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Autore: ___Page    17/08/2014    6 recensioni
Al numero 21 di piazza Gyoncorde, nel quartiere di Foosha, a Raftel, c'è un piccolo chiosco di fiori, la cui proprietaria sa sempre scegliere il fiore giusto per ogni occasione.
La storia di varie coppie seguirà in parallelo quella della bella Margaret, alle prese con un chirurgo che, forse, le cambierà la vita... o viceversa...
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Margaret, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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-Ehi sorella! Dove te le metto le rose gialle?!-
-Laggiù Franky, grazie-
Fa male.
-Lo sai che queste sono le più belle aquilegie che io abbia mai visto? Sono suuuuper!-
Sorrido tirata in risposta al commento entusiastico del mio fornitore.
Fa dannatamente male.
Qui al centro del petto.
Non vuole andarsene.
Franky si guarda intorno, le mani sui fianchi, prima di alzare un braccio tatuato a grattarsi la testa.
-C’è qualcosa di strano qui…- mormora corrugando le sopracciglia, mentre io mi asciugo veloce una lacrima sfuggita al mio controllo.
-In che senso?!- domando, cercando di sembrare spensierata come sempre.
Perché?!
Perché devo stare così male?!
Perché non passa?!
-C’è qualcosa di diverso dal solito! Per caso hai cambiato la disposizione dei mobili, sorella?!-
Scuoto la testa continuando a sorridere imperterrita, mentre cerco di ignorare l’angoscia che mi opprime il petto.
Stupida.
-È sempre tutto come al solito Franky!- gli dico, avvicinandomi a lui per pagargli il rifornimento di fiori -Quanto ti devo?!- gli domando, ma lui continua a grattarsi la nuca, riflettendo perplesso.
Stupida, cretina, illusa… ingenua.
Curiosità.
-Che giorno è oggi?!- mi domanda dopo un po’, ignorando i soldi. 
-Come?!- domando colta alla sprovvista.
Eri curiosa di sapere cosa si provasse?!
Brava scema!
Ti sei messa  a giocare con il fuoco per curiosità e ora?!
Eccoti servita!
Questo si prova.
Dolore.
-Che giorno è?!-
-Martedì, perché?!-
Mai più.
Mai, mai più.
-Ecco! Ora ho capito! Dov’è fratello chirurgo?! È sempre qui quando vengo a consegnarti i fiori di martedì!-
Lo fisso, interdetta.
Martedì.
È martedì.
Me n’ero dimenticata.
Sento gli occhi sgranati riempirsi di lacrime.
Cerco di trattenermi, di continuare a sorridere.
L’ho promesso.
Niente più lacrime.
L’ho promesso a me stessa.
-Sorella?! Tutto bene?!-
E qualcosa dentro di me si spezza.
Mi mordo il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo e puntandolo altrove, mentre le prima gocce prendono a scorrere sulle mie guance.
È un attimo, e mi ritrovo a singhiozzare senza controllo, qui, nel retro del mio negozio, immobile davanti al mio fornitore che mi guarda sconvolto.
-Mi… mi di-dispiace… io… io…-
Non riesco a parlare.
Porto una mano alla bocca, nel vano tentativo di sopprimere i singhiozzi, e una al petto che si muove incontrollato, minacciando di esplodere.
Raggiungo l’apice della disperazione sotto lo sguardo attonito di Franky, sfogando e buttando fuori tutti i miei dolore, rabbia e frustrazione.
Con sollievo, sento il pianto diminuire in intensità e i sussulti che mi squassano il torace calmarsi.
Mi asciugo le guance, subito bagnate da una nuova pioggia di lacrime, che non smettono di scorrere, mentre faccio dei respiri profondi, faticando a soffocare gli spasmi residui dei singhiozzi.
-S-scusa, Franky…- mormoro, flebile, afferrando la  bottiglietta d’acqua sul tavolo delle aquilegie e bevendo una piccola sorsata.
Quando riporto la testa dritta, trovo il mio gigantesco fornitore a porgermi un fazzoletto con sguardo comprensivo. Gli sorrido triste mentre accetto il pezzo di stoffa e ci soffio dentro il naso rumorosamente.
-Facciamo che lo tengo io eh…- gli dico, la voce ancora afona, infilando il fazzoletto nella tasca del grembiule.
-Cosa è successo?!- domanda premuroso e mortificato, un’espressione che contrasta in modo impressionante con il suo aspetto, la sua stazza e il suo look da motociclista.
Alzo lo sguardo su di lui.
Conosco Franky da anni.
Ma si può dire che siamo abbastanza in confidenza da confidargli una cosa così personale?!
In fondo, l’ho detto solo a mia sorella Lindow e ad Aphelandra, la mia migliore amica.
Però mi rendo conto che una spiegazione se la merita anche.
E sono anche certa che lui mi ascolterebbe e permetterebbe di sfogarmi senza giudicare o lasciarsi andare a commenti indesiderati.
Faccio un respiro profondo prima di cominciare a raccontare.
 
***
 
Scendo dall’autobus, guardando verso l’alto e sorrido nel vedere le luci dell’appartamento accese, mentre stringo tra le mani il cappello leopardato.
Ci ho messo un bel po’ a decidermi a venire qui, dopo che mi sono accorta che se l’era dimenticato nel retro.
Avrei anche aspettato che venisse a riprenderselo lui ma, proprio oggi pomeriggio mi ha detto che nei prossimi giorni sarà così preso al lavoro da non riuscire a passare e so quanto per lui sia inseparabile questo assurdo cappello.
Non ho nessuna intenzione di disturbarlo. Oggi, quando è entrato al volo al chiosco giusto per un saluto e per avvisarmi che non ci saremmo potuti vedere per qualche giorno, gli ho chiesto se stasera aveva da fare e mi ha risposto di sì. Non so perché sono venuta fin qui con il rischio di non trovarlo a casa ma, visto che c’è, tanto meglio.
Probabilmente sarà impegnato in una di quelle serate tra uomini, tipo la partita settimanale a poker, con dei colleghi o degli amici.
Gli lascio il cappello e me ne vado.
Punto.
Sorrido tra me e me, emozionata all’idea di vederlo anche se solo per pochi attimi.
Mi sento quasi ridicola.
Come una ragazzina al suo primo amore. Che poi, a ben guardare, è quello che sono.
Ma anche così, mi sembra eccessivo. Davvero eccessivo il fatto di agitarmi così mentre mi avvicino al portone che trovo ancora aperto dal recente ingresso di un condomino.
E anche che il cuore mi batta all’impazzata rischiando di schizzare fuori dalla cassa toracica man mano che mi avvicino al suo appartamento, salendo a piedi per darmi un po’ più di tempo nella speranza di calmarmi.
Per non parlare delle mani che tremano quando sollevo un dito per suonare il campanello.
Non sto praticamente più nella pelle all’idea di rivederlo, anche se l’ho visto solo poche ore fa.
Dondolo da un piede all’altro, mentre aspetto che venga ad aprirmi, e intanto mi rigiro il cappello tra le mani, valutando se ficcarmelo in testa, così tanto per scherzare.
Sto ancora fissando la stoffa bianca maculata che la porta si apre, senza che nessuno da dentro abbia chiesto chi è o controllato dallo spioncino. Sorrido nel sentire lo scatto della serratura e alzo subito gli occhi, impaziente di incrociare le sue iride grigie.
Ma ciò che vedo mi fa congelare il sorriso sulla faccia.
Ciò che vedo fa defluire tutto il sangue che mi scorre nelle vene alla testa e mi mozza il fiato e le gambe.
Ciò che vedo, vorrei davvero non averlo visto.
Perché sulla porta dell’appartamento di Law, ad accogliermi e chiedermi chi sono, c’è una donna. Una bellissima donna.  Alta, prosperosa.
E nuda.
Deglutisco a vuoto, la testa e il cuore un vortice di emozioni indefinite.
-Come posso aiutarti, cara?!- mi domanda la donna, con finta cortesia.
Io sbatto le palpebre più volte, scuotendo leggermente la testa, cercando disperatamente di riprendermi dallo shock.
-Io… io…-
Serro le mani intorno al cappello, bisognosa di un appiglio, di qualcosa a cui aggrapparmi per non crollare.
-S-sono venuta a… riportare questo a Law- riesco finalmente ad articolare tutto d’un fiato, tendendole il cappello e sentendo le lacrime salirmi agli occhi quando lei, con un sorrisetto che sa tutto di scherno, lo afferra e me lo toglie di mano.
Fa male.
Fa male pronunciare il suo nome.
Fa dannatamente male.
Qui al centro del petto.
Vorrei che ci fosse una spiegazione alternativa.
Una qualsiasi. Mi andrebbe bene qualsiasi cosa, anche un minimo dubbio.
Ma la sorte non vuole venire in mio aiuto stasera e sento la sua voce, prima ancora di vederlo spuntare dalla porta della camera, con solo i boxer addosso.
-Monet?! Qualcosa non…-
Si interrompe quando mi vede, stravolta e delusa, le lacrime che hanno cominciato a scendere inesorabili.
Abbasso lo sguardo, lo riporto su di lui, mi mordo il labbro e annuisco, cominciando a indietreggiare verso le scale per poi girarmi e mettermi a correre verso l’uscita.
Voglio andarmene da qui.
Devo andarmene da qui.
Lontano da questo dolore.
Lontano da lui.
Continuo a scendere, veloce e incosciente, rischiando di inciampare a ogni passo con la vista offuscata dalle lacrime.
Non so a che piano sono quando una presa sul mio braccio mi blocca e mi fa voltare contro la mia volontà.
Non mi serve mettere a fuoco per sapere chi è e l’istinto di conservazione ha la meglio.
-Lasciami stronzo!!!- gli urlo in faccia, divincolandomi.
Non m’importa di essere sulle scale di un condominio.
Che sentano! Che sentano tutti cosa ho da dire!
-Cosa sei venuta a fare Margaret?!- mi domanda, senza lasciare la presa.
Il tono è calmo ma capisco che è incazzato.
Lui!
Che coraggio!
-Ero venuta a riportarti il cappello, ma avrei fatto meglio a dargli fuoco!- sibilo velenosa.
Restiamo a fissarci in silenzio qualche secondo, i respiri affannati.
Sento la mia determinazione venire meno, indebolita dal potere che, nonostante tutto, i suoi occhi hanno su di me.
Come può essere così vicino e così lontano al tempo stesso?!
Deglutisco a vuoto, conscia che mi sto perdendo.
Fa male anche solo guardarlo ma non riesco a distogliere gli occhi.
Baciami, ti prego!
-Margaret-
La sua voce mi riscuote e subito riprendo a divincolarmi.
-Ascolta…-
-No!!!- sputo fuori, riuscendo a sottrarmi alla sua presa -Non voglio stare ad ascoltarti! Sei solo un bastardo!!!-
-Porca puttana, Margaret!- esplode anche lui, non più in grado di contenersi - Ci siamo solo baciati una volta!!! Cosa pensavi, che ti avessi giurato fedeltà eterna?!?!-
Indietreggio, sconvolta e  a occhi sgranati, come se mi avesse appena colpito con uno schiaffo in piena faccia.
Il suo petto si alza e abbassa come un mantice, per la rabbia e l’urlo che ha appena liberato anche lui.
-Solo un bacio…- riesco a mormorare, flebile gli occhi di nuovo pieni di lacrime - È tutto qui per te? Tu pensi davvero che sia stato solo per il bacio che io… - non finisco la frase, bisognosa di deglutire.
Lui non risponde, continua a guardarmi glaciale e irremovibile.
Mi volto per andarmene, sapendo che stavolta non mi fermerà, non ci proverà nemmeno, nonostante una parte di me lo desideri disperatamente.
Muovo un passo ma subito mi blocco e mi rigiro verso di lui.
-Sai, avevi ragione a darmi dell’ingenua…- gli dico sempre sottovoce ma sostenendo fieramente il suo sguardo -Ma non avrei mai immaginato che, quando mi hai detto di fare attenzione alle persone che se ne approfittano dell’ingenuità altrui, mi stessi mettendo in guardia proprio da te…-
Per la prima volta da che lo conosco, lo vedo vacillare.
Vacillare sotto il peso della mia accusa.
Colpevole, distoglie lo sguardo da me, puntando gli occhi al pavimento.
Ma non mi basta. Non mi basta più. In pochi secondi mi sono svuotata di ogni sentimento che provo per lui.
Non è niente.
Non è più niente per me.
E non merita nemmeno che io sprechi ancora il mio fiato.
Ecco perché me ne vado senza dire più un’altra parola.
È solo quando sono di nuovo in strada, immersa nel buio della notte, lontano da lui e dalle sue orecchie, che mi concedo di scoppiare in un pianto dirotto e disperato, mentre mi  abbraccio il petto e sfrego le mani sulle braccia per scaldarmi da un gelo che sento solo io.
 
***
 
Sono passate due settimane.
Due settimane senza di lui nella mia vita.
Due settimane con il sole che non scalda, l’aria che non rinfresca e Foosha che non riesce più a farmi sorridere.
Due settimane a lottare contro le lacrime ogni volta che vedo qualcosa che me lo ricorda.
Una lotta costante considerato che qualsiasi cosa me lo ricorda.
E pensavo sinceramente che stesse cominciando ad andare meglio finché stamattina non ho dovuto chiedere una mano a Franky per scaricare i fiori, cosa che non avevo più dovuto fare perché, per un fortuito caso, da quando l’ho conosciuto fino a quindici giorni fa, Law è sempre stato presente a tutte le consegne di fiori e mi ha sempre aiutato lui.
Sorrido mesta e dispiaciuta mentre Franky si soffia sonoramente il naso in un po’ di carta assorbente, dato che il suo fazzoletto l’ho usato io. Avrei dovuto considerare la sua esagerata sensibilità. A metà racconto lui piangeva come una fontana e io cercavo di consolarlo inutilmente. Ma ha voluto a tutti i costi sentire com’era andata a finire.
-E quindi non senti fratello chirurgo da quindici giorni?- domanda, le enormi braccia incrociate al petto ampio.
Annuisco senza parlare.
-Forse se vi parlaste, riuscireste a chiarire…- suggerisce, guadagnandosi un’occhiataccia.
-E dovrei andare a cercarlo io?!- domando, indignata -Dopo quello che lui ha fatto a me?!-
-No!- si affretta subito a rispondere Franky, agitando le mani davanti al viso -No, no! Però forse lui ha solo avuto paura…-
-Paura?! E di cosa?! Che lo mangiassi?! Che gli succhiassi il sangue?! Ma fammi il favore!-
-Gli uomini, sorella, sono molto più fifoni in fatto di sentimenti!- mi dice, con fare saputo.
-Lui non si è comportato da fifone… Si è comportato da vigliacco…- affermo, implacabile, rendendomi conto solo ora di quanto ancora sono arrabbiata -Lo odio…- mormoro a denti stretti, più a me stessa che al mio fornitore.
Franky solleva un sopracciglio a commentare le mie parole prima di alzarsi e avviarsi verso l’uscita.
-Ora devo andare, Super-Franky ha una consegna dall’altra parte della città! Però sorella, se fossi in te io ci penserei prima di metterci del tutto una pietra sopra. A me non sembra proprio che lui non conti più niente per te- conclude lanciando uno sguardo eloquente ai fiori disseminati per tutto il retro del negozio, prima di andarsene salutandomi con una delle sue pose super e riuscendo a strapparmi una risata, la prima da giorni.
Mi rigiro a osservare con occhio più critico il mio ultimo ordine.
Anemoni e giacinti blu, rose, garofani e viole tutti rigorosamente gialli.
Un bel messaggio del mio subconscio per un’esperta come me.
L’indifferenza, non l’odio, è il contrario dell’amore.
Sospiro, lanciando un’occhiata alle aquilegie.
Ora basta.
Non ho intenzione di farmi condizionare oltre la vita da lui.
Lo dimenticherò e ricomincerò a vivere.
Tornerò la Margaret di sempre.
Esco dal retro, diretta verso la panchina sotto il glicine, bisognosa di aria e tranquillità, almeno qualche minuto.
Voglio smettere di stare male.
Voglio smettere di pensare a lui.
Mai più.
Mai, mai più.
 
 
 
 
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Anemone
Fioritura: Primavera-estate.
Significato: Abbandono, amore tradito.
Storia e curiosità: Conosciuto anche come “fiore del vento”, l’Anemone è legato a leggende sia mitologiche che cristiane. Al fiore vengono attribuite diverse proprietà curative per svariati problemi quali disturbi gastrointestinali, febbre, raffreddore, dolori addominali, ansia, depressione e problemi di natura sessuale.
 
 
 
 
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Giacinto (blu e porpora)
Fioritura: Primavera.
Significato: Dolore, avventatezza.
Storia e curiosità: Il giacinto è un fiore antichissimo, coltivato sia nell’Antica Grecia che a Roma. Il suo nome è legato alla leggenda mitologica che narra del giovane amato da Apollo, Giacinto appunto, e di come questi fu colpito a morte da un disco lanciato proprio dal dio sole, deviato per gelosia da Zefiro. Esiste una specie particolare che può essere coltivata anche in acqua ma a scopo puramente decorativo essendo molto invasiva.
 
 
 
 
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Rosa (gialla)
Fioritura: Primavera-estate.
Significato: Gelosia, infedeltà, dolore.
Storia e curiosità:  Nella civiltà romana, dedita all’edonismo e all’esaltazione dei beni materiali, le rose venivano largamente usate durante i banchetti, perché considerato oggetti di lusso. Nerone fece piovere petali di rosa durante un banchetto, Cleopatra fece cospargere il pavimento del suo palazzo per accogliere Marco Antonio, il sovrano babilonese Nabucodonosor le usava per ornare il proprio palazzo, gli imperatori Moghul del Kashmir le coltivavano in quantità e ne gettavano i petali nel fiume per celebrare il loro ritorno a casa, in Cina l’essenza di rose poteva essere utilizzata esclusivamente dai membri della famiglia imperiale e dagli alti dignitari. La guerra combattuta in Inghilterra tra la casata dei Lancaster e quella degli York, tra il 1455 e il 1485, conclusasi con l’ascesa al trono della famiglia Tudor, passò alla storia come “Guerra delle due rose” poiché le due famiglie avevano come simbolo, rispettivamente, una rosa rossa e una rosa bianca.
 
 
 
 
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Garofano (giallo)
Fioritura: Primavera.    
Significato: Sdegno.
Storia e curiosità: Il garofano, originario del bacino mediterraneo, fa parte della famiglia delle Caryophyllaceae ed è una pianta perenne erbacea con fioritura prevalentemente primaverile. “Garofano” è il nome del sedicesimo giorno del mese di Pratile del calendario rivoluzionario francese.
 
 
 
 
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Viola gialla
Fioritura: Maggio-agosto
Significato: sdegno
Storia e curiosità: Esistono vari tipi di viole, tra cui le viole mammole o viole del pensiero e le violeciocche. Il fiore si riproduce sia sessualmente, tramite autoimpollinazione, sia vegetativamente, aiutato dagli impollinatori. Si contano tra le 525 e le 600 specie.
 
 
 
 
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Aquilegia
Fioritura: Tarda primavera-inizio estate.
Significato: Sdegno, dolore.
Storia e curiosità: Originaria principalmente delle zone asiatiche, americane e alpine europee, esistono, tra le sue 70 specie, alcune varietà africane e altre che crescono spontaneamente sulle Alpi e gli Appennini italiani. È una pianta erbacea perenne che si può trovare nei colori bianco, azzurro, giallo, rosso, rosa, lilla, viole e avorio.
  
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