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Autore: LoonyW    08/08/2014    2 recensioni
Dominique Weasley ha diciannove anni, un lavoro noioso e la testa tra le nuvole. È sprovveduta e ingenua come pochi, sogna troppo spesso a occhi aperti e parla con gli animali. In più, ha un impellente bisogno di partire alla scoperta di tutto ciò che ancora non ha visto del mondo e lasciarsi alle spalle una vita monotona e insoddisfacente.
“Ce ne vuole di coraggio per mollare tutto come hai fatto tu. E per quanto ne possano dire gli altri membri della nostra famiglia, io sarò sempre fiero di te.”
Dal primo capitolo:
-Le venne in mente quando, da bambina, promise a nonno Arthur che “da grande” avrebbe viaggiato nel mondo dei babbani e gli avrebbe portato qualcosa della loro cultura per ogni posto visitato.
Lo avevo promesso, nonno, scusami.-
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Dominique Weasley, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Wanderlust.
                                                                                   

Il campanello che annunciava l’arrivo della posta trillò di nuovo e Dominique si affrettò ad aprire la porta per lasciare che le lettere si spargessero sulla sua scrivania. Con uno sguardo di annoiata rassegnazione, tornò controvoglia a sedersi sulla sedia traballante del suo piccolo ufficio e si armò di pazienza per smistare la vagonata di lettere come faceva ogni giorno. In quanto segretaria –una delle tante- dell’ufficio del magi-avvocato George Finnigan, i compiti di Dominique erano i seguenti: portare il tè, ricordare riunioni e appuntamenti, portare il pranzo, occuparsi dei reclami, essere carina e cortese e ovviamente smistare la posta, cestinando pubblicità e lettere inutili o indesiderate. Nulla di speciale o faticoso, tanto meno esaltante. Era suo compito anche essere gentile e servizievole con tutti gli avvocati e i collaboratori dell’ufficio, e tollerare senza fare storie il fatto che ci provassero con lei –e con tutte le altre giovani donne che vi lavoravano- ogni giorno.
Se penso che mi ci sono messa da sola qui dentro…
Dominique non aveva voluto proseguire gli studi oltre Hogwarts. Era convinta che sarebbe riuscita ugualmente a trovare la sua strada, e in un certo senso per il momento si reggeva con le sua gambe e aveva uno stipendio a sostenerla, ma non era questo il tipo di vita che aveva immaginato.
Venne il giorno in cui, smistando la posta, Dominique si trovò di fronte a una brochure di viaggi di un’agenzia magica, che organizzava tour nel mondo europeo babbano, alla scoperta di una società diversa. Le venne in mente quando, da bambina, promise a nonno Arthur che “da grande” avrebbe viaggiato nel mondo dei babbani e gli avrebbe portato qualcosa della loro cultura per ogni posto visitato.
Lo avevo promesso, nonno, scusami.
Le scappò qualche lacrima silenziosa, e cercò di nascondere il viso per non farsi notare dalla collega con cui divideva la stanza. Si asciugò in fretta gli occhi e si alzò per andare in bagno a darsi una calmata, ma in corridoio incontrò l’odiato Terry De Bourge, uno degli abituali rimorchiatori.
Oh, no. Non ora.
«Hey, Dom!» la salutò lui in tono casuale, cogliendo l’occasione al volo. «Bella gonna» le disse sorridendo in modo viscido «ti ringraziamo tutti per il panorama».
«Sì» rispose a caso Dominique, sgattaiolando per proseguire verso la sua strada.
«Hey, biondina» la bloccò lui, trattenendola per il braccio «potresti almeno dire grazie»
«Non mi sembra il caso» ribatté Dominique, cercando di nascondere gli occhi rossi evitando il suo sguardo.
«Dovresti cominciare a essere più grata del nostro interesse per le tua gambe, bambina» disse lui abbassando la voce «è grazie a loro che sei qui».
Dominique strattonò il braccio per liberarsi e gli rifilò un’occhiata disgustata, consapevole di non poter controbattere a tono, e marciando via per tenere sotto controllo le proprie reazioni. Odiava essere trattata come un oggetto, e ancora di più a volte odiava sé stessa perché doveva lasciarli fare. Se avesse reagito o anche solo risposto come avrebbe voluto, sarebbe stata licenziata e non poteva permetterselo. Non sapeva se sarebbe riuscita a trovare un altro lavoro che pagasse abbastanza da potersi permettere una stanza abbastanza centrale a Londra, dove le case notoriamente sono molto costose. Non voleva tornare a essere un peso per la sua famiglia. Le piaceva essere indipendente, vivere per conto suo, pagarsi da sola qualunque cosa le servisse, non dover rendere conto a nessuno di dove andava o cosa faceva. Tutto dipendeva da quel lavoro, anche se non la rendeva felice nel vero senso del termine.
Una volta in bagno, si sciacquò il viso con l’acqua fredda e osservò a lungo il suo riflesso pallido nello specchio: le occhiaie tipiche di chi non dorme bene, che davano un’aria quasi patita agli occhi azzurri e piccoli, la bocca sottile, così diversa da quella di sua madre e di Victoire. Nulla in lei faceva presupporre una lontana parentela con una Veela, al contrario di quanto si aspettassero gli altri. Il suo viso era assolutamente comune, e nemmeno i capelli biondi le davano un’aria principesca o più attraente.
Dominique sussultò quando vide nello specchio il volto di De Bourge, comparso all’improvviso.
«Rinfrescata?» chiese avvicinandosi minacciosamente.
Lei si ritrasse indietro ma lui fu più veloce e le strinse i polsi, baciandole il collo senza aspettare né una reazione né una risposta. Dominique cercò di divincolarsi ma lui era più forte e per qualche istante non riuscì a reagire; ma quando le mani di lui lasciarono i polsi per stringerle i fianchi, Dominique trovò la forza di muoversi e per la prima volta nella sua vita tirò un pugno. Faceva molto più male di quanto non immaginasse. E poi, in uno scatto d’ira repressa a lungo, gli tirò una ginocchiata tra le gambe.
«Porco!» gli urlò prima di lasciarlo inginocchiato a terra e tornare nel suo ufficio.
 
***
 
Naturalmente Dominique sapeva di essere arrivata al capolinea. Lo sapeva già dal momento in cui De Bourge era entrato nel bagno con quello sguardo famelico. Sapeva che sarebbe finita così: lei licenziata e  De Bourge al suo posto come se nulla fosse successo. Come se lei avesse dovuto far finta di niente e lasciarsi trattare come una bambola gonfiabile. Come se non avesse avuto anche un cervello e una dignità, oltre a delle gambe. Lo sapeva, faceva parte delle ingiustizie della vita.
In quel momento, però, mentre usciva dall’ufficio con in mano la scatola di cartone che conteneva le sue poche cose e la pioggia di Londra la inzuppava impietosa, le si presentò una domanda angosciosa: e adesso che faccio?
A completare il puzzle dei segni del destino, mentre fissava disperata il marciapiede, Dominique notò tra i mattoni qualcosa che luccicava tenuemente. Lo raccolse, perché tanto non aveva nulla da fare. Era un piccolissimo centesimo color bronzo –non un pence- con un numero cinque e una minuscola scritta in un alfabeto che non conosceva. Le venne in mente che, in quanto centesimo europeo, probabilmente poteva trattarsi di greco.
 
«E qual è il primo paese che visiteresti, se potessi partire adesso?»
«La Grecia. Voglio vedere l’Acropoli, le isole immerse nel mare limpido e imparare a ballare il sirtaki»
 
Il flashback, risalente forse a quando era bambina e parlava di viaggi con nonno Arthur o forse ai tempi di Hogwarts e alle chiacchiere con le amiche, era bastato a farle capire cosa doveva fare. Tornare al suo appartamento; fare lo zaino; prenotare il primo volo per la Grecia. Partire.
E fare, di quello che pensava sarebbe stato un viaggio di pochi giorni per staccare la spina, una lunga avventura in giro per l’Europa.
  
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