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Autore: Alice_Slytherin    19/08/2014    7 recensioni
Autore originale (inglese): Bex-Chan, presso il sito fanfiction.net
Draco non può andarsene dalla stanza. La stanza di lei. Ed è tutta colpa dell'Ordine. Confinato in uno spazio minuscolo con solo la Mezzosangue come compagnia. Qualcosa andrà storto. Magari la sua sanità mentale, magari no.
"Ecco" sbottò lei "Ora anche il tuo sangue è sporco!". DM/HG. Eventi successivi al "Principe Mezzosangue".
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He can't leave the room. Her room. And it's all the Order's fault. Confined to a small space with only the Mudblood for company, something's going to give. Maybe his sanity. Maybe not. "There," she spat. "Now your Blood's filthy too!" DM/HG. PostHBP.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VII libro alternativo
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Chapter 17: Stelle.

 

Hermione si stiracchiò sotto le coperte non appena il suono della sveglia cacciò via l’ultimo secondo di un piacevole sogno mattutino. La nottata appena passata insieme a Draco era stata, se possibile, ancora meglio della precedente; il suo atteggiamento paziente e generoso si era mostrato ancora una volta, anche se lievemente coperto da un nuovo lato del suo carattere che non aveva mai visto prima, una certa nonchalance nei movimenti e nell’espressione del viso, che lo facevano sembrare concentrato ma, allo stesso modo, estremamente rilassato. Hermione non aveva perso la notevole quantità di nervosismo della loro prima volta insieme, ma il secondo tentativo e la presenza della cascata scrosciante della doccia avevano decisamente contribuito a rilassarla quanto bastava per godersi il momento.

Avvolgi le gambe attorno alla mia vita.

I muscoli di Hermione si contrassero al ricordo dei suoi baci e del borbottio delle sue labbra a contatto con la pelle del suo collo che la cullarono in uno stato di pace, peccaminosa, certo, ma comunque sicura. Aveva lasciato che Draco la spingesse contro le piastrelle umide del bagno, facendo crescere quel calore pulsante nel suo stomaco, in mezzo a profumo di bagnoschiuma fruttato e l’eco dello scrusciare della doccia. Si era abbandonata a sospiri e mormorii, proprio come la prima volta, e poi si erano entrambi trascinati nella sua stanza, senza interrompere il contatto tra i loro corpi.

Granger…

Dopo che entrambi ebbero rilasciato il loro sospiro finale, Hermione si ritrovò ad osservarlo affascinata, notando i lineamenti del suo volto morbidi e rilassati solo per quei brevissimi secondi. L’aveva studiato intensamente e aveva deciso in segreto che non era mai stato così bello prima d’ora, e quella considerazione le fece venir voglia di lasciarli un ultimo lieve bacio sulle labbra prima di addormentarsi. Ora le sue lenzuola erano ancora umide di sudore e del bagnoschiuma rimanente sui loro corpi, e anche se sapeva che il posto accanto a lei era vuoto, diede una sbirciatina socchiudendo appena le ciglia, solo per controllare.

L’aveva lasciata da sola ma…andava bene.

La sera prima era venuto da lei di sua spontanea volontà, e questo significava abbastanza per il momento. Di certo, il suo orgoglio stava subendo un colpo decisivo, ed Hermione era abbastanza saggia da sapere che gli sarebbe servito del tempo prima di adattarsi alla loro…strana situazione, proprio come stava cercando di fare lei. Ad essere completamente sincera, non sapeva che cosa sperasse di ottenere da tutto questo, ma era certa di una cosa; Draco le piaceva e le parole di Luna avevano contribuito a farla agire d’impulso con lui…

A volte la Guerra può portare a cose buone. Può insegnare alle persone ad essere fedeli alle idee che pensano essere giuste, anche se potrebbero causare dei rischi.

Hermione aveva la sensazione che il destino sarebbe andato contro di lei, ma solo per questa volta, decise di lasciare che le cose accadessero e di limitarsi a seguire il corso degli eventi. Certo, sarebbe stato molto complicato evitare di pensare troppo alla strana relazione che si era stabilita con il suo ‘ospite’, tuttavia, stava imparando a conoscerlo, e compiere decisioni affrettate o saltare troppo presto alle conclusioni si sarebbe rivelato estremamente inutile.

Un’occhiata veloce al suo orologio le ricordò che si era trattenuta a letto troppo a lungo e che era molto in ritardo, così si affrettò per cominciare la sua routine mattutina prima di arrivare all’incontro prefissato con la McGranitt. Le lezioni si erano concluse e ciò significava che la Preside avrebbe potuto cominciare a mandare a casa gli studenti per le vacanze nel modo più sicuro possibile, con l’aiuto volontario di Hermione e degli altri Professori. Sfortunatamente, ci sarebbe stato anche Michael, il che voleva dire affrontare il Caposcuola faccia a faccia dopo essere scappata via da lui senza nessuna spiegazione.

Aveva già provveduto a far circolare tra i suoi amici la scusa di un tremendo mal di stomaco quando andò a trovarli nella Sala Comune dei Grifondoro il sabato sera successivo al Ballo, e sperava che la bugia inventata fosse abbastanza credibile anche per Michael. Attraversando quei lunghi corridoi, tanto familiari quanto gelidi in quel periodo dell’anno, Hermione si fermò a controllare il suo riflesso in una delle enormi vetrate esterne, per essere sicura che qualsiasi segno lasciato da Draco fosse sparito completamente dopo aver utilizzato un veloce incantesimo prima di uscire dal dormitorio. Con passo incerto, si avviò verso l’ufficio della McGranitt.

Un colpevole rossore le invase le guance non appena udì le voci familiari della Preside, di Michael, Neville, Ginny e degli altri Prefetti. Se si era sentita in colpa dopo aver baciato Draco tempo prima, ora la paranoia la stava facendo impazzire. Sicuramente non avrebbero notato le labbra leggermente gonfie, no? E non avrebbero potuto intravedere una lieve sfumatura marroncina sul collo, dovuta ad un bacio ruvido e passionale, vero? E nemmeno…nemmeno il flebile rimasuglio di fragranza maschile che aleggiava sulla sua pelle?

Rilasciando un sospiro profondo, Hermione aprì la porta e sussultò alla vista delle circa dieci teste che si girarono istantaneamente verso di lei.

"Scusatemi, sono in ritardo," mormorò, incrociando involontariamente lo sguardo con quello di Michael. "Non ho sentito la sveglia."

“E’ tutto a posto, Hermione,” la rassicurò la McGranitt, indicandole la sedia più vicina. “Stavamo discutendo di cose di cui tu sei già a conoscenza, quindi non hai perso nulla di importante. Stavo spiegando agli altri che il primo gruppo di studenti sarà mandato verso le loro rispettive case oggi pomeriggio. Madame Maxime ha acconsentito ad aiutarci, ed arriverà nel primo pomeriggio,”

“Quanti studenti dovremmo allontanare dal castello?” chiese Neville, scribacchiando note confuse su un pezzo di pergamena. “Se devo essere io a scortarli nelle loro case, voglio essere sicuro di non dimenticare nessuno.”

“Saranno ventidue, incluso lei, signor Paciock” rispose la Preside. “Dopo averli portati fuori dai cancelli, vi raggiungeranno i cavalli di Beauxbatons e sapranno portarli al giusto indirizzo, l’hanno memorizzato più di due settimane fa”.

“A chi spetta il prossimo gruppo di Mercoledì?” chiese Ginny.

“A me,” Lee alzò la mano. “Userò il Bus Incantato, vero?”

“Credo di sì,” la McGranitt annuì. “Tutti i dettagli sono sul rotolo di pergamena che vi ho consegnato.”

“Quanti rimarranno nel castello, Professoressa?” domandò Hermione, sforzandosi di mantenere lo sguardo lontano da Michael.

“Oh, solamente un paio di persone,” rispose la Preside. “In tutto saranno meno di sei studenti.”

Hermione nascose una smorfia mentre i suoi amici continuavano a fare domande alla McGranitt, realizzando solo in quel momento che quel Natale sarebbe stato il più solitario di tutta la sua vita. Ovviamente, la colpa era solo sua; si era offerta di rimanere nel castello, causando profondo scontento da parte di Ginny, perché l’idea di passare le feste alla Tana senza Harry e senza Ron era semplicemente impensabile. E poi, con Dracon rinchiuso nel suo dormitorio, si sentiva responsabile e decisa a fare in modo che rimanesse nascosto, e che per la McGranitt fosse più facile mantere l’ordine ad Hogwarts. E la triste verità era questa; Hermione, dopotutto, era contenta di lasciare che il Natale scivolasse via come un qualsiasi altro giorno dell’anno.

Troppe cose stavano accadendo oltre le mura di quel castello sicuro, e la costante consapevolezza della situazione di enorme pericolo in cui si trovavano tutti quanti, gravava sull’atmosfera festiva come una nube densa e velenosa. L’assenza di amici e famigliari scavava ogni giorno di più un buco incurabile dentro ognuno di loro e, per Hermione, la sola, fredda, involontaria compagnia del Serpeverde suo coinquilino, la situazione non era poi tanto diversa.

“D’accordo allora,” la voce della McGranitt catapultò Hermione di nuovo nel corso della riunione. “Se poteste tutti fare in modo che gli studenti dei gruppi giusti siano pronti per le due del pomeriggio, allora non ho ulteriori istruzioni. Ci sono altre domande?”. L’unico suono che seguì su quello del lieve brusio delle ciglia di tutti i presenti, mentre si lanciavano occhiate cariche di timore e attesa.

“Siamo d’accordo. Ci vedremo più tardi, e se vedete qualcuno nei cortili, ditegli di fare attenzione alla neve. Hermione, potresti rimanere un’attimo qui, per piacere?”

"Okay," annuì nervosa, offrendo ai suoi compagni sorrisetti rassicuranti mentre uscivano tutti dal portone principale. “C’è qualche problema?”

“No, assolutamente,” la rassicurò l’anziana strega, mormorando un incantesimo silenziatore. “Volevo solo che mi raccontassi come sta andando la tua difficile convivenza col signor Malfoy?”

Merlino solo sapeva quanto autocontrollo stesse cercando di esercitare Hermione per evitare di arrossire. “Bene,” con un po’ di eccessiva rigidità, riuscì a rispondere alla domanda in tono serio. “Penso che si sia…calmato un po’.”

“Quindi è tranquillo, ora?” la McGranitt la pressò ancora. “Ha smesso di essere ostile e scontroso?”

"No…non è ostile," Hermione mormorò, distante mille chilometri dalla scena, con la mente che fluttuava ancora tra i loro sospiri concitati nella notte e i suoi baci delicati come l’aria. "E’…è migliorato. Penso che ci siamo entrambi abituati l’uno alla presenza dell’altro."

"Molto bene," annuì. "Volevo ringraziarti ancora per aver acconsentito a rimanere durante le vacanze. La signorina Lovegood non è sicura a tal proposito e non vorrei che ti sentissi sola, con tutti i tuoi amici più cari lontani da Hogwarts—

"E’ tutto ok," la giovane strega alzò le spalle, ostentando una finta serenità. “E’ un giorno come un altro, no? Oltretutto, Hogwarts è sempre stata come una casa per me, perciò…E’ solo un po’ diverso perché Ron e Harry non sono qui.”

“So che la tua attuale organizzazione non è l’ideale come posto per vivere,” la Preside continuò, con tono pensieroso. “Per questo volevo che tu sapessi che sarai la benvenuta, se deciderai di unirti allo staff e al corpo docenti durante la celebrazione—

“Grazie per l’offerta, Professoressa,” Hermione la interruppe prima che potesse cambiare idea. “Ma penso che starò nel mio dormitorio e farò in modo che tutto proceda normalmente.”

"Non ti infastidisce il pensiero di passare la giornata sola col signor Malfoy?" la McGranitt alzò un sopracciglio, perplessa.

"Voglio solo che sia come un giorno qualsiasi," rispose Hermione, cercando di mantenere neutrali i muscoli del viso. “E poi non sarebbe…giusto lasciare Draco completamente solo il giorno di Natale. Deve sentirsi abbastanza solo così com’è.”

Minerva si sporse in avanti sulla scrivania, con un curioso interesse nello sguardo. “Ti stai…ammorbidendo nei suoi confronti?”

“Io— io dico solo che…” Hermione si bloccò, rendendosi conto di aver fatto trapelare più del necessario dalle sue parole. “Lo comprendo un po’ meglio ora, e dubito che lasciarlo da solo gli farà bene vista la sua…situazione mentale.”

“Suppongo di no,” la McGranitt annuì con tono scettico. “Comunque, se cambierai idea, saremo lieti di accoglierti.”

"La ringrazio,” rispose Hermione, alzandosi. “Arrivederci, Professoressa.”

Con un sorriso e un breve cenno della mano in risposta, Hermione scivolò fuori dall’ufficio, facendosi un appunto mentale di fare attenzione a come parlava di Draco davanti alla Preside. Attraversando il primo corridoio, si lasciò sfuggire un sospiro, ma le rimase impigliato in gola quando sentì una presa mascolina e decisa sulla sua spalla sinistra.

"Michael," biascicò lei, riconoscendo la coppia di occhi marrone scuro che la stavano osservando con ansia in quell momento. “Mi hai spaventata.”

“Mi dispiace,” mormorò lui, in evidente imbarazzo. “Speravo che potessimo parlare di quello che è successo…al Ballo.”

"Ah sì," annuì con aria assente. "Certo, sicuro, io…ehm—

"Magari potremmo discuterne nel tuo dormitorio?"

"Veramente avrei preferito fare un giro," si affrettò a ribattere Hermione. “Possiamo parlare e camminare. Non ho voglia di rinchiudermi nella mia stanza oggi.”

“Ok,” Michael annuì, svoltando insieme a lei verso un lato del portico del giardino interno. “Quindi—

“Mi dispiace davvero moltissimo,” sputò fuori Hermione. “Di averti lasciato lì come ho fatto. Non mi sentivo molto bene—

“Va tutto bene, Hermione,” Michael abbassò lo sguardo a terra. “Non c’è bisogno che tu menta. So che stavi pensando a lui e che—

“A lui?” ripetè lei. “Io—

"Ron," aggiunse Michael con sicurezza. “Mi dispiace, non immaginavo che le cose fossero serie tra di voi, ma Ginny mi ha spiegato tutto.”

“Capisco,” rispose Hermione, a disagio, cercando di mettere a tacere un’improvvisa ondata di senso di colpa che le si era fatta strada in fondo allo stomaco. “Beh…insomma, Io—

“Non voglio che le cose si complichino tra di noi,” la interruppe, voltando a destra verso il corridoio che portava alla Biblioteca. “Ti considero un’amica, e non vorrei che—

“Mi piacerebbe essere amici,” gli rispose onestamente Hermione. “E mi dispiace di non aver reso la mia relazione con…Ron più chiara. E’ complicato, con lui lontano e in pericolo…la Guerra in atto e tutto il resto.”

"E’ tutto a posto," Michael annuì. "Vuoi che ti accompagni al dormitorio?"

"Credo che rimarrò un pò in Biblioteca," rispose lei. "Devo completare alcune faccende, ti ringrazio. Ci vedremo poi per la partenza del primo gruppo di studenti."

 


 

Draco fissava in silenzio un punto imprecisato al di là della finestra, incantato dall’immutata cascata di neve che stava inondando ogni cosa inclusa nel suo raggio visivo.

Non era mai stato un fan della neve, ma dopo aver passato settimane e settimane a guardare lo stesso panorama, dalla stessa finestra, della stessa stanza, doveva ammettere che il paesaggio bianco e immacolato che gli si presentava dinanzi era particolarmente pittoresco.

La prigionia gli stava facendo dimenticare cosa significasse stare all’aria aperta, respirare aria sempre nuova, far scorrere i piedi tra i ciuffi d’erba…e tutto questo cominciava a mancargli sul serio.

Aveva sentito la Granger uscire dalla stanza più di un’ora prima, eppure lei era ancora lì. Il suo profumo aleggiava nell’aria tanto che, se chiudeva gli occhi per un secondo, poteva quasi sentire il suo sapore sulle labbra. Draco si chiese da quando la sua essenza si fosse tramutata da un fastidio ad un impellente bisogno.

Nonostante le promesse fatte a se stesso che il farsi la Granger sarebbe stato un incidente irripetibile, si era già rassegnato al fatto che in realtà non ci avrebbe pensato due volte all’idea di farlo ancora, e ancora, e ancora, finchè il suo malato, disperato bisogno non fosse svanito come fumo al vento.

Se fosse mai riuscito a svanire.

Almeno era riuscito a svegliarsi prima di lei stavolta. Ogni uomo rispettabile sapeva che trattenersi, una volta concluso un rapporto amoroso, equivaleva ad ammettere che ci fosse qualcosa di più profondo nell’aria piuttosto che una semplicissima turbolenza fisica sotto le lenzuola, e si sarebbe cruciato da solo prima che una cosa del genere potesse anche solo venirgli in mente.

Solo per una notte…

Quell’insignificante teoria era ovviamente andata a farsi fottere, dopo la sua brillante idea di svicolare all’interno della routine mattutina della Granger, nel suo bagno, dentro la sua doccia, in mezzo al suo bagnoschiuma.

Avrebbe potuto domandarsi il perchè di quella sua costante ricerca di intimità con la Granger, ricevendo in dono una bella dose di emicrania per il tentative, ma non sembrava esserci alcun motivo urgente per sforzarsi di capire i ragionamenti della sua mente così debolmente attiva. Sapendo che si sarebbe presto pentito per questo, aveva deciso di mettere in pratica un precedente consiglio della Granger, limitandosi a fare ciò che gli sembrava giusto fare nell’esatto momento in cui gli veniva in mente.

Oltretutto, non c’era anima viva lì che potesse giudicarlo o deridere le sue azioni, e quando l’unico aspetto piacevole del suo isolamento era anche l’unica persona che stuzzicava i suoi sensi in maniera così deliziosamente insistente e gli faceva scorrere il sangue in tutto il corpo diecimila volte più forte del normale, allora rifiutare il desiderio impellente di toccarla non era assolutamente un’opzione.

Se tutto questo si poteva definire pazzia, allora tutte le storie udite sulla felicità derivante della pazzia finalmente cominciavano ad avere un senso.

 


 

Dopo aver passato qualche ora immersa tra infiniti libri e testi proibiti riguardanti gli Horcrux, Hermione salutò Neville e gli altri, prima che lasciassero Hogwarts come prestabilito dalla Preside. C’era stato un leggero ritardo a causa di un ragazzino del quinto anno che si era addormentato e non si era presentato in tempo, e quando riuscirono a partire, il cupo, cielo invernale si era esteso verso le colline innevate in lontananza.

Hermione era rimasta a gironzolare per il cortile per un paio d’ore, rilassandosi al suono delle foglie scricchiolanti sotto la neve mentre passava. Si inginocchiò per tracciare con le dita una piccola spirale in mezzo alla superficie polverosa e gelata, senza curarsi del freddo che le stava immobilizzando la mano.

Creò un incantesimo scaldante tutto intorno a lei e si posizionò sul tronco di un pino appena tagliato, ad osservare il cielo limpido. Adorava le notti come quella; senza il minimo accenno di nuvole, e con diecimila stelle spruzzate qua e la come lentiggini immacolate su sfondo nero.

Cominciò quasi incosciamente a contarle nella mente, trovando senza fatica la costellazione Lyra, assieme alla stella lucente, Vega. Il suo sguardo studioso si spostò istintivamente su Draco, seguendo il serpentino cambiamento di angolazione di ogni stella appartenente a quella lunga catena. Sembrava quasi che quei minuscoli puntini le stessero facendo l’occhiolino e lei le fissò di rimando, per qualche secondo, apprezzandone la bellezza e la complessità. Infine, quasi per risvegliarsi dall’inappropriata estasi con cui si era fissata ad osservare un paio di inutili stelle, si alzò, decidendo che fosse diventato troppo buio per stare da sola.

Di nuovo nelle sicure stanze del castello, si diresse verso il dormitorio; distratta dalla preoccupazione, al pensiero del suo imminente incontro con il compagno Serpeverde, dopo aver passato due notti sotto il suo sortilegio. Hermione sorpassò le cucine senza badarci molto, quando un deciso strattone ai suoi pantaloni la risvegliò dai suoi pensieri.

"Per Merlino!" scattò lei, portantosi una mano al petto e voltandosi come una trottola. “Ma che— oh, scusa Dobby. Mi hai fatto prendere uno spavento bello grosso!”

“Dobby è davvero dispiaciuto, Miss,” si scusò il piccolo elfo ai suoi piedi. “Dobby vi stava cercando! Dobby ha un regalo per lei!”

“Un regalo?” Hermione ripetè con la fronte aggrottata. “Non c’era bisogno che mi regalassi qualcosa, Dobby.”

“E’ un albero di Natale!” l’elfo squittì con decisione, rimuovendo un piccolo incarto dalle pieghe della federa che usava come abito. “Dobby è riuscito a salvarne uno per lei, Miss! E’ carino! Miss, dovrà usare l’incantesimo Finite Incantatem per farlo crescere nella sua forma definitiva.”

Hermione gli offrì un sorriso lieve. “E’ stato molto dolce dac parte tua Dobby!” gli disse. “Ma non penso che metterò su un albero di Natale quest’anno. Magari potresti darlo ad uno dei professori—

"Miss deve avere un albero!" protestò lui con entusiasmo sfrenato, spingendole il pacchetto tra le mani. "Miss ha bisogno di un albero per Natale!"

Hermione finì per accettare il regalo, decidendo che litigare con l’elfo sarebbe stato scortese e inutile. “Grazie, Dobby,” annuì e gli diede un’amichevole colpetto sulla spalla. “E’ stato molto, molto gentile da parte tua!”

"Miss, non si preoccupi!" le rispose, raggiante. "Dobby deve andare adesso, deve aiutare Winky a pulire!"

Con uno schiocco di dita, scomparve, lasciando Hermione sola ad osservare il minuscolo pacchetto di carta dorata nella sua mano.

Una volta arrivata nel dormitorio, pensò di lasciare il dono sul tavolino del salotto così com’era, ma sembrava una cosa crudele da fare, dopo tutto il tempo che Dobby aveva sottratto al suo lavoro solo per renderle piacevole questo triste Natale. Cercando di non fissare troppo insistentemente la porta della stanza di Draco, appoggiò la piantina in un angolo vuoto del salotto, facendo qualche passo all’indietro prima di pronunciare l’incantesimo.

Dopo un secondo di apparente immobilità, davanti ai suoi occhi si erse un tronco solido e ben piantato dentro un vaso di creta resistente, che nel frattempo si era triplicato. Centinaia,migliaia di aghi di pino verdi e lucenti si estesero tra i rami che fuoriuscivano dal tronco come fatti di gomma flessibile. Una volta completata la trasformazione, il pino era diventato alto quasi tre metri, e profumava di quella zuccherosa felicità che si collega ai festeggiamenti in famiglia, rendendo quella stanza solitaria, un luogo quasi familiare.

Hermione strinse ancora una volta la bacchetta per decorare il pino, ma all’ultimo momento, esitò. Abbassò il braccio e si diresse verso la camera da letto, inginocchiandosi davanti ad un grosso baule nascosto dietro la porta. Rovistandoci dentro, trovò il sacchetto di decorazioni Natalizie rosse ed oro che sua madre le aveva lasciato prima del suo ritorno ad Hogwarts a Settembre. Alla vista di quelle palline colorate, qualcosa nel suo petto si contorse e pensò a quanto le mancassero i suoi genitori. Per evitare di soppesare quel pensiero più del dovuto, si spostò in salotto con tutto il materiale e cominciò a spargere assentemente le decorazioni sul pavimento.

Fu così che Draco la trovò quando entrò nella stanza; con i suoi grandi occhi marroni che fissavano un’ornamento a forma di fiocco di neve come se neanche lo vedesse, come se il suo sguardo fosse lontano anni luce. Alzò un sopracciglio, inevitabilmente incuriosito e fece qualche passo verso di lei, fermandosi a due centimetri di distanza dalla sua schiena, infastidito dal fatto che non si fosse minimamente accorta della sua presenza.

"Perchè non usi un incantesimo per metterle su?" le chiese, rompendo il silenzio. "Stai solo perdendo tempo ed energia inutile."

La sentì trattenere un sospiro, mentre poggiava su un rametto l’ornamento che teneva in mano. "Mi piace farlo in questo modo," gli rispose. "Mi ricorda quando stavo a casa mia."

"E questi addobbi rossi e oro?" commentò con ironia. "Com’è prevedibile, Granger."

"Non c’entrano nulla con i colori Grifondoro," replicò lei, senza alcun tipo di reazione. "In famiglia abbiamo sempre messo queste decorazioni sull’albero. Ho sempre pensato che il rosso, l’oro e il verde stessero benissimo insieme."

Draco pensò di ribattere solo per principio, ma puntando lo sguardo sulle spalle incurvate della Granger, cambiò idea. Alzando mentalmente gli occhi al cielo a se stesso per la sensibilità che stava crescendo in lui ogni giorno di più, si limitò a sedere sul divano e a fissarla attentamente; sentiva già il famigliare bisogno di toccarla farsi strada nel suo stomaco.

"Esattamente quanti giorni mancano al Natale?" le chiese.

"Oggi è il quattordici Dicembre," mormorò Hermione. "Undici giorni."

Draco si schiarì la gola. "E tu rimarrai qui?"

"Sì," Hermione annuì e continuò a lavorare sull’albero. "Era l’opzione più sicura."

"Avrei pensato che fossi una specie di maniaca delle festività, Granger," ammise in tono pacato. "Ma ora sembri…indifferente."

"Non ci sono molti motivi per festeggiare quest’anno," sospirò, voltandosi verso di lui. "Vorresti qualcosa per Natale?"

Draco strinse gli occhi pensieroso. "Libertà da quest’orribile buco?"

"Sai che non puoi—

"Allora no," grugnì Draco, giocherellando con un filo uscente dai pantaloni. "Ma se non ti importa nulla del Natale, perchè preoccuparsi di addobbare un’albero?"

"Me l’hanno regalato," rispose Hermione. "Se cambi idea per qualsiasi ragione, io andrò ad Hogsmeade tra pochi giorni—

"Non ho bisogno di nulla," affermò con decisione. "Se dovrò passare la vigilia in questa prigione, allora preferisco evitare del tutto la faccenda."

Hermione annuì. "Va bene, allora."

Un silenzio malinconico scivolo tra loro mentre Hermione posizionava le ultime decorazioni rimaste e Draco fissava un punto imprecisato della sua spalla, seduto sul divano. Quando Hermione finì, si sporse per alzare il sacchetto, e una stella cadde a terra. La decorazione essenziale che non poteva mancare in cima all’albero. Si inginocchiò per esaminare il complicato disegno tracciato su quella bellissima superficie dorata, stringendo l’oggetto come se contenesse la vita stessa dei suoi genitori, e così facendo, non potesse scapparle via.

"Mio padre metteva sempre la stella su in cima," Hermione mormorò, senza neanche essere sicura che Draco la stesse ascoltando. "Era sempre qualcosa che faceva l’uomo di casa. Una tradizione, capisci?"

Diede un’occhiata oltre le sue spalle, notando il suo compagno che la fissava con un’intensità piena di pensieri e di malinconia. Dopo qualche momento, Draco espirò e scosse lievemente la testa, come se fosse in conflitto con se stesso, prima di riallacciare il contatto visivo con lei, prova che lui capiva sul serio ciò che Hermione intendeva.

“Abbiamo la stessa tradizione.” Confessò, reclutante.

Hermione ignorò il nervoso in fondo alla gola ed estese il braccio verso di lui, offrendogli la stella. “Penso che debba toccare a te adesso,” disse. “Pronto a fare gli onori di casa?”

Draco ignorò l’oggetto luccicante nella sua mano con tutta la forza di volontà possibile. “Questa non è una casa, Granger.”

“E’ la cosa più vicina ad una casa che possediamo in questo momento,” rispose tristemente. “E poi io non ci arriv—

"Non metterò quella dannata stella sull’albero," concluse lui. "Lascia stare, Granger."

Hermione abbassò lo sguardo, delusa, poggiando la decorazione sul tavolino. “Draco, stavo pensando…

"Che novità!” scherzò lui.

"Non dovremmo..” abbassò il tono, incerta. "Non dovremmo parlare della nostra…situazione?"

"No," rispose all’istante Draco. "Parlarne non farà nessuna differenza—

"Ma io—

"Lasciamo che le cose vadano come vadano, Granger," si affrettò a rispondere lui, con voce tesa. "Non eri tu che dicevi che dovevamo solo lasciare che il tempo faccia la sua parte?"

I suoi occhi si spalancarono al ricordo delle sue parole. "Penso di sì, ma—

"Allora ti suggerisco di prendere una pagina dal tuo stesso libro," mormorò; i suoi occhi gli caddero sui piedi. "Ho reso chiara la mia decisione ieri notte, e non voglio discuterne ancora.”

Hermione si morse il labbro inferiore, realizzando che avrebbe voluto passare la notte con lui, soprattutto per la malinconia che aveva sovrastato l’intera giornata e la distanza tra di loro. Prese un respiro profondo e cercò di accumulare un po’ di quel coraggio da Grifondoro che sembrava sempre mancarle quando Draco era nei dintorni.

"Penso che andrò a dormire," gli disse con voce tremula. "Tu—…tu vieni?"

Draco non riuscì a trattere un’espressione sorpresa, ma si riprese quasi all’istante. "No," rispose, ed Hermione dovette controllarsi da morire per non mostrare alcuna reazione.

"Okay," rispose, dirigendosi verso la sua camera con passo incerto. "Buonanotte allora."

"Granger," Draco la chiamò poco prima che chiudesse la porta. Strinse per un attimo gli occhi e si portò non tanto casualmente la mano sulla punta del naso, grattandosi sovrappensiero. “Lascia la porta aperta… Potrei cambiare idea.”

Il viso di Hermione si espanse in un sorriso, nascosto quasi interamente dallo stipite della porta. Quando scomparve nel buio della sua stanza, Draco si ritrovò da solo in salotto, a fissare l’opera incompleta della Granger. Rimase fermo per un lunghissimo minuto; con la testa che gli esplodeva, spruzzando nozioni conflittuali in ogni parte. Il suo sguardo scivolò sul tavolino. Un grugnito crebbe nella sua gola prima che si alzasse per prendere la stella e marciasse verso l’albero. Senza alcuno sforzo, allungò il braccio e il lavoro della Granger fu finalmente completo.

Fece un passo indietro per dargli un’occhiata critica, ammettendo tra sé e sé che il rosso, l’oro e il verde stavano davvero bene insieme.

Con un’ultimo grugnito di resa, si voltò e prese a marciare con passo deciso, senza nessuna intenzione di dirigersi verso la propria stanza.

   
 
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