Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Ellie_x3    16/08/2014    5 recensioni
"Aya, hai davanti a te un uomo che ha disperatamente bisogno di capire l'amore. Non posso cantarlo ignorando che cosa significhi e temo, ormai, che senza aiuto non ci riuscirò più."
[Dal Primo Capitolo]
Tomoyui Aya ha ventotto anni, un gatto, un lavoro da impiegata e due amiche in cui crede fermamente. Vive a Tokyo, ma non ha mai capito come questo dovrebbe implicare per forza una vita avventurosa.
Ryosotsukoi Yuu sa quali opportunità può offrire la capitale: con lui è stata più che generosa. All'alba dei trent'anni è il frontman della band più famosa del momento anche se spesso, per non dire sempre, i suoi problemi urlano più forte del successo.
Potrebbero piacersi, se non ci fosse solo un piccolo problema: tutti sanno che la vita non è un manga per ragazze.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

                 

 

III

 

 

'Per i To Bara farei di tutto. 
Rapinare una banca, trasferirmi al Polo...nominate la più pazza delle follie
e guardatemi compierla per la mia Band.'

-Yuu

 

Fu Yuu a convincere Aya a prendere un taxi, insistendo per offrirle la corsa.
A dirla tutta, quando avevano finito e lui aveva inforcato un paio di spessi occhiali da sole, si era praticamente trasformato in una carta di credito vivente: aveva pagato il pranzo senza lasciarle il tempo di replicare, salutando poi il cameriere con una mancia da far girare la testa, e si era lanciato sulla strada per fermare un taxi prima ancora che Aya potesse dire 'metro'.
Le aveva aperto la portella con non-chalance, sorridendo appena mentre lei si accomodava sul sedile posteriore, e aveva allungato una banconota al tassista.
“Porti la signorina dovunque le dica e faccia in fretta” si rivolse poi a lei, con un braccio puntellato sul tetto dell'auto “Allora, ho qualche speranza?”
Da lì Aya poteva vederlo perfettamente -non solo il viso spigoloso dalla carnagione incredibilmente chiara, i capelli scuri che gli cadevano in ciocche scomposte sulla fronte, le labbra sottili, gli wayfarer che gli oscuravano gli occhi e coprivano gli zigomi alti, ma anche la fisionomia flessibile.
Sembrava un quadro moderno in bianco e nero, un poster di Sid Vicious, eppure Aya aveva una buona sensazione a riguardo.
Ricambiò il sorriso e annuì con vigore.
“Sì.” rispose. Dopotutto, cercavano la stessa cosa. “Potremmo cavarne qualcosa di buono.”
Yuu aggrottò la fronte, sfiorandosi le labbra con il dorso della mano. Portava un grosso anello in argento all'indice, di quelli a due falangi.
“Non hai neanche idea di quanto io stia rischiando.”
Aya lo squadrò, indecisa se offendersi o meno; poteva indovinare le paure di una persona famosa, pur non essendolo mai stata, ma era assurdo che si tirasse indietro proprio adesso.
Si sistemò la cintura, lanciando un'occhiata al tassista e pensando che probabilmente Yuu l'aveva pagato tanto proprio per assicurarsi il suo silenzio.
“Credi che io possa vendere la notizia a qualcuno?” chiese, senza nascondere la stizza. Certi esempi di mancata fiducia erano assurdi, dopo che lei gli aveva raccontato la sua vita.
Con tutti i suoi soldi, Yuu poteva trascinarla in una causa legale da milioni di yen senza battere ciglio...e si preoccupava davvero che lei violasse la sua privacy?
“Non è un'ipotesi da escludere. Molti lo farebbero. Ti posso offrire solo grandi fastidi, Aya, ma posso sperare che ne valga la pena per entrambi.”
“Sono una tua fan, ne varrà sempre la pena.” commentò lei, con leggerezza, e sentì un gran sollievo nel vederlo aprirsi in un sorriso a quelle parole.
“Di questo passo, Aya, diventeremo grandi amici.”
“Beh, diciamo che è un obiettivo.”
“Allora posso mandare una macchina a prenderti, domani, quando finisci di lavorare? Dammi il tuo indirizzo e-mail, ti scrivo stasera appena mi libero.”
Aya si chinò per prendere dalla borsa uno dei biglietti da visita che teneva a portata di mano, nel caso fossero serviti, e glielo porse. Era formale, piatto, ma Yuu non fece commenti a riguardo: al contrario, lo prese con grande cura e lesse le poche informazioni che vi erano stampate come se l'interessassero davvero.
Un bell'esempio di educazione, pensò la ragazza.
“Guarda che ora me lo puoi dire se non sei davvero quel Yuu-sama.” lo punzecchiò, scoccandogli un sorrisetto “Non mi offendo.”
Yuu le scoccò un'occhiata stupita, come se non si aspettasse alcun tipo di battuta da parte di una 'noiosa impiegata senza vita sociale', come chiunque l'avrebbe etichettata. Subito dopo, però, si aprì in un sogghigno.
“Macchè, magari. Se non lo fossi mi eviterei un sacco di problemi, ma mi è andata male.”
Aya rise, a sentire il tono improvvisamente stanco che lui aveva adottato, terminando la frase con un sospiro teatrale.
Quante persone arrivano a conoscere davvero i loro idoli? Beh, Aya non se l'era mai chiesta, ma men che meno avrebbe pensato di entrare a far parte di quel mondo.
“Potresti presentarmi Go-sama, sai?” scherzò, dimentica di dov'era. Probabilmente il tassametro stava già correndo, ma per una qualche ragione lei non se ne voleva andare. “Adoro il suo accento!”
Yuu sbattè le palpebre, perplesso, con una finta 'o' di stupore dipinta sulle labbra.
“Accento? Ma se sembra uno yakuza!”
“Appunto!”
Yuu sollevò un sopracciglio con fare esagerato, caricaturale, e replicò: “Signorina Tomoyui, non sarà mica una fan di Ichi the killer, vero?”
Lei scosse la testa, ridacchiando, e alzò le mani come per dire 'chissà'.
“Senti, dovrei andare.” mormorò, invece, cambiando argomento. Incontrò l'occhiata incuriosita del tassista, un uomo baffuto di mezza età, e gli indirizzò un sorrisetto. “Farò tardi e al lavoro mi stanno aspettando. Scusi, mi può portare a Chiyoda? Secondo distretto, blocco uno.”
Il tassista, che ancora ochieggiava lo specchietto, annuì.
“Ma certo, signorina.”
“Però, lavori in centro E chi l'avrebbe mai detto.” commentò Yuu, non senza una certa nota sorpresa che divertì Aya. Non si aspettava certo un'impiegata centrale, in grande frontman, no: era sicura che si fosse immaginato una stupidotta di provincia -cosa che, beh, era ancora...ma non doveva certo saperlo, lui. Le piaceva notare che la considerasse un po' meglio, vendendo dove lavorava. “Beh, comunque sia, ormai è fatta. Prenderò una macchina dopo di te, per arginare il danno. Ti chiamo stasera?”
“Certo. Grazie il pranzo-” esitò, sentendo il sangue andarle alle guance “Yuu.”

La prima volta che l'aveva chiamato per nome era in un taxi, a Ginza, rischiando di far tardi al lavoro e dopo aver evitato accuratamente di pronunciare quelle parole che tanto la imbarazzavano.
Non le riusciva facile stringere amicizia e per questo era impacciata, timida, maldestra. Si imbarazzava nel pronunciare il nome di chi le aveva esplicitamente chiesto di farlo.
Dopotutto, non poteva mica chiamarlo Yuu-sama per sempre, no?


 

“Allora, te la sei fatta?”
Yuu scoccò uno sguardo tetro a Hiro, lasciandosi cadere stancamente sulla prima sedia a disposizione. Erano tutti in quella che il loro manager -quella santa della loro manager- chiamava “la stanza dei giocattoli”. In altre parole era quel luogo sacro dove i membri dei To Bara potevano lasciar andare la loro vera natura di allegri idioti.
C'erano gli strumenti, una pila di riviste di genere, lo Shonen Jump di Hiro rigorosamente aggiornato e la Xbox che utilizzavano a turno per scaricare la tensione.
Per questo Yuu era felice di aver trovato tutto il gruppo intento a rilassarsi, mentre aspettavano che la sala di registrazione B si liberasse: la presenza della sua band al completo lo rasserenava.
Certo, anche se le domande di Hiro erano a dir poco idiote.
Yuu si passò una mano sul volto, stancamente.
“Ma hai capito qualcosa di quello che sono andato a fare?” sbottò.
Come al solito, Hiro scosse le spalle e riprese a giocare con il sintetizzatore.
Go, disteso sul divanetto in pelle sotto la finestra, si stiracchiò e lanciò uno sguardo interrogativo ai compagni.
“Senti, Hiro, che fanno i bellissimi membri di una band nel tempo libero?” domandò, con voce impastata. Noia o i postumi dell'ennesima sbronza, Yuu non avrebbe saputo dirlo.
Hiro sorrise, quel suo sorriso trasognato che lo faceva sembrare un ragazzino.
“Hm...giocano a ma jong?” rispose, allegramente, facendo la 'v' di vittoria con le dita.
Tale risposta gli costò una gran pacca da parte di Rei, insofferente a tutto ciò che poteva essere classificato come 'cultura pop'.
“E smettila di leggere manga, imbecille!”
“Ma Recchan-”
“Non fa bene all'immagine del gruppo” continuò lui, senza abbassare il tono di voce. Anzi, il piagnucolare di Hiro, per quanto scherzoso, sembrava averlo urtato anche di più. “E non rompere il sintetizzatore, che costa!”
“Sì, mamma.”
“E poi la nonna si arrabbia con noi.” fece eco Go, soavemente.
Anche se era poco più vecchia di loro, Sawako-san era un'ottima manager e un surrogato di madre per tutti loro: provvedeva a tutto, più come una baby sitter, e aveva più volte aiutato a sistemare i casini causati da Hiro.
Yuu sorrise fra sé e sé, pensando che -dopotutto- assomigliavano davvero tanto ad un manga.
Un po' di NANA, un po' di Mongolian Chop Squad...ecco, andava tutto bene finché non rientravano nella categoria Macross Frontier.
Le guerre galattiche non facevano per lui.
Come poteva cantare nell'universo? Era tremendamente grande, così tanto da disperdere il suono e dare l'impressione di muovere le labbra ma non far uscire alcuna nota. Un silenzio forzato e pesante nel bel mezzo del nulla, dove la materia era talmente vasta da diventare insignificante.
Quello era stato il suo cuore per trent'anni: colmato da una musica che amava, ma non capiva.
Come una donna sfuggente, un'amante morta prima di poterla conoscere, una nuvola nel cielo -l'amore era lì, sentiva gli altri parlarne ma non l'aveva mai conosciuto.
Sperava che Aya fosse davvero in grado di aiutarlo: non poteva sempre scrivere canzoni sul relazioni passeggere, ma non sapeva cantare le parole affezionate scritte da Go.
Non le capiva.
Tanto sarebbe valso cantare in tedesco senza prendersi neanche la briga di tradurre e adattare il testo.

“Yuu.”
“Sì, mamma Rei?” mormorò, aprendo uno spiraglio fra anulare e mignolo, in modo da poter vedere l'amico fra le dita “Vuoi fare la paternale anche a me?”
Il ragazzo scosse la testa, scostandosi i capelli dal viso. Erano bianchi e vinaccia, con un orribile effetto latte-e-vino che lo faceva sembrare ancora più pallido e sanguigno, ma i tratti delicati e le lenti a contatto nere lo salvavano da una misera figura.
“No, no. Volevo sapere com'è andata.”
Yuu esitò, prima di concedersi un ghigno.
“Vuoi sapere anche tu se me la sono fatta?” domandò, sapendo che l'amico avrebbe colto la provocazione.
“Sono più interessato alle donne che non ti fai, visto che sono merce ben più rara. Ormai dovresti saperlo.”
Ah, spiritoso. No, comunque, non me la sono fatta- se ricordi, miss impiegata normale non è esattamente il mio tipo.”
Go fischiò d'ammirazione, tendendosi verso Yuu.
Yucchin che manca il colpo?” fischiò di nuovo, con gli occhioni spalancati dalla sorpresa. “Sono sorpreso. Questa sì che è una novità.”
Yuu, stizzito, fece un gesto come per allontanare il discorso.
“Non ho mancato il colpo...l'ho fatto di proposito.”
“Sì, ora si dice così.” commentò Rei, appoggiandosi alla parete di fronte a Yuu e Go e incrociando le braccia al petto. Era una stanza mediamente piccola, la loro, ma anche confortevole: vivevano tutti in appartamenti solitari e troppo grandi, messi per lo più a disposizione dall'agenzia, e stare stretti di tanto in tanto non dispiaceva a nessuno.
Go, soprattutto, amava i luoghi stretti.
In total leather, con un grosso dilatatore nero all'orecchio e i piercing collegati da catenelle d'argento, sembrava più grande dei suoi trent'anni -poi, se uno si prendeva la briga di guardare davvero nei suoi occhi scuri, troppo grandi, si rendeva conto di potervi sfogliare le pagine della storia d'un uomo che dalla vita aveva avuto tutto senza mai dire grazie a nessuno. L'anima condivisa dai geni, dai dannati, dagli egoisti.
Yuu si era chiesto più volte se Leonardo o Picasso o Kurt Cobain avessero avuto gli stessi occhi grandi di Go, traboccanti di cose non dette.
“Sentite, stronzetti, lasciatemi aria.” replicò il frontman, divertito, mettendosi a sedere composto “La ragazza ha il mio stesso problema, ok? Non posso mica fare la bestia.”
Arrr.” lo prese in giro Hiro, e stavolta fu Yuu a sollevare un sopracciglio nella sua direzione.
“Ok, Hiro, tu devi davvero smetterla di leggere manga.”
A quell'ennesimo riferimento al suo hobby preferito -che, ultimamente, stava diventando più uno stile di vita- Hiro ritenne saggio mandarli a quel paese con un gestaccio e rimettersi ad alzare le levette del sintetizzatore con tutta l'attenzione possibile.
In realtà, probabilmente, avrebbe seguito tutto il discorso in silenzio.
“Insomma, l'importante è che tu te la senta.”
“Lo so, Rei, e non voglio spingermi più in là di quanto sia necessario. Davvero. Ma-” si interruppe, Yuu, lasciandosi sfuggire un sospiro “Ma per ora sono convinto di quello che faccio. E' per la band.”
E' per la band.
Quelle semplici quattro parole riverberarono nella stanza, riempiendo tutto ciò che c'era ancora da aggiungere.
Fu Go il primo a muoversi, andando a prendere una lattina di birra dal frigo-bar nell'angolo, e Yuu non potè fare a meno di seguire ogni suo movimento: come si voltò verso di loro, alzando la lattina in religioso silenzio, con la più seria delle espressioni sul viso.
“Ai To Bara.” disse, e ancora una volta quella frase normale apparve a tutti incredibilmente pesante. Enorme.
Le dimensioni di un sogno sono grandiose, ma la parola rimane una sola.
Uno alla volta, a mezza voce, ripeterono tutti quella che, con gli anni, era diventata una vera e propria preghiera. Alle volte era scaramanzia, altre disperazione; ancora, c'erano stati momenti in cui non avevano creduto affatto e altri in cui si sentivano pieni di rabbia e di gioia inspiegabili.
Ma loro c'erano sempre.
Ed erano sempre un'unica entità divisa in più persone.
“Ai To Bara.” sussurrò Yuu, a mezza voce.
Rei gli sorrise, allungando verso di lui il pugno chiuso; anche sporgendosi Yuu non ci sarebbe mai arrivato, da quella distanza, ma andava bene così. In qualche modo si raggiungevano sempre, loro.
“Che tu possa trovare le risposte che cerchi, amico.”

Che sia per te stesso o per noi, non cambia poi molto.

 

 

“Ehy, Aya.”
Aya sbattè le palpebre, incapace di riconoscere la voce dall'altra parte della cornetta. La risata che seguì, però, era inconfondibile. Quante volte l'aveva sentita alla radio o in tv? Bassa, fredda come una mattina d'inverno.
“Yuu!” riconobbe, prima ancora di pensare di nascondere la propria sorpresa “Non ti aspettavo così presto. E' successo qualcosa?”
“Volevo passarti Go. Dice che se ti piacciono gli yakuza può essere tuo tre giorni la settimana, dalle tre alle sette.” seguì una pausa, con alcuni rumori e voci in sottofondo che Aya non riuscì a distinguere. Voci, forse, e una chitarra? Ma magari se lo stava immaginando. Quando riprese a parlare, Yuu aveva lo spettro di una risata nella voce “Sai, ha un'agenda impegnata.”
“Non fatico ad immaginarlo” asserì lei, mordendosi le labbra.
“E anche io, temo. Ricordi che ti avevo detto che ti avrei fatta venire a prendere? Ecco, temo proprio di non farcela. Non domani. Hanno fissato una riunione all'ultimo momento, in studio c'è un casino, e dovrei chiederti di rimandare.”
Sovrappensiero, Aya annuì.
“Sì, ti capisco.”
“Però voglio vederti lo stesso. Non voglio che pensi che ti stia dando buca per evitarti, perchè non è così: mi sono divertito molto, oggi.”
Anche io, sarebbe stata la risposta più semplice. Un qualcosa di educato, formale, come recapitare un biglietto con scritto 'grazie del pranzo'...sì, nessun coinvolgimento.
Ma Aya aveva un problema con sé stessa, prima di tutto, dimostrando al mondo di non essere affatto definita da quel cuore dispettoso che le batteva nel petto. Non aveva mai mandato un biglietto in vita sua: telefonava. Non lasciava solo nessuno.
Si sforzava, si piegava per gli altri, e si compiaceva dei ringraziamenti altrui.
Spaventata da quella parte di sè che nessuno avrebbe mai compreso, non riusciva a rispondere ad un commento semplice come 'mi sono divertito'. Le sembrava di dover qualcosa a Yuu, di sforzare un'implicazione che non c'era.
Non voleva dare l'impressione di mentirgli...ma erano solo nella sua testa, queste cose, giusto?
Si riscosse solo quando Yuu la chiamò chiedendole se fosse stata rapita.
“N-no.” la voce le tremava. Perchè diavolo ora tremava? “Sono qui.”
“Mi sento un idiota a dover già cancellare un appuntamento, ma domani non credo di farcela. Mi dispiace, non è un buon modo di iniziare, non lo è per niente. E non posso nemmeno promettere che non accadrà più, però-”
“Yuu.” lo richiamò Aya, con gentilezza. “Smettila. Non usciamo nemmeno insieme, credi davvero che potrei farti problemi?”
Un lungo silenzio, dall'altra parte, le fece intuire che lui stesse prendendo molto sul serio la questione.
Quante donne, prima di lei, si erano stancate di appuntamenti cancellati? Quante porte in faccia gli erano state chiuse?
Però Aya, diversamente da altre, aveva un'idea tutta sua di come dovessero funzionare le relazioni: si era sempre aspettata poco, perchè poco era pronta a dare, e credeva nella correttezza da ambo le parti.
“Dammi una data, quando sei libero, e se non puoi non fa niente.” insistette, sentendolo esitare.
“Avresti tutti i diritti di piantarmi giù il telefono, davvero.”
“Ma non lo farò.” gli assicurò “Non sono così infantile.”
“Grazie. Dopodomani è giovedì, potrebbe andar bene? Finisco di discutere l'adattamento del nuovo singolo con Takako e poi ti faccio venire a prendere alle otto.”
Aya, in silenzio, soppesò le parole del ragazzo.
Non le sarebbe dispiaciuto vedere Yuu, che come persona non era male. Che diavolo, era uno dei suoi idoli, un uomo bello e famoso: poteva avere quello che voleva, ogni genere di regalo, con uno schiocco di dita. Il fatto era che, se ci pensava, non le veniva in mente nulla che volesse ottenere da lui.
In quel momento, Yuu era qualcuno che le aveva chiesto aiuto; e lei proprio non se la sentiva di fargliene una colpa.
“Giovedì a cena?”
“Sì, se non è un problema.”
Lei esitò, spostando il telefono da una mano all'altra.
“Dovrei vedere Mirai.” disse, ricordando una delle sue più care amiche. Non si vedevano spesso, ed i momenti passati insieme le stavano a cuore proprio perchè rari, combattuti, cercati da entrambe le parti. Mirai, insieme a Riika, era ciò che sostituiva quell'amore che Aya non aveva mai conquistato.“Siamo già accordate per cenare insieme.”
Una nuova pausa, dall'altra parte, ed ebbe come la sensazione di averlo ferito.
“Non puoi trovare un altro giorno?” lo sentì chiedere e, in realtà, Aya si rese conto che non era affatto una domanda.
“Io-”
“Per me è importante, Aya. Potremmo vederci dopo cena, se ci tieni a vedere...”
“Mirai. E' un'amica, non un ragazzo.” proseguì, subito, per lui. Non sapeva perchè si affannava così, proprio per una persona che poi neanche conosceva. Solo perchè era famoso? Se le cose stavano davvero così, si disse lei, doveva proprio rivedere le priorità nella sua vita. Un idolo a caso soppiantava davvero un'amica? No, certo che no. Allora perchè stava per mandare a monte tutto. “Ma lo immaginerai, visto come sono. Non ho spesso appuntamenti romantici.”
“No, neanche io.”
Le si strinse il cuore per il modo in cui lo disse.
Yuu era davvero un ragazzo dolce.
“Senti, parlerò con Mirai. Io e lei possiamo vederci venerdì, salterò un turno al lavoro, così andremo a cena. Va bene?”
Dall'altra parte della cornetta, per un momento, cadde nuovamente il silenzio. Un ronzio ovattato, coperto dalle voci che ora inequivocabilmente si sentivano in sottofondo, come una sorta di muro fatto di suoni di strumenti e risate e rumori, ma nulla da Yuu.
Ma non era un silenzio sterile. Era quel rapido, rapidissimo momento in cui si sorride perchè non se ne può fare a meno, vittoriosi, e non si riesce a parlare per la soddisfazione di sé.
“Sei un tesoro” rispose, grondando autocompiacimento.
Aya si sentì stupida oltre ogni dire, ma ormai la frittata era fatta.
Altro che dolce.
Yuu era davvero un manipolatore.





@Note:


Non so per quale motivo, oggi l'html mi odia. Se ci sono spazi strani fra una riga e l'altra, segnalatemelo e domani, con l'altro pc, sistemerò la formattazione. Oggi mi odia e ho solo il portatile ;_; Sorry, y'all!

Hola, bestioline!
Innanzitutto, grazie per essere arrivati qui! Il capitolo è un po' di transizione, per presentare i vari membri della band, che avranno ciascuno il loro ruolo nella storia. Non so ancora come, ma l'avranno.
Non posso mica lasciare da parte il mio piccolo Hiro, posso? Ovvio che no. 
Ringrazio tutte le belle persone che leggono, recensiscono e mettono fra le preferite/seguite/ricordate questo piccolo lavoro.
Siete fantastici!

Ellie

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Ellie_x3