Lettera di un amore lontano
2014
Ero
seduta in macchina che fissavo un punto indefinito davanti a me, le mani
strette a pugno sul volante. M’imponevo di non guardare la mia borsa sul sedile
da cui spuntavano due lettere ingiallite dal tempo, ma con la coda dell’occhio
le vedevo lo stesso: una la conservavo da trent’anni, ma ogni tanto mi perdevo
a leggerla immersa nei ricordi; l’altra era più recente, di almeno dieci anni e
non avevo mai avuto il coraggio di aprirla.
Ero
assalita dai sentimenti più disparati, ma sentivo che dovevo farlo, per forza.
Avevo rimandato per troppi anni e mi sentivo colpa.
Spostai
lo sguardo sulla mia borsa e poi sul sedile posteriore, mi si strinse lo
stomaco: troppi ricordi, momenti, parole e gesti che non vivevo da tempo e che
non avevo mai dimenticato, nonostante gli anni, un marito, un matrimonio e dei
figli.
Si
dice che il primo amore non si scorda mai e non ero di certo un’eccezione.
Lui
si chiamava Robert, aveva vent’anni e quando lo conobbi avevo appena cominciato
l’Università. Per me non fu un colpo di fulmine, anzi, ma fu abile e paziente
da corteggiarmi e aspettare come solo un uomo di altri tempi avrebbe potuto
fare. Non aveva mai osato andare oltre senza il mio permesso, ma grazie ai suoi
atteggiamenti, cominciai a vederlo sotto una luce diversa. Con il passare del
tempo mi resi conto che fosse l’uomo giusto per me: con la battuta pronta,
spiritoso, con il senso dell’umorismo, affascinante, premuroso e affettuoso; ma
si arrabbiava facilmente e litigavamo perché non sapevo star zitta. Lo amai
anche per quello.
Per
anni la nostra storia andò a gonfie vele, pensavamo al matrimonio, ai figli e
un futuro insieme fino a quando decise di partire come volontario in una zona
in Africa. Non la presi molto bene e, all’inizio, pensai di lasciarlo. Non ero
disposta ad aspettare qualcuno che, invece, aveva deciso di andarsene, poi
capii che un anno non era niente e se voleva era quello che desiderava, doveva
partire.
Cominciò
così la nostra corrispondenza e storia d’amore a distanza.
Presi
un profondo respiro, allungai la mano verso la lettera e la presi. I bordi
erano consumati a forza di toccarla e leggerla, non avevo mai smesso di farlo.
Con
le mani tremanti e il cuore in gola, cominciai a leggere.
4 aprile 1984
Cara vita mia,
Come stai? Sei riuscita a
passare quell’esame che tanto ti tormentava? Scommetto che hai dimostrato al
Signor Morgan di che pasta sei fatta! Sei troppo intelligente per lasciarti
sminuire da un bifolco come lui. Scusa, non volevo, so quanto lo adori, ma non
riesco proprio a capire come tu faccia, è così arrogante e maschilista. Come
puoi sopportarlo? Me l’avrai spiegato mille volte, ma non riesco mai a capirlo.
So che ti ho promesso di dirti sempre
come vanno le cose qui, ma oggi non ce la faccio. Ho bisogno di pensare solo a
qualcosa di bello: a noi, a casa, al nostro amore e al nostro futuro. Non
voglio pensare a ciò che mi circonda perché è… doloroso e non voglio che lo sia
anche per te.
Una cosa, però, voglio dirtela: mi pento
amaramente di aver firmato per un altro anno. I primi due sono passati così
velocemente che non me ne sono accorto, ma adesso… Mi manchi, sento l’assenza
del tuo profumo, del tuo abbraccio e della tua pelle, ma ancora più di tutto
vorrei fare l’amore con te e sentirmi tuo in ogni modo possibile.
Dio, cosa mi è saltato in testa? Forse è
solo lo sconforto per quello che vedo, ma la tua assenza è incolmabile e mi
sento vuoto. Qua al campo non riesco a stare neanche con gli altri, non sono te
e saresti l’unica persona che vorrei avere attorno in questo momento.
Forse non avrei dovuto dirtelo e renderò
il tutto ancora più difficile, ma non riuscivo a reprimerlo. Ho bisogno di te,
sei la mia vita e ti amo, più di quanto abbia mai detto o dimostrato.
Ti ricordi quando, un anno prima che
partissi, ci siamo messi a fantasticare su come sarebbe stata la nostra vita in
un futuro, che pensavamo non troppo lontano?
Volevamo un matrimonio semplice con
pochi parenti e gli amici più stretti. Tu sognavi un vestito fasciante di pizzo
perché, altrimenti, se ne avessi preso uno principesco, saresti stata una
piccola deliziosa meringa. M’immaginavi con uno smoking nero, le scarpe lucide
e il papillon, nonostante ti pregassi di non nominarlo neanche perché lo
odiavo. Il matrimonio sarebbe stato celebrato nella chiesa, che avevi sempre
sognato e ammirato per la sua semplicità ed eleganza. Mi confessasti che avevi
provato varie volte a camminare lungo la navata, immaginandoti con il tuo
vestito bianco addosso, ma non eri mai riuscita a figurarti un uomo vero
accanto, fino al mio arrivo. Quanti uomini desiderano sentirsi dire una cosa
simile dalla donna che amano? Tanti, ma sono pochi i fortunati a cui succede davvero,
io ero tra quelli.
Non credo di avertelo mai detto, ma è da
quando abbiamo fatto quella conversazione, che ho cominciato a mettere in un
conto quei pochi risparmi che riuscivo a racimolare, per te, noi e il nostro
sogno d’amore. Era per questo motivo che spesso non avevo un centesimo in
tasca.
Ti ricordi la casa? In un quartiere
residenziale, su due piani, azzurra con i finimenti bianchi e ridevamo perché
immaginavamo la faccia dei nostri vicini quando si sarebbero resi conto, che
vivevano accanto alla casa dei Puffi. Era un colore strano e sono sicuro che, se
dovessimo davvero comprare casa, non la faremmo mai in quel modo, non oseremmo.
La volevi con un grande giardino in cui ti saresti potuta sbizzarrire, un cane
di piccola taglia che avrebbe provveduto a rovinare il tuo lavoro e uno
steccato bianco. L’avresti arredata secondo il tuo gusto perché dicevi che io
non ne avevo, per niente. Volevi allontanarti dai tuoi genitori di almeno una
ventina di minuti perché non li sopportavi più, ma, il giorno dopo, cambiavi
idea dicendo che sarebbero potuti tornare utili in caso avessimo avuto bisogno di
aiuto con i bambini.
Ah sì, ne volevi due di marmocchi che
avrebbero girato per casa. Il tuo sogno sarebbero stati un maschio e una
femmina, ma non osavi sperarci troppo perché dicevi che Dio fa sempre quello
che gli pare. I nomi, però, li avevi scelti: Aaron per il maschio e Rose per la
femmina, anche se non mi sembravi decisa neanche sotto quest’aspetto. Volevi
dei figli, questo mi era chiaro, ma il nome sembrava un mistero.
Avevo come l’impressione che sapessi
tutto dalla vita, cosa aspettarti e sarebbe successo. A volte mi spaventavi,
sai? Eri troppo sicura di te e della tua vita, che molto spesso pensavo non
sarei riuscito a farne parte. La realtà era che ogni parola che usciva dalla
tua bocca si materializzava nella mia testa e mi rendevo conto che fosse
possibile, anzi, lo sarebbe stato.
L’unica cosa di cui ero certo era che tu
fossi la donna della mia vita, la sola e unica che avrebbe fatto parte della
mia esistenza in un modo così totale e devastante. Possedevi e possiedi ancora
il mio cuore, tutto, non solo un misero pezzo, ma ogni parte di esso batte e
pompa sangue solo per te, perché un giorno potremo essere ciò che abbiamo
sempre sognato e immaginato insieme. Non so come sarà la nostra casa, il nome
dei nostri figli o del cane, ma sono certo che con te tutto sarà fantastico,
anche litigare, ma soprattutto fare pace.
Ogni tanto ci provo a immaginare come
saranno le cose, ma l’unica certezza sei tu, il tuo viso, il tuo profumo e la
tua presenza. Tu, solo e unicamente tu. Quello che provo per te è così
devastante e vero che non smetterò mai di provarlo.
Ti amo, ricordarlo e, in caso un giorno
dubitassi dei miei sentimenti, rileggi questa lettera o i biglietti allegati ai
fiori, a proposito, li hai ricevuti? Ho sempre paura che non arrivino in tempo
o che sbaglino la consegna, sai quanto ci tenga. Un mazzo di orchidee per la
donna che ha rubato il mio cuore e lo custodirà per sempre. Di che colore sono
arrivati stavolta?
Non ti faccio perdere altro tempo, anche
perché ormai la notte è calata e domani mattina dovrò svegliarmi presto. Ci rivedremo,
te lo protetto.
Tuo per sempre,
Robert
Rimasi
a fissare la pagina mentre le lacrime scendevano lungo le guance. La vista
appannata m’impediva di vedere chiaramente intorno a me, ma non m’importava.
Non ero più in quel luogo, nel 2014, ero tornata indietro di trent’anni e ci
volevo restare. I dettagli era troppo chiari per essere passato così tanto
tempo, ricordavo ogni cosa come se fosse successa il giorno prima e non era
normale.
La
lettera di Robert era stata un tripudio di amore e aspettative che entrambi
avevamo sognato, ma la vita è imprevedibile e ci porta a compiere azioni che
non avremmo mai creduto di fare.
Quell’anno
fu uno dei più duri per me: mio padre dovette andare in ospedale per problemi
gravi e mi ero offerta di stargli accanto. Gli avevano trovato un tumore allo
stomaco e, purtroppo, sapevamo che la sua guarigione sarebbe stata impossibile.
Fu straziante vederlo peggiorare nel letto ogni giorno e diventare un uomo che
non riconoscevo. Avrei avuto bisogno di Robert e, nonostante cercasse di
supportarmi tramite lettera, non bastava, lo volevo in carne e ossa accanto a
me. Destino volle che per parecchie settimane le mie lettere non gli arrivarono
e rimasi senza risposta, completamente abbandonata a me stessa e ai miei
problemi.
Non
riuscivo più a seguire i corsi, mio padre peggiorava con il passare dei giorni
e mia madre non la stava prendendo affatto bene. Lo amavo, davvero, pensavo
fosse l’uomo della mia vita, ma mi sorgevano un sacco di domande: se era così
sicuro di noi perché se n’era andato? Cosa lo aveva spinto ad allontanarsi per
migliaia di chilometri? Era sincero quando diceva di amarmi, che voleva una
famiglia con me oppure no?
Avevo
troppo a cui pensare e non dovevo preoccuparmi anche per il mio ragazzo che era
in un altro continente, lontano. Lo lasciai, malamente e per lettera, perché
avevo come la sensazione che se avessi sentito la sua voce, avrei cambiato idea.
Ero stufa di quella situazione, di ogni cosa e tutto era sulle mie spalle, non
dovevo avere ripensamenti.
Non
la prese molto bene e per mesi continuò a scrivermi lettere, anche se non
rispondevo. Il cuore si stringeva a ogni frase e molto spesso pensavo di
tornare sui miei passi, ma poi mi facevo le stesse domande a ripetizione a cui
non sapevo rispondere. Avevo come la sensazione che se fosse tornato, le cose
tra di noi non sarebbero più state le stesse. Era stato via tre anni e, in quel
tempo, molte cose erano cambiate, anche noi.
Mi
resi conto di aver fatto la cosa giusta quando mi avvisò tramite una lettera che
sarebbe rimasto ancora lì: diceva che, se non poteva stare con me, tanto valeva
che aiutasse gli altri come aveva fatto in quegli anni. Mi sentii fiera di me,
ma, allo stesso tempo, una stupida: amavo ancora quell’uomo, se fosse tornato a
casa per cercare di conquistarmi e stare con me, l’avrei ripreso a braccia
aperte senza pensarci due volte. Quella sua scelta mi fece rendere conto che
avevo fatto bene a lasciarlo, ma non significò che mi misi il cuore in pace,
tutt’altro.
Mio
padre morì in un giorno d’estate dopo mesi di agonia e mia madre ebbe un
controllo psicologico definitivo. Sarei voluta tornare all’Università e
continuare i miei studi, ma non sapevo come sarei riuscita ad andare avanti senza
nessuno a darmi una mano.
Mi
sentivo sola e avrei tanto voluto che Robert fosse accanto a me, ma non c’era e
non ci sarebbe più stato. Alla fine mandai mia madre in una clinica ed io riuscii
a riprendermi un po’ in mano la mia vita. Le mie amiche cercarono di starmi il
più accanto possibile e aiutarmi con lo studio, ma cominciavo a manifestare
sintomi di stanchezza. Attraversai un brutto momento fatto di pianti e pochi
momenti felici, sembrava come se tutto ciò che avevo passato nel corso dei mesi
precedenti stesse uscendo fuori.
Mi
ci volle almeno un anno per rimettermi in piedi e tornare a essere, almeno in
parte, la ragazza che ero una volta, anche se, in realtà, non lo sarei mai
stata.
Vedendo
che stessi meglio e che tornavo a sorridere, le mie amiche pensarono che fosse
giunto il momento di farmi conoscere qualcuno. Dovevo tornare sulla piazza, a
detta loro.
Mi
fecero conoscere Mark, il mio attuale marito, con cui stavo bene, era
intelligente, divertente e affettuoso, ma non era Robert. Ogni volta che
tornavo a casa e ripensavo alla serata, sentivo che ci fosse un grosso vuoto
dentro di me. Stavo bene, sì, ma ogni volta sentivo che mancava qualcosa che il
mio cuore e il mio corpo ricordavano fin troppo bene, nonostante gli anni
passati.
Non
confessai mai a nessuno quello che provavo davvero, a cosa sarebbe servito?
Robert non si era più fatto sentire ed io speravo ancora che tornasse. Dovevo
vivermi la mia vita anche, e soprattutto, senza di lui.
Mi
laureai e, successivamente, mi sposai. Cominciai a lavorare come segretaria in
uno studio legale e rimasi incinta. La mia vita seguiva il suo corso, ma se mi
fermavo a pensare, sentivo che c’era qualcosa che stonava.
Incontrai
Robert quindici anni dopo la sua partenza e mi sentii come se il tempo non
fosse mai passato davvero. Esteriormente era lo stesso ragazzo di cui mi ero
innamorata, ma, guardandolo bene, potevo vedere i segni delle sofferenze e di
ciò che aveva dovuto passare nel corso degli anni.
In
pochi secondi, ero tornata a essere quella giovane donna che aveva perso la
testa per lui e avrei lasciato tutto, se solo mio marito non avesse richiamato
la mia attenzione.
Vidi
la delusione negli occhi di Robert quando comparve Mark al mio fianco. Lo
guardai, dispiaciuta e me ne andai con la consapevolezza, che il mio cuore
sarebbe sempre appartenuto a quell’uomo.
Non
mi ero mai illusa che la ferita si fosse rimarginata, ma non vederlo, aveva alleviato
il sentimento che provavo per lui, o almeno pensavo. Non era vero, ovviamente, forse mentivo a me stessa da sempre.
Una
mattina trovai una lettera appoggiata sul davanzale della cucina e riconobbi
subito la scrittura che aveva tracciato il mio nome. Persi un battito e mi
guardai attorno sperando che nessuno mi vedesse. Fu la prima lettera di tante,
una ogni giorno, piene di amore, rimpianti e sentimenti che non potevano più
essere espressi liberamente. Non gli risposi mai, troppo impaurita da ciò che
sarebbe potuto succedere a me e al mio cuore.
Perché
non lasciai mio marito e tornai con lui? Me l’ero chiesta spesso ed ero
arrivata alla conclusione che, nonostante il mio cuore battesse ancora per
Robert, non avrei mai lasciato mio marito. Perché farlo soffrire? Mi aveva
sempre amato, trattato bene e coccolato, e io provavo qualcosa per lui,
altrimenti non avrei mai acconsentito a sposarlo.
Non
riuscivo comunque ad affrontare Robert e chiedergli di smettere di scrivermi.
Ero una masochista, lo sapevo, mi facevo del male da sola, ma non potevo fare a
meno di lui e le sue lettere.
Mi
convinsi che sarebbe potuto andare avanti per sempre, ma mi sbagliavo. Scrisse
ogni giorno per cinque anni fino all’ultima maledetta lettera, l’unica che
trovai in mezzo al resto della posta. Solo il giorno prima ero venuta a
conoscenza della sua morte e vedere quella calligrafia sulla busta, non fece
altro che darmi il colpo di grazia. Non avevo mai avuto il coraggio di aprirla
in dieci anni perché non volevo leggere un addio definitivo, non l’avrei
sopportato. Era arrivato il giorno di farlo, leggerla e affrontare ciò che era
stato e mai più sarebbe tornato.
Appoggiai
la vecchia lettera e presi quella nuova, mai aperta, ma comunque leggermente
ingiallita.
20 ottobre 2004
Cara vita mia,
Non credevo sarei arrivato a
questo momento così presto, ma purtroppo la vita è imprevedibile e ti mangia il
Re quando meno te l’aspetti.
Non ti ho mai detto niente perché non
volevo che le tue azioni fossero condizionate dalla mia salute, ho sempre
voluto che facessi qualsiasi cosa di tua spontanea volontà e non perché ti
spingessi, in qualche modo, a farlo.
Non ho intenzione di dirti cosa mi sta
succedendo o come ho fatto ad arrivare a questo momento, non voglio che la mia
ultima lettera sia piena di dolore e termini medici, ma che sia, come sempre,
piena di quell’amore incondizionato che ho sempre provato per te e che
nessun’altra donna è riuscita a farmi provare.
La mia vita non è stata esattamente come
l’avevo immaginata o come avevamo fatto
insieme. Nulla di ciò su cui avevamo fantasticato per giorni è diventato
realtà, ma non è mai mutato l’amore che ho sempre provato per te, anche quando
mi hai lasciato.
Ti ho compresa, sai? Capivo perché lo
stavi facendo e mi sembrava la cosa giusta, ma non riuscivo a spiegarmi perché
volessi lasciarmi indietro. Sarei dovuto tornare, vero? Con il senno di poi e
gli anni trascorsi, mi rendo conto che, non appena finito l’anno, avrei dovuto
prendere un aereo e tornare da te e… sono stato uno stupido. Sì, ti avevo
capito, ma con il passare del tempo mi sentivo un leone ferito in mezzo alla
savana: non potevo far altro che leccarmi le ferite da solo, in disparte.
Jane, vita mia, l’errore più grande che
abbia fatto nella mia esistenza è lasciare che te ne andassi senza neanche
lottare. Perché l’ho fatto e ho permesso che accadesse? Dio, avrai pensato che
fossi uno stupido chiacchierone buono a nulla e bugiardo. L’avrei pensato
anch’io se fossi stato in te, davvero.
Come ho potuto lasciarti andare? Ho
passato due anni a maledirmi per la mia scelta, a essere geloso di chiunque ti
incontrasse sul suo cammino o avesse la fortuna di poter anche solo dividere
l’ossigeno con te. Ero geloso dei tuoi genitori che avevano la fortuna di
averti accanto in un momento così difficile della loro vita e non potevo; delle
tue amiche che potevano ridere e scherzare con te senza farlo attraverso un
foglio; dei tuoi vestiti che potevano stare a contatto con la tua pelle senza
passare per svergognati o sentirsi imbarazzati. Invidiavo chiunque avesse anche
solo la fortuna di scambiarsi un’occhiata con te.
Non avrei mai pensato che sarebbe andata
a finire così, non credevo che avrei provato gelosia nei confronti di un altro
uomo e, invece, l’ho fatto. Mark, tuo marito, è il più fortunato sulla faccia
della terra e… sarei dovuto essere io quella persona. Io, non lui. Sarò anche
stato il tuo primo uomo, ma lui si è preso la parte migliore di te: il resto
della tua vita.
Forse sono stato uno stupido, ma ogni
tanto pensavo che saresti tornata da me. Che ingenuo, vero? Perché avresti
dovuto lasciare tuo marito, la tua famiglia e i tuoi figli? Per me? Sono un
uomo, ma sotto certi aspetti sono sempre rimasto un ragazzo ingenuo e un po’
credulone.
Tu, invece, sei la donna più bella che
ci possa essere sulla faccia della terra e, ogni volta che ti guardo, mi sembra
di tornare ragazzo e potermi ancora godere i tuoi baci.
Jane, mia cara, ho vissuto di rimpianti,
tanti, ma c’è qualcosa che voglio che sia chiara una volta per tutte: non ti
avrei mai abbandonato, ti sarei stato sempre accanto; avrei costruito la casa
dei nostri sogni e ti avrei dato la vita che volevi. Avrei fatto qualsiasi cosa
per te, nonostante gli anni in cui sono stato via. Ti ho amato come solo un puro
di cuore come me può fare e continuerò a farlo, anche se non ci sarò più. Ho
amato solo te in tutti questi anni, nonostante la lontananza perché
nessun’altra donna era alla tua altezza. Hai avuto e avrai per sempre tutto il
mio cuore, non dimenticarlo mai, anche se dovessi ricordarti di tutte le mie
mancanze. Non so cosa ti rimarrà di me, ma di una cosa sono certo: se mai
dovessi sentire la mia assenza, puoi rivivermi nei ricordi che non cesseranno
mai di esistere e nelle lettere, che spero tu abbia conservato.
Mia unica ragione di vita, avrei voluto
baciarti e fare l’amore con te un’ultima volta, ma non mi è concesso e non
voglio che tu mi veda in questo stato. Rivivo nella mente i momenti passati
insieme e me ne rallegro, almeno ho questo.
Non avere una vita piena di rimpianti,
Jane, è la cosa più brutta che possa esserci.
Ti amo, ora e sempre.
Eternamente tuo,
Robert
Con
la lettera in una mano e il mazzo di fiori nell’altra, mi diressi verso il
cimitero a passo incerto e con il viso pieno di lacrime.
Non
vedevo dove andavo, ma il cuore sembrava sapere dove ero diretta.
Arrivai
davanti a una lapide bianca con gli intarsi in bronzo e mi bloccai. Era la
prima volta che andavo dal funerale, fu in quel momento che mi resi conto
quanto si dovesse essere sentito solo in quegli anni: non aveva una moglie, né
figli. Se avessi letto prima la lettera che tenevo in mano, avrei capito il
motivo, ma lo facevo solo in quel momento.
Appoggiai
il mazzo di orchidee bianche per l’uomo che mi aveva rubato il cuore, ma che se
n’era andato troppo presto. Mi aveva regalato un mazzo di quei fiori ad ogni
nuova lettera per tre anni, quando si trovava in Africa, e avrei voluto che il
tempo non le sciupasse mai. Diceva che le orchidee un uomo le regala a quella
donna che ha la capacità di rubargli il cuore e farsi amare, per sempre. Era
quello che aveva fatto.
Rimasi
in ginocchio e toccai la lapide.
«Robert,
vita mia, vivrò per sempre col rimpianto di non aver avuto il coraggio di
amarti liberamente, nonostante tutto. Il mio cuore è sempre stato solo tuo.»
Mi
pentii di molte cose in pochi istanti, una più di tutte: non aver avuto il
coraggio di seguire il mio cuore e lasciare tutto. Capita a pochi fortunati di
incontrare l’amore vero ed io ero tra quelli, ma ero stata così stupida ad
averlo lasciato andare via.
Avrei
vissuto il resto dei miei giorni pieni di rimpianti perché, lo comprendevo solo
in quel momento, vivere una vita senza Amore è come esistere a metà.