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Autore: Suspension Of Disbelief    16/08/2014    3 recensioni
Ragnatele oscure ed invisibili dalla consistenza di un passato ignoto vanno tessendosi intorno alla vita di un'adolescente piuttosto solitaria e dal carattere plasmato da notevoli problemi di una famiglia dall'equilibrio instabile.
Genere: Commedia, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spazzolandosi allo specchio i lunghi capelli corvini,Audrey cacciava al proprio posto i pensieri che durante la notte avevano l’abitudine di fluttuare e mischiarsi tra loro. La sua aria assonnata la diceva lunga sulla cattiva consuetudine di sguinzagliare le sue riflessioni tenendo gli occhi aperti fino alle due di notte. Nel tentativo di domare la sua massa nera di capelli scarmigliati sentiva i passi lenti e trascinati della mamma che si aggirava per casa con gli occhi ancora semichiusi cercando le scarpe di Alan. Audrey non aveva mai conosciuto persona più trasandata e disordinata di Alan,molte volte si è chiesta con quale criterio la mamma se ne fosse innamorata,lei odiava il disordine,anche se con un compagno così e tre figlie era costretta a vivere nella baraonda di una Babilonia casalinga. Capita di non trovare le scarpe,ma ad Alan capitava quasi tutte le mattine ed era il principale motivo dei suoi ritardi al lavoro,e quando la sera le metteva in un posto la mattina dopo scomparivano per poi ritrovarle in un altro posto dopo una ricerca disperata di mezz’ora,per dire,poche sere fa prima di andare a letto le aveva riposte vicino l’ingresso e le ritrova al piano di sopra,nella stanza dei giocattoli di Eva. Quella delle scarpe era una ricerca che a volte coinvolgeva persino la nonna,mentre Alan si lamentava dei suoi repentini ritardi. Una volta trovate la casa ripiombava nel silenzio mattutino,nell’aroma di caffè e nello strascichio di pantofole sul pavimento. Certi momenti in cui il sonno le impediva di alzarsi dal letto,Audrey invidiava Eva,che aveva la possibilità di dormire più di lei,andava all’asilo e giocava tutto il giorno. Per fortuna aveva la fermata del bus sotto casa,passava ogni mattina per lasciarla a pochi metri dal liceo che frequentava,strutturalmente squallido ma rinomato in città.
La campana d’ingresso non era ancora suonata,Audrey stava incamminandosi verso l’ingresso quando riconobbe tra il chiassoso brusìo dei liceali la voce roca e incerta di Duncan e come per stimolo di un istinto inspiegabile sussultò leggermente e si voltò per mettere a fuoco la sua figura in lontananza,presa alla sprovvista dai palpiti accelerati che le martellavano il petto. Giravano certe voci tra i corridoi secondo cui Duncan ultimamente avrebbe stretto particolare amicizia con Helen della 2°D. “Si troveranno certamente bene” pensava Audrey con tanta amarezza nel cuore “Due perfetti stronzi.” Audrey non avrebbe mai ammesso neanche a se stessa quanto Duncan era capace di farle battere il cuore,e quella notizia che girava le provocò una ferita dolorosissima. Ma non lo ammise.
“Buongiorno cara”.
Audrey ignorò lo spavento causatole da quel saluto imprevisto quando si voltò e la riconobbe. Maggie era più di un’amica,la considerava la parte mancante di sé e nonostante la diversità nei tratti fisici,dentro erano più simili di quanto si potesse pensare. “Il lunedì non è mai un buongiorno,soprattutto se di prima mattina la tua migliore amica si diverte a farmi prendere un colpo apoplettico,mia cara Maggie.”
“Se ti può consolare oggi abbiamo un’ora buca,l’ho appena saputo.” replicò Maggie.
“La prima buona notizia della giornata!”
In classe c’era la solita aria di chiuso e i neon intaccati dalla polvere emanavano una luce leggermente smorzata che contribuivano all’atmosfera grigia e triste dell’aula della 2°D. Cominciare la settimana con la geometria analitica era peggio di un sedativo,si leggeva perfino la rassegnazione negli occhi della prof. Thompson. Fortunatamente con i ragazzi era come una madre di famiglia e se qualcuno dormiva durante le sue ore lei fingeva di non accorgersene. Helen teneva il telefono nell’astuccio e ingannava la noia tra un sms e una passata di mascara sulle ciglia,Mark scarabocchiava un foglio, Bina dava un’aggiustata alle unghie della compagna di banco,Peter e Walter giocavano a Tris su un fazzolettino,eccetera. Audrey Senders e Maggie Brown erano immerse ognuna nei propri pensieri,varcavano con la mente le soglie di universi inconoscibili da nessun altro essere umano,trovavano l’apogeo del piacere della vita proprio lì,nella leggerezza dell’immaginazione e della fantasia. Una volta entrate nel loro mondo di brillante astrattezza ne restavano come stregate e ogni volta tornare sulla Terra risultava un vero trauma.
Malgrado Audrey si lasciasse andare con leggerezza tra le sue costruzioni mentali c’era un fardello che non le permetteva di lasciare completamente la realtà terrena: temeva che Helen potesse impossessarsi di Duncan. Maggie percepiva più di qualsiasi altro quando Audrey pensava a qualcosa di negativo,era una telepatia che toccava la straordinarietà ma restava segreta. “Audrey,cosa c’è?”
Audrey non disse nulla,come per confermare che si trattava di ciò che Maggie aveva presagito,si mise a fissare le cascate di ricci biondi della sua amica.
“Audrey,lascia perdere Duncan. Non fa per te,gli vai dietro da troppo tempo e non ti sei mai decisa a fare un passo quando ne avevi la possibilità.” la incalzava Maggie.
“Ma… Io non gli vado dietro. Semplicemente… Mi dispiacerebbe se cadesse nelle trappole di Helen. Insomma,tratta i ragazzi come i suoi vestiti: quando vanno fuori moda li getta via.” rispose spostando lo sguardo dai ricci agli occhi verdi incorniciati dalla montatura degli occhiali dell’amica.
Maggie non rispose,semplicemente la capì in silenzio.
Cinque ore collassanti erano finalmente passate. Audrey poteva tornare a casa,lontano da quella marmaglia di ormoni e tuffarsi nel balsamico silenzio del suo isolamento.
E’ suonata l’ultima campana,finalmente si usciva.
  
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