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Autore: Desperate Housewriter    17/08/2014    1 recensioni
Non servirebbe scrivere che questo racconto si ispira a una storia vero, che idiozia.
Ne conoscete forse uno che non lo sia?

Il dottor Crispin Cubbling, psicologo laureato a Londra, è un uomo determinato noto in tutta Malta per i suoi modi di lavorare innovativi.
Quando viene chiamato per un caso speciale in un ospedale trascurato a causa dei pochi fondi, anche lui sembra avere le idee un po’ confuse.
La sua paziente non ha identità e nemmeno lui sa come trovarla.
Poco appassionato di letteratura, viene trascinato in un mondo di storie dove tutto è incerto.
Crispin e una poltrona di piume di pavone, una paziente e un nome vago, cinque vicine pazze e un appartamento di oleandri, Alf Woodstock della porta accanto e il colore trasparente, il pesce e la bistecca, la scrittura ben delinata della macchina da scrivere e Courier.
Eppure, tutto ciò che aveva attorno, gli sarebbe bastato.
Dal II° capitolo: "La donna si avvicinò piano a Crispin, quasi piangendo. «Sto infrangendo le regole. Sto vivendo una vita non mia.» Per un attimo i loro sguardi si incrociarono, ma lei li abbassò subito verso il pavimento. «Questa non è la mia storia»."
Genere: Introspettivo, Mistero, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Courier
Trasparens




«Lo sai da che cosa deriva la parola trasparente?»
Montgomery era sdraiata per terra e osservava le gocce della pioggia scendere lentamente dalla finestra.
«No.» Crispin lo sapeva eccome, ma era un'occasione buona per farla parlare.
«Io e Alf l'abbiamo cercato sul dizionario. "Dal latino medievale trasparens", dice.»
Aveva smesso di piovere, ma per fortuna quelle gocce non erano scomparse.
«E' molto interessante. Praticamente si divide in altre due parole. Il prefisso trans indica un passaggio oltre un termine, un mutamento da una condizione ad un'altra, una specie di attraversamento. Mi spiego? E parere invece significa apparire.»
«Quindi è una specie di...» continuò «apparizione ad una seconda condizione.»
«Che vuoi dire?»
«Voglio dire che non c'è scritto che qualcosa scompare, semplicemente passa ad un'altra condizione. Esiste comunque, giusto? Cambia e basta, eppure noi non riusciamo a vederla.»
«Quindi tu credi che non sia invisibile, ma che solamente si trasformi in qualcos'altro.»
«Non è che credo, così c'è scritto e così è.»
«Tu pensi che la seconda condizione sia conscia di essersi mutata?»
«In che senso?»
Crispin provò a spiegarsi con altre parole. «Mi spiego meglio. Tu credi che ciò che cambia sappia che prima era qualcos’altro? Oppure vive una vita completamente nuova dimenticandosi di quella passata? Così, da capo... Ma soprattutto: sa di esistere?»
«Beh, credo che sappia di esistere. Insomma, se qualcuno vive, vive... No? Però non sono sicura che sappia che prima era qualcun altro. Sarebbe un'ottima domanda da fare ad Alf Woodstock.»
Crispin aveva percepito che Montgomery, seppur inconsciamente, lo stava come invitando a scoprirla. Lei era diventata una seconda condizione e per questo si sentiva invisibile, un’anima dispersa. Per aiutarla al dottor Cubbling non restava altro che scoprire chi era un tempo, quando tutti erano in grado di vederla.
«Lascia stare ciò che pensa Woodstock, Montgomery, a me interessa la tua opinione.»
La donna scosse la testa, confusa.
«Beh, io penso solo che…» fece un colpo di tosse «anzi, credo che… Se qualcosa vuole cambiare, sarebbe egoista non lasciarglielo fare solo perché poi noi non riusciremmo a vederlo. Noi siamo convinti che sparisca, non è vero!»
«Perché, dottor Cubbling, se qualcosa cambia viene sempre abbandonato?»
Crispin sorrise, non sapeva che cosa rispondere.
«Beh, perché non lo vediamo Montgomery. E’ per questo che lo abbandoniamo, perché non lo vediamo più.»
«Ma se ci impegnassimo, potremmo riuscire a vederlo ugualmente!»
«Forse non ci accorgiamo che è scomparso.»
«Quindi, non ci interessa più?» Montgomery estrasse una sigaretta dalla felpa e Crispin la guardò allibito, non si sarebbe mai aspettato che quella donna fumasse. Non disse nulla.
«Spero che tu non abbia ragione, Crispin» disse tra un tiro e l’altro, «sarebbe veramente triste».
Montgomery aveva ancora lo sguardo rivolto verso la finestra. Crispin non sarebbe mai riuscito a catturare pienamente la sua attenzione, ma non avrebbe nemmeno forzato le cose. Aveva sempre odiato farlo. Amava invece lasciare al caso i piani della sua vita.
«Lo vedi il fumo?» la paziente aspettò un secondo  «prima si muoveva ad onda, spinto dal mio soffio. E ora? Tu dove credi sia andato?»
«Non ne ho la minima idea.»
«Non provi anche tu a volte la sensazione di volere andare con lui?»
Crispin chiuse gli occhi e per un attimo si immaginò svanire nel vuoto. Di lui non rimaneva più nulla e il suo essere diventava solitario, nuovo ed illeso.
«Sarebbe bello, Montgomery, sarebbe molto bello.»
 
Non tornò per un mese. Aveva avvertito la signora Portman che non sarebbe riuscito a venire regolarmente una volta a settimana, ma a loro andava bene lo stesso. Aveva anche altri casi importanti a cui badare. Non sul caso Montgomery, ma su Montgomery.
Credeva di essersene innamorato, o perlomeno attratto. Se le percezioni che aveva su se stesso erano esatte, non avrebbe potuto più continuare a farle da psicologo.
Più tardi, però, si rese conto che era solo una sciocchezza e non avrebbe assolutamente dovuto perdere tempo. Se proprio ne era attratto come credeva, non lo era della sua paziente ma di un personaggio del libro. E lui di letteratura non ne voleva sapere. Già, come dimenticare, le avrebbe dovuto menzionare anche di quella rilegatura di pagine vecchie che teneva in mano. Non l’aveva fatto subito ma aveva solo perso il suo tempo. Crispin rinviava sempre all’indomani. E poi, cosa rimediava?
Quel giorno lasciò venire anche Alf Woodstock.
«L'hai mai letto questo?» chiese il dottor Cubbling, porgendoglielo.
La donna sembrò come esterrefatta.
«Da dove l'hai preso?»
«Me l'hanno prestato. L'hai mai letto?»
La donna lo guardò attentamente, sfogliandolo.
«Non te lo possono avere prestato, questa copia è mia.»
Il dottor Cubbling alzò le sopracciglia, sbigottito: «Come hai detto?»
Montgomery lo pose nel suo comodino. «Sì, lo vedi? C'è un'altalena, proprio come nella mia copia. Non possono avertelo prestato. Lo devi aver preso da qualche parte all'ospedale, era da tempo che lo cercavo.»
Alf rise, divertito. «Montgomery, forse il dottor Cubbling per una volta ha ragione. Lo sai quanti libri hanno la stessa copertina? Non li stampano tutti diversi...»
La donna sorrise e si tranquillizzò. «Già, hai ragione. Però... »
«Te lo puoi tenere, se ci tieni. A me non serve, Montgomery» disse gentilmente Crispin.
Montgomery lo andò a riprendere e glielo riporse.
«No, no... Tieni, te lo puoi riprendere. Tanto lo so a memoria.»
«A memoria?»
Il dottor Cubbling non si sarebbe certo aspettato che la sua paziente ricordasse di averlo letto e per questo ne rimase stupefatto.  
«Ma scusa, tu non conosceresti parola per parola di una storia di cui tu sei un personaggio?»
Crispin era veramente tentato nel rispondere che non sarebbe stato nemmeno capace di riconoscere il suo personaggio, figurarsi la storia. Poi si ricordò di essere uno psicologo.
«Tu fai parte della storia?»
Montie diede uno sguardo furtivo ad Alf Woodstock.
«Via, dottor Cubbling, chi vogliamo prendere in giro?» chiese questo «Lei è uno psicologo. Ci vuole negare che Lei non è a conoscenza di chi sia la nostra Montgomery?»
Crispin sorrise. «Sì, mi sono fatto un’idea. Ma ci sono molte cose che devo ancora capire.»
Montie guardò di nuovo Woodstock, completamente persa e insicura, e lui le fece un leggero cenno con la testa.
«Ho due figli, sono l’amore della mia vita;» iniziò lei con la voce tremolante «si chiamano Jem e Scout. Mio marito è un avvocato. Sono cresciuta a Montgomery e non ho nome. Ho deciso io personalmente di chiamarmi come la cittadina in cui sono cresciuta. Ho una splendida famiglia e dottor Cubbling io…»
Si fermò per un attimo. I suoi occhi verdi le bruciavano. Non sarebbe riuscita a continuare se Alf non le avesse dato una leggera pacca sulla spalla. Il dottor Cubbling non se lo sarebbe mai aspettato da parte sua.
«Oh, eravamo felicissimi!» gridò sbattendo un piede per terra, ormai si era lasciata andare ed era riuscita a buttar fuori quello che da tempo si teneva dentro. «Fino a che un giorno mi ritrovo qui, ma devo assolutamente tornare. Io gliel’ho detto, che fra poco morirò. C’è scritto e ormai non c’è nulla da fare. Ma non posso morire, ho una famiglia da mantenere, capisci? Però… Mi rimane un solo modo per cambiare il mio destino.»
«C’entra con Monroeville, come mi aveva già accennato, mi sbaglio? » chiese il dottor Cubbling, la sua calma e la sua pazienza permettevano a qualsiasi persona di concedergli la più completa fiducia, anche se a volte come nel caso di Montgomery ci voleva del tempo.
«Esatto. Tu hai figli, Crispin?»
«No.»
La donna si morsicò le labbra. «Beh, se ce li avessi, per loro faresti di tutto. A Monroeville, la persona che… Si ricorda che le avevo accennato di una persona? »
«Certo che me lo ricordo.»
«Ebbene, quella persona si chiama Harper Lee ed è la scrittrice del libro. Dipende tutto da lei. Io devo trovarla e raggiungerla. Ma sono bloccata qui, che diamine! Sembra che lo facciano apposta. Tu mi devi aiutare, Crispin.»
Sebbene il sedere del dottor Cubbling fosse poggiato sulla poltrona più comoda e pregiata dell’ospedale, benché le sue piume erano di pavone ed erano state importate dalle foreste dell’India per il loro colore blu elettrico dai riflessi metallici, quest’ultimo non riusciva a sentirsi comodo. Se prima la sua paziente l’aveva fatto divenire desideroso di svanire nel vuoto, ora era riuscita a scaturire in lui un senso di fastidio per essere in qualche modo incollato alla sedia. Non l’avrebbe certo potuta assecondare, ma perlomeno si promise che avrebbe cercato in tutti i modi non solo di scoprire la sua vera identità ma anche di dar sfogo alle sue sensazioni di vendetta all’oppressione.
«Non ti biasimo, Montgomery. Mi duole il cuore ma il massimo che posso fare è assegnarti un compito. Per quanto tu lo possa ritenere stupido o privo di senso, non lo è e ti farà bene. Devi credermi e se collabori ti assicuro che potrà servire. Sei disposta?»
La donna sospirò, ma gli occhi le brillavano un poco e il suo interessamento sembrò crescere.
«Che cosa devo fare?» chiese.
«Scrivere. Voglio leggere qualcosa scritto da te.»
«No, non è possibile. Ho provato a scrivere, Crispin, credimi ma… Ho sempre finito per odiare a morte ogni mia parola e non ce l’ho più fatta.»
Alf Woodstock intervenne. Crispin non poteva negarlo, a volte lo irritava molto, anche se diceva cose che senz’altro approvava.
«Ogni scrittore mentre scrive racconta di sé, è per questo che odia sempre tutto ciò che produce.»
Alf si soffiò la fronte per far spostare il ciuffo verso destra, era uno dei suoi vizi. «Dovrebbe dirglielo, dottor Cubbling, il suo intento.»
Crispin non badò al suo commento.
«No… Io odio quello che scrivo perché… Copio, prendo troppo spunto dalla vita altrui e dai loro pensieri. Magari potessi prendere spunto da me, è questo il punto!» affermò affranta Montgomery.
«Il copiare è sempre visto male, perché mai? E’ di natura per l’uomo apprendere fin dalla nascita l’arte dell’imitazione.» osservò allora lo psicologo «Altrimenti non si parlerebbe nemmeno.»
Quella risposta l’aveva usata innumerevoli volte, si ritrovava a dirla in ogni seduta. Alf Woodstock però non lo sapeva e rimase a bocca aperta del fatto che in così poco tempo fosse riuscito a formulare una frase così breve ma così efficace.
«Che cosa devo scrivere di preciso?» chiese Montie, un po’ più convinta.
«Mi piacerebbe molto sapere un po’ della tua infanzia, ma qualsiasi storia andrà bene. Romantica, fantastica, avventurosa… Se sei abile, potrai inventarla da cima a fondo, ma sappi che niente si scrive per caso!»
«Veramente mi aiuterà?»
«Su questo non ti devi preoccupare.»
«Lo faccio ad una condizione.» decise Montgomery «Voglio una macchina da scrivere.»
«Lo sai che non ce ne abbiamo qui, Montie» intervenne Alf «però se non vuoi scrivere con carta e penna c’è un computer a disposizione vicino alla segreteria.
«No, io voglio una macchina da scrivere.»
A volte Montgomery dava l’aria di essere riflessiva e intelligente, altre invece i suoi lineamenti infantili facevano pensare ad una bambina in preda ad un capriccio e quegli sguardi a Crispin sembravano essere molto familiari.
«Posso sapere perché?» chiese lo psicologo.
«Le colonne che contengono i caratteri sono esattamente allineate e aiutano a favorire la mia concentrazione. In più, la scrittura è pratica e leggibile e sul computer così non se ne trovano.»
«Se mi posso permettere, Montie…» iniziò Woodstock «il computer ti potrebbe accontentare lo stesso. C’è un carattere chiamato Courier, creato da Kettler nel ’55 ed è stato progettato per assomigliare ai caratteri delle macchine da scrivere. Lo usano spesso per i copioni delle sceneggiature, proprio per le qualifiche che tu prima hai elencato. Pensa che stava per essere chiamato Messenger ma Kettler disse "una lettera può essere solo un messaggero ordinario, o può essere il corriere (Courier), che irradia la dignità, il prestigio e la stabilità".»
«Sembra molto informato, signor Woodstock. Allora, Montgomery, ti va bene lo stesso procedere con qualcosa che ha le sembianze di ciò che desideri?»
La donna disse che le andava bene, non avrebbe certo potuto rifiutare una proposta di Alf Woodstock.
«Prima che mi dimentichi, ho fatto venire qui anche te, Alf, perché voglio accertarmi di una cosa. Il compito è assegnato solamente ed esclusivamente alla signora Graham. Non posso negare di aver notato che Montgomery si fa molto influenzare dalle sue idee. Non c’è assolutamente nulla di male, ma questa volta la mia paziente dovrà fare da sola.»
La signora Graham e il signor Woodstock non si fecero problemi ad accettare, anche se si poteva scorgere un leggere irritamento da parte dell’ultimo. Il dottor Cubbling spiegò della sua situazione e di quanto avrebbe potuto fare raramente visita alla sua paziente. Montgomery avrebbe dovuto quindi approfittarsi dei lunghi periodi per scrivere tutto quelle che le venisse in mente.
Montie accettò anche questo, anche se si sentì sempre a disagio ogni qualvolta si trovasse di fronte alla tastiera.




Ciao!

Avevo detto che sarei stata veloce... Promessa mantenuta.
Riuscite già a prevedere che cosa ci sarà nel prossimo capitolo?

Un bacio,
Desperate.
  
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