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Autore: TheSlayer    19/08/2014    6 recensioni
Mary Jane Watson ha un nome che la rende il bersaglio di battutacce da parte di tutte le persone che conosce. E la gente non sa nemmeno il vero motivo per cui si chiama così (fortunatamente, perché le battute orribili potrebbero solo peggiorare). Frequenta la Washington University a St. Louis, nel Missouri, e ha una cotta enorme per il suo professore di Scrittura Creativa: Harry Styles.
E se anche il professore mostrasse un interesse particolare nei suoi confronti? Oppure Mary si sta immaginando tutto?
***
Dalla storia:
"Che vita difficile. Avevo un professore che, nella migliore delle ipotesi, era un idiota e non si rendeva conto dell'effetto che faceva sulla gente. E, nella peggiore, era un maledetto diavolo tentatore e faceva apposta a torturarmi in quel modo."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 – Skirts And Legs
 
Quella sera crollai e raccontai tutto a Laurel, che mi ascoltò a bocca aperta, seduta sul suo letto a gambe incrociate.
“Si è spogliato davanti a te?” Mi domandò.
“Sì! Sì, l’ha fatto ed io non so cosa pensare, Laurie. Stavo per impazzire là dentro.” Dissi, abbandonando la schiena contro il muro dietro di me e appoggiando la testa contro la parete. “Cioè, l’ha fatto con una nonchalance, con una naturalezza… io dico che l’ha fatto apposta, perché sa che effetto fa sulle povere studentesse.” Mi sfogai.
“O forse gli piaci.” Suggerì la mia amica.
“Ma figurati. Uno come lui e una come me? Oltre al fatto che sono una sua studentessa, non penso che rischierebbe di perdere il lavoro.” Dissi. “E in fin dei conti si è solo tolto la camicia perché l’aveva sporcata, probabilmente – anzi no, sicuramente l’avrebbe fatto anche davanti a uno studente maschio.”
“Sì, probabilmente hai ragione.” Disse lei. “Cambiando argomento, perché vedo che questo ti sta creando parecchio disagio, domani sera uscirai con Jasper?” Domandò.
Ah. Jasper. Il tizio della confraternita. Quello con cui ero quasi andata a letto e che mi aveva invitata al pub per farsi perdonare.
“Non lo so, è maleducato non presentarsi, no?” Domandai. Laurel annuì. “Allora vuol dire che berrò qualcosa con lui e… sai una cosa? Potrei anche decidere di sfogare le mie frustrazioni sessuali su di lui.” Dissi improvvisamente.
Certo, era un’ottima idea. Sapevo che c’era dell’attrazione fisica tra di noi. L’avevo già sperimentata alla festa. Non potevo avere il professor Styles per ovvie ragioni, quindi avrei semplicemente chiuso gli occhi e finto di essere con lui. Poteva funzionare.
“Mary, non credo che sia un’ottima idea.”
“È la migliore che io abbia mai avuto.” Dissi risoluta.
“D’accordo.” Replicò la mia amica. Era scettica, lo vedevo dalla sua espressione e lo sentivo nella sua voce, ma non mi importava. Io non potevo continuare in quel modo.
 
***
 
La sera successiva raggiunsi Jasper al pub e vidi un sorriso illuminare il suo viso quando mi notò. Forse era convinto che non mi sarei presentata e non aveva nemmeno torto. Avevo pensato fino all’ultimo di tornare a casa, perché le parole di Laurel avevano continuato a rimbombare nella mia mente.
Ma alla fine avevo deciso di uscire e bere qualcosa con lui. E poi avrei continuato da quel punto, avrei improvvisato.
“Ehi, Mary!” Esclamò lui, alzandosi. Mi abbracciò brevemente e mi diede un bacio sulla guancia. “Mi fa piacere che tu abbia deciso di venire.”
Sorrisi e mi accomodai sullo sgabello di fianco al suo.
“Grazie per avermi invitata.” Dissi. Poi guardai il cameriere e mi resi conto che non avrei potuto bere una birra. Frequentavo il primo anno, mi avrebbero chiesto la carta d’identità e mi avrebbero riso in faccia.
“Cosa prendi?” Mi domandò Jasper. “Una birra va bene?” Sembrava avermi letto nel pensieri. Annuii e lui richiamò l’attenzione del cameriere. Chiese due birre e fui sorpresa dal fatto che nessuno gli chiese un documento.
“In realtà non potrei.” Confessai dopo aver brindato, facendo incontrare la mia bottiglia contro la sua.
“Nemmeno io, ma Colin è nella mia confraternita. Frequenta l’ultimo anno.” Rispose Jasper, alzando la bottiglia verso il cameriere e sorridendo al ragazzo.
“Quindi hai delle conoscenze in questo posto.” Dissi.
“Beh, nelle confraternite è così. È uno dei motivi principali per cui si cerca di entrare a far parte di un gruppo del genere.”
“Ed io che pensavo che fosse solo per le feste e le ragazze.” Lo presi in giro.
“Quello costituisce il novanta percento del motivo.” Rispose lui. “Il restante dieci sono i legami che si stringono con gli altri fratelli e il fatto che chi è in una confraternita ha una specie di corsia preferenziale in certi campi.”
“Dimmi di più.” Dissi, bevendo un sorso della mia birra. Non ero particolarmente interessata alla vita delle confraternite – altrimenti avrei deciso di entrare a fare parte di una cosa del genere anch’io – ma avrei dovuto trovare un argomento per far passare la serata, giusto? E poi era carino vedere Jasper così interessato a qualcosa. Gli si illuminavano gli occhi quando parlava della sua vita universitaria.
“Abbiamo avuto persone importanti nei Kappa Alpha Psi. Imprenditori, miliardari, politici, medici, avvocati, sportivi… insomma, abbiamo conoscenze più o meno in tutti i campi importanti.” Rispose lui.
“E tu cosa vorresti fare dopo l’università? Ma soprattutto, cosa stai studiando?” Domandai.
“Sto studiando Sport Management. Vorrei diventare un giocatore professionale di calcio, ma se le cose andranno male su quel lato mi accontenterei di diventare allenatore. Qualunque cosa purché abbia a che fare con lo sport, insomma.” Replicò.
“Oh, quindi sei nella squadra di Horan?” Domandai.
“Sì, lo conosci?”
“Ho sentito parlare di lui. Dicono tutti che sia di origine irlandese e che sia una macchina da guerra.”
“Confermo, i suoi allenamenti sono tosti. Torno a casa distrutto tutte le volte. Però è bravo, perché da quando c’è lui la squadra di calcio del nostro campus è riuscita ad essere prima nella classifica del campionato.”
“Congratulazioni!” Esclamai. Non ero una grande appassionata di sport, ma mi piacevano gli sportivi. Avevano sempre il fisico migliore.
“Grazie. E tu cosa fai? E cosa vorresti fare?”
“Sto studiando Letteratura Inglese e Scrittura Creativa. Vorrei diventare una scrittrice.”
“Una scrittrice tipo giornalista oppure vorresti proprio pubblicare dei libri?”
“Libri.” Risposi prontamente. “Vorrei scrivere storie, creare personaggi, ispirarmi a persone che conosco realmente e raccontare il mondo attraverso i miei occhi e quelli dei miei protagonisti.” Dissi.
“È un bel sogno. Hai un genere in cui preferisci cimentarti? Tipo, che ne so, fantasy, fantascienza?”
“No.” Risposi, scuotendo la testa. “Preferisco le cose reali. Mi piace scrivere delle relazioni complicate tra le persone, adoro le storie d’amore impossibili, ma anche le storie d’amore in generale.” Aggiunsi.
“Quindi sei una persona molto romantica?” Domandò, interessato. Probabilmente stava già sudando all’idea di doversi inventare qualcosa di epico per conquistarmi.
“Non troppo.” Dissi. “A me piace conoscere le persone, mi piace instaurare subito un rapporto, mi piace cercare l’intimità. Mi piacciono le cose semplici, onestamente. Non sono una di quelle persone che vorrebbe vivere una storia da film, una in cui il ragazzo fa cose strane per conquistarla, poi si baciano sotto la pioggia e cose del genere.”
Il viso di Jasper sembrò rilassarsi e sorrise.
“Mi piaci.” Dichiarò dopo pochi secondi. “Mi dispiace di aver rovinato tutto con quello stupido commento alla festa. Non avrei dovuto.”
“Non preoccuparti.” Risposi. “Acqua passata.”
In quel momento vidi entrare nel pub un gruppo di persone che non sembravano studenti. Erano quattro uomini. Riconobbi subito il professore di Teatro di Laurel, Louis Tomlinson. Con lui c’erano l’allenatore Niall Horan, il professore di arte della mia migliore amica, Zayn Malik e, per finire in bellezza, Harry Styles.
Sgranai gli occhi e nascosi la birra dietro il braccio di Jasper. Non potevo farmi beccare a bere da lui. Sapeva benissimo che non avevo ventun anni.
Il gruppo di professori si fece spazio tra la folla e cominciò ad avvicinarsi pericolosamente al bancone. Styles era distratto e, fortunatamente, stava parlando con Malik.
Tomlinson guardò nella nostra direzione, probabilmente per cercare il barista. Diede di gomito a Styles, che alzò lo sguardo. Entrai in panico e, prima che potesse riconoscermi, mi avventai su Jasper e lo baciai.
“Wow, Mary…” Mormorò lui.
Spostai lo sguardo alla mia sinistra e vidi il gruppo di professori proprio di fianco a me. Stavano aspettando che il barista portasse loro da bere e la mia incredibile fortuna mi fece trovare esattamente di fianco a Styles.
Merda.
Ricominciai a baciare Jasper nella speranza che non mi riconoscesse. Era orribile vedere un professore fuori dalla scuola, soprattutto uno per cui avevi una grossa, gigantesca cotta.
“Mary…” Sussurrò ancora il ragazzo contro le mie labbra. Possibile che non riuscisse a smettere di dire il mio nome? Voleva anche mettere un’enorme freccia LED che puntasse verso la mia testa?
“Che ne dici di riprendere da dove ci siamo interrotti alla festa?” Mormorai nel suo orecchio. Il ragazzo mi guardò, deglutì e annuì.
“Andiamo da me?”
“Sì, la mia coinquilina è a casa.” Risposi.
Poi mi alzai, tenendo la testa bassa, recuperai la mia borsa dal bancone e cercai di voltarmi senza farmi vedere.
“Signorina Watson!” Ecco. Quella era la voce un po’ roca e bassa del professor Styles. Quella che avevo sognato la notte prima e quella che diceva esattamente quella frase proprio mentre stavamo…
“Professore!” Mi obbligai a rispondere. Cercai di smettere di pensare al sogno della notte prima, ma arrossii lo stesso.
Lui guardò prima me e poi il ragazzo che mi stava tenendo la mano e la sua espressione cambiò. Il suo sorriso si spense e nei suoi occhi passò un lampo di… consapevolezza? Imbarazzo? Non ne avevo idea, ma non mi piaceva.
“Mary, andiamo?” Domandò Jasper.
“Sì, scusa, stavo salutando il mio professore di Scrittura Creativa.” Risposi, voltandomi verso il ragazzo e sorridendo. Lui si accorse del gruppo di adulti e strizzò gli occhi nella direzione di Horan.
“Coach!” Esclamò.
“Olinsky.” Replicò lui, alzando la pinta che stava per bere nella sua direzione. “Sei fortunato perché ti sei allontanato dal bancone e non ho la prova sicura che quella birra sia tua, altrimenti saresti stato fuori dalla squadra.” Continuò l’allenatore.
Jasper gli rivolse un sorriso a trentadue denti e si strinse nelle spalle.
“E non stancarti troppo, domani ho bisogno di tutte le tue forze per l’allenamento.” Aggiunse il Coach, spostando leggermente la testa verso di me. Arrossii e sperai che nessun altro – soprattutto la persona seduta esattamente di fianco a me – si fosse accorto di quello che aveva detto.
Feci un cenno a Styles, che rispose con un mezzo sorriso, e poi seguii Jasper fuori dalla porta. Prima di uscire dal pub, però, mi mise una mano sul sedere e mi diede un pizzicotto.
Sospirai e camminai con lui verso la casa dei Kappa Alpha Psi, fermandomi almeno quindici volte sul tragitto, perché Jasper continuava a baciarmi. E l’attenzione che mi stava riservando non mi dispiaceva, anzi. Era esattamente quello che cercavo. Solo che lui non era esattamente la persona che avrei voluto nel mio letto in quel momento e, dopo aver visto il professor Styles al pub, trovavo difficile concentrarmi.
 
***
 
Andare a letto con Jasper non mi aveva fatta sentire bene come avrei voluto. Principalmente perché mi sentivo in colpa. Lui aveva cercato di rendere la serata perfetta, si era preoccupato per me, era stato gentile e anche delicato, mi aveva baciata, mi aveva accarezzato il viso, mi aveva guardata negli occhi e mi aveva persino fatto le coccole dopo. Poi mi aveva proposto di dormire da lui, ma io non volevo svegliarmi nel suo letto la mattina successiva, così avevo preso una scusa qualsiasi ed ero tornata nel dormitorio con Laurel, che, dopo avermi lasciato qualche minuto per farmi una doccia, mi aveva assalita con un milione di domande.
Aveva voluto sapere tutti i dettagli e aveva sgranato gli occhi e aperto la bocca quando le avevo raccontato dell’incontro con il professor Styles al pub.
“Beh, imbarazzante.” Concluse.
“Abbastanza. Volevo fare un buco e nascondermi. Invece sono andata in panico e ho baciato Jasper.”
“Secondo me a lui non è dispiaciuto così tanto. A Jasper, dico.”
“Lo so, anche perché lui non sa che l’ho sostanzialmente usato come distrazione. Però io mi sento in colpa, soprattutto perché…”
“Dimmi che non l’hai chiamato con il nome di Styles.”
“No, per carità! Quello no.” Dissi. “Però ho pensato a lui, quello sì. Lo devo ammettere. Mi sento una merda.”
“Oh, per favore.” Rispose Laurel. “A Jasper non darà fastidio quello che non sa, giusto?”
“Giusto.” Replicai. “Giusto.” Ripetei, mettendomi sotto le coperte. Sapevo che avrei avuto problemi ad addormentarmi quella notte. Ripensai a mia madre e alle sue strane convinzioni, così estrassi uno dei cristalli che mi aveva lasciato prima di trasferirsi a Las Vegas e lo strinsi nella mano destra.
Secondo lei avrebbe dovuto aiutarmi a rilassarmi e farmi addormentare. Invece mi ritrovai a fissare il soffitto fino a quasi l’alba e a ripensare all’espressione del professore quando aveva visto che Jasper mi stava tenendo la mano.
Era semplicemente imbarazzato perché mi aveva beccata in un momento molto intimo? Era piuttosto evidente che ci stavamo spostando da qualche altra parte per stare insieme. Sì, doveva essere così.
Probabilmente i professori non sapevano che gli studenti avevano una vita privata fuori dalla classe. Già, ero sicura di avere ragione.
 
***
 
“Oggi parliamo di descrizioni.” Il professor Styles era, come al solito, seduto sulla cattedra e non sulla sedia. Aveva distribuito una serie di oggetti strani a tutta la classe e ci aveva chiesto di descriverli come avremmo fatto normalmente e poi di scrivere una lista di aggettivi che l’oggetto che avevamo davanti ci faceva venire in mente.
“Professore!” La mano di Carmen si alzò improvvisamente e lui la fissò per qualche istante prima di sorriderle con gentilezza.
“Sì, Carmen?” Domandò. Era strano come si rivolgesse a tutti noi per nome e dandoci del tu. Nessuno degli altri professori lo faceva. Eppure funzionava, perché non avevo mai partecipato a un corso pieno di persone così attive ed entusiaste. Tutti amavano il professor Styles, il suo modo di insegnare e le sue lezioni.
“Non c’entra molto con le descrizioni o la lezione, ma sono giorni che cerco di prendere un appuntamento con lei per parlare dei miei lavori e non ha mai tempo… si è liberato un posto?” Domandò Carmen. Il professore perse il sorriso per qualche secondo. Quasi tutti i miei compagni cominciarono a parlare uno sopra l’altro e a chiedergli la stessa cosa.
Quindi ero l’unica ad avere appuntamenti fissi ogni martedì. Okay.
“Ragazzi?” Chiamò lui. “Ragazzi!” Esclamò dopo pochi secondi quando i miei compagni di classe non risposero al primo richiamo. Tutti si ricomposero e lo osservarono. “Dalla settimana prossima posso mettere a disposizione il giovedì pomeriggio per gli appuntamenti privati. Vi vedrò uno alla volta per un’ora.” Disse infine.
“Grazie, professore.” Replicò Carmen.
“Se volete un colloquio privato, fermatevi in classe alla fine dell’ora e prenderemo appuntamento.” Disse il professore. “E adesso continuiamo la lezione, che ne dite?”
“Direi che è un’ottima idea, prof!” Esclamò uno dei miei compagni di classe. Era da stupidi essere gelosi perché aveva cominciato a dare appuntamenti a tutti? Probabilmente sì, ma non riuscivo a non provare un po’ di fastidio.
 
Più o meno verso la fine della lezione cominciammo a leggere le nostre descrizioni e questa volta Styles si sedette dietro la cattedra – come una persona normale, insomma.
Arrivò il turno di Craig, seduto tre file dietro di me, e vidi lo sguardo del professore perdersi in lontananza, come se non stesse ascoltando una parola (e chi poteva dargli torto? Craig stava descrivendo una sfera turchese come “una palla rotonda, un po’ blu e un po’ verde. Boh, non lo so.”).
“Professore, crede che sia giusto? Lei come descriverebbe questa cosa?” Domandò improvvisamente il mio compagno di corso, con aria sconsolata. “Io non sono mai stato bravo con le descrizioni, è per questo che mi piace scrivere sceneggiature. È tutto dialogo.”
Styles sbatté le palpebre un paio di volte, come se si fosse appena reso conto che qualcuno aveva parlato con lui, e si raddrizzò sulla sedia.
“Quella che hai davanti, Craig, è una sfera turchese, lucida, di metallo e di medie dimensioni.” Disse. Distolse lo sguardo dal punto nel vuoto che stava fissando poco prima, e lo puntò sul mio compagno di classe.
Carmen, di fianco a me, ricevette un messaggio sul cellulare, che teneva nascosto nella borsa sotto la sua sedia e per rispondere urtò il mio banco, facendo scivolare l’oggetto che mi era stato assegnato – un paio di occhiali da vista con la montatura nera e spessa – per terra, qualche metro più avanti. Cercai di recuperarli allungando il braccio, ma erano troppo lontani, così mi ritrovai a dovermi alzare, fare il giro del banco e raccoglierli.
“Il soggetto nella tua foto, Lucy, è una gonna… cioè, volevo dire donna.” Sentii dire il professor Styles. “Ehm… Una donna al parco con le sue gambe. Cioè, bimbe. Con le sue bimbe.”
Mi voltai appena in tempo per vedere lo sguardo del professore sulle mie gambe. Lui si accorse che lo stavo guardando e decise di concentrarsi su Lucy, che non aveva capito perfettamente il suo discorso confuso.
Il professor Styles era stato distratto dalle mie gambe? Okay, stavo indossando una gonna, ma non era corta. Era appropriata per le lezioni. Tornai al mio posto e sperai che nessuno si fosse accorto di quello che era appena successo.
“Quindi potrei dire che il mio oggetto è una fotografia vintage che raffigura una donna di più o meno trent’anni, al parco con le sue due bimbe piccole. A giudicare dal modo in cui è vestita direi che si tratta di un oggetto più o meno degli anni Sessanta e sullo sfondo si vedono piante fiorite, quindi direi che è stata scattata in primavera.”
“Ottimo occhio per i dettagli.” Mormorò Styles, sorridendo. Poi guardò l’orologio e sembrò rilassarsi. “Per oggi abbiamo finito, ricordatevi che giovedì avremo un piccolo test e chi vuole un colloquio privato mi raggiunga alla cattedra per prendere appuntamento.” Aggiunse a voce più alta.
Immediatamente tutte le persone in classe cominciarono a spegnere i computer, riporli nelle borse e a recuperare tutte le cose che avevano sparso sui banchi. La maggior parte dei miei compagni si fermarono davanti alla cattedra per richiedere un appuntamento privato – sapevo che tutti volevano avere consigli dal professore, chi sullo stile personale, chi su questo, chi su quell’altro – mentre io uscii dalla classe il più velocemente possibile, cercando di non guardare Styles negli occhi.
Era stato distratto dalle mie gambe. Da me. Come avrei fatto a resistere per un’ora nel suo ufficio, da sola con lui, quel pomeriggio? Ma soprattutto… non mi ero inventata nulla, vero? Il suo sguardo era palesemente su di me quando aveva detto “gonna” e “gambe” al posto di “donna” e “bimbe.”
Sentii una sensazione strana allo stomaco. Una stretta. Come quando ero nervosa perché stavo aspettando qualcosa – principalmente i risultati di qualche esame – solo che questa volta ero sicura che la mia ansia non avesse nulla a che fare con le lezioni e i test. Era un senso di anticipazione, di entusiasmo. Non vedevo l’ora del mio appuntamento personale con il professore, anche se sapevo che avere una cotta per lui era molto sbagliato.
 


Quarto capitolo e questa volta sembra piuttosto chiaro che il professor Styles è interessato a Mary Jane, giusto? Alla fine è stato distratto da lei, dalle sue gambe. Tanto da non riuscire a concentrarsi durante la lezione. Ma è davvero così? Mary Jane ha cominciato a uscire con Jasper e tutta questa situazione la sta facendo leggermente impazzire.
Cosa succederà durante il colloquio privato con il professore? Lui le dirà qualcosa e le farà capire che è interessato? Oppure ignorerà la situazione? O, ancora, non succederà nulla perché Mary Jane si sta davvero immaginando tutto? Lo scopriremo martedì prossimo!
Grazie per essere passate e per aver letto e alla prossima <3
 

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