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Autore: Alexiel Mihawk    16/09/2008    3 recensioni
Il cervo giovane aveva ucciso il cervo anziano e nel farlo era morto anche lui.
Morgana avrebbe riso.
Gli avrebbe preso gentilmente la mano e se la sarebbe portata al volto, baciandola.
Genere: Malinconico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Fine di un' Epoca

AClaudia.

Sarebbe finito tutto.

La sua morte avrebbe portato alla fine di un' era.

Un' era di eroi e uomini che con il loro coraggio e le loro gesta avevano cambiato il mondo.

Suo padre aveva per primo unificato le terre di Britannia e sotto la sua bandiera le genti anglofone si erano riunite per combatte l’invasore normanno.

Uther Pendragon, il figlio del drago.

Così era chiamato suo padre.

E ora, lui, grande re delle genti di Britannia, Artù, si accingeva a raggiungerlo nei grandi campi che si estendono oltre la morte.

Con le ultime forze che gli rimanevano posò lo sguardo stanco sulla vallata verde, ora coperta di cadaveri dell’esercito suo e di suo figlio.

Il cervo giovane aveva ucciso il cervo anziano e nel farlo era morto anche lui.

Morgana avrebbe riso.

Gli avrebbe preso gentilmente la mano e se la sarebbe portata al volto, baciandola.

In quella valle un tempo risuonava il canto del vento e le onde lambivano dolcemente le sponde del lago.

Un tempo in quei luoghi aveva trovato la sua felicità.

Aveva cavalcato a fianco dei suoi cavalieri, Lancillotto, Galvano, Galahad, Gareth, Cai, Parsifal.

Aveva amato Ginevra e ancora prima aveva amato Morgana.

E ora quel passato sbiadiva, lentamente ma inesorabilmente andava scomparendo, come un disegno sulla sabbia che l’acqua del fiume porta via con sé.

Era il suo destino.

Come in passato aveva guidato alla vittoria le genti della Britannia, portando anni di prosperità e pace, così ora si accingeva a lasciare quel mondo terreno per entrare tra le schiere immortali degli eroi.

Una mano, piccola e candida, gli accarezzò la fronte e una voce, conosciuta e amata, gli sussurrò gentilmente.

-E’ ora di andare fratello mio, là sulle sponde del lago ci attende la barca che ci porterà insieme verso casa. L’ultimo viaggio ci attende, torna ad Avalon con me.-

Girò la testa, lentamente, non senza fatica, fino a incastrare lo sguardo con quello pieno d’amore della donna che per lui era stata ogni cosa: madre, sorella, amante.

Colei che da bambini, quando la regina Igraine era troppo impegnata a pensare al marito, si era presa cura di lui, istruendolo, amandolo, avendo cura di lui come un figlio, la bambina che gli cantava le antiche nenie delle fate prima di dormire, che gli stringeva la mano durante la notte per evitare che avesse paura.

La sorella che gli aveva insegnato il significato della parola crescere, che lo aveva accompagnato per tutta la vita e aveva contribuito a farlo diventare il re che era stato.

La donna che aveva amato, che aveva fatto di lui un uomo, che lo aveva amato senza riserve, dando alla luce suo figlio.

Quello stesso figlio che ora giaceva riverso a pochi metri da lui.

Sangue del suo sangue.

Carne della sua carne.

Ma un giorno, non troppo lontano si sarebbero reincontrati oltre la morte.

Là dove la guerra non è che un ricordo lontano e dove la musica è melodia avrebbero finalmente potuto costruire quel rapporto che non erano riusciti a far fiorire.

Sarebbe potuto diventare il padre che non era riuscito a essere.

-Morgana-

Fu poco più di un sussurro.

Un nome pronunciato come fosse una preghiera.

-Sono qui Artù, amore mio, fratello mio.-

-E’ la fine Morgana. Ogni cosa, Gwydion, Camelot, tutto è perduto-

-No amor mio. E’ un inizio.-

Con l’amore che solo una donna sa mostrare, sfilò dolcemente la spada dalle mani di Artù.

Quella stessa spada che un giorno di tanto tempo prima, un uomo di nome Merlino, che era stato il più grande mago di tutta la Gran Bretagna, aveva donato a un giovane re il giorno della sua incoronazione.

Sulla lama brillavano ancora le rune che avrebbero dovuto proteggere chi la portava, logorate dal vento e dall’uso avevano perso ogni traccia dell’antico potere.

Quella spada, che in passato aveva fatto strage di nemici ed era stata considerata l’arma leggendaria che avrebbe guidato il cervo alla vittoria, ora giaceva insanguinata e silente, come priva di vita.

Aveva fatto il suo tempo.

Ora come il suo portatore, Morgana, Avalon e ogni cosa che aveva fatto parte dell’antico ordine, sarebbe tornata a fare parte dei sogni, sarebbe divenuta anch’essa parte della leggenda senza fine che portava il nome di Artù.

Morgana si alzò e si avvicinò al lago, quindi sollevata Excalibur e fattala roteare per qualche secondo sopra la sua testa, la gettò nell’acqua.

Alcuni dicono che la mano della Signora del Lago uscì dalle acque per riprendersi ciò che un tempo le era appartenuto, secondo altri invece la spada si inabissò lentamente per non comparire mai più.

Trasportato dalle braccia dei suoi cavalieri superstiti, Artù fu adagiato nella piccola imbarcazione di legno di frassino, sulla quale il conducente dell’isola aspettava che la Signora di Avalon venisse ad aprire la via.

Morgana percorse la vallata con lo sguardo, un velo di tristezza le coprì il volto.

L’epoca degli eroi e dei signori della magia calava all’orizzonte.

Da est sorgeva il sole di una nuova epoca, un' epoca che solo gli uomini avrebbero vissuto e che sarebbe stata ricordata come storia, non più come leggenda.

Nel cuore delle persone non c’era più spazio per l’antico popolo.

I Faerie si erano quasi tutti ritirati oltre le spesse nebbie del loro mondo e gli gnomi, le fate e gli elfi avevano abbandonato le terre abitate dagli umani.

Si chinò sul cadavere dell’uomo che un tempo era stato suo figlio.

Con gentilezza materna riportò una mano al viso, deponendovi sopra un bacio, quindi coprì il volto di Gwydion con un velo.

-Addio figlio mio. Non sono riuscita a essere la madre di cui avevi bisogno, ti ho spinto verso la morte nonostante volessi vederti vivere. La nostra epoca è tramontata oramai, il sole si accinge a calare per l’ultima volta dietro alle montagne e la vita passata non è che un ricordo lontano.-

Salì sulla barca, sedendosi accanto a quell’uomo che tanto aveva amato.

Gli prese la mano stringendola come fosse l’unica cosa che avrebbe potuto tenerla ancorata al terreno.

-Non piangere sorella mia, amore mio. Insieme affronteremo l’ultimo viaggio e una volta ad Avalon, tu mi guarirai-

La sacerdotessa si asciugò le lacrime, che silenziose e traditrici avevano iniziato a scivolarle lungo le guance candide.

-Sì, fratello mio, l’ultimo viaggio. Hai paura?-

-No, se tu sarai con me non avrò nulla da temere. Con la tua magia sfideremo qualsiasi ostacolo e guariremo qualsiasi ferita, con la mia forza sopravvivremo a chiunque oserà ostacolarci.-

-Fratello mio, la nostra epoca è conclusa-

-E’ dunque davvero la fine?-

-No, è l’inizio di un nuovo mondo. Si è appena concluso un ciclo-

sussurrò Morgana aprendo le spesse nebbie che celavano l’isola di Avalon all’occhio umano.

-E ora sta per iniziarne uno nuovo. Il nostro tempo è passato, amore mio, ora noi, insieme, entreremo nella leggenda. Saremo ricordati per sempre.-

-Gli eroi di un' epoca tramontata.-

-Sì fratello mio. Il mondo ha bisogno di eroi. E a dopo di noi verranno altri, che cavalcando su questa terra sconvolta dalle guerre e dal sangue versato, si fregeranno del titolo di eroi.-

E con un gesto della sua mano, le nebbie si richiusero alle sue spalle, celando l’isola di Avalon agli Dei e agli uomini.

E Lancillotto e Galvano, che dalla spiaggia osservavano il lago, videro da lontano la sagoma nera di un' isola scomparire tra le nebbie, inghiottendo con sé la piccola imbarcazione che portava a bordo la sacerdotessa più famosa del regno e il loro Re.

   
 
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