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Autore: Lady_Eowyn    14/09/2008    1 recensioni
Questa è la storia di un tempo, neanche troppo lontano. Una storia che in pochi conoscono, una storia che, con l’andare del tempo è diventata mito e poi leggenda. Una storia che molti hanno dimenticato.
*
La prima guerra magica è ancora lontana, ma le pedine hanno iniziato a posizionarsi sulla scacchiera. Il fato ha iniziato a tessere la sua tela e, la marea del destino è pronta a travolgere le vite di tutti. Nel frattempo, la vita ad Hogwarts continua a svolgersi come sempre, nella più completa normalità.
O almeno, così sembra.
**
" - sento che qualcosa sta arrivando anche per me – disse – non ho nessun piano dinastico al varco, ma qualcosa è cambiato, in me, dopo quel…malore. Non so cosa sia, non so che cosa mi aspetti. Ma sento uno strano richiamo, come una melodia incantata. E’ come se suonasse per me. Come se stesse venendo a prendermi. E mi spaventa. A morte. - "
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lucius Malfoy, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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The Dark side of my soul

The Dark side of the soul

 

 

 

 

 

III.

LIFE IN A GLASS HOUSE

 

 

 

 

 

 

 

 

Every day it seems were wasting away
Another place where the faces are so cold
Id drive all night just to get back home

 

                               Bon Jovi, wanted dead or alive

 

 

 

 

 

 

- Sirius ieri è scappato di casa – disse – ha litigato con mia zia e se n’è andato, nessuno sa dove sia –

 

 

 

 

 

******

 

 

 

 

Le parole di Bellatrix continuavano a risuonarle in testa come una fastidiosa nenia.

Sirius era scappato di casa, ed i suoi beneamati amici non avevano ritenuto opportuno metterla a parte dei loro piani – evidentemente.  Ed in quel momento, mentre Bellatrix le spiegava che cosa fosse accaduto la sera precedente a casa Black, riusciva a capire anche perché, i suoi amici avessero preferito tenerla fuori da quella storia.

Se solo avesse saputo che cosa era accaduto e che cosa aveva fatto il caro ed adorato Sirius Black, beh, molto probabilmente lo avrebbe raggiunto a casa Potter, dove sicuramente si era rintanato. Per prenderlo a calci, naturalmente.

- puoi fare qualcosa? – le chiese la slytherin, una volta finita la sua arringa contro il cugino stupido.

Lei si passò una mano tra i capelli, stizzita.

- vedrò che posso fare, ma non garantisco niente –

La slytherin annuì, gettando a terra l’ennesimo mozzicone di sigaretta. Lasciò che il suo sguardo vagasse, triste, sul panorama intorno a lei e poi tornò ad incatenarlo a quello della gryffindor che aveva accanto.

- sai meglio di me quanto sia rischioso per noi – le sussurrò – che lui se ne sia andato –

Isabel annuì. Si, lo sapeva. Sapeva benissimo quanto stessero rischiando tutti loro, per colpa della testardaggine di un perfetto egoista. Ma una piccola parte di lei, non riusciva a biasimarlo, per ciò che aveva fatto.

- riportalo a casa, Isabel –

Le sue  parole risuonarono nell’aria per qualche secondo, accompagnando la sua uscita di scena. Bellatrix Black faceva parte di quella schiera di persone che nella sua vita, non avrebbe mai potuto scegliere. Lo aveva detto lei stessa, l’inverno precedente. Insieme a molte altre cose che, molto probabilmente non avrebbe mai rivelato se non fosse stata in preda al delirio dovuto alla febbre. Una di queste, le era rimasta in presso.

- il mio destino lo conosco, Halliwell. E’ la follia. Ma il tuo? Il tuo qual è? –

Per un anno si era interrogata sul significato di quelle parole, poi aveva deciso che sarebbe stato meglio lasciar perdere.

 

 

 

********

 

 

 

 

Accarezzò le candide piume della sua civetta, prima di lasciarla libera di volare verso casa Potter.  Era tornata al dormitorio senza passare da Hagrid, visto che aveva ripreso a nevicare non appena Bellatrix se n’era andata. Osservò per un istante il volo aggraziato della sua civetta e poi, quando il freddo che regnava fuori dalle calde mura del castello fu diventato fin troppo insopportabile chiuse la finestra tornando a dedicarsi ai pochi compiti per le vacanze che le erano rimasti, mentre ripensava alle parole che aveva scritto al suo fidato compagno di merende.

 

 

 

Caro Ramoso,

Come vanno le cose in quel di Godric’s Hollow? Spero bene. Qui,  in quel di Hogwarts, è sempre la solita storia. L’unica novità è che Pix non ha ancora dato segni di voler farsi vivo e questo ha reso Gazza stranamente allegro. E quest’anno l’albero di Natale è alto ben 18 metri e mezzo. Un record, a quel che dice il Prof. Vitious.

Ah, un’altra novità è che Bellatrix Black è tornata a scuola prima del previsto.

Questo pomeriggio ci siamo incontrate per CASO. E sempre per CASO mi ha raccontato due o tre cosette interessanti riguardo alle vacanze di un certo nostro comune amico. E’ stata una conversazione veramente PIACEVOLE,  divertente, soprattutto.

Pare che questo nostro comune amico abbia deciso tutt’a un tratto di andare a trascorrere le vacanze in un luogo sconosciuto alla sua famiglia, dopo aver avuto un leggero diverbio con l’adorata genitrice. Ti dice niente, questa storiella?

La cara cugina mi ha anche detto che il nostro comune amico si tratterrà lontano da casa ben oltre le vacanze di Natale e si chiedeva come avrebbe fatto, visto e considerato che la cara genitrice ha deciso di tagliare i viveri al nostro comune amico.

A questo punto della conversazione ci siamo questionate entrambe sulla sanità mentale del nostro –comune- amico.

Ora, siccome sono sicura che tu SAPPIA perfettamente dov’è quel nostro-comune-amico, saresti così gentile da recapitargli un mio messaggio?

Si?

Grazie.

 

 

 

Carissimo Felpato.

Spero che tu stia passando delle buone vacanze a Casa Potter.

La prossima volta però che decidi che la tua attuale famiglia non va più bene, ti prego: PENSA prima di decidere che casa tua non è più di tuo gradimento. Perché, come certo saprai, ogni azione ha una sua conseguenza e per quanto io capisca – evita di fare quella faccia, pulcioso di un cane – che vivere a Casa Black non è certo tutto rose e fiori, andarsene e farsi diseredare non è certamente la soluzione migliore. Ribadisco: prima di prendere qualsiasi decisione – stupida, soprattutto – PENSA. Non è così difficile come sembra, sai. Ad un cervello normale dovrebbe anche venir spontaneo, pensare.

Anche se definire il tuo cervello, e quello del tuo compare li accanto, NORMALE, forse è un po’ troppo. Tuttavia due o tre neuroni dovrebbero esservi rimasti, no? Quindi, per favore USATELI.

Ripeto: scappare di casa, non va bene Sirius. Come speri di pagarti Hogwarts? Eh? Vuoi fare la fine di Gazza per amor di ripicca contro tua madre?

Per l’amor di Morgana, dimmi per lo meno che avevi pensato alle conseguenze prima di prendere la porta ed andartene.

Pulcioso di un cane.

 

 

 

Beh, credo di avervi detto tutto. Comunque, Potter. Il discorso che ho fatto a Sirius vale anche per te, sai. Farlo ragionare no eh? So perché mi avete lasciato fuori da questa storia, ma come vedete è servito a poco.

Quindi, per favore. Fallo restare per le vacanze e cerca di farlo ragionare. Chiama anche Moony se è necessario. E se è necessario, rispediscilo a Londra a suon di schiantesimi.

Chiaro?

Non fatemi venire fin lì, che poi sai che è peggio.

 

Isabel.

 

 

 

P.S.

 

 Saluta Mamma Potter da parte mia e dille che per le prossime vacanze mi farebbe molto piacere mantenere la promessa che le feci l’estate scorsa.

 

                                                                                     Fiamma.

 

 

 

 

Sorrise, e non esattamente al libro di Pozioni che aveva davanti.  Se non altro, il doversi preoccupare per i suoi amici, la teneva lontano da pensieri ben più molesti, dopotutto era la sera della vigilia di Natale. Il primo, che passava a scuola dopo … beh, dopo quello.

C’erano cose – ferite – ch neanche il tempo, era capace di cancellare. Non del tutto per lo meno.

E lei, quella lezione l’aveva imparata nel peggiore dei modi, da allora si era ritrovata rinchiusa in una specie di grossa casa di vetro. Osservava gli altri vivere la propria vita e lei, rimaneva immobile, come una bambola di porcellana.

Ma quella, si disse, era un’altra storia. Di un’altra Isabel, che adesso non esisteva più. E non era una storia da rivangare la vigilia di Natale, quando l’orologio della scuola batteva i sette rintocchi e quella melodia allegra, che ogni anno a Natale veniva usata per annunciare la cena, risuonava, allegra, per tutti i corridoi.

 

 

Deck the halls with boughs of holly 
Fa-la-la-la-la, la-la-la-la
'Tis the season to be jolly
Fa-la-la-la-la, la-la-la-la

 

 

 

Fu così che, canticchiando allegramente quella vecchia canzoncina, si decise a scendere in sala grande, per il consueto banchetto della vigilia, fermamente decisa a non pensare.

E, dovette ammettere, fu più facile del previsto. La sala grande non era piena come al solito, ma neanche così vuota come si era aspettata. La maggior parte degli insegnanti era rimasta ad Hogwarts e così anche un buon numero di studenti.

I quattro tavoli erano stati tolti, ed al loro posto ne restava soltanto uno, in grado di accogliere tutti gli studenti rimasti.

Lei si era ritrovata a tavola incastrata tra Xenophilius (Phill) Lovegood, bizzarra creatura cresciuta in seno a Ravenclaw e William (Bill o Will), Goldestain settimo anno Gryffindor, croce e delizia della maggior parte delle ragazze della sua casa. Non che fosse particolarmente bello, non aveva certo il fascino da bello e maledetto di Sirius, oppure l’algida bellezza di Lucius Malfoy, ma c’era qualcosa nei suoi modi gentili, nella sua innata cortesia che attraeva le ragazze come le api con il miele.

- Niente vacanze, quest’anno Isabel? – le chiese verso la metà della cena

Lei scosse la testa, sorseggiando un po’ del suo succo di zucca. Odiava quella bevanda, troppo dolce secondo i suoi gusti, ma quella sera pareva che gli elfi domestici si fossero dimenticati dell’acqua.

- No – rispose poi, vaga – ho preferito restare a scuola, i miei andavano a trovare una vecchia zia. Non mi allettava molto l’idea –

Lui annuì, sorridendo.

- le vecchie zie non allettano mai nessuno – celiò – a meno che non siano disposte a scucire qualche galeone –

Quella battuta le strappò un sorriso. Forse, si disse, era per questo che Will piaceva tanto alle ragazze. E forse, era il caso di interrompere quell’allegro quadretto, prima che qualche ragazza a CASO, le facesse una fattura.

Elena Clearwater, settimo Slytherin, la stava guardando con aria decisamente poco amichevole. Le sorrise sorniona, tornando poi a concentrarsi sul suo arrosto.

La cena proseguì senza troppi intoppi, almeno fino a quando Phill Lovegood e William non intavolarono una discussione decisamente infervorata su non aveva capito bene che pianta dalle miracolose proprietà.  Trovarsi in mezzo a quei due non era stata una gran fortuna, ma l’alternativa era il posto vuoto accanto a Malfoy e sicuramente non sarebbe stato il caso.

Quindi, meglio sorbirsi le loro tirate sull’importanza della radice di timo nella pozione del sonno.

E lei che aveva sempre pensato che per dormire bene bastasse un buon infuso di valeriana.

La discussione andò avanti dalla seconda portata di brasato, fino al dolce. E fin li nessun problema. Aveva appena sentito cose molto utili per finire il suo tema di pozioni, ma quando passarono dal valutare se l’utilizzo dell’Achillea in una pozione dal nome impronunciabile potesse dirsi legale o meno, al quidditch e all’ultima – ennesima – sconfitta delle volpi di Brighton, decise che era giunto veramente il momento di ritirarsi.

Erbologia e Pozioni potevano andare, ma un’altra parola sul Quidditch e avrebbe fatto una strage.

Si congedò velocemente, adducendo come scusa la classica sonnolenza post abbuffata della vigilia, e si diresse a grandi passi verso la torre del Gryffindor. Lontana da bolidi, pluffe e boccini e lontana da Malfoy e dai suoi sguardi.

Ma non poteva essersene tornato a casa come tutti gli altri?

 

 

 

 

*****

 

 

La notte giunse, come sempre. E la trovò addormentata placidamente sul suo letto, la luce fioca di una candela lasciata accesa troppo a lungo, ed un libro stretto in grembo. Arrivata in camera si era  adoperata per finire il tema di pozioni, poi, una volta tolta la divisa ed indossata la sua calda camicia da notte di raso e velluto azzurro, si era messa a letto. A leggere.

 

 

 

DIARIO DI JONATHAN HARKER
(Stenografo)
3 maggio, Bistrita. Lasciata Monaco alle 20,35 del 1° maggio, giunto a Vienna il mattino dopo presto: saremmo dovuti arrivare alle 6,46, ma il treno aveva un'ora di ritardo. Stando al poco che ho potuto vederne dal treno e percorrendone brevemente le strade di Budapest mi sembra una bellissima città. Non ho osato allontanarmi troppo dalla stazione, poiché, giunti in ritardo, saremmo però ripartiti quanto più possibile in orario. Ne ho ricavato l'impressione che, abbandonato l'Occidente, stessimo entrando nell'Oriente, e infatti anche il più occidentale degli splendidi porti sul Danubio, che qui è maestosamente ampio e profondo, ci richiamava alle tradizioni della dominazione turca.

 

 

Si era addormentata all’inizio delle disavventure del giovane Harker, in cerca del castello del Conte Dracula. Ed adesso sognava di loro. Sognava di essere Lucy, ma ogni volta, alla fine, lei riusciva a salvarlo, il suo amato. E vivevano insieme per l’eternità.

Aveva letto e riletto quel libro tante di quelle volte che ormai le pagine erano tutte consumate. Non lo aveva mai giudicato un libro dell’orrore, al contrario. Per lei, quella era una magnifica storia d’amore.

Così lei sognava. E avrebbe continuato a sognare se qualcosa, un’ombra forze, non avesse invaso la sua mente, ed il suo sogno, costringendola a destarsi.

La tenue luce della candela stava per spegnersi, fuori, il cielo era tornato sereno e la luna bagnava con i suoi raggi argentei tutta la vallata. Si alzò dal letto, avvolgendo il suo corpo nella morbida vestaglia color crema. Lasciò che la luna illuminasse i suoi occhi, c’era qualcosa di magnetico nella sua luce. Qualcosa che lei sapeva di conoscere ma che in quel momento le restava oscuro.

Scosse la testa, osservando il libro abbandonato sul letto. Forse, quella sera, aveva letto fin troppo tra temi di pozioni e romanzi ottocenteschi. Decise di scendere giù nelle cucine, magari avrebbe trovato qualche elfo disposto a prepararle una tazza di tisana, benché fossero le due del mattino.

 

Arrivata nelle cucine scoprì di essersi sbagliata.

Si era dimenticata di quanto potessero esser servizievoli quei buffi esserini dalle improbabili orecchie a punta. Era andata nelle cucine con l’intenzione di farsi preparare una sola tazza di tisana alla valeriana, per poter tornare a letto e rimettersi a dormire ed invece si era ritrovata seduta su di una comoda poltrona, accanto al camino con si la tisana fumante in mano, ma anche una serie di vassoi stracolmi di pasticcini e biscotti.

Dio, se adorava quella scuola.

Ringraziò con un sorriso l’elfa che le aveva appena versato altra tisana e questa sorrise, contenta che la padroncina apprezzasse il suo lavoro. La osservò riordinare quei pochi ciottoli che aveva dovuto sporcare per prepararle la tisana, poi, il suo sguardo fu catturato dalle fiamme del camino che, danzando, creavano dei fantastici giochi di luce sul muro dietro di loro. Così aggraziate che irretivano. Allungò una mano verso di esse, cercando di avvertire un po’ del calore che emanavano e ci sarebbe riuscita, se solo qualcosa non l’avesse bloccata.

Una mano, più grande della sua, ma ugualmente liscia e morbida. Una mano forte, come quella di un uomo.

- non te l’ha mai detto nessuno – le sussurrò la voce – che a giocare con il fuoco, si rischia di bruciarsi? –

Aveva riconosciuto immediatamente quella voce, ma all’inizio pensò di averla soltanto immaginata. L’infuso che le avevano preparato si era rivelato decisamente efficace. Sentì la presa sul suo polso allentarsi e così, tornò ad avvicinare la mano alle fiamme cercando di sentire quel calore che da tempo, l’aveva abbandonata.

- mezzosangue –

Fu soltanto quando udì quella parola che la sua mente riprese un po’ di lucidità. Voltò la testa di scatto ed i suoi occhi, incrociarono quelli di Lucius Malofy.

Occhi di argento liquido, che riflettevano il calore delle fiamme senza però esserne avvolti. Ma la sua mano, quella che stringeva il suo polso sinistro, quella si, era calda. Lo avvertiva chiaramente. E quando questa si spostò, dopo averla allontanata dal fuoco, lo percepì ancora di più.

Il freddo. Il freddo che prese il posto di quel calore rassicurante che l’aveva avvolta quando lui l’aveva toccata.

Strano.

- neanche tu riesci a dormire, Malfoy? – sussurrò rannicchiandosi ancora un po’ su quella poltrona.

Il ragazzo continuò ad osservarla, lo sguardo attento. Scacciò l’elfo che gli si era avvicinato in malo modo, sedendosi di fronte alla ragazza, ancora intenta ad osservare le fiamme.

Era andato nelle cucine con l’intenzione di farsi preparare qualcosa per poter riposare tranquillo, senza doversi preoccupare di sogni scomodi e molesti che la riguardassero. Ma evidentemente, qualcuno molto in alto lassù ce l’aveva a morte con lui.

- non dovresti essere qui – le disse, ignorando bellamente la domanda che lei gli aveva rivolto.

Lei sorrise, triste. Si rigirava la tazza tra le mani, cercando di non guardarlo negli occhi. Se lo avesse fatto, molto probabilmente sarebbe scoppiata a piangere e, neanche per tutto l’oro della Gringott avrebbe mai dato una tale soddisfazione a Malfoy.

- neanche tu, se non sbaglio – fu la sua laconica risposta – eppure eccoci qui –

Lui continuava a guardarla e lei non desiderava altro che se ne andasse, lasciandola sola con i suoi pensieri.

- mezzosangue – ripeté – stasera se possibile, sei ancora più strana del solito –

Lei sorrise,  o meglio, tentò di piegare le labbra in una smorfia che assomigliasse ad un sorriso.

- strana – bisbigliò – odio quella parola -

Lui alzò di scatto la testa, sorpreso. Se l’era presa perché le aveva detto che era strana, ma non perché l’aveva chiamata mezzosangue. Che cosa diavolo aveva quella sera?

Le si avvicinò ed istintivamente lei si ritrasse. E lui sorrise, socchiudendo gli occhi. Forse era normale, si disse, che lei avesse paura di lui. Ma non per questo quella consapevolezza gli faceva meno male.

Folle.

- non voglio farti del male – le sussurrò.

Lucius le tolse la tazza dalle mani, portandosela alla bocca, assaggiando il contenuto.

Valeriana e fiori d’arancio.

Nessuna audace correzione alcolica, quindi. Allora, che cos’aveva quella ragazza? Posò lo sguardo nuovamente su di lei, stava sorridendo, sorniona.

- se eri così curioso di sapere se avevo coretto la tisana con del firewhisky, non avevi che da chiedere, Malfoy  -

- touché –

Ed il silenzio li avvolse. Isabel continuava ad osservare affascinata le fiamme del camino e Lucius osservava lei, indeciso se lasciarla sola con i suoi pensieri oppure restare lì, con lei, e bearsi del suo profumo. Sorrise tra se e se, dandosi mentalmente dell’idiota.

Dopotutto, lui era pur sempre Lucius Malfoy. Ed un Malfoy non poteva permettersi di trovare piacevole la compagnia di una come lei.

Si alzò, facendo per andarsene ma poi qualcosa catturò la sua attenzione: il grande orologio della scuola stava battendo tre rintocchi e lei, ancora rannicchiata sulla poltrona, aveva preso a tremare come un foglia.

- ma cosa …- sussurrò, avvicinandosi di nuovo a lei.

E lei si ritrae ancora, veloce e guardinga come un gatto impaurito.

Aveva pensato di poter gestire la cosa. Di poter controllare se stessa, di poter controllare la propria paura. Di poter superare tutto quello che era accaduto. E fino a quella sera, era stato così. Poi però, quella sera era arrivata e lei era sola di nuovo.

Sola.

Come quella maledetta sera di un anno prima.

Sola.

Con Lui. Con l’unica persona incapace di capirla. Con l’unica persona che non avrebbe dovuto essere lì, in quel momento.

- mezzosangue?- la chiamò, ma non ottenne risposta. Il suo sguardo era così impaurito. Non lo aveva mai visto così.

Provò a toccarla, ma lei si ritrasse ancora, tremando.

- mezzosangue, che succede? –

Perché era ancora li? Perché non l’aveva lasciata a se stessa, sola, come quando era entrato in quella maledetta cucina?

Riuscì a sfiorarle un braccio e lei, improvvisamente, urlò.

- non toccarmi! –

Si divincolava come un animale in gabbia. Avrebbe voluto andarsene, ma non riusciva a muoversi. Se l’era ritrovata tra le braccia, che batteva pugni contro il suo petto. Troppo piano per fargli male. Era chiaro che non ce l’aveva con lui.

- Mezzosangue – la chiamò ancora

Niente.

- Mezzosangue! –

Ancora niente.

- Isabel, maledizione! –

E lei si fermò, sgranando gli occhi per la sorpresa.

In sei anni di scuola non l’aveva mai chiamata per nome. Lei era sempre stata “la mezzosangue”.

Lui la guardò a lungo, incatenò i loro sguardi, cercando di capire che cosa potesse esserle successo di così tanto grave da farla reagire così soltanto per aver sentito l’orologio battere tre rintocchi.

Tre rintocchi, della notte di Natale.

- lasciami – sussurrò lei, la voce leggermente incrinata.

Ma lui non raccolse quella supplica, continuò a tenerla stretta a se, cullandola dolcemente. Accarezzandole i capelli, cercando di calmarla. Fece finta di non sentire i suoi singhiozzi, sicuro che non avrebbe sopportato la sua pietà.

- che cos’è successo?- le chiese

- lasciami andare –  

Continuava a ripetere quelle parole come una nenia, una cantilena insopportabile.

- non ti farò del male – non seppe mai perché le disse una cosa del genere – te lo prometto –

- lasciami andare, ti prego –

Perché non la lasciava andare? Perché non se ne andava? Era Malfoy, dopotutto. Che cosa gliene poteva importare a lui, di una come lei?

Fu quel pensiero, a farla svegliare. Era passato. Non era ...reale, quello che stava vedendo. Era, un ricordo.

E lui era lì, con lei.

Non l’aveva lasciata sola.

Ed inconsciamente sapeva, che non l’avrebbe fatto. Altrimenti non avrebbe continuato a stringerla a se anche adesso, che i suoi singhiozzi si erano calmati.

- vuoi dirmi, adesso, che ti è preso? – le chiese prendendole il volto tra le mani, costringendola a guardarlo.

Lei chiuse di scatto gli occhi, liberandosi da quella presa.

Non voleva che vedesse la sua paura. Ma soprattutto non voleva vedere la sua espressione impaurita riflessa nei suoi occhi, non lo avrebbe sopportato.

- niente – sibilò, irata.

Lui sbuffò, piegando le labbra in quella smorfia sarcastica che lei ben conosceva.

- Halliwell, mezzosangue – le sussurrò, avvicinandosi ancora –  hai appena avuto una crisi isterica, mi ha preso a pugni, hai inzuppato di lacrime il mio maglione preferito. Io questo non lo definirei, esattamente, niente. –

Isabel lo fulminò con lo sguardo. Non sopportava quel suo tono.

- ti pagherò il conto della lavanderia, non ti preoccupare. –

E lui in tutta risposta alzò gli occhi al cielo.

- non è questo il problema – le disse prendendola per le spalle – il problema, è quello che passa in questa tua testolina –

 

 

 

 

*****

 

 

And now all around me
I feel you still here
Such is the journey
No mystery to fear.

 

               Loreena Mckennitt, never-ending road

 

 

 

 

 

- …-

Non riusciva a parlare. Ad essere del tutto sinceri non riusciva neanche a pensare a qualcosa che potesse avere un senso compiuto.

Lui la stava fissando e questo, a dispetto di tutto ciò in cui aveva sempre cercato di credere, la metteva a disagio.  Il suo sguardo irretiva. Forse, si disse, era per questo che tante ragazze gli morivano dietro.

- mezzosangue …-  La fece sedere di nuovo e poi, attese con pazienza che lei si decidesse a rispondere.

Un pensiero folle le attraversò la mente, ma subito lo ricacciò indietro, evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo.

- davvero lo vuoi sapere? – gli chiese

Lui sorrise – non te lo avrei chiesto, altrimenti –

Che cosa avrebbe provato a rivelare a lui, ciò che non aveva osato rivelare neanche ai suoi amici? Poteva fare una cosa simile? Poteva fidarsi di lui fino a quel punto?

No, non poteva. Ma forse, era proprio quello il motivo che la faceva vacillare nella sua convinzione di non voler rivelare a nessuno, ciò che le era capitato.

Lui era Malfoy, non poteva essere ferito da quelle parole. Non avrebbe provato niente, nel sentire quel racconto e lei, si sarebbe sentita sicuramente molto meglio.

Più leggera, forse.

- se davvero vuoi saperlo …- sussurrò – dovrai cercare da solo però – non osava guardarlo fisso in volto, per paura che scorgesse troppo, di lei. - io …non riesco a … - incespicò nelle parole – conosci la formula, no? –

Si conosceva la formula. Ed era anche un discreto legillimens. Tentennò per qualche istante, incerto sul da farsi, poi, consapevole della sua volontà di sapere che cosa potesse esserle successo, prese la bacchetta e si tuffò nei suoi ricordi.

Fu come tuffarsi in una piscina di firewhisky, ma Isabel era brava a guidarlo e quindi non ci mise molto a riprendersi. Le immagini scorrevano veloci davanti ai suoi occhi, fino a che non si fermarono davanti ad una porta chiusa, all’interno la luce era ancora accesa, si vedeva chiaramente dal chiarore che si intravedeva dallo stipite.

Era quello il ricordo che cercava. Lo sapeva. In lontananza, un orologio batteva tre rintocchi. Te rintocchi della notte di Natale.

 

La porta si aprì di scatto, sorprendendolo.

- ma che cos..- una voce, conosciuta. La voce di lei.

Una persona era appena entrata nella stanza, una persona che puzzava incredibilmente di Alcool.

- Alexander hai bevuto ancora, non è vero? – disse lei – ecco perché sei voluto uscire stasera! –

Era visibilmente arrabbiata.

- sta zitta, stupida! – un urlo rabbioso e poi, il rumore di uno schiaffo. Lei, che, stupita, si portò una mano alla guancia offesa.

Mai, suo fratello l’aveva sfiorata. Per questo quello schiaffo bruciò più del dovuto.

- Alex, ma che diavolo ti è preso? – chiese, indietreggiando istintivamente

Suo fratello scoppiò a ridere, e barcollando si avvicinò di più  a lei.

- mostro…- balbetto – sei, un mostro … e …troia –

In quel preciso istante, quando lei vide lo sguardo annebbiato del fratello, realizzò che cosa stava per accadere. Cercò di raggiungere la sua bacchetta, ma lui fu più veloce e la colpì di nuovo.

- che cosa credevi di fare, puttana! –

L’afferrò per un polso e con violenza la sbatté contro il pavimento, piombandole addosso con tutto il suo peso.

Cercò di ribellarsi, ma lui, molto più forte di lei le bloccò le braccia sopra la testa, ghignando.

- sta ferma – biascicò – vedrai, ti piacerà – le diceva mentre la toccava lascivamente – lo so, che lo vuoi –

A lei non restò altro che piangere.

- lo vedo come mi guardi, sai –

Serrò le palpebre, quando sentì una mano infilarsi tra le sue cosce e toccarla, violarla, sporcarla.

Era suo fratello.

E l’avrebbe violentata.

- Non è vero, Isabel? – le sussurrava – ti piace, vero? Puttana! –

La schiaffeggiò ancora, continuandole a ripetere parole orribili, accusandola di essere un mostro, uno scherzo della natura.

E lei, si sentiva morire. Non riusciva ad aprir bocca. Non riusciva a pensare, a ribellarsi. Avrebbe voluto poter prendere la sua bacchetta e schiantarlo, ma era lontana e lui troppo forte.

Ma dov’erano i suoi genitori? Perché non avevano sentito niente?

Ad occhi chiusi, si sentì tirare su in malo modo.

Alexander si era alzato ed adesso stava ritto in piedi davanti a lei, che era in ginocchio.

La consapevolezza di ciò che voleva che facesse, la colpì come una pugnalata in pieno petto.

- no …- riuscì a dire – ti prego …-

Ma lui, reso folle dai fumi del troppo alcool, non l’ascolto e violò la sua bocca.

Violò la sua bocca, il suo corpo e la sua anima. La fece a pezzi, per poi lasciarla stesa sul pavimento, macchiata a vita e privata della sua verginità, della sua purezza, da qualcuno che credeva amico.

 

Lucius se ne restò immobile, in disparte, consapevole della sua impotenza. Era solo un ricordo. Un ricordo vivido e doloroso, perché, quando riaprì gli occhi, lei era in lacrime. Adesso poteva spiegarsi molte cose, poteva rimettere insieme i pezzi del puzzle della sua vita.

La sua assenza prolungata da scuola lo scorso anno, la sua ritrosia a lasciarsi toccare. Il suo sguardo quella sera, perso nel vuoto.

- adesso sai – gli sussurrò

- perché …- non aveva parole, nella sua testa si affollavano mille domande, una più sbagliata dell’altra – perché, ti ha …come ha, potuto farti questo? -

Lei sorrise amaramente. Curioso, che ha fare quella domanda fosse proprio lui.

- perché? – sussurrò, con rabbia – per lo stesso motivo per il quale voi purosangue mi odiate – ringhiò – perché non sono né una strega, né una babbana. Perché sono una sanguesporco!- sputò quell’ultima parola con tutta la rabbia che aveva dentro, sfogandosi come non era mai riuscita a fare prima -  non sono una babbana e per questo il mio posto non è tra i babbani, però non sono neanche una strega – sussurrò, sfinita - lui mi odia perché sono diversa, strana . Mi odia, esattamente come mi odi tu –

La teca di vetro nella quale si era rifugiata era andato in mille pezzi, adesso l’aria toccava di nuovo la sua pelle, il fuoco bruciava di nuovo la sua carne. Poteva essere ferita, e questa volta avrebbe sanguinato, tutto ciò la spaventava a morte. E nonostante tutto lei, non si era mai sentita tanto libera prima di quel momento. Prima di riversare tutta la sua rabbia, la sua furia, contro Lucius Malfoy che, in quel momento la osservava quasi ferito dalle parole che lei aveva pronunciato.

- pensi davvero che io ti odi? – le chiese, lo sguardo incatenato al suo

- perché, non è così, forse? –

Lui serrò la mascella, cercando di impedirsi di fare qualche sciocchezza.

Ma fu tutto inutile.

La prese per un braccio, attirandola a se ed avvolgendola in un abbraccio soffocante. Ignorando il suo gemito di sorpresa e protesta. L’unica cosa che voleva era stringerla tra le braccia e dimostrarle quanto poco di lui avesse capito.

 - non è così – le sussurrò baciandole i capelli - non è affatto così –

E lei capì. Capì di aver commesso un errore madornale a rivelargli ciò che lui aveva chiesto di sapere. Capì di averlo ferito e per quanto le potesse sembrare strano o assurdo, questo le dispiacque. Non era sua intenzione ferire nessuno. Eppure, c’era riuscita ancora una volta.

Affondò la testa nel suo petto, ricacciando indietro le lacrime. Si aggrappò a lui con la forza della disperazione, dimenticandosi per un istante il nome del ragazzo che la stringeva tra le braccia con tanto ardore. Si beò del calore del suo corpo, e cercò di rubarne un po’. E, quando udì i battiti accelerati dei loro cuori, capì che qualcosa, sarebbe cambiato, da quella sera.

Tum- tum. Tum-tum Tum-tum  

 

Mai, il battito di un cuore l’aveva emozionata tanto.

Restò abbracciata a Lucius per un tempo che non riuscì a quantificare. Sapeva solo che non voleva che si allontanasse. Così, quando lui cercò di scostarsi da lei, lo trattenne aggrappandosi a lui con maggior forza.

- no – gli sussurrò – non te ne andare-

Lui sorrise, accarezzandogli i capelli

- non ti preoccupare – disse – non vado da nessuna parte, solo, non possiamo certo restare qui tutta la notte – le sollevò il volto, asciugando qualche lacrima ribelle che ancora le bagnava le guance – vieni – le prese una mano, accompagnandola verso la porta – ti accompagno alla torre –

Lei rabbrividì.

- no –

- mezzosangue … -

Lei lo interruppe, sorridendo. L’aveva chiamata mezzosangue, ma non c’era disgusto nel modo in cui lui aveva pronunciato quel nome.

- resta – si aggrappò alla sua mano con tutta la forza che aveva – resta con me stanotte, Lucius

E per la prima volta in vita sua Lucius Malfoy,  tremò.

 

 

 

 

******

 

 

 

Here I am.

Eccoci qua, di nuovo ragazze e ragazzi.

Spero che questo nuovo capitolo sia di vostro gradimento. Mi scuso per il ritardo, ma ormai è diventata un’abitudine. Chi legge le altre mie storie lo sa bene!

Spero comunque che il capitolo sia valsa l’attesa.

Voglio ringraziare tutte le persone che hanno letto, e coloro che hanno messo questa storia tra i preferiti. Vuol dire molto per me.

Il prossimo aggiornamento di the dark side è previsto verso la metà di ottobre.

Un abbraccio, alla prossima Eowyn

 

 

 

Eowyn’s mail.

 

Princesseelisil: Grazie mille per la recensione, sono contenta che la storia ed Isabel ti piacciano. Lo stesso vale per il banner: ho dovuto imparare ad usare Photoshop, ma ne è valsa la pena. Il ragazzo in basso a destra è James Marsden. Un bacione, spero di sentirti ancora.

 

 

 

   
 
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