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Autore: Princess of Dark    19/08/2014    2 recensioni
"E ho guardato dentro un emozione e ci ho visto dentro tanto amore che ho capito perché non si comanda al cuore"
Così dice Vasco Rossi nella sua famosa canzone, così alla fine la penseranno Stefan ed Evelina. Lei scontrosa, indomabile e testarda, lui presuntuoso, arrogante e irresistibile.
Tratto dalla storia: «Ti odio»
«Sai cosa diceva Shakespeare?», sorrise Stefan dolcemente, come se lei gli avesse sussurrato le più dolci parole.
«Cosa?», mormorò Evelina scossa.
«Amami o odiami, entrambi sono a mio favore. Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore. Se mi odi, sarò sempre nella tua mente»

Seconda classificata al contest "Quando le dirai..." di darllenwr
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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L'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi.
Oscar Wilde

 
«Ho un torcicollo fastidiosissimo, dannazione a voi!», sbottò Evelina nervosa, immergendo le mani nell’acqua fredda e passandosele poi sul collo per alleviare la sofferenza.
Stefan, seduto sulla sponda del lago accanto a lei, stava per dire qualcosa ma poi preferì non parlare: quella mattina più delle altre Eva era intrattabile, per cui ogni parola sarebbe stata inutile.
Di certo il malumore era dovuto al fatto che avevano dovuto passare la notte su uno scomodo sediolino della carrozza, che non si erano fermati per la colazione quindi la fame iniziava a farsi sentire e per di più, sebbene l’estate fosse già passata da un pezzo, quel mattino c’era un’afa insopportabile e opprimente.
Il ragazzo diede un’occhiata rapida in direzione dei cavalli che si stavano dissetando dall’altra parte della tavola d’acqua, volgendo lo sguardo a Maximilian e Raphael che parlottavano tra di loro mentre Nina si divertiva ad esaminare i fiori selvatici che crescevano sulle sponde, attenta a dove mettere i piedi.
Era davvero una ragazza perfetta, pensò Stefan, la moglie che suo padre aveva sempre desiderato.
Non aveva parlato molto con lei, era sempre accanto ad Evelina, ma le poche parole che gli aveva rivolto erano sempre state dolci anche quando lui l’aveva trattava bruscamente, come la volta del soggiorno al palazzo Rubliov quando le aveva sbattuto in faccia la porta.
Quando il suo sguardo tornò sulla sua fidanzata, Stefan si soffermò sui raggi di sole che le illuminavano il volto pallido e notò la camicetta bianca che si era bagnata, diventando molto trasparente. Una voglia irresistibile di averla gli percorse le vene, una voglia che Stefan conosceva bene e che era solito placare portandosi a letto la sua “vittima”.
Ma con Eva era tutto diverso: non avrebbe mai potuto portarla a letto né lei gliel’avrebbe concesso.
Perché doveva essere lei? Perché la donna che odiava doveva essere così dannatamente bella?
«Cos’avete da guardare?», borbottò Eva, voltandosi di scatto verso di lui. Stefan la guardò serio e si avvicinò lentamente a lei, allungando le mani verso il viso delicato. La ragazza trattenne il fiato nel sentire il calore della sua grossa mano che le accarezzava la nuca.
«Che Dio ingiusto… tanta bellezza accostata a un simile caratterino», le sussurrò, tenendo gli occhi incatenati ai suoi mentre si avvicinava pericolosamente. 
Inspiegabilmente la baciò, bagnando le sue morbide labbra, torturandole dolcemente il labbro inferiore e lasciando che la loro mente si sfollasse di tutti quegli inutili pensieri. Fu capace di far scordare ad Eva dove si trovassero e perché: la ragazza era stordita, combattuta tra il suo volersi lasciare andare e il restare in guardia, eppure non riusciva a fare a meno di assecondare quel bacio meraviglioso.
Che era abile con le donne lo si vedeva dal suo saper fare: muoveva la sua lingua e contemporaneamente le sue mani in un modo che aveva sicuramente avuto modo di studiare e sperimentare infinite volte. Dopotutto, si parlava del libertino Stefan Wilson.
Migliaia di pensieri vorticavano nella testa di Evelina: cosa stava gli stava succedendo? Cos’era quell’improvvisa attenzione che non si addiceva affatto alla sua persona? E soprattutto, dove avevano intenzione di andare quelle mani che le sbottonavano la camicetta?
La ragazza si ritrasse istintivamente come se d’un tratto la magia del bacio si fosse esaurita e la ragione avesse preso il sopravvento, incrociando lo sguardo intenso di Stefan.
«Tenete le mani al loro posto», borbottò scossa, alzandosi così velocemente che ebbe un capogiro. «Maximilian? Che ne dite di riprendere il viaggio?!», aggiunse nervosa, agitando la mano per attirare l’attenzione dell’uomo su di sé.
Stefan la guardò allontanarsi e salire di nuovo sulla carrozza e si chiese cosa gli fosse preso.
Ormai era inutile cercare qualche scusa che l’aveva spinto a baciarla: l’aveva desiderata, non c’era ragione migliore per un bacio.
Evelina, d’altro canto, si era immobilizzata sul suo sediolino ed aveva sperato che il rossore per l’imbarazzo fosse passato.
Chiuse gli occhi nella speranza di riprendersi e le parve di sentire ancora la lingua di Stefan farsi spazio per cercare la sua. Nessuno l’aveva mai baciata in quel modo e ciò che aveva provato era qualcosa di nuovo, di strano, che le aveva dato qualche secondo di adrenalina. Era come se quel bacio avesse svegliato un parte dormiente di lei.
«Vi siete mai innamorata, Evelina?». La voce di Stefan la fece sobbalzare e lei aprì di scatto gli occhi, osservando Stefan sistemarsi di fronte a lei senza staccare lo sguardo dalla sua figura
«Perché questa domanda?», mugolò lei sulla difensiva.
«Mi è concesso essere curioso?». Eva volse lo sguardo fuori dal finestrino e si accorse che erano già in cammino. Viaggiò indietro nel tempo fino a tre anni fa e nella sua mente apparve il volto di un uomo dagli occhi neri come la pece e riccioli scuri che gli sorrideva e gli sussurrava “ti amo”.
«Sì, sono stata innamorata», si limitò a dire, fissando come in trance un punto nel vuoto.
Quel volto ora gli faceva ribrezzo. Il solo ricordo ravvivava il rancore che nutriva nei suoi confronti come la fiammella che alimenta un fuoco quasi spento. Dopotutto è così che tutti ricordano qualcuno che un tempo hanno voluto bene.
«Davvero?!», esclamò Stefan ad alta voce, sgranando gli occhi. Evelina lo fulminò con lo sguardo.
«Sono un essere umano anch’io!», ribatté riacquistando il suo tono di voce acido, gonfiando fieramente il petto.
«Non l’avrei mai detto», ridacchiò Stefan, trovando un qualcosa di piacevole nell’affondare il dito nella piaga.
«E voi, conte, vi siete mai innamorato?», ricambiò curiosa. Stefan perse gradualmente il suo sorriso, abbassando lo sguardo per guardarsi i pollici.
Gli venne in mente quella ragazza dai capelli rossi, figlia di un amico del padre, che aveva conosciuto diversi anni fa… come si chiamava? Tracy, forse si chiamava Tracy.
Ma prima che Stefan potesse costruire la sua immagine e delinearne il profilo un’altra donna spuntava a confonderlo, stavolta bionda, o mora, o dai capelli castani.
Ne aveva così tante in mente che gli riusciva difficile ricordare i particolari di una di loro: confondeva i colori, la grandezza degli occhi, il suono della loro voce né ricordava i loro nomi.
«No», disse infine Stefan con frustrazione, quando si accorse che in realtà non c’era nessuna in particolare che gli aveva fatto battere il cuore.
L’espressione di Eva non era per niente sorpresa: poteva immaginarlo, anzi, ne era quasi certa.
«Come potete essere felice della vita che fate?», sussurrò trai denti, volgendo pensierosa lo sguardo dalla parte opposta.
«Vi farò la stessa domanda dopo che mi avrete sposato»
«Conosco già la risposta. Non potrò mai essere felice al fianco di un perfetto sconosciuto», mormorò sovrappensiero. Ricordare il barone Audrey, il suo ex fidanzato, l’aveva messa di cattivo umore. Impastato poi al bacio ricevuto poco fa era davvero una miscela catastrofica per la sua sanità mentale.
«Si da il caso che il perfetto sconosciuto sia il vostro fidanzato», sorrise Stefan.
«Non vi arrendete mai, conte?»
«Questa parola non rientra nel mio vocabolario», rise spavaldamente, facendo sporgere un gomito fuori dal finestrino.
Eva si sentì sconfitta per la prima volta. Quel bacio, quelle parole appena pronunciate, avevano cambiato la sua prospettiva: Stefan stava cercando di legarla a sé sempre di più, altro che allontanarsi e chiedere il divorzio. Come se il suo muro di difese fosse appena crollato, una lacrima ribelle evase dalla prigione scappando lungo la sua guancia in cerca di libertà.
Quando Stefan distolse lo sguardo dal panorama la vide china su se stessa, coperta in volto dai suoi stessi capelli, che piangeva. Non seppe cosa pensare, né cosa dire: si limitò a guardarla sorpresa mentre lei si asciugava in fretta e furia quella stupida lacrima nella speranza che nessuno l’avesse vista.
«Evelina», la richiamò Stefan meravigliato. Aveva sempre creduto di avere a che fare con la donna più forte del mondo e invece lei ora si trovava dinanzi a sé nella sua più completa debolezza.
«Riportatemi a casa», sussurrò Eva con la voce mozzata dalle lacrime. Non era un ordine ma sembrava più come una supplica. In quel momento non le importava più mostrarsi forte davanti agli occhi di Stefan: tenergli testa non era la giusta tattica, forse se avesse provato compassione nei suoi confronti avrebbe ceduto.
E Stefan avrebbe veramente voluto lasciarla andare, riaccompagnarla a casa, ritornare ognuno sulla propria strada.
«Eva, vorrei farlo con tutto il cuore, non mi piace costringere le persone a fare qualcosa contro la loro volontà… ma non posso, è stato firmato un contratto che non posso infrangere», disse mortificato. La sua ruvida mano si posò inaspettatamente su quella di lei, facendola sussultare. «Ora smettetela di piangere, mi fate sentire un mostro». A Stefan davvero non era mai piaciuto costringere gli altri a fare qualcosa e, anche se aveva a che fare con la donna più velenosa di questo mondo, gli pesava essere costretto a farlo.
Un rumore li fece saltare dai loro sedili e il vetro alla destra della donna si scardò, spaccandosi. Lei cacciò un urlo e subito dopo la carrozza si fermò.
Raphael imprecò sottovoce e scese, seguito da Maximilian.
«Cosa succede?», mormorò Evelina spaventata. Stefan aprì lo sportello per dare un’occhiata e notò che la ruota posteriore sinistra si era appena spezzata e che il calesse era fermo in un fosso.
«Stefan, la ruota si è rotta. Temo che dovremo ritardare il ritorno a casa, per questa sera non arriveremo: è già quasi notte», osservò Raphael. Stefan annuì e scese dalla carrozza, poi aiutò Evelina a fare lo stesso, porgendole la mano.
«Eva!». Nina le andò incontro e le prese le mani preoccupata, lei sorrise per rassicurarla, stringendosi poi nel suo cappotto per proteggersi dal freddo pungente della sera.
«Aiutatemi a mettere la carrozza fuori dalla strada», disse Max e i tre spinsero la carrozza senza però riuscire a sposarla più di qualche centimetro.
«Non ce la faremo mai», sbuffò Raphael sconfitto. Eva si mise accanto a loro e iniziò a spingere per dare una mano.
«Cosa fate?»
«Non mi piace stare con le mani in mano, vi aiuto», fece lei determinata, strappando una risata ai tre uomini.
«Credete che le vostre braccia possano aiutarci? Vi verrà un mal di schiena dopo il primo tentativo», la prese in giro Stefan. Lei lo guardò storto e riprese a spingere. Dopo molti tentativi riuscirono a mettere la carrozza fuori dal viale contorto.
«Diamine, Raphael, non potevi scansartelo quel fosso?», borbottò Stefan sedendosi su un mucchio di ceppi fradici accanto alla via.
«Se l’avessi visto non sarei stato così stupido da finirci dentro», rispose l’altra irritato.
Si guardarono attorno: il viale sembrava portare nel vuoto, tutto era immerso nelle scure campagne, ovunque si voltassero c’era solo terra ed erba e alle loro spalle delle minacciose montagne.
«Perfetto. Siamo fermi in mezzo al nulla», sospirò Maximilian, prendendo a calci un sassolino.
«Non credo sia prudente incamminarsi quest’ora», accennò Nina, guardandosi attorno timorosa.
«No, non lo è», la appoggiò Max, accarezzandole dolcemente un braccio.
«Per stanotte dovremmo dormire di nuovo in carrozza. Domani mattina penseremo a come aggiustare la ruota, magari più avanti c’è un paesino», commentò Stefan.
«Buona idea», farfugliò Raphael risalendo in carrozza.
Evelina seguì Stefan nel loro calesse e quando si sedette sul sedile una scheggia di vetro le attraversò la mano. Mugolò qualcosa, osservando la scheggia nel palmo.
«State più attenta!», la rimproverò Stefan, alzandosi dal sedile per sedersi accanto a lei.
«Piuttosto che stare lì a criticare, fate qualcosa!», squittì isterica e piuttosto spaventata.
«Fatemi vedere». Stefan le prese delicatamente la mano e con cautela afferrò l’estremità della scheggia, estraendola con mano ferma. «Per fortuna non si è conficcata dentro del tutto»
«Ahia!», esclamò lei, quando Stefan riuscì ad estrarla completamente. Lui rise, mettendosi una mano nel taschino della giacca per porgerle un fazzoletto e tamponare le piccole gocce di sangue.
In momenti come questi Eva sembrava soltanto una donna fragile da curare e da difendere costantemente.
Ad un tratto si udì un ululato. Ad Eva bastò alzare lo sguardo per incrociare quello di Stefan.
«Sono coyote», spiegò lui.
«Coyote?! Se ci attaccano?»
«Abbiamo qualche fucile per difenderci», rispose noncurante, tornando al suo posto di fronte a lei. Evelina lo guardò contrariata.
«Povere bestiole, non ci facevo così crudele da uccidere gli animali!»
«Allora lasceremo che ci divorino vivi», commentò, ridendo subito dopo dell’espressione che Eva aveva acquistato in volto.
«Io non ho per niente sonno», fece lei.
«Siamo in due». Evelina lo scrutò e si accorse che, per un breve periodo di tempo, non era stato affatto una cattiva compagnia. Era quasi curiosa di sapere di più sul suo conto.
«Avete una passione per qualcosa in particolare, oltre che per le donne?», chiese lei infine. Stefan distolse lo sguardo dall’oscurità là fuori per concentrarsi su di lei.
«Credo che le donne siano la mia priorità, ma mi piace molto la letteratura. Le poesie di Byron mi rispecchiano molto…»
«Ne sapete qualcuna?»
«Volete che vi reciti delle poesie?», sorrise Stefan punzecchiandola, sorprendendosi poi quando Eva annuì seriamente.
«Non conosco questo autore, sono curiosa»
«Ne ricordo una in particolare…», accennò schiarendosi la voce. Eva lo guardò in attesa che iniziasse a recitare a memoria i versi.
«Questo cuore restar deve impassibile, da quando altri hanno interrotto il suo incedere: eppure, se non posso essere amato, ancor mi sia concesso amare! Perché ella passa radiosa, come la notte di climi tersi e di cieli stellati; tutto il meglio del buio e del fulgore s’incontra nel suo sguardo e nei suoi occhi …».
Nel cuore di Evelina stavano accadendo cose strane. Si ritrovò a pensare a quanto fosse bello Stefan quando dalle sue labbra non uscivano parole acide e maliziose ma soltanto pura poesia.
«Allora? Che ve ne pare?»
«Mi piace», sorrise lei, sentendo le palpebre farsi improvvisamente pensanti. «Non vi facevo così acculturato», aggiunse prendendolo in giro. Stefan alzò un sopracciglio.
«Aspettate che vi reciti il monologo di Amleto o Macbeth e ne riparleremo»
«Anche io adoro Shakespeare», sussurrò la ragazza, chiudendo gli occhi e ammutolendo per diversi secondi. «Lo sapete che conciliate il sonno?»
«Non so se prenderlo come un complimento», rise Stefan. Evelina sorrise debolmente ma era già addormentata. Si addormentò anche Stefan con le parole di Byron ancora in testa.
Quando Evelina si svegliò era già giorno. Sulle spalle aveva la giacca di Stefan anche se non riusciva a ricordare il momento in cui gliel’aveva messa addosso.
Stefan non c’era davanti a lei e, quando scese dalla carrozza, vide Raphael a giocare con dei fili d’erba, immerso nei suoi pensieri, appoggiato ad uno steccato di legno. Appena la vide, sputò il filo d’erba che aveva tra le labbra e si ricompose, assumendo una posizione dignitosa.
«Evelina, siete già sveglia?», sorrise. Lei si guardò attorno, osservando le sconfinate terre da pascolo disabitate.
«Dove sono gli altri?»
«Nina dorme ancora, Max e Stefan sono andati a trovare una nuova ruota e mi hanno ordinato di fare la guarda a voi due. Ieri con i buio non siamo riusciti a vedere la città: guardate lì, riuscite a vedere il piccolo paesino?». La donna seguì il dito di Raphael e cercò di distinguere le figure in lontananza di quello che sembrava essere un piccolo borgo.
«Quanto tempo ci vuole ad arrivare?»
«Sarà lontano circa un’ora di cammino». Eva annuì, immaginandosi Stefan e Max lungo la strada. Raphael restò a fissarla chiedendosi a cosa stesse pensando.
«Posso esprimere un mio parere?», azzardò Raphael rompendo il silenzio. La donna lo guardò in attesa che tornasse a parlare. «Stefan è un brav’uomo. Dalla sua scenata di gelosia dell’altra sera, credo che stia iniziando ad affezionarsi a voi».
Evelina lo guardò sorpresa e la sincerità del suo sguardo pulito, da uomo onesto, le fece credere davvero che le sue parole fossero vere. Stefan che era stato geloso? Stefan che si stava affezionando?
«Non metto in dubbio che sia un brav’uomo, Raphael. Resta comunque il fatto che io non mi voglia sposare. Stefan non c’entra nulla: anche se mio padre mi avrebbe promesso in sposa ad un altro uomo, mi sarei comportata allo stesso modo», spiegò determinata. Lui sorrise come se gli avessero appena raccontato una bella favola con il lieto fine.
«La pensavo esattamente come voi prima di incontrare Jasmine»
«Vostra moglie?»
«Esatto. Anche le nostre famiglie organizzarono al posto nostro il matrimonio: a quel tempo, difficile a crederci, ma ero esattamente come Stefan! Anche io, su tutte le furie, ho dovuto accettare di maritarmi con una sconosciuta. Ma appena l’ho vista mi sono innamorato di lei e da quel giorno non ho fatto altro che ringraziare mio padre per aver combinato il matrimonio», sussurrò, guardando in aria le piccole nuvolette bianche che attraversavano il cielo. Anche Evelina restò a guardarlo rapita dalla storia, immaginandosi Raphael anni addietro che si ribellava al matrimonio per non perdere anche lui la sua libertà.
Sarebbe stato bello se a quest’ora fosse innamorata di Stefan, forse sarebbe riuscita a perdonare suo padre e non le sarebbe sembrato di andare incontro alla ghigliottina. E invece il colpo di fulmine di cui parlava Raphael non l’aveva graziata.
«Beh, si da il caso che io non mi sia innamorata di Stefan a prima vista», concluse freddamente, dandogli le spalle per tornare in carrozza.
Passò la giornata intera: Raphael aveva calcolato che per quell’ora avrebbero dovuto già varcare le soglie di casa e invece erano lì fermi da un giorno esatto.
«Perché non tornano?», mormorò Nina agitata, sfregandosi nervosamente le mani con gli occhi fissi all’orizzonte. Evelina sembrava fare lo stesso, sperando di riuscire ad intravedere nell’oscurità le figure di Stefan e di Max che si avvicinavano.
«Forse avranno avuto qualche problema…», farfugliò Raphael pensieroso. Sebbene fingesse di essere tranquillo per non agitare ulteriormente le due donne, i suoi occhi non restavano fermi nello stesso punto per più di tre secondi, vagando nervosamente alla ricerca di chissà cosa con aria preoccupata.
«Andiamoli a cercare», fece infine Eva.
«Evelina, sono due uomini adulti e capaci di badare a sé stessi. Non c’è bisogno di preoccuparsi», disse impaziente il conte. Evelina fissò il sentiero solitario, camminando poi nervosamente avanti e indietro.
«Potrebbero essere stati aggrediti dai banditi, essersi persi o caduti in un burrone o addirittura divorati dai coyote…»
«Chi viene divorato da cosa?». La voce di Stefan echeggiò alle loro spalle e mai e poi mai Eva fu più sollevata di sentirlo e vederlo arrivare in tutto il suo metro e novanta di bellezza. Quasi era felice.
«Max!», esclamò Nina con gli occhi lucidi dalla gioia e gli corse incontro fino ad abbracciarlo forte. L’uomo rise e la fece volteggiare in aria.
«Sto bene, bellezza»
«Perché ci avete messo tutto questo tempo?», sbottò Raphael arrabbiato, anche se il suo viso era notevolmente rilassato ora che suo cugino e il suo amico erano con loro. Max poggiò accanto al calesse la nuova ruota.
«Con la nostra solita fortuna, non abbiamo trovato nessuno che fabbricasse ruote laggiù e abbiamo camminato fino al paesino successivo», fece Stefan, scorciandosi le maniche con l’intenzione di aiutare Max a montare la ruota.
«E non avete pensato a noi che eravamo qui in pensiero?!», esclamò Evelina agitata, rimproverandolo con lo sguardo. Stefan sorrise e si avvicinò a lei, tirandola a sé fino a far aderire il suo seno al petto duro come la roccia. Eva incontrò i suoi occhi dorati e maliziosi e dovette trattenersi dall’abbassare lo sguardo per l’imbarazzo.
«Eravate in pensiero per me?»
«In realtà speravo che i coyote vi divorassero», borbottò orgogliosa. Stefan rise e le sfiorò la guancia, lei si lasciò accarezzare come ipnotizzata dal suo sorriso.
«Siete così bella quando vi arrabbiate»
«E voi siete ingiusto», si lamentò prima che i loro visi potessero iniziare ad accorciare la distanza che separava le loro bocche. Ma Raphael li interruppe quando le loro labbra stavano appena iniziando a sfiorarsi.
«Signorini “mi- piaci- ma- non- ti- voglio- sposare” che ne dite di andare? Abbiamo montato la ruota»
«Arriviamo», si affrettò a dire Stefan, sporgendosi poi verso la ragazza per riprendere da dove erano stati interrotti. Evelina però si scostò arrossendo e scappò via salendo sulla carrozza.
«E poi io sarei quello ingiusto…», sospirò Stefan tra sé e sé, rivolgendo un ultimo sguardo a Raphael che gli fece l’occhiolino prima di salire anch’egli.
«Ho l’impressione che vincerò la scommessa», fece Raphael tutto soddisfatto, sorridendo ai due che erano seduti di fronte.
«Lo penso anch’io», rispose Nina annuendo, «trovo la duchessa diversa dal giorno di partenza»
«Sì, stava dando di matto al ritardo di Stefan»
«Come si fa a non cedere a uno come lui?», rise Maximilian, spaparanzandosi sul sediolino per afferrare poi la mano di Nina e iniziare a giocare distrattamente con le sue dita. «Non ricordo una volta in cui ha subìto un rifiuto»
«Sarebbe il momento giusto», ridacchiò la ragazza divertita.
«Nah, quei due già si vogliono», commentò Raphael, «un po’ come voi due».
Nina e Maximilian si guardarono automaticamente negli occhi prima di arrossire di colpo e voltare la testa dalla parte opposta. Raphael rise divertito della situazione che aveva appena creato di proposito e scosse il capo, pensando poi alla sua adorata Jasmine.
Stefan ed Evelina, Nina e Maximilian… anche lui adesso non vedeva l’ora di riabbracciare sua moglie e cospargerla di baci.

L'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi.
Oscar Wilde




Ciao a tutti! 
Ebbene sì, spero mi perdonerete per il mio ritardo nell'aggiornare... all'inizio era un semplice blocco del computer ma poi è diventato un blocco dello scrittore :/
Ho deciso di modificare un po' la storia, rispetto alla versione precedente troverete qualche nome diverso o per esempio Eva non è più bionda ma mora xD A parte questi piccoli dettagli non è stato stravolto chissà cosa per questo ho preferito continuare qui piuttosto che cancellare la storia e ri-pubblicare nuovamente qualcosa di moolto simile a questo.
Mi auguro che il capitolo sia stato di vostro gradimento, ci sentiamo presto!!
  
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