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Autore: Shiver414    18/08/2014    3 recensioni
L'amore sboccia come un fiore, un fiore dai petali bianchi, candidi, puri, macchiati dal peccato scarlatto della bramosia. Cos'è un vampiro? Un demone che gode nell'uccidere, nel cacciare. Ma cosa succede ad un vampiro che impara ad amare?
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi non un nuovo capitolo... Lo so, gli ultimi capitoli che sto pubblicando sono strani, un po' confusi... Ne sono perfettamente consapevole. Resistete un altro po' e tutto diventerà più chiaro ve lo prometto u.u 
Spero vi piaccia (●⌒∇⌒●)
Un bacione!!
Shiver (✿◠‿◠) 

 


Capitolo 11.
Cosa sono?

 
«Rebecca.» Esordii cercando di scacciare quella vocina nella mia testa che mi diceva di darle ragione. «Mi sono stufata dei tuoi stupidi giochetti.» Rise di gusto. Dovevo ancora capire cosa ci trovasse di tanto divertente in quella situazione. Io ero confusa, non riuscivo a capire il significato delle sue parole e tanto meno riuscivo a dare ai miei pensieri un senso logico.
«Non sono stupidi giochetti.» Allungò la gamba e con un movimento fluido e sensuale si alzò dal letto. Sembrava una modella mentre si avvicinava a me con quello sguardo minaccioso. Si fermò quando era ormai a pochi millimetri dal mio viso. Un intenso profumo floreale mi colpì e risveglio un ricordo sepolto da tempo. Conoscevo quel profumo. «Sto dicendo la verità. Sei mia figlia e sei nata nel 1905.» Battei le palpebre più volte.
«Se fosse davvero così allora come farei ad essere ancora viva?» Le rivolsi uno sguardo di sfida.
«Perché non sei umana.» Sorrise quasi fosse una risposta ovvia. «Sono tornata perché mi è giunta voce che un vampiro girasse intorno alla mia piccolina.» Stava guardando Thomas con lo sguardo canzonatorio. Thomas si sentì attaccato e si avvicinò a lei minacciosamente. «Che vorresti farmi?» Disse lei ridacchiando. In quel momento lo sguardo di Thomas era spaventoso. Era lo sguardo di un assassino. Mi misi in mezzo tra lui e Rebecca.
«Thomas.» Dissi poggiando entrambe le mani sul suo petto. «Calmati.» Si rilassò leggermente. Avevo l’impulso di abbracciarlo, ma non era quello il momento adatto. «Invece di essere criptica se sai qualcosa in più su cosa sono, dillo. Non fare la misteriosa, mammina.» Ancora non credevo alle sue parole. Eppure… Iniziai a riflettere seriamente sulle sue parole dopo aver pronunciato “mammina”. In entrambe le versioni della storia, lei era mia madre. Quindi, forse, ero davvero sua figlia e se ciò era vero allora era vero anche che non ero del tutto umana. Mia madre era una vampira e mio padre ancora non era chiaro. Dunque io cos’ero?
«Stai iniziando a credermi?» Mi sfiorò la guancia con il dorso della mano. «Tom, non hai sentito qualcosa di diverso nel suo sangue dopo averlo assaggiato?» Sorrise. Lei sapeva cos’ero, lei sapeva tutto. Sapeva anche chi era mio padre.
«Se quello che dici è vero, che sono nata nel 1905 intendo… Cosa sono allora?» Dal suo sguardo sembrava non aspettasse altro che quella domanda. «Se sono nata nel 1905 potrei davvero essere tua figlia.» Ero girata verso Thomas. Davanti a me si stava profilando una lista infinita di possibilità su cos’ero, su qual era la verità. In ognuna di queste possibilità compariva la stessa parola… Ero un mostro.
C’era qualcosa che aveva capito anche Thomas, lo leggevo nei suoi occhi. Ma cosa? Perché ero l’unica a non sapere.
«Il suo sangue non è quello di una semplice umana.» Rebecca sembrava estremamente soddisfatta, mentre lui prendeva consapevolezza di quel che ero. «Non è nemmeno una vampira.» Stava cercando di arrivare da solo alla soluzione di tutto? «Non è mia figlia, vero?» Rebecca sollevò le spalle con noncuranza.
«Non esisteva il test del DNA centonove anni fa.» Sentii all’improvviso una morsa allo stomaco. Era una sensazione sgradevole, che avevo già provato tutta la settimana. Cercai di arrivare in tempo in bagno e non rovesciare tutto il contenuto del mio stomaco sul pavimento. Thomas corse dietro di me e iniziò a carezzarmi la testa. «Ormai è tardi.» Disse Rebecca preoccupata. «Da quando va avanti così?» Era china accanto a me e mi analizzava le pupille. «Sono dilatate. Hai fame?» Annuii lentamente. Effettivamente sì.
«Una settimana.» Rebecca sembrò incupirsi, all’improvviso, però, sorrise. Un sorriso malefico e soddisfatto.
«L’unica cosa che posso dirti per farlo smettere è cercare una persona.» Si avviò verso la finestra della mia stanza. «Una strega.» Disse prima di sparire oltre le tende leggere. Scoppiai a ridere. Una risata isterica, piena di paura, ansia e shock. Le lacrime iniziarono a fluire da sole.
«C’è qualcosa che non va in me.» Dissi infine. Non erano le parole di Rebecca ad avermi sconvolta fino a quel punto, ma la consapevolezza che dentro di me qualcosa stava lentamente mutando. Avevo sempre fame, il cibo non mi saziava, rimettevo regolarmente dopo ogni pasto, alle volte perdevo lucidità e mi ritrovavo ad annusare l’aria in cerca di qualcosa.
«Dobbiamo trovare una strega. Se sta succedendo quel che penso allora abbiamo poco tempo.» Thomas mi avvolse in uno stretto abbraccio e mi cullò un po’. «È crudele chiederlo lo so, ma è pericoloso che tu resti qui. Devi venire da me. Finchè non abbiamo una strega non puoi correre rischi.» Le streghe però non esistevano, come poteva credere di riuscire a trovarne una?
«Le streghe non esistono.» Singhiozzai contro la sua spalla. Allentò l’abbraccio fino a scioglierlo del tutto ed iniziò a rovistare nel cassetto della scrivania. Tirò fuori un quadernino e ne strappò una pagina. Afferrò una penna e me li porse.
«Se le streghe non esistessero allora non dovrei esistere nemmeno io.» Mi accarezzò una guancia e asciugò le lacrime che la bagnavano. «Scrivi un bigliettino ai tuoi genitori. Pregali di non chiamare la polizia o altro, di stare tranquilli. Digli che devono fidarsi di te.» Scrissi che volevo cercare mia madre e che volevo chiederle perché mi avesse abbandonata e che sarei stata sempre raggiungibile con il cellulare. Thomas recuperò uno zaino ed iniziò ad infilare dentro tutto quello che gli capitava a tiro. Tra i singhiozzi presi il telefono e corsi in cucina. Avevo fame. Dovevo mangiare. Aprii avidamente il frigorifero. Afferrai l’involucro dell’alimentari, prosciutto e lo divorai in un batter d’occhio. Il mio cervello gridava di darmi un contegno, il mio istinto mi costringeva a mangiare.
Per nulla sazia e attratta da un odorino invitante aprii un pacco di carne cruda. Era disgustosamente intrisa di sangue. Mi ingozzai con una fetta e prima, che riuscissi ad addentare anche la seconda fetta, Thomas mi tirò via dal frigorifero. Mi vergognai così tanto che mi accasciai a terra preda di un’altra crisi isterica.
«Dobbiamo andare.» Con un fazzoletto mi pulì la bocca, chiuse il frigorifero ed eliminò tutte le prove della mia voracità.
Mi infilò lo zaino e mi prese sulle sue spalle. «Tieniti forte.» Mormorò prima di lanciarsi dalla finestra.
Corse ad una velocità spaventosa per le strade della città. Giravamo per le vie meno frequentate, più buie e malfamate della città. Nessuno ci avrebbe comunque visto a quella velocità. Si fermò davanti un palazzo molto alto e mi fece scendere. Mano nella mano raggiunsimo l’ultimo piano.
Il salotto era spazioso. Una parete era totalmente ricoperta di finestre che si affacciavano su un panorama mozzafiato. Una scala a chiocciola portava evidentemente sul terrazzo.
Non riuscii a godermi il resto della casa. Thomas, quasi mi leggesse nel pensiero, mi portò subito nel bagno e accadde l’inevitabile. Mi bruciava la gola e mi faceva male lo stomaco.
«Tranquilla, metteremo fine a tutto questo.» Mi prese in braccio e mi portò in camera da letto. Ero esausta. Mi accoccolai sotto il lenzuolo leggero, poggiai la testa sul suo petto e sperai che quel che mi aspettava nel mondo dei sogni fosse migliore della realtà.



P.s. Si sono cattiva muahahah...
 Se arriviamo almeno a tre recensioni (mi tengo bassa con i numeri), la prossima volta pubblico ben 2 capitoli u.u
   
 
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