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Autore: Soul of Paper    15/08/2014    5 recensioni
Il mio finale della quinta serie. Cosa sarebbe successo se dopo aver ricevuto quella telefonata notturna a casa di Madame Mille Lire nella quinta puntata ed essersi seduti su quel divano, le cose fossero andate diversamente? Cosa sarebbe successo se Gaetano non avesse permesso a Camilla di "fuggire" di nuovo? Da lì in poi la storia si sviluppa prendendo anche spunto da eventi delle ultime due puntate, ma deviando in maniera sempre più netta, per arrivare al finale che tutte noi avremmo voluto vedere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 38: “The breaking point”
 
 
 
“Camilla è qui?”
 
“Gaetano!” esclama Andreina, sorpresa dalla veemenza con cui l’uomo è entrato in casa, “sì, certo, Camilla è qui, credo si stia facendo un bagno e mi ha avvisato che lei ci avrebbe raggiunto dopo. Ma è successo qualcosa? Pensavo foste d’accordo.”
 
“Sì, cioè… mi chiedevo solo se fosse già arrivata,” abbozza Gaetano, capendo che Camilla evidentemente non voleva far sapere alla madre quello che era successo tra loro.
 
“Ma è successo qualcosa di grave? La vedo molto agitato… O siete ancora in lite?” chiede la donna con un sospiro, facendo strada verso il salotto e intuendo, dall’espressione dell’uomo di aver colto nel segno, “Gaetano, mi ascolti, non so cosa è successo con mia figlia, ma se è ancora arrabbiato con lei, le garantisco che mia figlia non solo la ama, ma la adora: non l’ho mai vista così con nessuno e dire che ha cinquant’anni suonati e non venti…”
 
“Lo so, Andreina, lo so e le garantisco che anche per me è lo stesso. Abbiamo solo bisogno di parlare e di chiarirci, tutto qui,” la rassicura Gaetano, sperando in cuor suo che sia vero, dato che non aveva mai visto Camilla così.
 
“Senta, io conosco bene mia figlia, se mi spiega qual è il problema, magari posso fare qualcosa per lei, per voi, e aiutarla, aiutarvi,” si offre Andreina, in fondo curiosa di scoprire i motivi di questo litigio, dato che quando erano arrivati in visita i due sembravano il ritratto della felicità, quasi da coma diabetico.
 
“La ringrazio ma… è qualcosa che devo discutere da solo con Camilla, lei mi capisce, vero?” risponde, in apprensione per dover rifiutare qualcosa a quella che spera di poter ancora considerare la sua futura suocera, ma sapendo che è l’unica cosa sensata da fare se non vuole peggiorare ancora le cose con Camilla.
 
“Siete proprio uguali voi due. È la stessa risposta che mi ha dato mia figlia ieri sera,” commenta Andreina con una mezza risata, per poi aggiungere, mettendogli una mano sul braccio, “vedrà che andrà tutto a posto: però mi raccomando, non mi deluda anche lei! Stavo appena cominciando a rivalutare il gusto di mia figlia in fatto di uomini, non mi faccia di nuovo cambiare idea.”
 
La stretta improvvisa sull’avambraccio, dalla forza straordinaria considerata l’età di Andreina, l’occhiata tagliente e il tono di avvertimento, oltre a ricordargli quelli di una certa professoressa e di una certa adolescente dagli occhi azzurri, gli fanno anche capire che quello dell’anziana non è solo un amichevole consiglio.
 
E si sorprende nel pensare che non cambierebbe una virgola nemmeno di Andreina, per nessun motivo, perché non può evitare di ammirare le donne di casa Baudino, con tutta la loro forza, la loro intelligenza e la loro “pericolosità” e perché è proprio questa la famiglia di cui vuole far parte. E non ha alcuna intenzione di perderla.
 
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Si sveglia con un dolce peso sul petto, ben diverso dal macigno che aveva avuto piantato sullo sterno fin dalla magnifica serata a casa del produttore di vini e che era ancora peggiorato dopo la discussione con Camilla e successiva fuga in taxi.
 
Apre gli occhi, abbassa il capo e la vede, distesa accanto a lui su un fianco, il capo appoggiato sul suo petto come se fosse un cuscino, abbracciata a lui e profondamente addormentata.
 
Il parallelismo con la notte e con la mattinata precedente non gli sfuggono affatto e trattiene a stento un moto di riso amaro, mentre la contempla, timoroso di svegliarla e di distruggere questo momento di pace e di serenità, di calore, di amore.
 
La sera prima Camilla aveva fatto un lunghissimo, interminabile bagno, a cui era seguita una cena con Amedeo ed Andreina in cui la tensione tra i componenti delle due coppie riempiva ogni singolo angolo della stanza, quasi come se fosse un fumo nero, fitto e soffocante. Livietta era fortunatamente uscita con Nino e i suoi amici, per godersi le ultime serate insieme prima del ritorno a Torino.
 
Dopo la cena Camilla sembrava aveva riscoperto un’improvvisa passione per i noir classici, insistendo per guardare insieme a sua madre Casablanca, il meglio di un palinsesto estivo pieno di repliche di repliche di repliche.
 
Lui, non volendo perdere nemmeno il minimo spiraglio per un chiarimento, si era unito a loro e quella storia di due amanti che devono dirsi nuovamente addio l’aveva lasciato, se possibile, ancora più depresso di quanto già fosse.
 
Finito il film, Camilla aveva proclamato di essere terribilmente stanca ed era andata direttamente a letto. A nulla erano valsi i suoi tentativi di parlarle, di chiarirsi con lei. Distesa a letto, la testa appoggiata su un gomito, l’aveva guardato con un’espressione determinata e vulnerabile insieme, un’espressione che non si sarebbe mai più scordato e l’aveva pregato di riflettere molto bene su quello che lei gli aveva detto, sui suoi sentimenti e sulle sue paure, prima di farle promesse che non avrebbe potuto mantenere. L’aveva implorato di non aprir bocca se non era sicuro e convinto al cento per cento di quello che stava per dire.
 
E lui era rimasto di nuovo come paralizzato, imbambolato, mentre le parole che voleva dirle, che aveva bisogno di dirle sembravano scontrarsi nella sua mente e sfuggirgli non appena le sfiorava. Lei lo aveva guardato malinconica per qualche istante, per poi girarsi verso il bordo del letto, dandogli le spalle.
 
Non ricordava con precisione quante volte, in quella lunghissima notte praticamente insonne, avesse allungato una mano per accarezzarle la schiena, ma il coraggio all’ultimo minuto gli era sempre mancato e si era limitato a fissare quella pelle candida che sembrava quasi brillare nel buio della stanza, maledicendosi per la sua idiozia e per tutto quello che doveva averle fatto passare la notte precedente. Perché trovarsi dall’altra parte non era affatto piacevole, per nulla, anche se pure per lui la notte prima non era stata per nulla semplice, anzi, era stata una vera tortura: sentirla muoversi nel letto, senza pace, e lottare contro la voglia straripante di voltarsi e di abbracciarla stretta a sé, fino a tranquillizzarla e a tranquillizzarsi.
 
Alla fine le due notti insonni avevano sortito il loro effetto e si era addormentato, sempre fissando quella pelle lattea, e ora si era di nuovo risvegliato abbracciato a lei, come se nulla fosse successo, come se, inconsciamente, non potessero proprio stare lontani. Ma consciamente era un altro discorso: come aveva detto Camilla a volte l’amore non basta, se manca la fiducia. E lui temeva di averla spezzata per sempre quella fiducia, in una specie di stupido circolo vizioso, di profezia autorealizzante, come le chiamavano in uno dei corsi di psicologia che aveva frequentato all’università. Se hai paura di perdere qualcosa la perderai, perché la paura ti farà comportare come un cretino. Questo era il succo della lezione e lui ci era cascato con tutte le scarpe.
 
Mentre è ancora immerso nei suoi pensieri, le palpebre di Camilla si dischiudono leggermente e lei lo guarda con occhi ancora gonfi, addormentati ma pieni d’amore e gli sorride come ogni mattina. Ma è questione di qualche secondo, immediatamente la sua espressione muta e diventa malinconica: evidentemente il cervello e la memoria di Camilla si riattivano molto più rapidamente dei suoi. Cerca di alzarsi ma lui la trattiene abbracciata a sé.
 
“Camilla, ti prego, perdonami io… io mi sono comportato da idiota ma ti amo e-”
 
“Shhh,” lo zittisce, posandogli un dito sulle labbra, non potendo trattenere un sospiro quando lui, incapace di resistere, le bacia il polpastrello, “Gaetano, non serve che ti scusi, perché non c’è nulla da perdonare, non è colpa di nessuno o forse è di tutti e due. E lo so che mi ami, ma qui l’amore non c’entra, non è quello il problema. Il problema è se puoi credere o meno che anche io provo lo stesso per te, se non di più e-“
 
“Io mi fido di te, Camilla, più di quanto mi fidi di qualsiasi altra persona al mondo e lo sai,” la interrompe, guardandola negli occhi per farle capire quanto è sincero.
 
“Gaetano, per favore, l’unica cosa che ti chiedo è di rifletterci sul serio, con calma, come questa risposta, come il nostro rapporto merita, di guardarti dentro nel profondo. Io sono qui, non vado da nessuna parte, vorrei solo capire se ne sei davvero consapevole e convinto anche tu, al cento per cento,” risponde accarezzandogli il viso in un modo dolce e triste al tempo stesso che gli spezza il cuore.
 
Sta per rispondere quando un bussare insistente sulla porta li interrompe.
 
“Camilla, Gaetano, siete svegli?”
 
“Mamma, che succede?” domanda Camilla stupita, dato che sua madre non si era mai nemmeno avvicinata alla loro stanza da letto in questi giorni.
 
“Scusate se vi disturbo, ma c’è una cosa che credo dobbiate vedere subito, vi aspetto in sala da pranzo con la colazione,” risponde dall’altro lato della porta ancora chiusa, un tono quasi solenne che non sfugge a nessuno dei due.
 
Si scambiano uno sguardo preoccupato prima di correre a vestirsi: il resto dovrà aspettare.
 
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“Cos’è successo, mamma?”
 
“Quella, è indirizzata a voi. È arrivata in una busta più grande, indirizzata a me, che è lì sul tavolo.”
 
Camilla guarda la busta gialla e spessa e poi la busta bianca, più piccola, con una scrittura tondeggiante ed ordinata che riconosce subito.
 
“È di Ilenia: quella è la sua grafia,” proclama, allungando una mano per afferrare la busta.
 
“Aspetta: è meglio mettere i guanti,” la blocca Gaetano, “signora Andreina, non ne avrebbe un paio? Quelli usa e getta per le pulizie di casa vanno benissimo.”
 
“Sì, sì, certo.”
 
E così, con mani guantate e tremanti Camilla apre la busta che, a differenza di quella gialla, non è sigillata e ne estrae un paio di fogli scritti fitti-fitti, fronte e retro.
 
 
Camilla, Gaetano,
 
è ironico che non sia praticamente mai riuscita a chiamarvi in questo modo di persona e invece mi venga così naturale farlo mentre scrivo queste righe. So che quando le leggerete saprete già della mia fuga e so che probabilmente vi ho deluso e che forse non crederete a una sola della parole di questa lettera, ma volevo e dovevo ringraziarvi e dirvi quanto mi dispiace.
 
Grazie per quello che avete fatto per me e per mio fratello otto anni fa: anche se alla fine è andata come è andata, mi avete fatto capire che cosa vuol dire lottare per quello in cui si crede e non arrendersi mai, mi avete mostrato che c’era un’altra strada, che potevo prendere in mano la mia vita, scegliere cosa volevo diventare e allontanarmi dal destino di sofferenze che mi attendeva accanto a mio padre.
 
Camilla, non hai idea di quanta forza mi hai trasmesso, di quanto l’affetto e… l’amore che mi hai dimostrato, a me che in fondo ero solo una tra i tuoi tanti studenti, abbia significato per me. Avrei tanto voluto avere una madre come te, credo che la mia vita sarebbe stata molto diversa, non fosse altro perché non avresti mai accettato di stare accanto ad uno come mio padre.
 
E qui arrivo a te, Gaetano, e a questi ultimi mesi. Ogni volta che venivo a fare da babysitter a Tommy, ammetto che mi sentivo in colpa a farmi pagare, perché onestamente credo che avrei dovuto pagare io voi per tutto quello che mi avete dato. Mi avete accolta come una di famiglia e per la prima volta da… da sempre mi avete fatto sentire a casa, tutti, non solo voi due, ma anche Tommy, Livietta e perfino la signora Andreina nei giorni in cui sono stata ospite a casa sua.
 
Forse per colpa di mio padre non ho mai avuto molta fiducia nel genere maschile e nell’amore in generale, nell’idea del matrimonio e dei figli: ho sempre pensato che fossero un’illusione, che ci si sposasse per paura di restare soli per poi trovarsi in una prigione a rimpiangere la propria indipendenza. Ma vedervi insieme, vedere quanto vi amate, vi rispettate e vi supportate a vicenda, il modo in cui amate Tommy e Livietta davvero come se fossero figli di entrambi e quanto avete lottato per stare insieme mi ha quasi fatto cambiare idea. Anche se ormai è troppo tardi per me, vista la vita che mi aspetta, ma del resto non ho mai immaginato una famiglia e dei figli nel mio futuro, quindi si vede che non era proprio destino.
 
So cosa vi starete chiedendo: “perché sei fuggita?”. La verità è che dopo quello che è successo a mio fratello non credo più nel sistema, non credo più nella giustizia. Lo so che tra le forze dell’ordine ci sono ottime persone, come te Gaetano, che danno l’anima per il loro lavoro, ma alla fine conta di più un bravo avvocato che la verità, soprattutto visto che a capo delle indagini ci sono un nevrotico e un bullo della peggior specie, che me l’ha giurata fin da subito per via di risentimenti personali verso Marchese. E io non ho i soldi per permettermi un bravo avvocato e non voglio passare il resto della mia vita in galera per qualcosa che non ho commesso.
 
Perché, anche se dubito che potrete credermi ancora, io non ho ucciso lo Scortichini, né ho contribuito in alcun modo alla sua morte. Quando è tornato libero ho provato dolore, delusione, sono diventata più cinica e dura, ma non credo di averlo mai odiato, anche perché non l’ho praticamente mai nemmeno visto in faccia, è sempre stato un perfetto estraneo per me. Chi invece ha ucciso davvero mio fratello è mio padre e il mio odio è sempre andato tutto a lui, ma nemmeno a lui farei mai del male, perché mi abbasserei al suo livello e mi sono sempre ripromessa che avrei fatto di tutto per non somigliargli in nulla.
 
Conoscendovi, immagino che probabilmente state o stavate indagando per tirarmi fuori dai guai e so che con la mia fuga rischiate di finirci voi nei guai e per questo volevo scusarmi con tutti voi. So che vi ho messo in una posizione non facile, anche con il lavoro di Gaetano e davvero mi dispiace. Spero che almeno sia servito a qualcosa allontanarmi in questi ultimi giorni… Credetemi quando vi dico che l’ultima cosa che volevo era coinvolgermi nei miei problemi.
 
Non so se proseguirete ad indagare su questo caso o meno, non voglio assolutamente che abbiate problemi per colpa mia, ma, in ogni caso, quello che posso dirvi è che non sono stata io e non so chi sia stato, ma c’è qualcuno che sa o dice di saperlo. Non ho fatto il suo nome alla polizia perché non avrebbero mai creduto che non c’entravo nulla, ma arrivati a questo punto… Si tratta di un punkabbestia amico di mio fratello: quello che fregò la telecamera a Sammy. Si fa chiamare Marcio, mi ha rintracciata qualche settimana fa, mi ha detto che aveva saputo tramite facebook che sarei tornata a Roma e che voleva parlarmi.
 
All’inizio la cosa mi ha inquietata un po’, ma sembrava gentile e ancora molto colpito dalla morte di mio fratello e… ero curiosa di sapere, di conoscere la vita di mio fratello negli ultimi tempi prima della sua morte, di poter condividere il mio dolore con qualcun altro. Ci siamo visti proprio sabato, il giorno in cui è morto lo Scortichini, mi ha dato un appuntamento al Pincio e abbiamo parlato per quasi due ore di mio fratello, della sua vita con i punkabbestia e del processo. Poi quando siamo entrati in confidenza mi ha chiesto di seguirlo in un posto, dicendomi che doveva mostrarmi qualcosa e che c’erano dei cani che avevano bisogno del mio aiuto. Io mi sono un po’ inquietata ma non volevo essere scortese e gli ho detto che avevo un impegno la sera ma lui ha insistito dicendo che mi avrebbe riaccompagnata in tempo e che non c’era nulla da temere, che mi potevo fidare di lui.
 
Lo so che forse sono stata stupida ma sono salita con lui su un furgoncino scassatissimo e mi ha portata in un posto in campagna. Non ricordo esattamente la strada ma era dopo Spinaceto. C’era un cascinale mezzo diroccato e c’erano due rottweiler che però non sembravano passarsela male, anche se erano un po’ intontiti. Lui mi ha spiegato che erano ex cani da combattimento e che lui e il proprietario del cascinale li stavano curando in memoria di Black. All’inizio ho trovato la cosa toccante e ho accettato di visitarli anche se si stava facendo tardi. Poi però ho detto a Marcio che era ora di andare e lui ha cominciato ad insistere che dovevo aspettare il proprietario del cascinale, che dovevo assolutamente incontrarlo.

Ho iniziato ad innervosirmi e a cercare di fargli capire che dovevo andarmene e lui mi ha fatto un discorso quasi delirante sul fatto che io e lui eravamo come fratelli e che quella era una sera speciale, che Black finalmente sarebbe stato vendicato e che dovevo aspettare per riuscire a capire. Mi ha portato in una stanza della casa, piena di ritagli di giornale sul caso Scortichini e di foto dello Scortichini e dei suoi cani e lì ho avuto davvero paura. Poi però, improvvisamente, ha ricevuto una telefonata, è uscito per rispondere e quando è tornato è radicalmente cambiato: mi ha detto che dovevamo andarcene di lì. Io non volevo salire in macchina con lui ma mi ci ha quasi costretta e per fortuna mi ha riportata a Spinaceto, dove finalmente mi ha lasciata scendere. Gli ho detto chiaro e tondo che non volevo che mi cercasse mai più, che abitavo con un vicequestore e che se mi avesse ancora importunata l’avrei denunciato e sono corsa in un bar lì vicino e poi ho preso un taxi e sono venuta alla tenuta di Allegra.
 
Vi starete sicuramente chiedendo perché non vi ho detto niente, ma all’inizio ero scossa, mi sentivo come se mio fratello fosse morto di nuovo, come se la sua memoria fosse stata di nuovo sporcata… E quando sono venuti a prendermi quelli della polizia e mi hanno spiegato quando era morto lo Scortichini ho capito che se avessi detto con chi ero non solo non avrei avuto un alibi, ma avrei rischiato di peggiorare ancora la mia situazione. Poi nella notte tra martedì e mercoledì ho ricevuto  una chiamata sul cellulare. Il numero era stato reso anonimo, ma era lui e mi ha detto che sapeva chi aveva ucciso lo Scortichini e come e che dovevamo incontrarci.
 
Sapevo che non poteva essere stato lui, non materialmente almeno, perché era con me, ma ero sicura che fosse stato un suo complice e allora ho deciso di andarci e di provare a registrare quello che mi avrebbe detto, per riuscire a scagionarmi. Ma all’appuntamento al Pincio non si è mai presentato e non so che fine abbia fatto, non ha mai più risposto alle mie chiamate.
 
Lo so che sembra una storia assurda ma è la pura verità e so che se c’è qualcuno che può credermi, che può credere in me ancora una volta, siete voi.
 
Lo ripeto, non vi chiedo di indagare ancora, fate di queste informazioni ciò che credete, ma avevo bisogno di farvelo sapere, di farvi sapere che non sono un’assassina.
 
In ogni caso vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me, per avermi voluto bene e, per quel che vale, vi garantisco che la cosa è stata ed è reciproca. Perdonatemi, se potete.
 
Vostra,
 
Ilenia
 
 
Camilla finisce di leggere la lettera ad alta voce e lei e Gaetano si guardano per qualche istante, mentre cercano di elaborare quanto appena letto.
 
“Non dirmi che credi a quello che c’è scritto su questa lettera,” sospira Gaetano, riconoscendo perfettamente l’espressione sul viso di Camilla.
 
“Perché? Tu non ci credi?”
 
“Non credo a una sola parola, Camilla! È scritta molto bene, questo lo riconosco, evidentemente Ilenia oltre ad un Oscar potrebbe pure meritarsi un Pulitzer, ma è solo l’ennesimo tentativo di gettarci fumo negli occhi. Se perché lei spera che così cercheremo di scagionarla o comunque la copriremo se dovessimo scoprire qualcosa su dove si trova non lo so ma-“
 
“Ma mi sembra che questa lettera contenga delle spiegazioni, Gaetano, che peraltro coincidono in gran parte con i fatti che sappiamo e-“
 
“Appunto, Camilla, coincidono con i fatti che conosciamo, anzi con i fatti che Ilenia pensa che noi e la polizia conosciamo.”
 
“Che vuoi dire?”
 
“Voglio dire che in questa spiegazione, Camilla, c’è un’evidente contraddizione. Ilenia dice di essere stata al Pincio e poi al cascinale, cosa che sappiamo benissimo entrambi non può essere vera, dato che la polizia ha ritrovato un brandello della tasca dei suoi pantaloni sulla ringhiera dello Scortichini. Perché commettere un errore così grossolano, perché non tentare almeno di inventarsi un motivo per spiegare la sua presenza al casale dello Scortichini, mentre si è premurata di giustificare la sua conoscenza con Marcio? Perché Ilenia non sa che la polizia ha ritrovato quel frammento di tessuto, dato che De Matteis gliel’ha tenuto nascosto di proposito!”
 
“Ma allora perché raccontarci invece di Marcio? Guarda la data di affrancatura della busta, Gaetano. È di ieri, è stata consegnata stamattina, ma probabilmente è stata spedita già giovedì, il giorno della sua fuga, o ieri mattina al massimo. E noi a quel punto stavamo ancora cercando il punkabbestia, Gaetano, la polizia ne ignorava l’esistenza e non sapevamo nulla dei rapporti tra lui e Ilenia negli ultimi mesi e-“
 
“E se Ilenia voleva che la scagionassimo, doveva pure trovare un sospettato alternativo, no? Qualcuno su cui scaricare la colpa, sapendo benissimo che non avrebbe mai potuto replicare, né difendersi, dato che era già morto. Per questo ci ha scritto di Marcio, intervallando la sua confessione con tentativi di lusinga, di fare presa sull’affetto che sa che provi per lei, misti a riferimenti alle sue disgrazie per cercare di muoverci ulteriormente a compassione. L’ennesimo tentativo di manipolazione, Camilla, come fai a non accorgertene?”
 
“Se voleva scaricare le colpe su Marcio, perché parlarci del cascinale, sapendo che se ci fossimo arrivati avremmo trovato il suo cadavere? Non ha senso, lo capisci?” ribatte Camilla, decisa e determinata.
 
“Prima di tutto perché in ogni caso qui non c’è una mezza indicazione utile su come ritrovarlo quel cascinale, solo che si trova ‘dopo Spinaceto’ e sai quanti cascinali corrispondono a questa descrizione? E poi perché non voleva scaricare solo le colpe su Marcio, dato che, per crearsi un alibi che nessuno, ripeto, nessuno, avrebbe potuto smentire, si è inventata la storia dell’incontro al Pincio. No, da come scrive, Ilenia vuole chiaramente insinuare che la persona che materialmente ha drogato i cani dello Scortichini è il proprietario del cascinale, cioè il Vecchio che-“
 
“Che non si trova, Gaetano. E dov’è, me lo spieghi? Non pensi che questa sparizione sia quantomeno strana, che forse dovremmo capire chi è e dove si trova questo benedetto Vecchio?”
 
“Vuoi sapere dove si trova? Secondo me si trova sottoterra da qualche parte! Lo temevo già ieri quando sono stato in quel casale e ora, dopo aver letto questa lettera, ne sono ancora più convinto,” replica Gaetano, altrettanto deciso e determinato a farla ragionare e a farle vedere il suo punto di vista, prima che si illuda ulteriormente e si cacci nei guai.
 
“Ma come fai ad esserne sicuro? Non ne hai alcuna certezza!”
 
“Forse non ne avrò la certezza, ma è la cosa più probabile, Camilla, dopo tutto quello che è successo e che abbiamo già scoperto. E a questo punto mi spiego anche il modo in cui è stato ripulito il casale, come ad eliminare ogni minima traccia del proprietario!” esclama Gaetano mentre sente nuovamente lo stomaco ribaltarsi, perché l’astuzia di Ilenia, la freddezza di Ilenia va oltre ogni sua peggiore aspettativa.
 
“Che vuoi dire?”
 
“Voglio dire che Ilenia si è premurata affinché anche se, nonostante le sue indicazioni inconsistenti, fossimo arrivati al cascinale e avessimo scoperto il cadavere di Marcio, avremmo comunque continuato a cercare questo Vecchio. E a Ilenia fa comodo che noi pensiamo che sia vivo e che sia fuggito da qualche parte. Ma metti caso che tra un po’ di tempo qualcuno ritrovi da qualche parte il suo cadavere, non pensi che sia nell’interesse di Ilenia che non ci sia alcuna traccia di DNA in quel cascinale che possa identificarlo come il Vecchio?”
 
“E allora perché non nascondere anche il cadavere di Marcio? Perché lasciarlo lì? Non ha senso Gaetano, non regge!”
 
“Forse perché non voleva che sembrasse che fosse fuggita con lui e che erano complici? Magari pensava che non l’avremmo mai ritenuta capace di un gesto simile, di un omicidio a sangue freddo e che ci saremmo concentrati sul Vecchio oppure-“
 
“No, Gaetano, mi spiace ma non ne sono convinta,” lo interrompe Camilla, scuotendo il capo, con un’espressione che lui conosce benissimo e che gli fa capire che lei non cambierà idea, “e non ti sembra che la spiegazione più semplice per la sparizione del Vecchio e di qualsiasi traccia che lo riguardi sia che è il Vecchio stesso ad avere molto da nascondere? Che sia davvero lui l’esecutore di questo omicidio, magari addirittura la mente dietro al delitto dello Scortichini e che non vuole farsi ritrovare? La stanza… l’altare delirante dedicato a Black e allo Scortichini che Ilenia cita in questa lettera c’era sul serio in quel casale, giusto?”
 
“Sì, esatto… e ti garantisco che è una cosa che non mi scorderò mai più fin che vivo, Camilla… Non ho mai visto qualcosa del genere in anni di carriera, una simile ossessione patologica, non portata a quei livelli. E dire che di crimini per vendette covate per anni e anni ne ho risolti parecchi,” le conferma, mentre un brivido gli percorre ancora la spina dorsale. Con la tensione e con tutte le discussioni avute dopo essere usciti da quel cascinale non aveva nemmeno potuto parlarle di che cosa avevano scoperto.
 
“Capisco… ma, in ogni caso, l’esistenza di quella stanza dimostra che il Vecchio non poteva non sapere e che evidentemente era coinvolto nel progetto di omicidio dello Scortichini, per non dire che ne poteva essere il mandante.”
 
“Il Vecchio era un anziano solo e amante degli animali, affezionato a Marcio e che lo riteneva come un figlio, da quanto ne sappiamo. Il soggetto perfetto per essere plagiato, Camilla. E inoltre, sempre per quanto ne sappiamo, quella stanza potrebbe pure averla messa in piedi Ilenia dopo essersi liberata di Marcio e del Vecchio, per corroborare l’idea che il Vecchio sapesse e c’entrasse qualcosa con questa storia.”
 
“Gaetano, da come ne parli sembra che Ilenia sia il male assoluto. Dove li avrebbe trovati i ritagli di giornale e il materiale necessario per fare una cosa del genere?”
 
“Poteva averli lei o Marcio, anzi, è molto probabile che li avessero, considerato quanto erano ossessionati dalla morte di Black. E comunque, qualunque sia stato il ruolo del Vecchio in questa storia, non puoi ignorare il ruolo che deve avere avuto Ilenia, Camilla, non puoi-“
 
“Io non voglio ignorare il ruolo di Ilenia, ma non capisco perché tu voglia ignorare quello di questo Vecchio. Perché dai più fiducia ad un perfetto sconosciuto che non ad una ragazza che sia io che te conosciamo benissimo e a cui volevamo bene, a cui voglio bene. Invece io mi fido delle persone a cui tengo e per quanto possibile, cerco di concedere loro almeno il beneficio del dubbio,” ribatte tagliente e amara, in un chiaro riferimento al litigio della sera prima.
 
“Questo adesso non c’entra niente con noi due, Camilla, maledizione! E anche io mi fido delle persone a cui tengo, ma entro i limiti della ragionevolezza, Camilla, fino a prova contraria. Non posso di certo chiudere gli occhi e far finta di niente!” replica, ferito, non potendo evitare di alzare la voce e di iniziare a perdere la pazienza nei confronti della sua ostinazione.
 
“Ma qui non c’è una prova contraria! Non c’è una prova definitiva che ci dice che sia stata Ilenia a uccidere lo Scortichini e Marcio, non oltre ogni ragionevole dubbio!”
 
“Non ci sarà una prova definitiva, ma ci sono tonnellate di indizi a suo carico, a partire da quei pantaloni. E sai cos’è che mi fa male, Camilla? Che sei una donna intelligente, brillante, molto più di me, eppure ti ostini a negare l’evidenza!”
 
“Anche nel caso tuo e di Serena c’erano tonnellate di indizi a tuo carico, avevi pure il suo cadavere in macchina! Ma non ho dubitato mai di te, mai, nemmeno per un secondo, perché ti conosco e so che non avresti mai fatto nulla del genere, che non è nella tua natura. E conosco Ilenia, la conosco da quando era una ragazzina e l’ho rivista in questi mesi e sono sicura che non sarebbe mai capace di uccidere due o addirittura tre persone, non è nella sua natura, non è lei.”
 
“Non puoi paragonare il mio caso a quello di Ilenia, Camilla! Prima di tutto perché se permetti credo che noi due ci conosciamo molto ma molto meglio di quanto tu o io possiamo conoscere Ilenia, che oltretutto avrai anche conosciuto da ragazzina, ma non hai più visto per otto anni. E in otto anni di acqua ne passa sotto i ponti e può succedere di tutto!”
 
“Anche noi due non ci eravamo visti per cinque anni, Gaetano, ma le persone non cambiano in questo modo, non fino a questo punto. E non ho mai pensato che negli anni in cui non ci eravamo visti potessi essere diventato un assassino, per lo più idiota a farti trovare con un cadavere in auto. Non mi è mai passato nemmeno nell’anticamera del cervello!”
 
“Ma Ilenia ha avuto una vita complicatissima, Camilla e quando se ne è andata da Roma aveva appena subito una perdita terribile, traumatica, dopo una vita di soprusi e violenze. C’è gente che impazzisce per molto meno e tu non puoi sapere quali sono stati gli effetti della morte di suo fratello sulla sua psiche. Mentre, se permetti, il matrimonio con Eva, per quanto non sia stato di certo benefico per la mia salute fisica e mentale, non è certo paragonabile a quello che ha passato Ilenia,” le fa notare, strappandole nonostante tutto un mezzo sorriso, “e poi Ilenia ci ha mentito pure in questa lettera, negando di essere stata dallo Scortichini! A fare cosa, me lo spieghi? E se invece proprio vuoi credere alla storiella che ci ha propinato, come c’è finito un pezzo del tessuto della tasca dei suoi pantaloni su quella recinzione, eh? Me lo sai spiegare?”
 
Camilla esita per un attimo, poi fa quell’espressione che lui riconosce benissimo, quella di quando viene colta da un’illuminazione.
 
“Forse nello stesso identico modo in cui il cadavere di Serena è finito nella tua auto…” mormora quasi tra sé e sé, mentre lui può quasi vedere gli ingranaggi del suo cervello che si attivano e girano a ritmo esponenziale.
 
“Vuoi dirmi che qualcuno voleva incastrala? Camilla, ma non è probabile, te ne rendi conto? Io sono un vicequestore e dio solo sa quanti nemici mi sono fatto nella mia carriera, ma Ilenia, perché qualcuno dovrebbe cercare di incastrarla? L’unico che poteva forse avere interesse a farlo era Marcio, per distogliere i sospetti da sé, ma, prima di tutto, ha fatto la fine che ha fatto, e poi, se il piano avesse funzionato, nessuno avrebbe nemmeno mai indagato sulla morte dello Scortichini…. Capisci che non ha senso?”
 
“Beh, c’è qualcun altro in questa storia, Gaetano, anche se tu continui a dimenticarlo,” ribatte Camilla con un sospiro e un sopracciglio alzato.
 
“Il Vecchio? Ma che interesse poteva mai avere quest’uomo che peraltro è rimasto invischiato in questa storia perché voleva bene a Marcio come a un figlio, a incastrare Ilenia?” le fa notare con un’espressione scettica che rispecchia la sua.
 
“Tu continui a dire che gli voleva bene come a un figlio, ma questo è quello che dice Ginger, che il Vecchio, da quanto ho capito, lo conosceva in fondo ben poco. Ma se noi prendiamo in considerazione anche per un solo secondo l’ipotesi che sia stato il Vecchio e non Ilenia a uccidere lo Scortichini e poi Marcio, capisci anche tu che l’amore paterno va a farsi benedire, a meno che non stiamo parlando di un amore paterno degno di quello del padre di Ilenia, se non peggio. Noi di quest’uomo non sappiamo niente, niente, potrebbe essere un sant’uomo come potrebbe essere un delinquente della peggior specie!”
 
“Ma non ti arrendi proprio mai tu…” sospira Gaetano, rendendosi conto che non farà cambiare idea a Camilla nemmeno se dovessero discuterne per giorni, ma del resto lei è sempre stata così e si è innamorato di lei anche per questo, “d’accordo, allora, prendiamo per ipotesi che io mi fidi anche questa volta del tuo intuito e del tuo istinto, cosa proponi di fare?”
 
“Di scoprire chi è questo Vecchio innanzitutto. Avrà un nome, un cognome, una famiglia magari…”
 
“Ok, e una volta che lo scopriamo cosa risolviamo? Come lo ritroviamo, ammesso che sia scappato? In quella casa non c’era niente Camilla, nessuna traccia, nessun indizio, a meno che gli agenti della scientifica trovino qualcosa. Ma anche in quel caso sarebbero probabilmente tracce organiche, che potrebbero aiutarci ad identificarlo se lo dovessimo ritrovare, vivo o morto. Ma, ripeto, come pensi di ritrovarlo?”
 
“Non lo so… Ma conosciamo qualcuno che lo conosceva, per quanto superficialmente. Dobbiamo tornare a parlare con i punkabbestia, Gaetano, e cercare di scoprire di più di quest’uomo. Che ne so… una descrizione, quando l’hanno visto per l’ultima volta, le sue abitudini… qualsiasi cosa. Non ti chiedo di mettere la mano sul fuoco per Ilenia, Gaetano, solo di provare almeno a fare luce su questo ultimo punto oscuro, prima di condannarla anche noi senza appello, solo questo.”
 
“E pensi che i punkabbestia ci accoglieranno a braccia aperte? Vuoi essere tu a dire a Ginger che Marcio è morto? Con la morte di Marcio, temo che Ginger potrebbe essere ben poco cooperativa con noi, Camilla, e non voglio che tu ti vada a cacciare in una situazione così pericolosa e volatile. Piuttosto preferirei andare personalmente ad autodenunciarci da De Matteis,” la avverte con un tono serio, grave e deciso e Camilla capisce perfettamente che non sta scherzando.
 
“Forse… potremmo sentire Marchese, magari hanno già avvertito loro l’ambiente dei punkabbestia e così sentiamo se ci sono novità…” propone Camilla, cauta, “e poi valutiamo insieme il da farsi, ti prometto che non farò colpi di testa, ok?”
 
“Ok, va bene, vado a chiamare Marchese” sospira Gaetano, temendo di pentirsene ma sapendo che non c’è alternativa, “Camilla, però, mettiamo subito in chiaro una cosa. Ogni minuto in più che ci immischiamo in questa indagine è un rischio per tutti noi e per la nostra famiglia, non solo per via di De Matteis o di Mancini, ma soprattutto dato che abbiamo a che fare con un assassino intelligente, spietato e senza scrupoli, sia che si tratti di Ilenia, come temo io, sia che si tratti di qualcun altro. Quindi se la ricerca su questo Vecchio dovesse portare a un nulla di fatto o se non ci dovessero essere indizi concreti che ci portino a pensare che sia lui l’assassino, non ho alcuna intenzione di proseguire in una specie di gioco dell’oca a vuoto che non aiuta nessuno. E spero che anche tu saprai quando è arrivato il momento di fermarsi, Camilla, ne abbiamo già discusso tante volte e… lo sai cosa intendo, no?”
 
Camilla annuisce, ricordando benissimo la domanda di Gaetano “ti fermeresti se te lo chiedessi?” e sapendo perfettamente cosa c’è in gioco, a maggior ragione vista la situazione tutt’altro che serena degli ultimi giorni e la risposta che anche lei attende di avere da lui e da cui dipende tutto il loro futuro. Anche se la rassicura un po’ il fatto che lui abbia di nuovo usato quelle due parole “nostra famiglia”, senza nemmeno doverci pensare. Ma la fiducia, la fiducia è un’altra cosa e non sempre va di pari passo con l’amore.
 
Come Gaetano esce dalla stanza, Camilla sente un colpo di tosse e nota sua madre, in piedi in un angolo della stanza: nella foga della discussione si era completamente scordata della sua presenza.
 
“Ma discutete sempre così? Sembrava quasi una partita di tennis tra professionisti… potremmo vendere i biglietti: la gente pagherebbe per vedervi,” commenta Andreina con un sopracciglio alzato, avviandosi finalmente a preparare il caffè.
 
“Mamma… io e Gaetano non discutiamo sempre però… non sono stati dei giorni facili per noi due e poi… e poi lui si preoccupa per me, ha paura che mi succeda qualcosa e-“
 
“E fa bene!” la interrompe Andreina con un mezzo sorriso, “Camilla, non serve che lo difendi, il mio non era un attacco nei confronti di Gaetano, anzi.”
 
“Quindi secondo te è colpa mia?” domanda Camilla con un sospiro, in fondo non sorpresa che sua madre parteggi per qualcuno che non sia lei.
 
“Non è una questione di colpe, di chi ha torto o ragione, Camilla, ma tu… tu quando ti metti in testa una cosa sei testarda come un mulo e spesso in passato ti sei andata a cacciare in situazioni pericolose, credi che non lo sappia? E sono felice di constatare che finalmente hai trovato un uomo che ti ama e che, proprio per questo, sa tenerti testa quando serve,” spiega l’anziana, scuotendo il capo mentre mette la caffettiera sul fuoco.
 
“Cioè, a te fa piacere se io e Gaetano discutiamo?” chiede di nuovo Camilla, sperando di non avere capito bene.
 
“Non mi fa piacere se litigate come immagino sia successo negli ultimi giorni, anche se nessuno di voi vuole dirmi il perché,” ribatte l’anziana con un sospiro, “ma il fatto che discutiate come stamattina credo sia positivo, Camilla. Renzo non ha mai saputo o voluto tenerti testa: per paura di turbare la vita familiare, lo status quo, preferiva incassare. Certo, ogni tanto faceva le sue sfuriate di due minuti, i suoi ultimatum, ma non ci credeva neanche lui e continuava comunque ad incassare. Tu hai un’idea di quante volte ho pensato ‘povero Renzo!’ i primi tempi in cui ti era venuto questo pallino delle indagini? A volte mi sembrava un cagnolino fedele e ubbidiente che ti aspettava a casa e che si accontentava dei contentini che gli davi, mentre tu andavi in giro a vivere le tue avventure.”
 
“Mamma…” sussurra Camilla meravigliata e sbigottita, considerato il disamore di sua madre per Renzo e la loro proclamata ostilità.
 
“Poi, certo, ho cambiato idea quando è iniziata la sua pausa di riflessione e poi con Carmen, ma è proprio questo il problema, Camilla. Avevi ragione l’altra sera quando mi hai detto che i problemi non si risolvono magicamente da soli, Camilla, e Renzo non ha mai avuto il coraggio di affrontarli, di affrontarti, ha preferito incassare e accumulare, accumulare e poi è esploso con la pausa di riflessione, con Carmen. Insomma è andato all’estremo opposto, comportandosi per l’ennesima volta da vigliacco, Camilla, ed è questo che non gli perdono. Mentre Gaetano, anche se presumo siate ancora in lite e ti garantisco che ieri sera quando è arrivato qui l’ho visto molto preoccupato, perfino con me presente, se pensa che stai sbagliando te lo dice subito in faccia, magari anche animatamente, ma senza mai mancarti di rispetto. Preferisce correre il rischio di perderti o di inimicarsi per sempre me, piuttosto che permettere che ti succeda qualcosa, Camilla. E questo è sano, soprattutto dato che in un rapporto non possono sempre essere tutte rose e fiori, e mi rassicura molto su voi due.”
 
Beata te che sei sicura – pensa Camilla, che dopo gli ultimi disastrosi giorni non si sente per nulla tranquilla o rassicurata sullo stato del suo rapporto con Gaetano.
 
“Però Camilla, dai retta a tua madre, anche se Gaetano ti ama, cerca di non tirare troppo la corda, ok? Che se si spezza non si riannoda più,” le raccomanda l’anziana, sembrando leggerle nel pensiero, “e per una volta che ho trovato un genero che mi sta simpatico, che sta molto simpatico a Livietta e che conosce pure il linguaggio dei fiori e non è spilorcio, mi spiacerebbe perderlo.”
 
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È come se il suo cervello fosse scisso in due: una parte che continua a ricordargli che è patetico, per non dire patologico quello che sta facendo. La seconda che gli dice che ha bisogno di sapere e per sapere deve vedere con i suoi occhi e scoprire la verità in fondo è il suo mestiere. E la seconda voce soffoca e zittisce ogni protesta della prima.
 
La sera prima non ha nemmeno dovuto fingere più di tanto un malessere fisico, perché il solo averla vicina gli provocava un dolore fin nel profondo delle ossa, misto ad un senso di nausea, anche se non saprebbe dire se verso di lei o verso se stesso.
 
Lei era stata premurosa, comprensiva, quasi materna, e lui aveva finto di addormentarsi quasi subito, perché non lo sopportava, non sopportava tutte queste attenzioni, tutto questo affetto che gli faceva male più di una pugnalata.
 
E stamattina aveva ancora finto di stare male, ma, quando lei aveva ricevuto la chiamata di “sua madre”, aveva insistito affinché uscisse, dicendole che preferiva riposarsi e dormire ancora un po’ e che almeno così non avrebbe rischiato di attaccarle il malanno.
 
Poi era corso in bagno, aveva infilato i primi indumenti che gli capitavano a tiro ed era partito all’inseguimento. Anche se in fondo non era necessario affrettarsi, dato che poche ore prima, mentre lei dormiva, le aveva installato un programma sul telefonino che gli consentiva di sapere sempre dove si trovasse, un software degno di un marito stalker o del peggiore investigatore privato. Un rigurgito di coscienza l’aveva bloccato per mezzora con quel cellulare in mano nella più totale indecisione, ma alla fine la sua coscienza, come sempre quando si trattava di lei, era andata a farsi benedire.
 
E ora è qui fuori in macchina che attende, mentre lei è seduta al bar, tranquilla, come se niente fosse, intenta a bersi un aperitivo.
 
Finalmente lo vede arrivare, l’uomo che ormai popola i suoi incubi peggiori: divisa d’ordinanza, sorriso fin troppo ampio e atteggiamento un po’ imbranato, ma che a quanto pare fa ancora presa sulle donne, su una in particolare. Lei si alza in piedi e gli sorride con una dolcezza che gli da il voltastomaco, pare indecisa per un secondo e poi lo saluta con due baci sulle guance che sembrano quasi timidi, mentre lui appare sorpreso.
 
Niente effusioni in pubblico, evidentemente, prudenti, ma non abbastanza – pensa, stringendo i pugni a tal punto da farsi male.
 
Stanno lì a parlare tranquillamente, nulla di compromettente, come due vecchi amici che fanno conversazione e lui comincia a sentirsi impaziente, impaziente di sapere quando si alzeranno di lì per andare dove devono andare a fare quello che immagina e che non vorrebbe immaginare. Li seguirà e li coglierà in flagrante, questo è il suo piano.
 
E poi, improvvisamente, al tavolo si avvicinano altre due persone, un uomo e una donna. Sbigottito, si sporge sul sedile oltre il volante per controllare meglio e li riconosce: Berardi e la sua compagna, quella ficcanaso della professoressa. Si siedono al tavolo e ordinano qualcosa al cameriere, come se fosse la cosa più naturale del mondo e poi tutti e quattro cominciano a chiacchierare fitto-fitto.
 
Non ci capisce più niente, sente la testa che gli scoppia, ma sa che deve ascoltare questa conversazione, fosse l’ultima cosa che fa.
 
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“E cosa intende fare con questa lettera?”
 
“Consegnarla a De Matteis, ovviamente, Marchese, anzi, conto di andare in questura non appena abbiano finito qui.”
 
“Gaetano… ma ti sembra davvero una buona idea consegnare quella lettera a De Matteis? Tra i riferimenti a possibili indagini da parte nostra e… il modo in cui vengono definiti lui e Mancini non so se-“
 
“Camilla, per quanto ne sappiamo Ilenia potrebbe avere scritto quelle cose appositamente perché noi non consegnassimo la lettera a chi di dovere e non intendo fare nulla per nascondere delle prove e intralciare le indagini. Anzi, consegnando quella lettera spero di dimostrare una volta per tutte a De Matteis la nostra buona fede.”
 
“E invece voi non avete scoperto nulla di nuovo?” domanda Camilla a Marchese per cambiare argomento, percependo che Gaetano è irremovibile, anche se non è convinta che sia davvero una buona idea.
 
“No, prof., nulla di più di quello che abbiamo già scoperto ieri durante il nostro sopralluogo. La scientifica sta ancora effettuando i rilievi, la casa è grande e stanno setacciando tutto palmo a palmo, ma per ora hanno trovato solo delle impronte digitali. Alcune appartenenti a Marcio, qualcuna ad Ilenia – le abbiamo confrontate con quelle trovate sugli oggetti personali che aveva lasciato in hotel - e altre ad una persona sconosciuta e non schedata.”
 
“Probabilmente il Vecchio,” sospira Camilla, sentendo che non sarà facile sapere qualcosa di più su quest’uomo, “niente DNA? Qualche indizio su chi sia o dove sia finito il proprietario? La casa a chi era registrata?”
 
“Niente DNA per ora, niente capelli, uno dei bagni era sporco ma probabilmente inutilizzato da mesi se non anni, l’altro era stato ripulito accuratamente con la candeggina. Nulla di riconducibile al proprietario dello stabile: documenti, foto, niente. La casa appartiene ad un certo Cesare Giuliani, anni 84, nessun parente in vita, nessun precedente penale. Un uomo che conduceva una vita praticamente invisibile da anni ormai e che sembra sparito nel nulla.”
 
“Ma Ginger non aveva detto che il Vecchio aveva sui sessant’anni?” domanda Camilla, stupita.
 
“Sì, ma… a volte questi uomini di campagna rimangono forti e vigorosi e sembrano più giovani di quello che sono,” prova ad ipotizzare Gaetano, avendo conosciuto parecchi ottuagenari che davano piste ai ragazzi più giovani.
 
“Sarà… possibili legami con Marcio o con lo Scortichini o con la famiglia di Ilenia?”
 
“Stiamo verificando, prof., ma per ora nulla di apparente. Di sicuro non è imparentato con nessuno di loro, di più non si sa,” spiega Marchese con un sospiro.
 
“Avete una sua foto, per caso?”
 
“Ci stiamo informando presso il comune di Spinaceto, dottore, che gli ha emesso l’ultima carta di identità, ormai vent’anni fa, dato che non si trovano i documenti in casa. Se troviamo qualcosa ve ne posso procurare una copia.”
 
“Vent’anni fa? E come faceva con la banca o con la posta o con la pensione?” domanda Gaetano, sbigottito.
 
“Non faceva. Niente conti correnti bancari o postali e niente pensione: non ha mai versato i contributi. Ve l’ho detto: conduceva una vita invisibile…”
 
“Ma non pagava… che ne so… le bollette?”
 
“No, dottore. La casa è riscaldata a legna e ha un generatore autonomo per le poche lampadine. Niente bollette.”
 
“Ma… cartelle mediche? Impronte dentistiche? Magari che ne so… per la dentiera… qualcosa che possa aiutare ad identificarlo?” chiede Camilla, sentendosi proiettata in un film ottocentesco: sembrava quasi incredibile che nel mondo dei social media, di una specie di Grande Fratello collettivo, qualcuno potesse vivere a tal punto fuori dal sistema da diventare invisibile.
 
“Ci stiamo informando, ma l’ultimo medico di base con cui era registrato è ormai in pensione da cinque anni e apparentemente non si è mai fatto vedere da quello nuovo. Niente dentista.”
 
“Doveva avere una salute di ferro… altro che dimostrare meno anni…” commenta Sammy con un sopracciglio alzato.
 
“Non lo so, comunque non appena scopro qualcosa di nuovo vi avverto,” li rassicura Marchese con un sospiro, mandando giù gli ultimi sorsi ormai tiepidi del suo aperitivo analcolico.
 
“E i punkabbestia? Li avete già avvertiti della morte di Marcio, per caso?” domanda Camilla, trattenendo il fiato in attesa di quella risposta.
 
“No, ma mi sono offerto di farlo io da solo, dicendo che i punkabbestia avrebbero parlato solo con me. La verità è che non so come rintracciare gli amici di Marcio, prof., mi dovete aiutare voi e ho cercato di prendere tempo con De Matteis.”
 
“Capisco, ma la voce non è ancora girata nell’ambiente?”
 
“Non credo, per ora nessuno sa del ritrovamento di Marcio, la notizia non dovrebbe essere trapelata sulla stampa, del resto pure la notizia della fuga e della ricerca di Ilenia è uscita sui tg solo ieri sera e stamattina sui giornali. Ormai è formalmente accusata dell’omicidio dello Scortichini ed è ufficialmente ricercata. Sa cosa significa questo, no?” domanda Marchese con tono solenne e grave.
 
“Già… vuol dire che… vuol dire che ormai la sua vita è rovinata: perderà il lavoro sicuramente e… dio mio… avete già avvertito la sua famiglia, vero? Spero non l’abbiano saputo dai giornali…”
 
“No, prof., non l’hanno saputo dai giornali… ci siamo messi in contatto con i suoi familiari a Torino tramite Torre e a quanto ne so la madre di Ilenia ha avuto un tracollo nervoso e l’hanno dovuta ricoverare in ospedale,” rivela con un’aria, se possibile, ancora più triste e malinconica.
 
“Cosa??? Gaetano, Torre non ti ha detto niente?” domanda stupita e addolorata, anche se in fondo era prevedibile che la madre di Ilenia non reggesse il colpo.
 
“No, Torre non si è fatto sentire, Camilla, ma, siccome gli ho parlato davanti a… come si chiama… Grassetti? Insomma, gli ho dovuto dare chiare istruzioni di riferire direttamente a De Matteis su questo caso. Gli ho solo raccomandato di usare la massima cautela, dato lo stato psichico fragile della madre di Ilenia, ma vedo che non è servito a molto… Contavo di richiamarlo in privato e spiegargli meglio cosa stava succedendo, ma poi con tutto quello che è successo tra ieri sera e stamattina, sinceramente mi è passato completamente di mente. Appena abbiamo finito qui lo chiamo.”
 
“Già… sono successe troppe cose…” sospira Camilla, sentendosi fisicamente esausta dopo due notti quasi insonni e dopo tutte le brutte notizie degli ultimi due giorni.
 
“Allora, come facciamo con i punkabbestia? Mi ci portate voi?” chiede Marchese, rompendo il silenzio carico di tensione e di riflessione.
 
“Potrei portartici io… già ieri la situazione era molto tesa e quando sapranno quello che è successo a Marcio… potrebbe essere pericoloso,” risponde Gaetano, alternando lo sguardo tra il ragazzo e Camilla.
 
“Perché se ci andate solo voi due, uno in divisa, l’altro che comunque sanno che è un poliziotto, si sentiranno molto più bendisposti a parlare, no?” ribatte Camilla con un sopracciglio alzato.
 
“E che cosa proponi di fare allora? Vuoi andare tu a parlarci con Marchese da soli? Camilla, ti ho già detto che piuttosto che permetterti di infilarti in una situazione così pericolosa preferirei-“
 
“No, potremmo andarci tutti insieme. Ieri abbiamo parlato con loro e siamo ancora vivi, no?”
 
“Sì, ma pensavano che Marcio fosse scappato e Ginger voleva ritrovarlo. Quando sapranno che è morto… ti ricordi cos’è successo dopo la morte di Black? Potrebbero perdere il controllo e non voglio che ti trovi proprio lì quando succederà.”
 
“Forse Ginger potrebbe perdere il controllo, è vero, ma dobbiamo fare in modo che non ci sia solo lei. Sisma mi sembra il più ragionevole, dobbiamo puntare su di lui, Gaetano, e farci aiutare per dare la notizia anche a Ginger. E poi di ragazze come Ginger ne ho incontrate tante: fa la dura e la strafottente per mascherare che in fondo è fragile e insicura. Hai visto come ha reagito ieri quando ho insinuato che tra Ilenia e Marcio potesse esserci una relazione, no?”
 
“Lei pensa che Ilenia e Marcio…” interviene Marchese con un tono sorpreso e che non sembra per nulla contento.
 
“No, non credo avessero una relazione, Marchese. Diciamo che per convincere Ginger a collaborare era necessario fare leva sulla sua gelosia nei confronti di Marcio…” spiega Camilla, avendo notato perfettamente il tono del ragazzo, mentre alcuni suoi dubbi trovano conferma.
 
“Allora, per ricapitolare, cerchiamo Sisma e poi gli chiediamo di aiutarci a dare la notizia a Ginger? In effetti così mi sembra ragionevole… anche durante il caso di Black Sisma è sempre stato il più collaborativo e pacato tra i punkabbestia, anche se Marcio era il leader mentre Sisma stava più in disparte, Sisma era quello che lo consigliava sul da farsi,” commenta Gaetano, ricordando che era stato proprio Sisma ad autorizzare, in un certo senso, Marcio a parlare e dire la verità sullo Scortichini, “però Camilla, al primo segnale di nervosismo voglio che tu ti allontani e lasci gestire la cosa a me e a Marchese, sono stato chiaro?”
 
“Sì, certo,” conferma Camilla con un sospiro, “Gaetano, dopo tutti i casi che abbiamo affrontato insieme, direi che potresti pure fidarti un po’ di più del mio buonsenso, no? Guarda che non ci tengo nemmeno io a finire in ospedale!”
 
Gaetano si blocca per un attimo, cogliendo perfettamente il riferimento al litigio della sera prima e sapendo che Camilla lo sta mettendo alla prova, che deve dimostrarle che si fida di lei, quanto si fida di lei.
 
“Io mi fido di te e del tuo buonsenso, Camilla, tanto che ho messo la mia vita mia e delle persone a me più care nelle tue mani in ben più di un’occasione, e lo sai, e che anche in questo caso ho deciso di seguire il tuo suggerimento sul da farsi,” le fa notare Gaetano, guardandola negli occhi, “ma siccome ti conosco, so anche che nella concitazione e nello slancio del momento a volte lasci che la tua… generosità offuschi il tuo buon senso. E lo sai anche tu che è vero.”
 
Camilla sospira di nuovo ma annuisce, non potendo negare che Gaetano non ha tutti i torti. Si scambiano ancora qualche sguardo, in una specie di intesa non verbale.
 
“E io? Non vorrete mica lasciarmi qui, spero!” si inserisce Sammy all’improvviso, squadrandoli tutti con sguardo quasi indignato.
 
“Sammy… come ha detto il dottor Berardi può essere pericoloso e inoltre… tu con i punkabbestia non hai proprio dei gran bei trascorsi,” obietta Marchese, con tono preoccupato.
 
“Ma stavolta non sono da sola, ma sono con voi e poi questo Sisma conosce anche me, no? Sa che ero amica di Ilenia e… e magari la presenza mia e della prof. può aiutare ad evitare che sembri un interrogatorio ufficiale di polizia, considerato quanto i punkabbestia odiano le autorità…” ribatte Sammy con un sospiro esasperato, “insomma, anche io non sono più una bambina, sto facendo il praticantato per fare l’avvocato penalista e non è che nel mio lavoro si ha sempre a che fare con dei gentiluomini.”
 
“D’accordo, d’accordo,” sospira Gaetano, sentendo che gli si sta riacutizzando il mal di testa e capendo che ogni obiezione è inutile, “ma, ribadisco, al primo segnale di pericolo voglio che vi allontaniate e lasciate gestire la situazione a me e a Marchese, siamo intesi?”
 
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“Sisma? Finalmente ti abbiamo trovato!”
 
Avevano fatto passare tutta la zona vicina a Porta Pia e alla fine l’avevano rintracciato con altri, intenti a chiedere l’elemosina all’uscita di un cinema.
 
“Noi non parliamo con gli sbirri e non stiamo facendo nulla di male!” grida un ragazzo con una cresta talmente variopinta da sembrare un arcobaleno, mentre i cani iniziano ad abbaiare.
 
“Tranquilli, Sisma ci conosce e abbiamo bisogno di parlargli perché abbiamo delle notizie da dargli. Non vogliamo crearvi problemi, ok?” spiega Gaetano con tono calmo e pacato, lanciando uno sguardo a Sisma che spera gli faccia capire non solo la loro sincerità, ma soprattutto che la situazione è seria.
 
“Li conosci davvero questi?”
 
“Sì, non ti preoccupare, sono a posto. Vado un attimo a parlare con loro, voi aspettatemi qui,” li rassicura Sisma, poggiando a terra la sua birra e allontanandosi di qualche metro, fino ad appoggiarsi sul muro del cinema, dalla parte opposta della strada.
 
“Voi in realtà non vi conosco… lui è il collega di cui parlava ieri? Quello che si occupa del caso dello Scortichini?”
 
“Sì, esatto, e-“
 
“No, ma aspetta, aspetta, io a voi v’ho già visto. Tu eri la ragazzina della telecamera e tu eri il suo ragazzo, quello che ci ha contattato per ricomprarla!” esclama Sisma aggiungendo poi con una mezza risata, sembrando rilassarsi visibilmente, “e quindi adesso sei diventato un poliziotto? Spero che non ti fai più fregare tanto facilmente come allora! Mentre tu sei decisamente diventata una donna, in tutti i sensi, sei una bomba, quasi non ti riconoscevo!”
 
“Senti, Sisma, possiamo evitare battute e commenti?  Non vogliamo problemi ma rimango sempre un pubblico ufficiale e ti garantisco che sono molto cambiato e cresciuto in questi anni,” ribatte Marchese, irritato e deciso.
 
“Va bene, va bene, non ti scaldare! Piuttosto, come mai siete qui? Ci sono novità su Marcio?”
 
“Sì, esatto…” conferma Marchese, guardando verso Gaetano e Camilla, come a chiedere chi debba parlare.
 
“Sisma, mi dispiace, non so come dirtelo ma…” esordisce Gaetano, esitante, comprendendo dall’espressione dell’uomo che non c’è bisogno di aggiungere altro. Ha già capito.
 
“Marcio è morto, è così, commissario?”
 
“Sì, mi dispiace davvero.”
 
“Merda, merda, merda!” esclama Sisma tirando un pugno contro il muro fino a spaccarsi le nocche, sembrando poi quasi sgonfiarsi, voltandosi per nascondere loro il viso.
 
Gaetano guarda Camilla, preoccupato, ma lei gli fa cenno di aspettare e di rimanere in silenzio.
 
“Prima Black, poi Marcio… per non parlare di quelli che si è portata via la droga o la strada. Sapete quanti sono rimasti del mio primo gruppo, quello con cui ho iniziato qui a Roma? Solo io,” commenta Sisma a bassa voce, voltandosi per guardarli con uno sguardo che sembra molto più vecchio e stanco della sua età anagrafica, “di solito gli anni peggiori per noi punkabbestia sono i primi, c’è tanta gente che non regge o che… che si fa uccidere dalla roba o dall’alcol e poi… e poi quando si diventa vecchi, il fisico cede e non ce la fai più. Ma Marcio… Marcio era una roccia, era un veterano come me e… non pensavo se ne sarebbe andato anche lui, non così presto.”
 
Camilla si limita ad annuire, mentre Sammy, che sulla battuta precedente aveva lanciato a Sisma un’occhiataccia che poteva uccidere, sembra ora quasi commossa.
 
“Com’è morto?” domanda poi prendendo il fiato e scuotendo il capo quasi come a volersi schiarire le idee.

“L’abbiamo trovato nel cascinale del Vecchio… era stato ucciso con un colpo di pistola. Morte istantanea, non se ne deve essere nemmeno reso conto,” spiega Camilla con il tono più calmo che possiede.
 
“Nel cascinale del Vecchio? E il Vecchio? E la sorella di Black?”
 
“Non si trovano ancora… sono spariti e li stiamo cercando…”
 
“Quindi… quindi uno dei due o tutti e due… uno dei due ha ucciso Marcio. È così, vero, commissario?”
 
“Ovviamente sono i principali sospettati e la polizia sta vagliando entrambe le ipotesi, per questo siamo qui anche con Marchese… per farvi sapere cosa è successo e perché alla polizia servono più informazioni possibili su questo Vecchio.”
 
“E a che servirebbe, eh? Ormai Marcio è morto…”
 
“Ma almeno potrà avere giustizia,” interviene Camilla, rendendosi subito conto dall’occhiata che le lancia Sisma di avere sbagliato a parlare.
 
“Come l’ha avuta Black? A nessuno frega qualcosa di un punkabbestia morto ammazzato e non voglio ripetere la stessa storia di Black, non lo sopporterei più!”
 
“Ma le cose non vanno sempre così. Nel caso dello Scortichini non c’erano prove, mentre qui alcune prove ci sono e potrebbero essercene altre. E poi lo Scortichini aveva un avvocato di grido e non credo che né il Vecchio né Ilenia potrebbero permettersene uno. E comunque in questo caso voi non siete i testimoni chiave e… ci servono solo delle informazioni in più. Non si tratta di testimoniare ad un processo, solo di rispondere adesso a qualche domanda per aiutare la polizia a rintracciare il Vecchio e magari anche Ilenia. Cosa avete da perdere?”
 
“La professoressa ha ragione: tutte le cose che ci avete detto e che ci direte verranno trattate come una chiacchierata informale. La vostra deposizione non verrà messa agli atti, né nulla e non vi chiederemo di testimoniare ad un eventuale processo, a meno che qualcuna delle testimonianze che ci avete dato sia vitale, ma allo stato attuale delle cose non è probabile e comunque a quel punto sareste liberi di rifiutarvi in qualsiasi momento. Al limite potremmo chiedervi di riconoscere il Vecchio se e quando riusciremo a trovarlo, ma non è detto che sia necessario,” conferma Marchese con il tono più conciliante e convincente di cui è capace.
 
“Certo che non molla mai, prof.,” risponde Sisma con un sospiro, “d’accordo, posso rispondere alle vostre domande, non mi costa nulla farlo e se c’è almeno una possibilità di far pagare chi ha ucciso Marcio… ne vale la pena. Ma non voglio più stare in un processo e poi… non so quanto posso esservi utile. Non so nulla di questa Ilenia e non sapevo nemmeno che Marcio la conosceva. E sul Vecchio… non ne so molto di più di quello che vi abbiamo già detto ieri. L’unico che lo conosceva davvero bene era Marcio... o credeva di conoscerlo bene, vista la fine che ha fatto. E l’altra persona che lo conosce bene è Ginger ma… bisogna dire a Ginger di Marcio e non sarà facile… né per lei, né per chi glielo farà sapere e… dubito che Ginger sarà in grado o vorrà rispondere a delle domande, almeno per un po’.”
 
“Capisco…” annuisce Gaetano, “sappiamo che lei e Marcio erano molto… intimi e immaginiamo che sarà un colpo durissimo per lei e nessuno qui la vuole forzare. Però siamo anche convinti che sia suo diritto sapere cosa è successo a Marcio.”
 
“Sì, ma… forse è meglio se le parlo io, se le do io la notizia, anche se… preferirei quasi farmi un anno al gabbio…” commenta Marcio con una mezza risata amara, “ma se glielo dico io nessuno si farà male, almeno spero. E vi posso chiamare quando sarà più pronta a parlare, a parlarne, se mi lasciate un numero.”
 
“Mi sembra la cosa migliore, grazie, Sisma,” annuisce Gaetano con gratitudine, aggiungendo, rivolto a Marchese, “l’agente Marchese ti lascerà il suo numero. Io potrei dover tornare presto a Torino e anche Camilla… di lui vi potete fidare. È un bravo ragazzo prima di un ottimo poliziotto e credo lo sappia anche tu.”
 
Sisma alterna per un attimo lo sguardo tra Gaetano e Marchese e poi acconsente, segnandosi il numero dettato da Marchese.
 
“Nel frattempo… ci servirebbero altre notizie sul Vecchio, qualsiasi cosa che ci possa aiutare ad identificarlo. Qualche particolare fisico o di comportamento che saltava all’occhio… quando l’hai visto per l’ultima volta, se sai chi potessero essere amici o conoscenti… qualsiasi cosa.”
 
“Mah, professoressa… io il Vecchio come vi ho detto l’ho conosciuto poco. Non sapevo nemmeno il suo nome, né il cognome. Un giorno Marcio si è presentato con lui e ci ha detto che il Vecchio era un suo amico, lo chiamava così e abbiamo iniziato anche noi a chiamarlo così. Il Vecchio l’avrò visto un quattro, cinque volte al massimo, quando ci portava il cibo per i cani. Ricordo che aveva un furgoncino, un Fiorino vecchissimo e che sembrava tenuto insieme per miracolo. Cose particolari… era molto stempiato, calvo dietro, occhi azzurri… e… forse… forse sì, aveva un neo sopra il sopracciglio destro. Robusto, forte per la sua età, ma abbastanza basso, più basso di voi… alto, sì… alto più o meno come lei,” proclama, indicando Sammy, “l’ho visto l’ultima volta… sarà stato un mese fa, non so nulla di amici o conoscenti, penso fosse una specie di eremita. Quello che posso dire è che… anche se era gentile con noi e molto amico di Marcio… non so perché ma non mi ha mai convinto del tutto, ma probabilmente era solo una sensazione.”
 
“Perché?”
 
“Non c’era un motivo preciso, prof., come vi ho detto era gentile con noi e… questo è molto raro per noi punkabbestia, che qualcuno sia gentile con noi. Ma ai cani non è mai piaciuto, anche se portava loro i croccantini e ne vanno matti e… i cani difficilmente sbagliano e non lo potevano vedere.”
 
“Ma che vuol dire! Cioè, con tutto il rispetto, i vostri cani non sono proprio gentili con gli estranei, ringhiano sempre,” controbatte Gaetano che in cuor suo comincia ad averne abbastanza di sesti sensi ed intuizioni senza fondamento.
 
“Appunto, con gli estranei, ma con gli amici, specie se portano del cibo e più di una volta, diventano degli agnellini, anche se forse non dovrei dirvelo,” replica con una mezza risata, scuotendo il capo, “mentre col Vecchio erano sempre sul chi vive. E poi… e poi Marcio era cambiato da quando frequentava il Vecchio. Spariva sempre più spesso, stava via per giorni e tornava o con gli stessi soldi con cui era partito o con ancora meno soldi, anche se raccontava palle di essere stato in giro per l’Italia a chiedere elemosina, ne dubito. Ed era più distante, anche con tutti noi, più freddo.”
 
“Ma Ginger ne ha parlato bene ieri,” obietta di nuovo Gaetano, scettico, “ha detto che il Vecchio trattava Marcio come un figlio e che era un amico per voi.”
 
“Ginger si beveva tutto quello che Marcio le diceva e si faceva andare bene tutto. Ginger fa la dura e l’aggressiva ma in realtà… con Marcio a volte era peggio di uno zerbino, per lei Marcio era quasi un dio, non sbagliava mai. È stato per lui che è entrata nei punkabbestia tre anni fa: era qui come turista e poi si è innamorata di lui e non l’ha più mollato un attimo finché lui ha ricambiato in qualche modo. Ho provato a parlarle dei miei dubbi sul Vecchio e sulla sua influenza su Marcio ma lei diceva che ero geloso della sua amicizia con il Vecchio…”
 
“E lei non era gelosa di questa amicizia?” domanda Camilla, incuriosita, avendo notato la gelosia di Ginger del giorno prima.
 
“Credo che a Ginger bastasse che Marcio non avesse un’altra, o almeno non saperlo… avere l’esclusiva. E poi non credo… secondo me anche se si rendeva conto che forse Marcio era più legato al Vecchio che a lei, non ci pensava, non voleva pensarci e faceva finta di niente.”
 
Camilla e Gaetano si guardano, lei con un sopracciglio alzato alla “che cosa ti avevo detto?”, lui sorpreso e colpito come sempre della capacità di lei di valutare le persone anche se incontrate da poco, di tracciare un loro profilo psicologico sulla base di pochi elementi. Se non fosse così… emotiva, così poco ligia alle regole e alle divise, avrebbe potuto essere una grande profiler, di questo ne era sicuro.
 
Salutano e ringraziano Sisma, che promette loro di risentirli non appena Ginger sarà in condizioni di ricevere “visite” e si avviano verso l’auto d’ordinanza di Marchese e l’automobile di Gaetano.
 
Sono quasi arrivati quando squilla il cellulare di Marchese.
 
“Sì, dottore… stavo parlando con uno dei punkabbestia, diciamo che in parte sono riuscito ad avere informazioni ma… è complicato, poi le spiego. Ma è successo qualcosa? COSA??? Ma quindi è…. beh, chiaro non si può sapere, però… ma dove?... Ok, ok, capisco, quindi a questo punto immagino che voglia che rientri? Capisco, capisco, mezzora al massimo e sono lì, anche meno.”
 
“Immagino dalla tua faccia che non siano buone notizie, Marchese,” proclama Camilla, riconoscendo perfettamente l’espressione del ragazzo.
 
“No, no, infatti… oddio, forse dipende dai punti di vista. Gli agenti della scientifica hanno fatto un secondo sopralluogo stamattina e si sono portati dietro i cani. Volevano cercare di far annusare loro la cintura che abbiamo trovato e i pochi oggetti appartenuti sicuramente al proprietario dello stabile, non avendo altro su cui basarci, vedere se trovavano almeno qualche traccia olfattiva, ma, come sono arrivati sul posto, i cani hanno iniziato a tirare e abbaiare. Gli agenti li hanno seguiti e i tre cani si sono tutti diretti in un punto preciso nel giardino, ad una decina di metri dal cascinale, vicino a due grossi tronchi ancora da tagliare. Hanno iniziato a scavare con le zampe e poi alcuni agenti hanno scavato con le pale… E ad un paio di metri di profondità hanno trovato un cadavere di un uomo, chiuso in un sacco di plastica...”
 
“Ed ecco dov’è finito il Vecchio,” sospira Gaetano, guardando Camilla dritta negli occhi, “cosa ti avevo detto stamattina?”
 
“Ma era… cioè… da quanto tempo era morto? È stato identificato in qualche modo o…?”
 
“Non so molto sinceramente, solo che è un uomo, che si pensa ovviamente che si tratti del proprietario dello stabile e che si sta cercando di identificarlo con certezza. De Matteis vuole che rientri e dia priorità a questo. Vi terrò informati, ora devo scappare.”
 
“Per quanto mi riguarda non è necessario Marchese, per me queste indagini parallele si chiudono qui,” risponde Gaetano, deciso, tanto che Marchese si blocca sui suoi passi, mentre Camilla e Sammy lo guardano stupite.
 
“Mi sembra evidente che le probabilità che il cadavere non appartenga al Vecchio, anzi al signor Giuliani sono praticamente inesistenti. Non so se sia morto in questi ultimi giorni o sia morto già da un po’ di tempo, se sia morto di cause naturali o, come penso, sia stato ucciso, o perché era un testimone scomodo, o perché si è tirato indietro all’ultimo momento, ma arrivati a questo punto non c’è più nulla da chiarire: c’è solo una persona che può avere ucciso Marcio e lo Scortichini ed è Ilenia. L’unica cosa che resta da fare è ritrovarla e credimi Marchese quando ti dico che dormirei sonni molto più tranquilli sapendola in carcere o in una struttura psichiatrica, ma non abbiamo uno straccio di indizio che ci dica dove cercarla e io devo rientrare a Torino e a questo punto non ha alcun senso che prolunghi la mia visita qui. Vi auguro di trovarla, Marchese, se potrò aiutarvi da Torino lo farò volentieri ma non credo ne avrò l’occasione, perché dubito fortemente che le interessi mettersi in contatto con la sua famiglia, considerato quello che abbiamo scoperto in questi ultimi giorni.”
 
Cala un silenzio tombale, Camilla guarda Gaetano che la osserva di rimando, dritto negli occhi, una domanda non espressa ma che aleggia nell’aria.
 
“Sammy, Marchese, è stato un piacere collaborare con voi, siete due bravi ragazzi, intelligenti, e avete sicuramente una brillante carriera davanti a voi, quindi… quindi cercate di non fare cavolate, ok?” proclama, soffermandosi su entrambi, per poi rivolgere di nuovo lo sguardo a Camilla, “nella vita è importante sapere quando fermarsi, quando accettare la sconfitta o comunque che le cose non sono come le immaginavamo. Non si può avere sempre ragione, purtroppo.”
 
“Ora vado in questura a consegnare la lettera a De Matteis e poi mi preparerò per il viaggio di ritorno a Torino. Camilla, tu vieni con me?” le domanda infine, in quella che appare essere una domanda che si riferisce a molto di più che a un viaggio in macchina.
 
“Sì, certo, ma… Gaetano… non pensi che arrivati a questo punto, varrebbe la pena di cercare di scoprire almeno qualcosa di più su questo cadavere prima di-"
 
“Ok, ho capito, ho capito,” sospira Gaetano, rassegnato, estraendo di tasca le chiavi della macchina, porgendole a Camilla che le accetta stupita e aggiungendo con un tono stranamente calmo, “senti, forse è meglio se ci vai solo tu in questura, allora. Così puoi dimostrare a De Matteis la tua buona fede, ascoltare le voci di corridoio e… fare tutto quello che fai di solito, senza che io ti intralci. Ti lascio la macchina e io prenderò un taxi. In ogni caso il mio treno parte alle 19. Se torni in tempo, ci vediamo dopo a casa di tua madre. Ragazzi, di nuovo è stato un piacere rincontrarvi, vi auguro il meglio per il vostro futuro.”
 
E si allontana, lasciando dietro di sé una Camilla sconcertata che ci mette qualche secondo a elaborare le informazioni: parole come “senza che io ti intralci” e, soprattutto, “il mio treno parte alle 19” le roteano vorticosamente nella mente, come un tornado.

“Gaetano, Gaetano, aspetta!” grida, partendo all’inseguimento, sentendo uno strano senso di déjà vu al contrario. Ma, percorse poche decine di metri, lo vede salire su un taxi. Non le resta quindi che tornare alla macchina, avvolta da un senso di nausea.
 
“Mi sa che si preannuncia una litigata colossale…” commenta Marchese, osservando la scena.
 
“Forse peggio… si è perfino scordata che doveva darmi un passaggio… ti ricordi quando litigavamo anche noi così?”
 
“Già… anche se più che altro tu litigavi con me e io invece mi disperavo e mi scervellavo per settimane per farmi perdonare,” risponde con un sorriso e un tono divertito e una mezza risata, sorprendendosi di come riesca a ripensare a quel periodo con leggerezza, senza rancori.
 
“Già…” replica lei ricambiando il sorriso, aggiungendo poi, con tono dolce e malinconico insieme, “sai una cosa, Marchese? Questa storia di Ilenia è stato un vero disastro, su tutti i fronti, però forse almeno è servita a qualcosa: riusciamo a parlarci senza litigare, anzi riusciamo perfino a ridere e a scherzare e… lo so che è stata colpa mia, il modo in cui è finita la nostra storia, però… sono davvero felice di questa nuova aria che si respira tra di noi e ti sono molto grata per questo.”
 
“Anche io, Sammy, anche io. E poi, ehi, in fondo le storie nate sui banchi di scuola non durano quasi mai per sempre e… alla fine è andata come doveva andare… Meglio prima che dopo, no? E sai quanto ho risparmiato tra fiori e regali per farmi perdonare in questi ultimi anni? Quasi posso comprarmici un appartamento senza fare il mutuo,” scherza con un sorriso, facendola ridere di nuovo.
 
“Marchese… posso chiederti una cosa?” gli domanda, tornata improvvisamente seria ed esitante, “ti ho visto ballare con Ilenia alla festa. Ti piace o… ti piaceva Ilenia?”
 
“Mah… forse… non è che basta un ballo per innamorarsi come nelle fiabe, ma, sì, ho sentito qualcosa quella sera, capisci cosa intendo? Però la ragazza che credevo di conoscere non esiste e quindi che senso ha pensarci? Certo, visti i miei ultimi exploit in campo sentimentale, forse è meglio se rinuncio ai gradi e prendo invece i voti,” cerca di sdrammatizzare, perché sente un nodo formarsi in gola.
 
“Quindi… pensi anche tu che sia colpevole?”
 
“Mi piacerebbe poter credere il contrario, Sammy, ma… i sospettati di questa storia sono morti tutti, tutti tranne lei… anche se… mi sembra impossibile che… che Ilenia… la nostra Ilenia possa…”
 
Si guardano con gli occhi lucidi, entrambi ancora increduli al solo pensiero che la ragazza timida e dolce e malinconica che conoscevano fin da quando erano bambini possa essere davvero diventata un’assassina lucida, spietata, senza scrupoli.
 
Senza parole si trovano stretti in un abbraccio che scuote entrambi per l’intensità di quello che rappresenta e che li fa sentire in pace, sereni, nonostante tutto.
 
Nessuno dei due nota gli occhi ridotti a fessura che li osservano da dietro un paio di occhiali scuri poco lontano.
 
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“E come mai ha deciso di consegnarmi questa lettera?”
 
“Beh, è stato lei a raccomandarmi di tenerla informato se Ilenia avesse cercato di contattarci e l’ho fatto. Certo, se preferiva invece che me la tenessi per me…” non può evitare di commentare, già irritata dall’atteggiamento di De Matteis. È evidente che la gentilezza momentanea di ieri era stata solo l’eccezione che conferma la regola, tra loro è tornato tutto come al solito.
 
Il suo primo istinto era stato quello di seguire Gaetano, ma poi, ripensando alla lettera che giaceva in una busta di plastica protettiva nella sua borsa e ripensando all’insistenza di Gaetano affinché fosse consegnata alle autorità, si era chiesta se non fosse un test, un volerla mettere alla prova, verificare se avrebbe coperto o meno Ilenia. Aveva quindi deciso di fare una rapida visita in questura, pregando che De Matteis non la trattenesse e poi correre subito a casa di sua madre e cercare di fermare Gaetano.
 
“No, no, è che… questo improvviso zelo collaborativo mi sorprende, ecco. Soprattutto dati i riferimenti a possibili indagini sue e di Berardi…”
 
“Se io o Gaetano avessimo qualcosa da nascondere, dottore, non le avrei consegnato quella lettera, le pare?”
 
“Forse… o magari ci teneva semplicemente a farmi sapere che la Misoglio mi considera un pazzo nevrotico, mentre tesse le lodi di lei e Berardi,” commenta con tono tagliente e Camilla capisce che il commento di Ilenia l’ha punto sul vivo, “ma, mi dica, in tal proposito, il principe azzurro/guardia del corpo dove l’ha lasciato?”
 
“Gaetano non è un cagnolino che lascio da qualche parte, dottor De Matteis ed era impegnato con i preparativi per il ritorno a Torino. Come immagino lei sappia, non gli è facile assentarsi dal lavoro a lungo, con tutti i casi e le responsabilità che ha da portare avanti,” ribatte, non potendo sopportare il tono strafottente e derisorio dell’uomo, anche se in cuor suo il solo pensiero di Gaetano le suscita sentimenti turbolenti e contrastanti.
 
“Ah, e quindi è giunta l’ora di salutarci di nuovo, professoressa? E immagino che, visti gli importantissimi impegni di Berardi, anche lei non tornerà nella capitale molto presto. Cercheremo di farcene una ragione…”
 
“Mi dispiace deluderla, Dottor De Matteis, ma esiste la possibilità che io mi fermi ancora per qualche giorno… Sa, noi insegnanti abbiamo delle lunghe vacanze estive,” risponde nella foga del momento, decisa a togliergli quel sorrisetto dalla bocca.
 
“Ah sì? E Berardi glielo permette?”
 
“Gaetano non è il mio padrone, come io non sono la sua padrona. Ma dimenticavo che lei ha una visione quasi medievale del mondo e delle relazioni sociali…”
 
“Mentre io dimenticavo che lei ha una visione molto… disinvolta delle relazioni sentimentali, professoressa. O non sarà che ci sono problemi in paradiso? Perché in quel caso devo ricordarmi di spedire a Berardi una buona bottiglia per festeggiare la ritrovata libertà e il pericolo scampato e di avvertire tutti i miei amici e colleghi di starle alla larga, dato che, per qualche strano motivo che sfugge alla mia comprensione, lei riscuote un certo successo tra il genere maschile.”
 
“Prima di tutto, conoscendola, immagino che la bottiglia sarebbe di acqua minerale, per non dire piovana,” ribatte Camilla in quello che è quasi un sibilo, trattenendosi a fatica dal mandarlo apertamente a quel paese, ricordandosi della divisa che purtroppo porta, “e comunque c’è un solo uomo che mi interessi e non credo proprio che lei possa annoverarlo tra i suoi amici, sempre che lei ce li abbia degli amici, considerata la sua ricchissima vita sociale e la sua travolgente simpatia.”
 
“Professoressa…” sibila di rimando De Matteis, alzandosi in piedi.
 
“Ha ragione, non le faccio perdere altro tempo, dottore,” ribatte Camilla, alzandosi in piedi di rimando, “le auguro buona giornata. Ah, e le conviene temperare quella matita, mi sembra che sia mezzo centimetro più lunga delle altre.”
 
Lui sposta lo sguardo per osservare la matita da lei indicata e lei approfitta del momento di distrazione per raggiungere la porta ed uscire, chiudendola dietro di sé in maniera fin troppo vigorosa.
 
Fa pochi passi e sente un rumore fragoroso, il rumore di una pioggia di matite che si infrangono contro una parete e poi sul pavimento.
 
Normalmente questo le provocherebbe forse una certa soddisfazione, ma oggi è uno di quei giorni in cui ha voglia di tutto tranne che di esultare. Con gambe pesanti come un macigno, si avvia verso casa di sua madre, temendo cosa ci troverà o non ci troverà.
 
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“Gaetano, ma dove sono finiti tutti? E perché stai facendo la valigia? Non partiamo domani?”
 
“Ciao Livietta. Tua mamma doveva fare una commissione in questura, niente di grave, tranquilla, tua nonna e Amedeo andavano a pranzo con degli amici e non sono ancora tornati. E io sto facendo la valigia perché ho il treno tra due ore,” spiega con tono apparentemente calmo, anche se ad ogni minuto che passa, ad ogni minuto che si avvicina l’orario della partenza, si sente sempre peggio.
 
“Il treno? Che cosa significa?”
 
“Significa che… ci sono un po’ di problemi a Torino ed è meglio che rientri subito perché lunedì mattina prestissimo devo essere in questura e devo essere sveglio e attivo. E siccome tu e tua madre per vostra fortuna siete in ferie ancora per un bel po’… credo che rientrerete con più calma nei prossimi giorni.”
 
“Ma la mamma è d’accordo con questa cosa? Non me ne aveva parlato…”
 
“È stata una mia decisione dell’ultimo momento, Livietta e comunque tua mamma lo sa e-“
 
“Lo sa o è d’accordo?” lo blocca lei, fulminandolo con un’occhiata che gli ricorda per l’ennesima volta quanto sia intelligente e perspicace.
 
“Livietta…”
 
“Gaetano, per favore, non cominciare anche tu a riempirmi di palle. Che succede? Avete litigato nei giorni scorsi, lo so, vi ho anche sentito discutere stamattina quando uscivo dal bagno… dimmi come vanno le cose veramente.”
 
“Sono stati giorni un po’ tesi per me e tua madre… sì… credo che abbiamo entrambi molto su cui riflettere. E forse qualche giorno di distacco ci farà bene,” ammette Gaetano, sapendo che sarebbe inutile mentire.
 
“Non dirmi che sei anche tu un sostenitore di quell’idiozia chiamata pausa di riflessione, Gaetano!” esclama Livietta, che di pause di riflessione ne aveva avute fin sopra i capelli con i suoi genitori, “i problemi si affrontano insieme, non si risolvono certo facendosi ognuno i cavoli propri o mettendo chilometri di distanza.”
 
“Livietta, non è sempre così semplice…”
 
“Ah, no? Secondo me invece lo è: o si sta insieme o non si sta insieme, punto. E comunque quali sono queste cose su cui riflettere? È ancora per via di Marco? Perché se è così, ti garantisco che a mia madre Marco non interessa: non l’ha mai amato un decimo di quanto ama te, Gaetano.”
 
“No, non è solo per Marco, Livietta e-“
 
“Allora è per via del caso di Ilenia, vero? Come l’altra volta a Torino. Mia madre si è cacciata di nuovo nei guai? O è perché crede che Ilenia sia innocente e tu no e lei vuole ancora proseguire a indagare mentre tu non sei d’accordo?” gli domanda a bruciapelo e Gaetano non si stupisce affatto che abbia colto il cuore del problema.
 
“In parte è anche per questo… però… è più complicato di così Livietta e credo che siano cose di cui dobbiamo discutere io e tua madre, ok?”
 
“Appunto, dovete discuterne, non mollare tutto così!” esclama di nuovo, bloccandosi poi un attimo come se fosse stata colta da un dubbio, “non vi siete lasciati, vero? Non… non la vuoi lasciare?”
 
“Non ci siamo lasciati, no, e credimi che non vorrei che succedesse, ma non dipende solo da me e, ti ripeto, sono cose che devo discutere insieme a tua madre, Livietta e ti prego di capirmi in questo.”
 
“Gaetano, per favore, io… non farlo… lo so che tu la ami e che lei ti ama e ho visto quanto siete felici insieme. E ti garantisco che mia madre senza di te… non so se e quando si riprenderebbe. Tu non hai idea di quanto sei importante per lei… Mia madre fa la forte e ha la testa dura come il granito, ma ha bisogno di te,” lo prega con tono improvvisamente spaventato, ricordando il crollo psicologico che aveva avuto la mamma durante la crisi tra lei e Gaetano per via dell’aggressione e del furto dei diamanti, “e… e poi… anche io sentirei la mancanza tua e dell’impiastro… certo, non mi dispiacerebbe non dover rivedere più la tua ex moglie, ma…”
 
“Livietta…” sussurra Gaetano con un sorriso commosso, sentendo un groppo in gola tremendo e cedendo all’impulso di abbracciarla, sentendola ricambiare la stretta con una forza straordinaria, considerato quanto appare minuta e fragile, “ricordati che comunque vadano le cose tra me e tua madre, io ti voglio bene davvero e te ne vorrò sempre. Sei una ragazza eccezionale, Livietta, e devi essere orgogliosa di te stessa: in questi mesi mi hai insegnato tante di quelle cose che non ti immagini nemmeno. E comunque tempo un paio d’anni e tu Eva te la mangi a colazione, se non lo fai già adesso.”
 
“Per la carità, poi mi verrebbe l’ulcera gastrica con tutto quell’acido,” ribatte Livietta con una mezza risata e gli occhi lucidi, facendolo ridere di rimando, “però… se mi parli così mi sembra quasi un addio, Gaetano e io non-“
 
“Gaetano! Livietta?!”
 
La voce la blocca prima che possa finire la frase, si voltano e vedono Camilla sull’uscio che li osserva stupita, avendoli trovati così, ancora mezzi abbracciati.
 
“Vi lascio parlare…” proclama Livietta, sciogliendo la presa e guardandoli entrambi con un’occhiata penetrante prima di aggiungere, “per favore, non fate sciocchezze…”
 
“Che sta succedendo?” gli domanda dopo un attimo di silenzio durante il quale si sono studiati a vicenda senza riuscire ad aprire bocca.
 
“Livietta mi ha visto fare la valigia e voleva convincermi a rimanere…” spiega, indicando il bagaglio ancora aperto sul letto.
 
“Mi vuoi spiegare cos’è questa idea del treno? Hai preso e te ne sei andato come una furia, lasciandomi lì come una cretina! È una ripicca per ieri sera?”
 
“No, Camilla, semplicemente avevo bisogno anche io di stare un po’ da solo e poi mi sembrava evidente che avessimo programmi molto diversi per questa giornata e anche per le prossime giornate, quindi ho agito di conseguenza, dandoti modo di fare ciò che desideravi fare.”
 
“Ciò che desideravo fare? Ciò che desideravo fare era tornare a casa con te, in tutti i sensi, Gaetano, come avevamo progettato dall’inizio, non di certo questo!” ribatte lei, non potendosi trattenere dall’alzare la voce.
 
“Ah, sì? Beh, considerato che sei stata in giro fino ad adesso forse non avevi e non hai tutta questa urgenza di tornare a casa, non ti pare?” le domanda con tono amaro e deluso, trafiggendola con quei suoi occhi azzurri.
 
“Fosse stato per me sarei tornata a casa di corsa, sono stata in giro fino ad adesso perché sei stato TU a dirmi di andare in questura a consegnare quella lettera! E dopo che avevi insistito così tanto su quanto fosse importante farla avere a De Matteis volevo dimostrarti che non avevo e non ho intenzione di coprire Ilenia o di nascondere delle prove! Una volta che gliel’ho consegnata sono corsa subito qui. Ma ultimamente sembra che qualsiasi cosa faccio sbaglio, Gaetano!” ribatte tagliente e altrettanto amareggiata.
 
“Quindi vorresti dirmi che con questo per te l’investigazione su Ilenia si è chiusa? Che ti sei convinta anche tu che sia colpevole e che sei disposta a lasciare le cose in mano a De Matteis e alla sua squadra e a tornare a Torino senza rimpianti?” le domanda non staccando per un attimo gli occhi dai suoi.
 
L’esitazione, la titubanza che legge in quelle iridi scure sono come due macigni che gli si posano sul petto e sullo stomaco.
 
“Lo immaginavo…” mormora, passandosi una mano sugli occhi e scuotendo il capo, “è meglio che finisca questa valigia e vada in stazione.”
 
“Gaetano!” esclama sorpresa, bloccandogli il braccio con cui stava per afferrare una camicia e costringendolo di nuovo a guardarla, “ma ti rendi conto che stai facendo tutto da solo? Non mi hai dato nemmeno il tempo di risponderti!”
 
“Perché non ce n’è bisogno, Camilla. Mi basta vedere la tua espressione per capire tutto quello che c’è da capire… Tu vuoi ancora indagare su questa storia. E puoi farlo solo qui, mentre io devo tornare a Torino. Quindi prendo il treno e ti lascio la macchina: tu e Livietta tornerete quando sarai pronta a farlo. Questa è l’unica cosa sensata che posso fare.”
 
“Decidere anche per me? Sarebbe questa la cosa sensata da fare? Mi hai detto più volte che forse saremmo arrivati al punto in cui tu mi avresti chiesto di fermarmi e di riflettere su cosa ti avrei risposto. Ma non me l’hai neanche chiesto!”
 
“Non te l’ho chiesto per due motivi, Camilla. Prima di tutto perché, te lo ripeto, mi è bastata la tua reazione dopo la notizia del ritrovamento del cadavere del Vecchio e la tua espressione di poco fa per capire qual è la tua vera risposta e ti conosco e so che non cambierai idea e continuerai a sperare che Ilenia non sia colpevole. Che vuoi continuare questa investigazione. E non voglio porti di fronte ad un ultimatum e costringerti a fare qualcosa che non senti e di cui probabilmente ti pentiresti. Non voglio portarti a Torino a forza sentendo che sei rosa dai sensi di colpa e che vorresti essere da tutt’altra parte… Non voglio questo. Quello che volevo è che fossi tu per prima a capire da sola che il momento di fermarsi era arrivato e che l’avevamo pure abbondantemente superato, ma non è successo e non mi resta che prenderne atto.”
 
“E perché sarebbe arrivato il momento di fermarsi? Perché domani è l’ultimo giorno di ferie e devi rientrare al lavoro lunedì? O forse perché in cuor tuo sai benissimo qual è la tua risposta alla mia di domanda di ieri sera, sai che non potrai mai fidarti del tutto di me, ma preferisci scaricare su di me e su queste indagini il motivo per cui mi stai piantando in asso?” domanda pungente, sarcastica ma non riuscendo a nascondere il dolore e il tremore nella voce, “abbiamo affrontato insieme casi ben peggiori e più pericolosi di questo, casi più disperati, in cui il colpevole sembrava scontato fin dall’inizio ma abbiamo sempre indagato fino in fondo, non ci siamo fermati quando c’erano ancora diversi punti da chiarire, quando oltretutto la principale indiziata e che tu ritieni colpevole è ancora latitante!”
 
“Ma c’era una fondamentale differenza: erano miei casi, MIEI casi, lo capisci! E no, non intendo dire che venivo pagato per indagare, ma che la responsabilità era MIA se tu ti immischiavi in quei casi, ma allo stesso tempo avevo i mezzi e le possibilità di proteggerti se necessario, di tutelarti e soprattutto di indagare secondo le regole. Avevo la possibilità di tenere sotto controllo i rischi, di calcolarli e di prevenirli, di avere i rinforzi a mia disposizione subito, senza sotterfugi. Qui invece ci stiamo occupando di cose da cui ci è stato ordinato, intimato di tenerci fuori, Camilla, ad ogni secondo di questa indagine io ho rischiato e sto rischiando il lavoro e la faccia e stiamo rischiando entrambi la galera oltre che la pelle! Te lo ricordi questo? E nonostante tutto, finché c’era una concreta possibilità che Ilenia potesse essere innocente, che la nostra indagine potesse servire a qualcosa, ho accettato di correrli questi rischi, di giocarmi tutto. Ma adesso non ha senso, Camilla, lo capisci? Il gioco non vale più la candela.”
 
“Gaetano-“
 
“Se al posto di Ilenia ci fossi tu o Tommy o Livietta e forse Francesca allora sarei disposto a rischiare ancora, a rischiare fino alla fine, fino a che c’è uno  0,1% di possibilità di riuscita, o anche meno, darei la mia vita per voi. Per voi. Perché bisogna avere delle priorità nella vita e io so quali sono le mie priorità, ce le ho ben chiare in testa!” esclama, prendendola per le spalle e guardandola dritto negli occhi, “mentre tu… non so se non hai delle priorità o se tra le tue priorità semplicemente non rientro anche io, ma-“
 
“Certo che rientri tra le mie priorità, Gaetano, sei in cima alle mie priorità, insieme a Livietta e a Tommy!” obietta lei, addolorata dal fatto che lui ne dubiti.
 
“Ah, sì? Ti ricordi quando ti dicevo che i fatti contraddicono le parole? Beh, magari sarò anche l’uomo che ami di più al mondo, sarò pure in cima alla tua lista di priorità, ma hai uno strano modo di dimostrarlo! Perché il dato di fatto è che, io, il mio lavoro, la mia libertà e quindi il mio futuro e quello di Tommy veniamo dopo quello di Ilenia, di quella che è praticamente un’estranea, che al 99% è un’assassina e che ci ha oltretutto raccontato un sacco di palle, Camilla.”
 
“Non è vero, dannazione! Capisci che per ora – grazie al cielo – voi state bene, noi stiamo bene, Gaetano, che non abbiamo problemi gravi, ma Ilenia invece sì? È per questo che ora sento che in questo momento devo concentrarmi su di lei, ma questo non c’entra nulla con quello che provo per te e per Tommy! Se dovessi scegliere tra la libertà e il futuro di Ilenia e il tuo o quello di Tommy, sceglierei te, il vostro, il nostro futuro, a occhi chiusi e senza rimpianti!”
 
“Davvero? A me sembra invece proprio il contrario, dato che continui a metterli in pericolo con questa indagine. O vale solo in caso di emergenza, Camilla? Dobbiamo aspettare di beccarci una denuncia, dobbiamo arrivare in tribunale, sfiorare la catastrofe perché tu ci scelga ad occhi chiusi e senza rimpianti?” domanda amaro e sarcastico, “o forse la nostra felicità conta meno per te della possibilità di ammettere che per una volta hai avuto torto, di accettare la sconfitta, di ammettere che ti sei sbagliata, che ci siamo sbagliati sul conto di Ilenia? Di ammettere che la ragazza che pensavi di conoscere, che hai visto crescere, a cui hai voluto bene non è la persona che credevi? Pensi che per me sia stato facile accettare di avere affidato mio figlio, di aver lasciato mio figlio da solo per ore e ore con una delle assassine più efferate che abbia mai conosciuto nella mia carriera? Però ci sto facendo i conti, Camilla, anche se fa male, anche se mi fa paura, non mi sto rifiutando di guardare in faccia la realtà!”
 
“Allora è questo il problema, Gaetano? Tu mi incolpi per averti presentato Ilenia? Per averla proposta come babysitter di Tommy? Lo sai che mi farei ammazzare piuttosto che permettere che gli capiti qualcosa!” grida, ferita e indignata.
 
“NO! Non sto dicendo questo Camilla, maledizione, ma-“
 
“Ma è quello che sembra! E comunque non ha più importanza, perché se è questo quello che pensi di me, se tu pensi davvero che sia una pazza spericolata, egoista e menefreghista, mi chiedo cosa ci fai ancora qui, perché perdi ancora tempo a parlarmi! E soprattutto mi chiedo che cosa ci sto a fare io qui a parlarti!” lo interrompe aspra, tagliente, in quello che è quasi un sibilo, avendo ormai perso del tutto il controllo, sentendosi fragile, vulnerabile e completamente a pezzi, come se le stesse crollando il mondo addosso, come se ogni sua certezza vacillasse, mentre cerca disperatamente di raccogliere almeno quel briciolo di dignità che le è rimasta, decisa a non implorare, a non pregare, a non spiegare, non questa volta, non più.
 
L’aveva già fatto con Renzo, tante, troppe volte e si era ripromessa che non l’avrebbe più fatto, che non si sarebbe più accanita a salvare qualcosa che non può essere salvato. E se lui non crede in lei, in loro, se non ha più fiducia in lei, non ha senso continuare.
 
“Maledizione, Camilla, il problema non è che sei egoista, è che sei troppo generosa! È soprattutto a te stessa che non pensi, è al tuo futuro che non pensi, presa come sei a tentare di salvare quello degli altri! Ma c’è un limite oltre il quale l’eroismo e la generosità diventano a tutti gli effetti egoismo, Camilla, soprattutto se non sei sola al mondo ma hai una famiglia e delle persone che ti amano e che non sopporterebbero se ti succedesse qualcosa, che dipendono da te. E spero che tu te ne possa rendere conto in qualche modo prima che sia troppo tardi, visto che io non sono riuscito a fartelo capire! In ogni caso non ti preoccupare: non ti farò perdere altro tempo prezioso: tolgo il disturbo!” esclama, altrettanto brusco, ferito a morte da quella sua ostinazione, da quel suo anteporre i bisogni di chiunque sia in difficoltà non solo a lui, ma soprattutto a se stessa, alla sua stessa felicità, alla sua stessa sicurezza.
 
Proprio perché la ama, non può starle accanto sapendo che finirà presto per autodistruggersi. Non può esserle complice e spera che allontanarsi servirà a farla ragionare, a farle ritrovare il senso del limite tra generosità e martirio.
 
Sbatte gli ultimi vestiti in valigia con rabbia, odiando quegli indumenti, odiando se stesso, odiando questa maledetta vacanza, questa maledetta città, odiando Ilenia Misoglio e tutto quello che la riguarda.
 
“Si vede che Roma non ci porta proprio fortuna, eh, Camilla?” mormora infine, quasi tra sé e sé, sollevando la valigia ormai pronta, guardandola negli occhi con un’amarezza e un dolore che scuote entrambi.
 
Perché questa doveva essere non solo la prima vacanza insieme, ma un modo di suggellare il loro amore, di renderlo più forte, più ufficiale, di essere ancora di più un’unica famiglia, di recuperare almeno in parte il tempo perduto. E invece questa prima vacanza insieme sarà anche l’ultima.
 
“Già…” mormora lei, asciutta, anche se dentro si sente morire ad ogni passo che Gaetano compie verso la  porta. Il cuore che le grida di fermarlo e il cervello, l’orgoglio che le frenano la lingua e le gambe, paralizzate in una rigidità innaturale.
 
“Ti auguro di trovare ciò che stai cercando, Camilla e… comunque vadano le cose mi auguro di rivederti presto, sana e salva. Ringrazia tua madre da parte mia per l’ospitalità e anche Amedeo. Buona… buona fortuna, Camilla,” pronuncia a fatica, la voce che si spezza in più punti, le parole che faticano ad uscire mentre la guarda e gli sembra tutto così surreale, mentre le sue difese gli impongono di non pensare, di non pensare a come sarà la sua vita d’ora in poi, senza di lei, perché altrimenti non ce la farebbe mai a varcare quella soglia, non ce la farebbe mai a lasciarla, sapendo perfettamente che con lei sta perdendo anche una gran parte di sé, che sta perdendo l’unica donna che abbia mai amato e sa benissimo che non ci sarà un’altra per lui, non come Camilla, non dopo Camilla.
 
Camilla vorrebbe rispondere ma si sente ancora paralizzata, la lingua incollata al palato, riesce solo a guardarlo, mentre una guerra la lacera dall’interno, un dolore straziante in gola, nel petto, che sembra volerla fare a brandelli, mentre la testa sembra fatta di cotone, tutto le sembra muoversi al rallentatore, sembra così irreale, onirico, assurdo ed inconcepibile, come se la sua mente si rifiutasse di comprendere quello che sta accadendo, le conseguenze di quello che sta accadendo, come se il suo cervello fosse scollegato dal resto del corpo, anestetizzato. Perché il suo cervello sa benissimo che con Gaetano se ne sta andando per sempre anche la sua felicità, quella vera, che dopo aver vissuto davvero, anche se per brevi istanti, tornare alla sopravvivenza sarà mille volte più difficile, che non amerà mai nessun altro quanto ama lui.
 
Occhi azzurri incontrano occhi castani in un lunghissimo sguardo, in cui ognuno implora l’altro di capire, di capire davvero, di non farlo, di non arrendersi, di non mollare.
 
I pugni che si stringono fino a che le nocche fanno male, Gaetano abbassa lo sguardo: un respiro per prendere la forza, per buttarsi dalla scogliera. Senza guardare più nulla si volta, apre la porta e la richiude dietro le spalle, prima di cambiare idea.
 
Inizia a camminare: uno, due, tre, quattro passi in rapida sequenza, prima che gli manchi la forza, prima che gli manchi il coraggio. Livietta gli si para davanti in corridoio, gli occhi lucidi ed enormi, probabilmente ha sentito tutto e anche se non avesse sentito, vedendo la valigia avrebbe comunque capito.
 
“Gaetano, per favore, non farlo, ripensaci!”
 
“Livietta, scusami, scusami davvero ma… devo andare… non posso proprio rimanere, lo capisci? Ci vediamo presto a Torino,” la rassicura, la voce ormai irriconoscibile, trattenendo a stento le lacrime.
 
“Se te ne vai per quanto mi riguarda puoi anche non farti più vedere!” sibila tagliente e rabbiosa come non la vedeva da tempo.
 
“Capisco… è giusto… lo capisco,” riesce a rispondere a fatica, sentendo il suo cuore già ridotto in pezzi frantumarsi ancora di più.
 
Non sa se sia per la disperazione che sente nella voce o che gli legge negli occhi ma Livietta lo guarda ancora per un secondo e la maschera di rabbia cede lasciando il posto al dolore. Gli picchia i pugni sul petto e poi se la ritrova stretta in un abbraccio breve ma fortissimo, prima di tirare su col naso e farsi da parte per lasciarlo passare, la guerra con le lacrime ormai persa per entrambi.
 
E se possibile questo lo fa sentire ancora più uno schifo, ma si fa forza, afferra di nuovo la valigia e quasi corre fuori senza voltarsi indietro, perché sa che se no non sarebbe mai in grado di andarsene.
 
Quando sente la porta di ingresso sbattere e poi il silenzio, Camilla si ritrova seduta per terra, le lacrime che scendono senza riuscire a fermarle, allagandole il viso e il collo, le braccia allacciate intorno alle ginocchia per cercare di farsi forza, di contenere i tremori, i singhiozzi che la scuotono fin nelle ossa, fin nelle viscere, mentre si culla sul pavimento.
 
Cosa sto facendo? Cosa ho fatto? – è l’ultimo pensiero che le rimbomba nella mente, prima di lasciarsi travolgere dalle lacrime, dall’oblio del dolore, del dolore puro, quello che ti riempie e che ti svuota di qualsiasi altra cosa.
 
Camilla lo accoglie come un vecchio amico e si lascia trascinare a fondo senza opporre resistenza, perché l’oblio è mille volte meglio della consapevolezza. Per quella ci sarà tempo, tanto, troppo tempo.
 
 
Note dell’autrice: Ci ho messo un po’ più tempo del previsto perché il finale è stato una vera tortura da scrivere… le scene tranquille e allegre sono molto più semplici da mettere su “carta” dei litigi e delle scene tristi. Come si è visto i nostri due protagonisti testoni come muli sono arrivati ad un punto di rottura, pur amandosi alla follia, ma le incomprensioni e i motivi di discussione si sono sommati e accavallati e ognuno dei due è rimasto arroccato sulle sue posizioni, anche perché ognuno dei due ha la sua parte di ragione. Riusciranno a ritrovarsi? E cosa ne sarà delle indagini? Dov’è Ilenia? È lei la colpevole? Ad alcune di queste domande troverete risposta nel prossimo capitolo, in cui ci sarà una nuova esplosione, di livelli epocali, credo che si possa già intuire da questo capitolo di che cosa si tratta e travolgerà parecchie persone, quasi tutti in realtà ;).
Come sempre vi ringrazio per il tempo che dedicate a leggere la mia storia, i vostri commenti mi aiutano tantissimo a motivarmi e a tararmi nella scrittura, quindi non vedo l’ora di sapere che ne pensate, anche perché questo è un capitolo cruciale e complesso e... sono curiosa di conoscere le vostre impressioni, se vi ha convinto o meno.
Grazie mille ancora e ci vediamo tra una settimana circa per il prossimo capitolo ;)!
   
 
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