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Autore: Dragon_Flame    15/08/2014    2 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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12.



 

Emma si sistemò sul letto a una piazza e mezzo di Lidia. Guardandosi intorno con curiosità, la bambina si affacciò alla finestra, osservando la sagoma acuta e maestosa del Cervino che le appariva davanti, imponente e slanciata contro il cielo notturno senza stelle.

"Cervinia è molto carina, come cittadina" osservò, tornando poi a piccoli passi verso il letto su cui Lidia si era appena seduta.

Si accoccolò accanto a lei, sbadigliando vistosamente, per poi adagiarsi sulle braccia che la ragazza aveva teso in avanti per poterla stringere a sé, nonostante lei sentisse caldo. Le dita della castana le accarezzarono la testa piano.

"Sai, non sempre l'amore dura per tutta la vita. E' un po come la vita, non sempre è eterno.
Al mondo, secondo me, esistono tre tipi di amore. Il primo è quello che si vuole ad un amico, ad un familiare, a una sorella o a un genitore e ad una persona che ti sta simpatica ma che non conosci tanto bene, e il secondo è l'amore parentale, ossia l'affetto di un padre od una madre per il proprio figlio. Il terzo tipo di affetto è il più raro, perché sono veramente poche le persone che l'hanno provato. Questo affetto è l'amore vero, quello che provi per una persona che ami più della tua stessa vita, per sempre e comunque. Un sentimento per cui faresti di tutto, pur di proteggerlo e salvaguardarlo. Questo tipo d'amore, però, è conosciuto da molti pochi. La maggioranza della gente crede di amare veramente il proprio compagno o compagna, ma in realtà quell'amore che prova è un affetto esasperato, un aggiustamento, un affetto rafforzato da affinità di carattere o fisiche - non sto a spiegarti cosa sono perché lo scoprirai più avanti -, ma non si tratta di vero amore. Ebbene, i tuoi genitori si amano, Emma, ma non più come prima. Il loro amore, forse, non è stato mai così forte, ma rimarrà sempre l'affetto. L'affetto per te, come anche l'affetto tra loro stessi, anche se i loro litigi ti possono indurre a pensare che si odiano, che non si vogliono più bene. Forse il loro non è vero amore, ma l'amore che proveranno per te durerà per sempre."

Lidia sospirò tristemente, osservando il volto desolato della bambina. Era difficile mentire su certi punti e spiegare a una creatura di otto anni che nulla è per sempre e che anche l'amore, a volte - decisamente molte, troppe volte -, soccombe. Le risultava difficile trovare le parole giuste per rendere Emma consapevole del fatto che la separazione tra i suoi genitori era imminente e che sicuramente non si sarebbero amati più. In fondo, lei era solo una bambina di otto anni appena, e con una sensibilità e un'emotività esagerate. E Lidia aveva solo diciotto anni. Cosa ne sapeva, lei, dell'amore vero e della vita? Lei, che non aveva esperienza né gli anni giusti per poterne vantare un po'? Si sentiva un po' presuntuosa per ciò.

"Io ho paura che loro finiranno per odiarsi. Li ho sentiti parlare di divorzio" replicò Emma stringendo convulsamente le manine sulla maglietta della ragazza.

"Come mai hai ascoltato una loro conversazione?"

"Stavo per entrare nella camera del papà, ma l'ho sentito discutere al telefono con la mamma. Stavano parlando appunto di divorzio. Sentivo la mamma strillare cose come 'ti odio', oppure 'Emma non la rivedrai più, te lo impedirò' e il papà che le rispondeva male e che le diceva cose cattive. Mi è venuto da piangere. Lo sapevo che c'era qualcosa che non andava fra loro, ma non pensavo che si detestassero tanto!"

Le ultime parole della bambina uscirono intermezzate da sonori singulti disperati, mentre i suoi occhioni castani si riempivano nuovamente di lacrime salate.

"Emma, tutto finisce nella vita. A volte anche l'amore. So che è difficile, ma non devi disperarti. Ricorda che i tuoi genitori ti ameranno sempre e comunque, anche se non dovessero più stare insieme. E forse, se si lasceranno, in casa ci sarà un clima tranquillo e anche tu sarai più serena. Spesso la separazione è meglio di un matrimonio tormentato."

Mentre diceva quelle parole, Lidia strinse ancor di più a sé Emma, che singhiozzava più forte.

"Perché dici questo?" replicò la bambina alzando su di lei uno sguardo smarrito e incredulo.

"Lo dico perché anche una mia amica all'inizio si comportava come te. I suoi genitori si stavano separando e lei era disperata e triste per questo. Ma dopo, quando le liti fra loro sono finite e in casa riusciva ad essere serena, lei si è resa conto che la separazione, nonostante fosse difficile per lei non vivere più insieme a entrambi i genitori, aveva risolto le cose."
Lidia parlava della situazione di Eliana, una sua compagna di classe, che aveva subìto il divorzio tormentato dei suoi genitori e che aveva ritrovato un po' di pace solo dopo la fine del processo e un'equa e pacifica risoluzione del loro conflitto attraverso una decisione consenzinte tra entrambe le parti.

"Quindi, se mamma e papà si lasciano, io sarò più serena, dopo?"

Emma era scettica a quella domanda. Non credeva alle parole della ragazza.

Lidia si costrinse a sorriderle con convinzione.

"Forse. L'unica cosa che posso dire con certezza è che solamente il tempo porrà una soluzione."

Dopo quella frase scese il silenzio più assoluto fra le due. Emma si addormentò dopo quache minuto fra le braccia di Lidia e lei la sistemò con delicatezza sotto le coperte del suo letto, stando attenta a non svegliarla. Una volta spenta la luce, la ragazza si accoccolò sotto le coperte dall'altro lato del letto, dando un'ultima, tenera carezza alla testolina scura della bambina prima di voltarsi sul fianco e assopirsi poco dopo.

 

***

 

Improvvisamente il mondo cominciò a tremare e a scuotersi. Lidia si svegliò di soprassalto, levandosi di scatto a sedere per poi osservarsi intorno con gli occhi sgranati per il brusco risveglio. Il suo sguardo vagò nella stanza per qualche secondo prima di posarsi sulla figura di Ivan seduta sul bordo del suo letto.

Le iridi castane dell'uomo la fissavano incuriosite e indagatrici.

"Buongiorno, Lidia" mormorò l'uomo, accostando il viso al suo per darle un bacio sulla guancia.

"Ciao, Ivan" fu la risposta di lei, che si sistemò meglio a sedere sul materasso. "Come mai sei qui?" chiese poi, domandandosi il motivo della sua presenza.

"Per la verità, stavo cercando mia figlia... ieri sera non sono venuto a darle la buona notte. E stamattina ho trovato il suo letto intatto. Mi sono spaventato da morire" spiegò Ivan con un sospiro. "Sono venuto qui per vedere se eri sveglia e magari sapevi dove era. Ma l'ho trovata accanto a te."

Il moro fece un cenno con la testa alla sinistra di Lidia e i suoi occhi osservarono con sollievo la figuretta di una bambina addormentata. La ragazza voltò il capo per seguire lo sguardo dell'infermiere, posando le iridi azzurre su Emma. La piccola dormiva beatamente accoccolata al suo fianco, avvolta dalle coperte, e un sorriso sereno faceva capolino sulle sue labbra piene. La manina teneva saldamente strette nella sua presa le dita della mano sinistra della castana.

"Che cosa è successo, Lidia?" chiese ad un tratto Ivan, mettendosi a sedere più vicino alla ragazza per poi accostare il suo volto vicino a lei, fissandola con i pungenti occhi nocciola.

L'espressione era curiosa.

"Stanotte, a dire il vero, sono stata io a portarla a dormire con me. L'ho trovata nel cuore della notte in cucina, da sola. Stava piangendo" decise infine di dire la giovane, tirando un sospiro.

"Stava piangendo?" domandò l'uomo facendosi improvvisamente attento e preoccupato. "Perché? Cosa...?"

"Ti ha sentito litigare con tua moglie, ieri sera. Sa del divorzio. Sa tutto quanto."

"Come?! Ma che cazzo...? Ma come cazzo ha fatto a sapere del divorzio? Perché ha ascoltato la nostra discussione?!"

Ivan s'accigliò, allibito e incredulo.

Lidia gli posò un dito sulle labbra, intimandogli di fare silenzio.

"Abbassa la voce, cretino, altrimenti Emma si sveglierà!" lo ammonì, guardandolo severamente.

Ivan assentì col capo, moderando il tono vocale.

"Ma come diavolo ha fatto?" ripeté soltanto, spostando lo sguardo preoccupato sulla bambina.

Lidia sospirò. I suoi occhi azzurri si spostarono verso la finestra, da cui proveniva il tenue chiarore appena accennato dei primi raggi solari mattutini. Forse era appena l'alba.

"Ivan, che ore sono?" chiese all'uomo, ignoradone l'ultima domanda.

Lui sembrò sorpreso di sentirsi porre quel quesito, ma rispose prontamente, osservando il display touch screen del suo cellulare.

"Sono le sei e un quarto. Ma perché me lo chiedi...?"

"Bene" lo interruppe lei. "Questo significa che gli altri non si sveglieranno prima delle sette. Abbiamo quarantacinque minuti per parlare tranquillamente della faccenda. Tu porta Emma nella sua stanza e mettila a dormire nel suo letto, senza svegliarla. Poi va' in cucina e aspettami. Intanto io mi vesto. Non ci metterò molto" ordinò all'uomo, facendogli uno sbrigativo cenno della mano per incitarlo a muoversi. "Vai!" lo incitò.

Il moro annuì col capo ed obbedì, attendendo poi la ragazza nella stanza. Dopo neanche cinque minuti Lidia entrò e gli fece cenno di seguirlo, conducendolo nella propria camera. Qui entrambi si sedettero sul letto rifatto, guardandosi l'un l'altra negli occhi.

"Puoi dirmi tutto ciò che sai, adesso?" cominciò Ivan accomodandosi a sedere accanto alla giovane fiorentina.

Lei gli prese una mano, stringendola tra le proprie con forza.

"Ieri sera Emma stava andando a darti la buonanotte, ma da dietro la porta ha sentito te e Alessia litigare al telefono. Ha ascoltato tutto. Ora è consapevole della vostra intenzione di divorziare. Era disperata e piangeva quando l'ho trovata in cucina. Lei si è sfogata e mi ha raccontato cosa è successo, poi si è addormentata in camera mia e l'ho lasciata riposare qui. Ecco tutto, in sintesi" narrò.

"Cazzo. E adesso come glielo spiego a mia figlia?"

"L'unica cosa che devi fare adesso è essere sincero con lei e non nasconderle nulla. Dovete affrontare questa situazione. L'avreste fatto comunque, al rientro dalla vacanza" suggerì Lidia.

"Temo che non voglia ascoltarmi. Dopo quello che ha sentito ieri sera - a mia moglie ne ho dette di tutti i colori -, non credo che vorrà sentir ragioni. E non voglio vederla piangere" protestò l'uomo.

"Cosa vuoi fare, allora? Vuoi lasciarla sola in balìa del suo tormento interiore? E' meglio chiarire le cose una volta per tutte, a questo punto" replicò con fermezza la ragazza, costringendo l'uomo a guardarla negli occhi.

Le sue iridi azzurre lampeggiavano intimidatorie.

"Avremmo dovuto dirglielo subito e non tenerglielo nascosto. Ora la situazione è più complicata" considerò fra sé il padre della bambina."So che devo farlo, Lidia, ma la piccola, molto probabilmente, non vorrà ascoltarmi. Fidati, la conosco."

"Non tanto bene, papà, se dici questo."

Sorpresi, Lidia e Ivan si voltarono di scatto verso la porta, sulla soglia della quale stava la bambina.

Lidia serrò le labbra, posando uno sguardo duro sull'uomo.

"Per fortuna che ti avevo detto di non svegliarla" lo rimproverò, spostando poi nuovamente le iridi cerulee sulla piccola per mettere a tacere eventuali repliche dell'infermiere.

Emma se ne stava in piedi ad ascoltare la conversazione fra i due. Sembrava tranquilla e composta, ma gli occhi lucidi e gli angoli della bocca rivolti all'ingiù in una smorfia sottolineavano il turbamento del suo animo. La bambina mosse alcuni passi verso la direzione del genitore, facendosi poi prendere tra le braccia da quest'ultimo.

"Papà, perché tu e la mamma non me lo volevate dire? Io mi ero già accorta che qualcosa fra voi non andava più come prima" gli fece presente la figlioletta.

Ivan si ritrovò a dover scegliere bene ogni singolo termine, perché il fiume di parole oltraggiose contro Alessia che premeva per uscire dalla sua bocca non poteva certo riversarlo su Emma. Avrebbe sofferto ancor di più. Già sapeva che i genitori si odiavano, ma non c'era assolutamente bisogno di rimarcare il fatto.

"Vedi, piccola mia... io e la mamma ci siamo accorti di non amarci più. La mamma ha anche incontrato un altro uomo e lui la rende felice. Per questo stavamo litigando, ieri sera. Vogliamo separarci, ma dobbiamo anche decidere come fare con te, perché entrambi vogliamo vivere con te. Sia io che Alessia ti vogliamo bene e non potremmo sopportare di perderti."

"Quindi ieri sera litigavate per colpa mia?" fu la domanda che la figlia pose al padre.

Emma lo osservava con occhi tristi e sembrava sul punto di scoppiare ancora una volta a piangere. Le ultime frasi sentite le avevano fatto molto male, troppo male, e lei era solo una bambina di otto anni. Si sentiva il cuore lacerato se pensava al fatto di essere la causa dei dissapori tra i genitori. Le iridi nocciola divennero ancor più lucide.

L'uomo si affrettò a contraddirla. Non voleva che la bambina si colpevolizzasse e risentisse ancor più pesantemente della separazione.

"No, tesoro, non è colpa tua. La colpa del litigio ce l'abbiamo io e la mamma che non sappiamo metterci d'accordo. Tu non c'entri niente."

Strinse a sé la figlioletta, accarezzandole la testolina con la grande mano e posando un bacio sui suoi capelli scuri e lisci. Emma cinse il torace del padre con le braccia, sospirando sollevata, credendo con cieca fiducia alle parole del suo papà. Perché lui era suo padre e lei se ne fidava incondizionatamente. Lui l'amava, la proteggeva, voleva che fosse felice. Come poteva non fidarsi? A quelle parole si era sentita come se un macigno le fosse svanito da sopra il cuore, alleggerendole l'animo e risollevandole in parte l'umore devastato da quell'improvvisa consapevolezza.
La piccola si portò le dita alle orbite oculari, sfregando le palpebre per asciugarsi le lacrime che minacciavano di scivolare giù dagli angoli degli occhi.

"Pensavo di essere io la causa del vostro odio" confessò la bambina, alzando le iridi nocciola verso quelle dell'infermiere.

"Emma, tu non sei la causa dell'odio fra i tuoi genitori. Piuttosto, sei la ragione per cui il loro amore è stato tanto forte per tutti questi anni" aggiunse Lidia, facendosi poi avanti per posarle una mano sulla spalla, in modo da farle sentire il suo affetto.

"Davvero, papà? E' vero quel che dice Lidia?"

Gli occhioni della bambina fissavano il padre con rinnovata serenità e consapevolezza.

"Ma certo, Emma" asserì convinto il moro, ricambiando poi lo sguardo d'intesa della castana e ringraziandola tacitamente per il suo aiuto.

"Emma, ti ricordi che cosa ti ho detto ieri sera?" domandò la ragazza attirando l'attenzione della piccola.

Lei annuì col capo, asciugandosi gli occhi lucidi di lacrime.

"Meglio una separazione piuttosto che un matrimonio tormentato."

"Esatto."

"Papà, se tu e la mamma vi separate, io sarò serena?" chiese con serietà la bambina.

"Sì, Emma. Non litigheremo più e potremo vederci quando vorremo" si costrinse a dire Ivan con finta tranquillità, consolando la figlia. "E ora torna nel tuo letto, tesoro. Hai ancora una mezz'ora per sonnecchiare. Ci vediamo dopo."

"Va bene, ma fra un po'. Chi è quest'uomo che rende felice la mamma, papà?" insisté la bambina, afferrando con le dita il bordo della maglia che Ivan aveva indosso e fissando il padre con occhi seri e curiosi.

L'uomo tentennò il capo, in cerca di una frase da dire per convincere sua figlia a tornare a dormire.

"Credo che, una volta tornati a Firenze, lo conoscerai, prima o poi. Ma ora va' a riposare, su" la incitò, passando una delle sue grandi mani sulla guancia paffuta e rosea della bambina per asciugare una lacrima solitaria che lentamente la stava rigando. "Tutto si risolverà, Emma. E, anche se io e la mamma non staremo più insieme, ricordati che tu sei la nostra bambina e ti ameremo per sempre. Ti vorremo sempre bene, che stiamo insieme o no. E nessuno potrà mai cancellare il nostro affetto."

Il moro si costrinse a sorriderle ancora per incoraggiarla, dandole poi un tenero bacio delicato sulla fronte.

Emma assentì e scese dalle gambe del padre, salutando con la manina entrambi gli interlocutori. Uscì dalla stanza chiudendosi piano la porta alle spalle e lasciando così Ivan e Lidia da soli.

L'infermiere sospirò desolato, prendendosi la testa fra le mani. Il braccio della giovane gli cinse le larghe spalle, facendogli sentire la sua vicinanza.

"So che ti è difficile mentire ad Emma, ma è l'unico modo per preservare quel poco di serenità che le resta" asserì Lidia posando su di lui uno sguardo preoccupato.

"Lo so, Lidia, ma non funzionerà ancora per molto. Presto, quasi sicuramente, io e Alessia ci contenderemo l'affidamento esclusivo di nostra figlia e lei finirà nella tempesta, senza nessuno che le sia di supporto per la sua sofferenza. Soffrirà e io non potrò fare niente per consolarla, perché sarò troppo impegnato a evitare che mia moglie mi strappi mia figlia dalle braccia."

"Mi dispiace, Ivan, mi dispiace tanto" mormorò Lidia al suo orecchio, stringendo l'uomo in un abbraccio per confortarlo.

Lui ricambiò la stretta, avvolgendola con le braccia e posando la testa sulla sua spalla, sfogando poi il carico di emozioni negative che reprima dentro di sé da ormai due anni.

"Fatti coraggio. Emma è piccola, emotiva, sensibile, ma anche tanto forte. Non è fragile come sembra; ha una forza d'animo impressionante. Ce la farete. Io ne sono sicura" mormorò Lidia per rassicurare l'uomo, affondando le dita tra i capelli scuri della sua testa per poi stringerlo più forte a sé.

Ivan celò il volto posandolo sul petto della ragazza, trattenendo a stento le lacrime mentre lei gli sussurrava parole di incoraggiamento all'orecchio.
 

***

 

Era la sera del 4 Agosto. Il gruppetto di viaggiatori fiorentini si stava preparando per il giorno dopo, in cui tutti quanti avrebbero affrontato il lungo percorso di dieci ore tra soste e tratti in macchina per tornare nell'afoso capoluogo toscano.

Quando si dovette decidere come sistemarsi nelle vetture, la comitiva perse più di un quarto d'ora discutendo. Domenico, sempre vigile e attento nei confronti della primogenita, aveva preteso che la figlia salisse in macchina con Rita e Tony piuttosto che con Ivan, adducendo come scusa il fatto che Emma doveva viaggare col padre. Ma il fermo rifiuto di Emma, che voleva trascorrere quella mezza giornata di viaggio con il suo migliore amico Marco, aveva posto un ostacolo alla realizzazione del volere dell'uomo, causando una situazione di stallo.

"Emma, chiedi scusa a Domenico. Non ci si rivolge così ad un adulto" esordì Ivan nel bel mezzo della vivace discussione fra i vari viaggiatori, intimando alla figlia di smettere di fare capricci.

Ma la bambina non voleva cedere; anzi, a quella presa di posizione del padre la sua testardaggine s'inasprì e, forte del sostegno di Marco, lei continuò imperterrita ad insistere affinché loro due non venissero separati.

Lidia taceva, standosene in disparte per evitare di essere ulteriormente trascinata dentro alla faccenda. Avrebbe voluto gridare a tutti il suo volere a tutti i costi trascorrere con Ivan quelle dieci-undici ore del ritorno a Firenze, ma non poteva permettersi di far sospettare al padre qualcosa. Perciò se ne rimase in silenzio, limitandosi ad osservare gli altri che discutevano.

Ivan tentava debolmente di convincere la figlia ad arrendersi, ma sotto sotto confidava nella sua ostinazione. Fa' che Domenico si convinca a far viaggiare Lidia con me, pensava, incrociando di nascosto da tutti le dita. In fondo, chiedeva solo un po' di fortuna.

Alla fine questa gli fu concessa. Visto che la bambina non demordeva, Lidia si fece avanti.

"Papà, se Emma vuole rimanere con Marco, che problema c'è? In fondo, si tratta solo di una mezza giornata. All'andata i bambini non hanno causato problemi a Rita e a Tony, perciò non credo che per loro ci siano motivi per cui i piccoli non possano viaggiare nella loro auto" disse Lidia con convinzione. "Se, ovviamente, per Rita e Tony va bene questa decisione."

La coppia non trovò nulla da ridire; anzi: i due erano contenti di poter trascorrere l'intero viaggio di ritorno con i bambini, perché entrambi li adoravano.

A quella replica il padre della ragazza non seppe ribattere, dato che non c'era nulla da poter contestare, perciò si vide costretto a dichiararsi d'accordo. Tuttavia, decise che avrebbe controllato di più la figlia maggiore, perché tutto quel tempo che trascorreva insieme ad Ivan lo faceva insospettire.

La mattina del 5 Agosto, quindi, la comitiva di Firenze ripartì per il capoluogo toscano, dicendo addio alle smeraldine valli alpine, ai fertili pascoli montani, ai paesini arroccati sulle vette e sui fianchi brulli di acute montagne, ai ruscelli e alla grandi fiumi azzurri e puliti che scorrevano tumultuosi verso la piana per confluire successivamente nei grandi corsi acquatici padani, alle nevi perenni dei ghiacciai del gigante Cervino, alla piccola, splendida Valle d'Aosta, in cui i quattordici viaggiatori avevano trascorso due settimane bellissime.

Due settimane che però, per Emma, Ivan e Lidia, erano terminate nel dispiacere.

***

N.d.A.
Salve a tutti!
E buon venerdì notte...
Bon, non ho risposto a recensioni né messaggi e sono indietrissimo con i capitoli da leggere e le recensioni che avevo deciso di lasciare e che ancora non sono riuscita a scrivere, ma rimedierò nel weekend. Forse, se magari avessi un po' di minuti liberi per riprendere fiato. Sono sempre di corsa, in questi giorni. Ho troppo da fare.
Sono riuscita tuttavia a ritagliarmi cinque minuti per correggere e postare il capitolo nuovo su Efp. Be', spero che vi piaccia. Mi aspetto la segnalazione di qualche errore, anche grave, perché il sonno me ne avrà fatto sfuggire qualcuno, perciò mi auguro soltanto che il capitolo non faccia schifo nel suo complesso.
E poi, come ultima cosa, vorrei ringraziare chi segue la storia, la legge e la recensisce. Non ho nemmeno aperto la pagina delle recensioni, perciò non so se qualcuno ha commentato il capitolo precedente. In ogni caso, comunque, ringrazio chiunque l'avesse fatto. Per me il sostegno positivo e incondizionato altrui è fondamentale. Quindi grazie.
Bon, termino qua la mia epopea.
Buona notte a tutti :*


Flame
  
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