Chapter
17: Stelle.
Hermione
si stiracchiò
sotto le coperte non appena il suono della sveglia cacciò
via l’ultimo secondo
di un piacevole sogno mattutino. La nottata appena passata insieme a
Draco era
stata, se possibile, ancora meglio della precedente; il suo
atteggiamento paziente
e generoso si era mostrato ancora una volta, anche se lievemente
coperto da un
nuovo lato del suo carattere che non aveva mai visto prima, una certa
nonchalance nei movimenti e nell’espressione del viso, che lo
facevano sembrare
concentrato ma, allo stesso modo, estremamente rilassato. Hermione non
aveva
perso la notevole quantità di nervosismo della loro prima
volta insieme, ma il
secondo tentativo e la presenza della cascata scrosciante della doccia
avevano
decisamente contribuito a rilassarla quanto bastava per godersi il
momento.
Avvolgi
le gambe attorno alla mia vita.
I
muscoli di Hermione si
contrassero al ricordo dei suoi baci e del borbottio delle sue labbra a
contatto
con la pelle del suo collo che la cullarono in uno stato di pace,
peccaminosa,
certo, ma comunque sicura. Aveva lasciato che Draco la spingesse contro
le
piastrelle umide del bagno, facendo crescere quel calore pulsante nel
suo
stomaco, in mezzo a profumo di bagnoschiuma fruttato e l’eco
dello scrusciare
della doccia. Si era abbandonata a sospiri e mormorii, proprio come la
prima
volta, e poi si erano entrambi trascinati nella sua stanza, senza
interrompere
il contatto tra i loro corpi.
Granger…
Dopo
che entrambi ebbero
rilasciato il loro sospiro finale, Hermione si ritrovò ad
osservarlo
affascinata, notando i lineamenti del suo volto morbidi e rilassati
solo per
quei brevissimi secondi. L’aveva studiato intensamente e
aveva deciso in
segreto che non era mai stato così bello prima
d’ora, e quella considerazione
le fece venir voglia di lasciarli un ultimo lieve bacio sulle labbra
prima di
addormentarsi. Ora le sue lenzuola erano ancora umide di sudore e del
bagnoschiuma rimanente sui loro corpi, e anche se sapeva che il posto
accanto a
lei era vuoto, diede una sbirciatina socchiudendo appena le ciglia,
solo per
controllare.
L’aveva
lasciata da sola
ma…andava bene.
La
sera prima era venuto
da lei di sua spontanea volontà, e questo significava
abbastanza per il
momento. Di certo, il suo orgoglio stava subendo un colpo decisivo, ed
Hermione
era abbastanza saggia da sapere che gli sarebbe servito del tempo prima
di
adattarsi alla loro…strana situazione, proprio come stava
cercando di fare lei.
Ad essere completamente sincera, non sapeva che cosa sperasse di
ottenere da
tutto questo, ma era certa di una cosa; Draco le piaceva e le parole di
Luna
avevano contribuito a farla agire d’impulso con
lui…
A
volte la Guerra può portare a cose buone. Può
insegnare alle persone ad essere
fedeli alle idee che pensano essere giuste, anche se potrebbero causare
dei
rischi.
Hermione
aveva la sensazione che il destino sarebbe andato contro di lei, ma
solo per
questa volta, decise di lasciare che le cose accadessero e di limitarsi
a
seguire il corso degli eventi. Certo, sarebbe stato molto complicato
evitare di
pensare troppo alla strana relazione che si era stabilita con il suo
‘ospite’,
tuttavia, stava imparando a conoscerlo, e compiere decisioni affrettate
o
saltare troppo presto alle conclusioni si sarebbe rivelato estremamente
inutile.
Un’occhiata
veloce al suo orologio le ricordò che si era trattenuta a
letto troppo a lungo
e che era molto in ritardo, così si affrettò per
cominciare la sua routine
mattutina prima di arrivare all’incontro prefissato con la
McGranitt. Le
lezioni si erano concluse e ciò significava che la Preside
avrebbe potuto
cominciare a mandare a casa gli studenti per le vacanze nel modo
più sicuro
possibile, con l’aiuto volontario di Hermione e degli altri
Professori.
Sfortunatamente, ci sarebbe stato anche Michael, il che voleva dire
affrontare
il Caposcuola faccia a faccia dopo essere scappata via da lui senza
nessuna
spiegazione.
Aveva
già provveduto a
far circolare tra i suoi amici la scusa di un tremendo mal di stomaco
quando
andò a trovarli nella Sala Comune dei Grifondoro il sabato
sera successivo al
Ballo, e sperava che la bugia inventata fosse abbastanza credibile
anche per
Michael. Attraversando quei lunghi corridoi, tanto familiari quanto
gelidi in
quel periodo dell’anno, Hermione si fermò a
controllare il suo riflesso in una delle
enormi vetrate esterne, per essere sicura che qualsiasi segno lasciato
da Draco
fosse sparito completamente dopo aver utilizzato un veloce incantesimo
prima di
uscire dal dormitorio. Con passo incerto, si avviò verso
l’ufficio della
McGranitt.
Un
colpevole rossore le invase le guance non appena udì le voci
familiari
della Preside, di Michael, Neville, Ginny e degli altri Prefetti. Se si
era
sentita in colpa dopo aver baciato Draco tempo prima, ora la paranoia
la stava
facendo impazzire. Sicuramente non avrebbero notato le labbra
leggermente
gonfie, no? E non avrebbero potuto intravedere una lieve sfumatura
marroncina
sul collo, dovuta ad un bacio ruvido e passionale, vero? E
nemmeno…nemmeno il
flebile rimasuglio di fragranza maschile che aleggiava sulla sua pelle?
Rilasciando
un sospiro
profondo, Hermione aprì la porta e sussultò alla
vista delle circa dieci teste
che si girarono istantaneamente verso di lei.
"Scusatemi,
sono in
ritardo," mormorò, incrociando involontariamente lo sguardo
con quello di
Michael. "Non ho sentito la sveglia."
“E’
tutto a posto,
Hermione,” la rassicurò la McGranitt, indicandole
la sedia più vicina. “Stavamo
discutendo di cose di cui tu sei già a conoscenza, quindi
non hai perso nulla
di importante. Stavo spiegando agli altri che il primo gruppo di
studenti sarà
mandato verso le loro rispettive case oggi pomeriggio. Madame Maxime ha
acconsentito ad aiutarci, ed arriverà nel primo
pomeriggio,”
“Quanti
studenti
dovremmo allontanare dal castello?” chiese Neville,
scribacchiando note confuse
su un pezzo di pergamena. “Se devo essere io a scortarli
nelle loro case,
voglio essere sicuro di non dimenticare nessuno.”
“Saranno
ventidue,
incluso lei, signor Paciock” rispose la Preside.
“Dopo averli portati fuori dai
cancelli, vi raggiungeranno i cavalli di Beauxbatons e sapranno
portarli al
giusto indirizzo, l’hanno memorizzato più di due
settimane fa”.
“A
chi spetta il
prossimo gruppo di Mercoledì?” chiese Ginny.
“A
me,” Lee alzò la
mano. “Userò il Bus Incantato, vero?”
“Credo
di sì,” la McGranitt
annuì. “Tutti i dettagli sono sul rotolo di
pergamena che vi ho consegnato.”
“Quanti
rimarranno nel
castello, Professoressa?” domandò Hermione,
sforzandosi di mantenere lo sguardo
lontano da Michael.
“Oh,
solamente un paio
di persone,” rispose la Preside. “In tutto saranno
meno di sei studenti.”
Hermione
nascose una
smorfia mentre i suoi amici continuavano a fare domande alla McGranitt,
realizzando solo in quel momento che quel Natale sarebbe stato il
più solitario
di tutta la sua vita. Ovviamente, la colpa era solo sua; si era offerta
di
rimanere nel castello, causando profondo scontento da parte di Ginny,
perché
l’idea di passare le feste alla Tana senza Harry e senza Ron
era semplicemente
impensabile. E poi, con Dracon rinchiuso nel suo dormitorio, si sentiva
responsabile e decisa a fare in modo che rimanesse nascosto, e che per
la
McGranitt fosse più facile mantere l’ordine ad
Hogwarts. E la triste verità era
questa; Hermione, dopotutto, era contenta di lasciare che il Natale
scivolasse
via come un qualsiasi altro giorno dell’anno.
Troppe
cose stavano
accadendo oltre le mura di quel castello sicuro, e la costante
consapevolezza
della situazione di enorme pericolo in cui si trovavano tutti quanti,
gravava
sull’atmosfera festiva come una nube densa e velenosa.
L’assenza di amici e
famigliari scavava ogni giorno di più un buco incurabile
dentro ognuno di loro
e, per Hermione, la sola, fredda, involontaria compagnia del Serpeverde
suo
coinquilino, la situazione non era poi tanto diversa.
“D’accordo
allora,” la
voce della McGranitt catapultò Hermione di nuovo nel corso
della riunione. “Se
poteste tutti fare in modo che gli studenti dei gruppi giusti siano
pronti per
le due del pomeriggio, allora non ho ulteriori istruzioni. Ci sono
altre
domande?”. L’unico suono che seguì su
quello del lieve brusio delle ciglia di
tutti i presenti, mentre si lanciavano occhiate cariche di timore e
attesa.
“Siamo
d’accordo. Ci
vedremo più tardi, e se vedete qualcuno nei cortili, ditegli
di fare attenzione
alla neve. Hermione, potresti rimanere un’attimo qui, per
piacere?”
"Okay,"
annuì
nervosa, offrendo ai suoi compagni sorrisetti rassicuranti mentre
uscivano
tutti dal portone principale. “C’è
qualche problema?”
“No,
assolutamente,” la
rassicurò l’anziana strega, mormorando un
incantesimo silenziatore. “Volevo
solo che mi raccontassi come sta andando la tua difficile convivenza
col signor
Malfoy?”
Merlino
solo sapeva
quanto autocontrollo stesse cercando di esercitare Hermione per evitare
di
arrossire. “Bene,” con un po’ di
eccessiva rigidità, riuscì a rispondere alla
domanda in tono serio. “Penso che si sia…calmato
un po’.”
“Quindi
è tranquillo,
ora?” la McGranitt la pressò ancora. “Ha
smesso di essere ostile e scontroso?”
"No…non
è ostile,"
Hermione mormorò, distante mille chilometri dalla scena, con
la mente che
fluttuava ancora tra i loro sospiri concitati nella notte e i suoi baci
delicati come l’aria. "E’…è
migliorato. Penso che ci siamo entrambi
abituati l’uno alla presenza dell’altro."
"Molto
bene," annuì.
"Volevo ringraziarti ancora per aver acconsentito a rimanere durante le
vacanze. La signorina Lovegood non è sicura a tal proposito
e non vorrei che ti
sentissi sola, con tutti i tuoi amici più cari lontani da
Hogwarts—
"E’
tutto ok,"
la giovane strega alzò le spalle, ostentando una finta
serenità. “E’ un giorno
come un altro, no? Oltretutto, Hogwarts è sempre stata come
una casa per me,
perciò…E’ solo un po’ diverso
perché Ron e Harry non sono qui.”
“So
che la tua attuale
organizzazione non è l’ideale come posto per
vivere,” la Preside continuò, con
tono pensieroso. “Per questo volevo che tu sapessi che sarai
la benvenuta, se
deciderai di unirti allo staff e al corpo docenti durante la
celebrazione—
“Grazie
per l’offerta,
Professoressa,” Hermione la interruppe prima che potesse
cambiare idea. “Ma
penso che starò nel mio dormitorio e farò in modo
che tutto proceda
normalmente.”
"Non
ti
infastidisce il pensiero di passare la giornata sola col signor
Malfoy?" la
McGranitt alzò un sopracciglio, perplessa.
"Voglio
solo che
sia come un giorno qualsiasi," rispose Hermione, cercando di mantenere
neutrali i muscoli del viso. “E poi non
sarebbe…giusto lasciare Draco
completamente solo il giorno di Natale. Deve sentirsi abbastanza solo
così
com’è.”
Minerva
si sporse in
avanti sulla scrivania, con un curioso interesse nello sguardo.
“Ti
stai…ammorbidendo nei suoi confronti?”
“Io—
io dico solo che…”
Hermione si bloccò, rendendosi conto di aver fatto trapelare
più del necessario
dalle sue parole. “Lo comprendo un po’ meglio ora,
e dubito che lasciarlo da
solo gli farà bene vista la sua…situazione
mentale.”
“Suppongo
di no,” la
McGranitt annuì con tono scettico. “Comunque, se
cambierai idea, saremo lieti
di accoglierti.”
"La
ringrazio,”
rispose Hermione, alzandosi. “Arrivederci,
Professoressa.”
Con
un sorriso e un
breve cenno della mano in risposta, Hermione scivolò fuori
dall’ufficio,
facendosi un appunto mentale di fare attenzione a come parlava di Draco
davanti
alla Preside. Attraversando il primo corridoio, si lasciò
sfuggire un sospiro,
ma le rimase impigliato in gola quando sentì una presa
mascolina e decisa sulla
sua spalla sinistra.
"Michael,"
biascicò
lei, riconoscendo la coppia di occhi marrone scuro che la stavano
osservando
con ansia in quell momento. “Mi hai spaventata.”
“Mi
dispiace,” mormorò
lui, in evidente imbarazzo. “Speravo che potessimo parlare di
quello che è
successo…al Ballo.”
"Ah
sì," annuì
con aria assente. "Certo, sicuro, io…ehm—
"Magari
potremmo
discuterne nel tuo dormitorio?"
"Veramente
avrei
preferito fare un giro," si affrettò a ribattere Hermione.
“Possiamo
parlare e camminare. Non ho voglia di rinchiudermi nella mia stanza
oggi.”
“Ok,”
Michael annuì,
svoltando insieme a lei verso un lato del portico del giardino interno.
“Quindi—
“Mi
dispiace davvero
moltissimo,” sputò fuori Hermione. “Di
averti lasciato lì come ho fatto. Non mi
sentivo molto bene—
“Va
tutto bene,
Hermione,” Michael abbassò lo sguardo a terra.
“Non c’è bisogno che tu menta. So
che stavi pensando a lui e che—
“A
lui?” ripetè lei.
“Io—
"Ron,"
aggiunse
Michael con sicurezza. “Mi dispiace, non immaginavo che le
cose fossero serie
tra di voi, ma Ginny mi ha spiegato tutto.”
“Capisco,”
rispose
Hermione, a disagio, cercando di mettere a tacere
un’improvvisa ondata di senso
di colpa che le si era fatta strada in fondo allo stomaco.
“Beh…insomma, Io—
“Non
voglio che le cose
si complichino tra di noi,” la interruppe, voltando a destra
verso il corridoio
che portava alla Biblioteca. “Ti considero
un’amica, e non vorrei che—
“Mi
piacerebbe essere
amici,” gli rispose onestamente Hermione. “E mi
dispiace di non aver reso la
mia relazione con…Ron più chiara. E’
complicato, con lui lontano e in
pericolo…la Guerra in atto e tutto il resto.”
"E’
tutto a posto,"
Michael annuì. "Vuoi che ti accompagni al dormitorio?"
"Credo
che rimarrò
un pò in Biblioteca," rispose lei. "Devo completare alcune
faccende,
ti ringrazio. Ci vedremo poi per la partenza del primo gruppo di
studenti."
Draco
fissava in
silenzio un punto imprecisato al di là della finestra,
incantato dall’immutata
cascata di neve che stava inondando ogni cosa inclusa nel suo raggio
visivo.
Non
era mai stato un fan
della neve, ma dopo aver passato settimane e settimane a guardare lo
stesso
panorama, dalla stessa finestra, della stessa stanza, doveva ammettere
che il
paesaggio bianco e immacolato che gli si presentava dinanzi era
particolarmente
pittoresco.
La
prigionia gli stava
facendo dimenticare cosa significasse stare all’aria aperta,
respirare aria
sempre nuova, far scorrere i piedi tra i ciuffi
d’erba…e tutto questo
cominciava a mancargli sul serio.
Aveva
sentito la Granger
uscire dalla stanza più di un’ora prima, eppure
lei era ancora lì. Il suo
profumo aleggiava nell’aria tanto che, se chiudeva gli occhi
per un secondo,
poteva quasi sentire il suo sapore sulle labbra. Draco si chiese da
quando la
sua essenza si fosse tramutata da un fastidio ad un impellente bisogno.
Nonostante
le promesse
fatte a se stesso che il farsi la Granger sarebbe stato un incidente
irripetibile, si era già rassegnato al fatto che in
realtà non ci avrebbe
pensato due volte all’idea di farlo ancora, e ancora, e
ancora, finchè il suo
malato, disperato bisogno non fosse svanito come fumo al vento.
Se
fosse mai riuscito a
svanire.
Almeno
era riuscito a
svegliarsi prima di lei stavolta. Ogni uomo rispettabile sapeva che
trattenersi, una volta concluso un rapporto amoroso, equivaleva ad
ammettere
che ci fosse qualcosa di più profondo nell’aria
piuttosto che una semplicissima
turbolenza fisica sotto le lenzuola, e si sarebbe cruciato
da solo prima che una cosa del genere potesse anche solo
venirgli in mente.
Solo
per una notte…
Quell’insignificante
teoria era ovviamente andata a farsi fottere, dopo la sua brillante
idea di
svicolare all’interno della routine mattutina della Granger,
nel suo bagno, dentro la sua doccia, in mezzo al suo
bagnoschiuma.
Avrebbe
potuto
domandarsi il perchè di quella sua costante ricerca di
intimità con la Granger,
ricevendo in dono una bella dose di emicrania per il tentative, ma non
sembrava
esserci alcun motivo urgente per sforzarsi di capire i ragionamenti
della sua
mente così debolmente attiva. Sapendo che si sarebbe presto
pentito per questo,
aveva deciso di mettere in pratica un precedente consiglio della
Granger,
limitandosi a fare ciò che gli sembrava giusto fare
nell’esatto momento in cui
gli veniva in mente.
Oltretutto,
non c’era
anima viva lì che potesse giudicarlo o deridere le sue
azioni, e quando l’unico
aspetto piacevole del suo isolamento era anche l’unica
persona che stuzzicava i
suoi sensi in maniera così deliziosamente insistente e gli
faceva scorrere il
sangue in tutto il corpo diecimila volte più forte del
normale, allora
rifiutare il desiderio impellente di toccarla non era assolutamente
un’opzione.
Se
tutto questo si
poteva definire pazzia, allora tutte le storie udite sulla
felicità derivante
della pazzia finalmente cominciavano ad avere un senso.
Dopo
aver passato
qualche ora immersa tra infiniti libri e testi proibiti riguardanti gli
Horcrux, Hermione salutò Neville e gli altri, prima che
lasciassero Hogwarts
come prestabilito dalla Preside. C’era stato un leggero
ritardo a causa di un
ragazzino del quinto anno che si era addormentato e non si era
presentato in
tempo, e quando riuscirono a partire, il cupo, cielo invernale si era
esteso
verso le colline innevate in lontananza.
Hermione
era rimasta a
gironzolare per il cortile per un paio d’ore, rilassandosi al
suono delle
foglie scricchiolanti sotto la neve mentre passava. Si
inginocchiò per
tracciare con le dita una piccola spirale in mezzo alla superficie
polverosa e
gelata, senza curarsi del freddo che le stava immobilizzando la mano.
Creò
un incantesimo
scaldante tutto intorno a lei e si posizionò sul tronco di
un pino appena
tagliato, ad osservare il cielo limpido. Adorava le notti come quella;
senza il
minimo accenno di nuvole, e con diecimila stelle spruzzate qua e la
come
lentiggini immacolate su sfondo nero.
Cominciò
quasi
incosciamente a contarle nella mente, trovando senza fatica la
costellazione
Lyra, assieme alla stella lucente, Vega. Il suo sguardo studioso si
spostò
istintivamente su Draco, seguendo il serpentino cambiamento di
angolazione di
ogni stella appartenente a quella lunga catena. Sembrava quasi che quei
minuscoli puntini le stessero facendo l’occhiolino e lei le
fissò di rimando,
per qualche secondo, apprezzandone la bellezza e la
complessità. Infine, quasi
per risvegliarsi dall’inappropriata estasi con cui si era
fissata ad osservare
un paio di inutili stelle, si alzò, decidendo che fosse
diventato troppo buio
per stare da sola.
Di
nuovo nelle sicure
stanze del castello, si diresse verso il dormitorio; distratta dalla
preoccupazione, al pensiero del suo imminente incontro con il compagno
Serpeverde, dopo aver passato due notti sotto il suo sortilegio.
Hermione
sorpassò le cucine senza badarci molto, quando un deciso
strattone ai suoi
pantaloni la risvegliò dai suoi pensieri.
"Per
Merlino!"
scattò lei, portantosi una mano al petto e voltandosi come
una trottola. “Ma
che— oh, scusa Dobby. Mi hai fatto prendere uno spavento
bello grosso!”
“Dobby
è davvero
dispiaciuto, Miss,” si scusò il piccolo elfo ai
suoi piedi. “Dobby vi stava
cercando! Dobby ha un regalo per lei!”
“Un
regalo?” Hermione
ripetè con la fronte aggrottata. “Non
c’era bisogno che mi regalassi qualcosa,
Dobby.”
“E’
un albero di
Natale!” l’elfo squittì con decisione,
rimuovendo un piccolo incarto dalle
pieghe della federa che usava come abito. “Dobby è
riuscito a salvarne uno per
lei, Miss! E’ carino! Miss, dovrà usare
l’incantesimo Finite Incantatem
per farlo crescere nella sua forma definitiva.”
Hermione
gli offrì un
sorriso lieve. “E’ stato molto dolce dac parte tua
Dobby!” gli disse. “Ma non
penso che metterò su un albero di Natale
quest’anno. Magari potresti darlo ad
uno dei professori—
"Miss
deve avere un
albero!" protestò lui con entusiasmo sfrenato, spingendole
il pacchetto
tra le mani. "Miss ha bisogno di un albero per Natale!"
Hermione
finì per
accettare il regalo, decidendo che litigare con l’elfo
sarebbe stato scortese e
inutile. “Grazie, Dobby,” annuì e gli
diede un’amichevole colpetto sulla
spalla. “E’ stato molto, molto gentile da parte
tua!”
"Miss,
non si
preoccupi!" le rispose, raggiante. "Dobby deve andare adesso, deve
aiutare Winky a pulire!"
Con
uno schiocco di
dita, scomparve, lasciando Hermione sola ad osservare il minuscolo
pacchetto di
carta dorata nella sua mano.
Una
volta arrivata nel
dormitorio, pensò di lasciare il dono sul tavolino del
salotto così com’era, ma
sembrava una cosa crudele da fare, dopo tutto il tempo che Dobby aveva
sottratto al suo lavoro solo per renderle piacevole questo triste
Natale.
Cercando di non fissare troppo insistentemente la porta della stanza di
Draco,
appoggiò la piantina in un angolo vuoto del salotto, facendo
qualche passo
all’indietro prima di pronunciare l’incantesimo.
Dopo
un secondo di
apparente immobilità, davanti ai suoi occhi si erse un
tronco solido e ben
piantato dentro un vaso di creta resistente, che nel frattempo si era
triplicato. Centinaia,migliaia di aghi di pino verdi e lucenti si
estesero tra
i rami che fuoriuscivano dal tronco come fatti di gomma flessibile. Una
volta
completata la trasformazione, il pino era diventato alto quasi tre
metri, e
profumava di quella zuccherosa felicità che si collega ai
festeggiamenti in
famiglia, rendendo quella stanza solitaria, un luogo quasi familiare.
Hermione
strinse ancora
una volta la bacchetta per decorare il pino, ma all’ultimo
momento, esitò. Abbassò
il braccio e si diresse verso la camera da letto, inginocchiandosi
davanti ad
un grosso baule nascosto dietro la porta. Rovistandoci dentro,
trovò il
sacchetto di decorazioni Natalizie rosse ed oro che sua madre le aveva
lasciato
prima del suo ritorno ad Hogwarts a Settembre. Alla vista di quelle
palline
colorate, qualcosa nel suo petto si contorse e pensò a
quanto le mancassero i
suoi genitori. Per evitare di soppesare quel pensiero più
del dovuto, si spostò
in salotto con tutto il materiale e cominciò a spargere
assentemente le
decorazioni sul pavimento.
Fu
così che Draco la
trovò quando entrò nella stanza; con i suoi
grandi occhi marroni che fissavano
un’ornamento a forma di fiocco di neve come se neanche lo
vedesse, come se il
suo sguardo fosse lontano anni luce. Alzò un sopracciglio,
inevitabilmente
incuriosito e fece qualche passo verso di lei, fermandosi a due
centimetri di
distanza dalla sua schiena, infastidito dal fatto che non si fosse
minimamente
accorta della sua presenza.
"Perchè
non usi un incantesimo
per metterle su?" le chiese, rompendo il silenzio. "Stai solo
perdendo tempo ed energia inutile."
La
sentì trattenere un
sospiro, mentre poggiava su un rametto l’ornamento che teneva
in mano. "Mi
piace farlo in questo modo," gli rispose. "Mi ricorda quando stavo a
casa mia."
"E
questi addobbi
rossi e oro?" commentò con ironia.
"Com’è prevedibile, Granger."
"Non
c’entrano
nulla con i colori Grifondoro," replicò lei, senza alcun
tipo di reazione.
"In famiglia abbiamo sempre messo queste decorazioni
sull’albero. Ho
sempre pensato che il rosso, l’oro e il verde stessero
benissimo insieme."
Draco
pensò di ribattere
solo per principio, ma puntando lo sguardo sulle spalle incurvate della
Granger, cambiò idea. Alzando mentalmente gli occhi al cielo
a se stesso per la
sensibilità che stava crescendo in lui ogni giorno di
più, si limitò a sedere sul
divano e a fissarla attentamente; sentiva già il famigliare
bisogno di toccarla
farsi strada nel suo stomaco.
"Esattamente
quanti
giorni mancano al Natale?" le chiese.
"Oggi
è il
quattordici Dicembre," mormorò Hermione. "Undici giorni."
Draco
si schiarì la gola.
"E tu
rimarrai qui?"
"Sì,"
Hermione
annuì e continuò a lavorare
sull’albero. "Era l’opzione più sicura."
"Avrei
pensato che
fossi una specie di maniaca delle festività, Granger,"
ammise in tono
pacato. "Ma ora sembri…indifferente."
"Non
ci sono molti
motivi per festeggiare quest’anno," sospirò,
voltandosi verso di lui.
"Vorresti qualcosa per Natale?"
Draco
strinse gli occhi
pensieroso. "Libertà da quest’orribile buco?"
"Sai
che non puoi—
"Allora
no," grugnì
Draco, giocherellando con un filo uscente dai pantaloni. "Ma se non ti
importa nulla del Natale, perchè preoccuparsi di addobbare
un’albero?"
"Me
l’hanno
regalato," rispose Hermione. "Se cambi idea per qualsiasi ragione, io
andrò ad Hogsmeade tra pochi giorni—
"Non
ho bisogno di
nulla," affermò con decisione. "Se dovrò passare
la vigilia in questa
prigione, allora preferisco evitare del tutto la faccenda."
Hermione
annuì. "Va
bene, allora."
Un
silenzio malinconico
scivolo tra loro mentre Hermione posizionava le ultime decorazioni
rimaste e
Draco fissava un punto imprecisato della sua spalla, seduto sul divano.
Quando
Hermione finì, si sporse per alzare il sacchetto, e una
stella cadde a terra.
La decorazione essenziale che non poteva mancare in cima
all’albero. Si
inginocchiò per esaminare il complicato disegno tracciato su
quella bellissima
superficie dorata, stringendo l’oggetto come se contenesse la
vita stessa dei
suoi genitori, e così facendo, non potesse scapparle via.
"Mio
padre metteva
sempre la stella su in cima," Hermione mormorò, senza
neanche essere
sicura che Draco la stesse ascoltando. "Era sempre qualcosa che faceva
l’uomo di casa. Una tradizione, capisci?"
Diede
un’occhiata oltre
le sue spalle, notando il suo compagno che la fissava con
un’intensità piena di
pensieri e di malinconia. Dopo qualche momento, Draco espirò
e scosse
lievemente la testa, come se fosse in conflitto con se stesso, prima di
riallacciare il contatto visivo con lei, prova che lui capiva sul serio
ciò che
Hermione intendeva.
“Abbiamo
la stessa
tradizione.” Confessò, reclutante.
Hermione
ignorò il
nervoso in fondo alla gola ed estese il braccio verso di lui,
offrendogli la
stella. “Penso che debba toccare a te adesso,”
disse. “Pronto a fare gli onori
di casa?”
Draco
ignorò l’oggetto
luccicante nella sua mano con tutta la forza di volontà
possibile. “Questa non
è una casa, Granger.”
“E’
la cosa più vicina
ad una casa che possediamo in questo momento,” rispose
tristemente. “E poi io
non ci arriv—
"Non
metterò quella
dannata stella sull’albero," concluse lui. "Lascia stare,
Granger."
Hermione
abbassò lo
sguardo, delusa, poggiando la decorazione sul tavolino. “Draco, stavo
pensando…
"Che novità!”
scherzò lui.
"Non dovremmo..” abbassò
il tono, incerta. "Non dovremmo parlare della
nostra…situazione?"
"No,"
rispose
all’istante Draco. "Parlarne non farà nessuna
differenza—
"Ma
io—
"Lasciamo
che le
cose vadano come vadano, Granger," si affrettò a rispondere
lui, con voce
tesa. "Non eri tu che dicevi che dovevamo solo lasciare che il tempo
faccia la sua parte?"
I
suoi occhi si
spalancarono al ricordo delle sue parole. "Penso di sì,
ma—
"Allora
ti
suggerisco di prendere una pagina dal tuo stesso libro,"
mormorò; i suoi
occhi gli caddero sui piedi. "Ho reso chiara la mia decisione ieri
notte,
e non voglio discuterne ancora.”
Hermione
si morse il
labbro inferiore, realizzando che avrebbe voluto passare la notte con
lui, soprattutto
per la malinconia che aveva sovrastato l’intera giornata e la
distanza tra di
loro. Prese un respiro profondo e cercò di accumulare un
po’ di quel coraggio
da Grifondoro che sembrava sempre mancarle quando Draco era nei
dintorni.
"Penso
che andrò a
dormire," gli disse con voce tremula. "Tu—…tu
vieni?"
Draco
non riuscì a
trattere un’espressione sorpresa, ma si riprese quasi
all’istante.
"No," rispose, ed Hermione dovette controllarsi da morire per non
mostrare alcuna reazione.
"Okay,"
rispose, dirigendosi verso la sua camera con passo incerto. "Buonanotte
allora."
"Granger,"
Draco la chiamò poco prima che chiudesse la porta. Strinse
per un attimo gli
occhi e si portò non tanto casualmente la mano sulla punta
del naso, grattandosi
sovrappensiero. “Lascia la porta aperta… Potrei
cambiare idea.”
Il
viso di Hermione si
espanse in un sorriso, nascosto quasi interamente dallo stipite della
porta.
Quando scomparve nel buio della sua stanza, Draco si ritrovò
da solo in
salotto, a fissare l’opera incompleta della Granger. Rimase
fermo per un
lunghissimo minuto; con la testa che gli esplodeva, spruzzando nozioni
conflittuali in ogni parte. Il suo sguardo scivolò sul
tavolino. Un grugnito
crebbe nella sua gola prima che si alzasse per prendere la stella e
marciasse
verso l’albero. Senza alcuno sforzo, allungò il
braccio e il lavoro della
Granger fu finalmente completo.
Fece
un passo indietro
per dargli un’occhiata critica, ammettendo tra sé
e sé che il rosso, l’oro e il
verde stavano davvero bene insieme.
Con
un’ultimo grugnito
di resa, si voltò e prese a marciare con passo deciso, senza
nessuna intenzione
di dirigersi verso la propria stanza.