Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: LoonyW    16/08/2014    1 recensioni
Dominique Weasley ha diciannove anni, un lavoro noioso e la testa tra le nuvole. È sprovveduta e ingenua come pochi, sogna troppo spesso a occhi aperti e parla con gli animali. In più, ha un impellente bisogno di partire alla scoperta di tutto ciò che ancora non ha visto del mondo e lasciarsi alle spalle una vita monotona e insoddisfacente.
“Ce ne vuole di coraggio per mollare tutto come hai fatto tu. E per quanto ne possano dire gli altri membri della nostra famiglia, io sarò sempre fiero di te.”
Dal primo capitolo:
-Le venne in mente quando, da bambina, promise a nonno Arthur che “da grande” avrebbe viaggiato nel mondo dei babbani e gli avrebbe portato qualcosa della loro cultura per ogni posto visitato.
Lo avevo promesso, nonno, scusami.-
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Dominique Weasley, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 Up and Down




Ovviamente Dominique non aveva mai volato in aereo. Seduta sullo stretto sedile blu scuro di una a lei ignota compagnia aerea babbana, si disse che era proprio una strana maga: aveva mollato la sua vita magica per partire nel vero mondo babbano come una di loro. Per sé stessa, principalmente, ma anche perché aveva una promessa in sospeso con nonno Arthur.
Non aveva mai sentito un tale misto di eccitazione, paura, impazienza, angoscia e felicità tutte insieme. Nemmeno quando si era presa la sua prima cotta, o quando era arrivata a Hogwarts il primo settembre di molti anni prima. Nulla in confronto alla consapevolezza che stava facendo una totale follia. Partire da sola, senza la minima conoscenza del mondo esterno, con pochi soldi, uno zaino sulle spalle piuttosto pesante e nessuna idea su dove andare di preciso o come mantenersi. Avrebbe dormito in un ostello nelle periferie di Atene, questo era il suo solo punto fermo.
Ma era tutto così nuovo e strano nel mondo babbano, che soffermarsi sugli aspetti pratici allora le sembrava troppo noioso. (Avrebbe capito qualche giorno dopo che una migliore organizzazione le avrebbe evitato di mettersi nei guai).
Ad esempio, la specie di balletto che la signorina con la divisa stava facendo nel mezzo dell’aereo per Dominique era decisamente divertente, ma stava trattenendo le risate dato che non sembrava che gli altri passeggeri lo trovassero buffo.
Carino il giubbotto giallo che si è messa la ragazza, pensò Dominique mentre guardava il “balletto” –ovvero la demo- delle assistenti di volo, chissà a che serve. Magari lo porto a nonno Arthur come souvenir. Di sicuro gli piacerà.
Dopo qualche minuto l’aereo stava passeggiando per la pista, e Dominique guardava fuori dal finestrino –posto che era riuscita ad accaparrarsi con un Confundus magico, ovviamente- chiedendosi perché mai quel trabiccolo con le ali dovesse fare un giro immenso prima di partire.
Certo che la vita dei babbani sarebbe più semplice se avessero i mezzi che abbiamo noi. È quasi un’ingiustizia.
L’aereo prese velocità all’improvviso e Dominique si ritrovò con le spalle al sedile, sentendo i propri battiti che acceleravano, conscia di stare per lasciare il suolo inglese –e il mondo magico con esso- per la prima volta.
Ci fu un attimo di silenzio sospeso, nel quale Dominique si chiese cosa fosse successo; ma quando guardò fuori dal vetro capì di non essere più a terra, ma su un aggeggio di metallo e chissà cos’altro che incredibilmente riusciva a sostenersi nel cielo senza nessuna magia.
Dominique guardò meravigliata il suolo che si allontanava.
I babbani sono fantastici. La magia ci rende tutto più facile, e loro che vivono senza sono stati in grado di inventare macchinari del genere. Nonno Arthur ha ragione, sono geniali.
Rimase per un poco a osservare il paesaggio, mentre l’adrenalina andava affievolendosi nel suo corpo, sostituita da un senso di quiete che venne immediatamente interrotto dal ricordo dello sguardo deluso e contrariato dei suoi genitori –e in particolare di sua madre- quando aveva comunicato loro la sua intenzione di partire immediatamente. Una parte di lei era consapevole che partendo per conto suo aveva segnato un profondo distacco dalla famiglia, e ne era spiacente; l’altra si stava convincendo di aver fatto ciò che era giusto fare, perché era quello che voleva davvero. Neanche Victoire l’aveva sostenuta –anzi: le aveva rivolto uno sguardo tagliente quasi quanto quello di sua madre. L’unico sorriso di partecipazione che aveva visto tra i suoi familiari era proprio quello di nonno Arthur, che l’aveva incoraggiata con un abbraccio e due parole che l’avrebbe accompagnata per tutto il viaggio: Buona strada.
Prese una rivista dalla tasca del sedile davanti e buttò uno sguardo alle foto fatte in giro per il mondo, al catalogo di vari aggeggi babbani, lesse qualche articolo e guardò il menù della compagnia aerea.
Le assistenti di volo avevano appena fatto la loro apparizione con il carrello lungo il corridoio, quando l’aereo ebbe un violento e inatteso scossone. Le assistenti di volo continuarono imperturbabili il loro giro, rassicurando i passeggeri con un sorriso zen e servendo loro caffè, biscotti e cibarie varie.
Il carrello era quasi arrivato alla metà dell’aereo e di nuovo una scossa li fece tremare tutti.
«È solo un po’ di turbolenza» spiegò gentilmente l’assistente di volo con i capelli rossi e un viso delicato da bambina. Assomigliava vagamente a zia Ginny.
Alcuni passeggeri si tranquillizzarono e tornarono alle loro occupazioni, altri rimasero in allerta, stringendo il bracciolo o torturando di domande ansiogene il vicino. Fortunatamente per Dominique, l’uomo corpulento alla sua destra, sui cinquanta circa, dormiva profondamente con una mascherina sugli occhi e russava leggermente. Non si era nemmeno accorto degli sbalzi dell’aereo.
Sono capitata bene, pensò Dominique osservando la bambina urlante qualche posto più avanti e il trentenne con l’aria da psicopatico che strizzava il braccio di un malcapitato adolescente di tredici anni che cercava di isolarsi nelle mega cuffie che gli coprivano le orecchie.
Dominique tornò a rilassarsi, ma un altro scossone li sbalzò tutti su e giù. Ne seguì un altro più lungo e intenso, e Dominique vide con la coda dell’occhio le assistenti di volo che portavano via il carrello dal corridoio. Qualche istante dopo, la scritta “Allacciare le cinture” si illuminò di rosso e si sentì una voce femminile annunciare che si trovavano in una zona di turbolenza, ma niente di cui preoccuparsi e così via.
Dominique non aveva pensato neanche per un secondo all’eventualità che un aereo cadesse. Insomma, non era stato esattamente il suo primo pensiero. E poi inconsciamente credeva ci fosse qualche sistema di sicurezza pseudo-magico che impedisse cose del genere. Si ritrovò dunque a pensare che se un aereo poteva essere sbalzato su e giù da delle nuvole, allora poteva anche cadere nel nulla. Affacciandosi al finestrino, vide una massa scura e compatta che li circondava e la pioggia che iniziava a scendere fitta e violenta.
Eppure poco fa c’era un così bel sole.
Stavolta l’aereo sobbalzò forte, e Dominique vide le teste dei passeggeri davanti a lei ondeggiare per un attimo in alto e tornare giù un secondo dopo. Ma non finì subito, continuò per qualche secondo e Dominique sentì l’aereo chinarsi da un lato, come ad evitare un ostacolo improvviso.
L’urlo continuo di un bambino –o forse due, Dominique non riusciva a capirlo- non aiutava gli altri pallidi passeggeri a tranquillizzarsi, anzi, sembravano tutti prossimi al vomito o allo svenimento. Dominique chiuse gli occhi, confortata dalla presenza della bacchetta nella tasca destra del pantalone, e si concentrò su un posto tranquillo, privo delle nuvole scure che in quel momento la circondavano: le venne in mente la Tana, il suo covo d’infanzia.
Un vuoto d’aria improvviso la riportò alla realtà surreale che la circondava. Il signore accanto a lei si era finalmente svegliato tra le urla dei passeggeri e le chiese confuso cosa stesse succedendo.
«Turbolenza..» spiegò Dominique laconica.
L’uomo tossicchiò e si aggiustò la cravatta a righe blu e bianche e poggiò di nuovo la testa sul sedile piuttosto basso per la sua altezza e stretto per la sue fattezze fisiche.
«Non è la prima volta che mi capita» mormorò tranquillo, mentre gli altri passeggeri davano di matto in seguito a un altro vuoto d’aria.
«Deve volare spesso, allora» rispose Dominique con un mormorio appena udibile.
«Prima volta per lei?» chiese il signore con uno sguardo comprensivo.
«Si nota molto?» sbuffò Dominique con un sorrisetto, rivolgendo il primo vero sguardo al suo vicino. Era un uomo piuttosto grasso, con pochi capelli scuri e un viso rotondo che gli regalava un’aria affabile e pacioccona.
«No, ho tirato a indovinare. Quasi tutti hanno la sua espressione in caso di turbolenza forte» spiegò incurante degli scossoni dell’aereo.
Fino a quel momento Dominique era rimasta quasi tranquilla. Dopo lo scoppio che venne da un punto imprecisato, il panico si impadronì di lei. Perfino il suo vicino sbiancò.
«Deve averci colpito un fulmine» cercò di spiegare, insicuro.
L’aereo aveva sussultato, come se avesse avuto un grosso singhiozzo. Ma c’era un ronzio persistente che non era un buon segnale. Probabilmente era vero, erano stati colpiti da un fulmine.
Ma perché cominciavano a perdere quota? Non potevano essere già arrivati, erano passate circa due ore dalla partenza, e il volo avrebbe dovuto durare almeno tre ore e mezza.
Passò un quarto d’ora prima che un’assistente di volo annunciò che stavano cominciando la discesa all’aeroporto di Lubiana, in Slovenia, per un atterraggio di emergenza. Il panico si diffuse in pochi secondi, i passeggeri cominciarono chi a protestare, chi a urlare, chi a piangere.
La voce dell’assistente di volo continuò a parlare pregando i passeggeri di calmarsi e spiegando che avevano avuto un guasto tecnico, al motore o qualcosa del genere, percepì Dominique confusamente. Infine venne annunciato che di lì a pochi secondi avrebbero cominciato a spiegare le procedure di sicurezza e per tale motivo erano pregati di rimanere a posto e ascoltare molto attentamente.
Dominique percepiva i suoi battiti correre un po’ troppo veloce, ma non riusciva a frenarli: si sentiva in uno stato di trance emotiva, mezza addormentata e incosciente, mezza vigile. Non sapeva cosa fare, non aveva calcolato nulla di quello che stava succedendo e la sua mente era occupata da mille domande: stiamo atterrando, dove? Lubiana? E dove sta? E come si fa un atterraggio di emergenza? È un modo di dire babbano per far gentilmente sapere ad altri che stanno per morire schiantati in un incidente aereo? Come si fa ad atterrare con un guasto tecnico?
Le assistenti di volo fecero la loro apparizione nel corridoio e cercarono di quietare i passeggeri come poterono, mentre continuavano a scendere sempre più in basso, troppo velocemente. Le orecchie di Dominique si erano tappate in modo doloroso, e tutto le sembrava ancora più irreale e ovattato.
Un’ assistente di volo si posizionò all’inizio del corridoio in modo da essere vista da tutti i passeggeri e spiegò le procedure di sicurezza, come proteggersi la testa con le braccia nel momento dell’atterraggio di emergenza, come avrebbero gonfiato degli scivoli per consentire a tutti i passeggeri di scendere dall’aereo, e come avrebbero trovato a terra una schiuma anti-incendio, perfettamente normale, e indicarono le uscite di sicurezza, segnalate anche da delle linee gialle. Fecero scendere le mascherine gialle per l’ossigeno e Dominique vi si aggrappò perfino contro la sua volontà, più desiderosa di ossigeno di quanto non si fosse resa conto.
Molti stavano svenendo, notò Dominique con la coda dell’occhio, e nemmeno lei si sentiva così bene. Scendevano, scendevano, scendevano, e a Dominique sembrava di affogare per il troppo repentino cambio di pressione.
Dopo un tempo che a lei sembrò lunghissimo e indefinito, cominciò a scorgersi un terreno in lontananza. Erano prossimi al fatidico atterraggio di emergenza, e Dominique non sapeva cosa aspettarsi. Si era perfino dimenticata di avere con sé una bacchetta che avrebbe potuto salvarle la vita. Non sapeva se avrebbe toccato il suolo viva, era quella la sua angoscia principale.
Senza rendersene conto, afferrò la mano del suo vicino e la strinse convulsamente. Il signore ricambiò la stretta, partecipe del suo terrore.
Il terreno si avvicinava, e dopo aver ripetuto la procedura di sicurezza ancora una volta, le assistenti di volo tornarono al loro posto e si prepararono all’atterraggio allacciandosi a loro volta le cinture.
Erano vicini, Dominique riuscì a vedere la pista mentre respirava profondamente nella mascherina. La voce annunciò di mettersi in posizione di sicurezza e tutte le teste nella cabina si poggiarono sul sedile di fronte e incrociarono le braccia sul capo.
Dominique incrociò per l’ultima volta lo sguardo del suo vicino, di cui non sapeva nemmeno il nome e notò che aveva gli occhi di un bel verde scuro, senza macchie.
«Grazie» gli disse sottovoce, non sapendo neanche il motivo. Forse perché così la sua ultima parola sarebbe stata di gentilezza e gratitudine.
L’impatto arrivò con durezza inaspettata. Fu più forte di quello che Dominique aveva previsto, più forte persino degli scossoni della turbolenza. Ci fu un rumore sinistro simile ad un acuto stridio che proseguì finché dopo un tempo interminabilmente lungo, l’aereo si fermò in modo brusco e improvviso.
Si accese la luce che annunciava che era giunto il momento di alzarsi, e la maggior parte dei passeggeri si fiondò verso le uscite calpestandosi a vicenda, sgomitando, cercando di sorpassare gli altri e uscire prima.
Dominique si alzò come un automa, sentendo le proprie gambe deboli. Il suo vicino la sostenne per un braccio senza dire una parola e la scortò nel corridoio, dove lei si limitò a seguire le linee gialle, per arrivare a ciò che in quel momento le sembrò la porta del Paradiso –o dell’Inferno, non riusciva a deciderlo. Si ritrovò accecata dalla luce di qualcosa che doveva essere un faro o chissà che, e superò la porta lasciandosi scivolare sullo scivolo di gomma gialla.
E quando diamine l’hanno montato?!, riuscì a chiedersi in uno sprazzo di lucidità.
Le sembrò quasi divertente scivolare su quel trabiccolo, finché non ricordò in che situazione si trovava. Quando arrivò alla fine e si alzò barcollante, si ritrovò immersa in una schiuma bianca che la copriva quasi fino alle ginocchia. Si guardò intorno confusa, stordita dalle urla e dai pianti che la circondavano, e sentì che qualcuno le prendeva il braccio, trascinandola in avanti.
Seguì la mano amica, pur non sapendo a chi appartenesse –la sua vista era annebbiata e la sua mente aveva smesso di funzionare quasi del tutto-, fino a che non si ritrovò nell’aeroporto e si accasciò senza forze su una panchina, chiudendo gli occhi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: Voglio aggiungere una piccola nota al capitolo per puntualizzare che la descrizione dell’atterraggio di emergenza ovviamente –o almeno credo XD- non corrisponde alla realtà, per un semplice motivo: non ne ho mai vissuto uno. (Grazie al cielo) Mi sono basata più su scene di film, ecc, quindi se non corrisponde al vero, capitemi :P
Grazie a voi che seguite,
baci!
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: LoonyW