter. Come ovvio doveva essere,
Sirius corse verso il
figlioccio, facendogli da scudo umano e combattendo, al suo posto,
contro la
donna.
Era
tutta una battaglia fatti di attacchi, contrattacchi, ripari. Nessuno
dei due
aveva ancora la meglio, erano in pura parità, prima che
Bellatrix lanciasse un
“Expelliarmus”.
Sirius si ritrovò,
quindi, senza la sua bacchetta. Quella della donna era puntata contro
di lui
che incatenò i suoi occhi a quelli di lei, tentando di
trovare un
impercettibile spettro dell’amore che avevano condiviso.
«Non
devi farlo, Bella.» disse Sirius, la voce tranquilla e
confortevole. Si
avvicinava, a piccoli passi, alla figura della donna che amava con
tutto se
stesso, che teneva stretta la bacchetta fra le dita, puntata verso di
lui.
Invece,
Bellatrix, non si fece abbindolare dal calore incoraggiante degli occhi
dell’uomo e mantenne lo sguardo, freddo e impassibile, sulla
sua figura.
Scosse
leggermente la testa, la tristezza nelle sue iridi scure in quel buio.
La
battaglia continuava attorno a loro, eppure tutte quelle grida di
combattimento
non giungevano alle orecchie di quelli che, una volta, furono due
amanti. Solo
l’urlo di Harry riuscì a disincantare Sirius, che
volse lo sguardo verso di
lui. Era preoccupato. Preoccupato
per
quella feccia, quell’essere indegno.
Bellatrix
represse l’istinto di piangere, mentre muoveva la bacchetta.
«Eri un uomo così
nobile, tempo fa. Hai mandato tutto in rovina, per queste fecce! Non
posso
vederti così, Sirius. È per il tuo
bene.» disse, il tono di scuse. La sua
determinazione da guerriera tornò mentre scagliava
l’Anatema Che Uccide proprio
verso il petto dell’uomo.
Sorrise,
cosciente di aver fatto la cosa giusta. L’aveva fatto per
lui, in onore di ciò
che un tempo era. Per il suo bene, ma Sirius non avrebbe mai capito. E rise.
Mentre
cadeva nel vuoto, due suoni terribili raggiunsero le orecchie di Sirius
Black.
L’urlo disperato di quello che, per lui, era come un figlio,
Harry, e il suono della
risata della donna che più aveva amato in tutta la sua vita.
Perché
sì, Bellatrix rideva. La
risata folle contenente lo spettro di una bambina pura che mai
più sarebbe
tornata indietro; una risata che aveva, a suo tempo, amato e che adesso
odiava
come mai aveva fatto.
Ho sprecato
tutta la mia breve vita
ad amare la tua risata, Bellatrix. Sirius si
aggrappò a
quel suo ultimo pensiero, mentre il
suo cuore cessava di battere sia per Bellatrix che per la vita.